Il 3 maggio si è celebrata la Giornata internazionale per la
libertà di informazione
Nel suo rapporto annuale Reporter sans
Frontières fotografa la situazione di 146 Paesi
Di Wanda Marra
Si è celebrata il 3 maggio la Giornata
internazionale per la libertà di stampa, richiesta dieci anni
fa dall'Unesco
per incoraggiare e sviluppare le iniziative e le riflessioni a
difesa di tale libertà e indetta dalle Nazioni Unite nel 1993.
La libertà di informazione, in molti Paesi, è ancora un
traguardo da raggiungere. Secondo il rapporto annuale di Reporters
Sans Frontières, che fotografa la situazione di 146 paesi, 32
giornalisti sono stati uccisi nel 2000 nell'esercizio della loro
professione o per le loro opinioni, 329 sono stati arrestati e 500
aggrediti o minacciati. Circa 300 media sono stati censurati o
sospesi. Circa un terzo della popolazione mondiale vive in paesi
dove non c'è libertà di espressione. Dall'inizio del 2001 quattro
giornalisti sono stati uccisi, 75 arrestati, 107 minacciati o
aggrediti e 55 mezzi d'informazione sono stati censurati. Il
sequestro delle fonti d'informazione da parte dei governi e la
repressione consentita e perdonata da leggi che privano i media
della loro libertà, sono i due maggiori strumenti - tuttora in
funzione - con i quali la stampa si può tenere sotto controllo.
Quattro paesi detengono dietro le sbarre più della metà dei
giornalisti imprigionati nel mondo: la Birmania (13 giornalisti
incarcerati), la Cina (12), l'Iran (10) e l'Etiopia (9). Reporters
Sans Frontières giudica la situazione della libertà di
informazione buona in 96 dei 189 Stati membri delle Nazioni Unite,
difficile in 65, grave in 28.
Il panorama delineato da Reporter sans Frontières comprende i
più vari e diversi attentati alla libertà d'espressione. Ogni
paese individua gli obiettivi e escogita gli strumenti più in linea
con la propria situazione e la propria storia politica. In Russia,
Vladimir Putin, considera l'informazione come un " settore
strategico", che "serve gli interessi nazionali del
paese". A Cuba le libertà di espressione e di informazione
sono garantite attualmente dalla legge solo finché il loro uso è
" in accordo cogli obiettivi della società socialista".
In Cina i leader politici sono tuttora convinti che i giornalisti
siano "al servizio del popolo" e che il solo scopo della
stampa sia di informare sulle decisioni e sulle azioni del partito.
Nonostante il diritto internazionale richieda oggi che le
costituzioni e le leggi di tutti i paesi contemplino la libertà di
espressione e di informazione, spesso queste libertà sono annullate
da un insieme di condizioni e di restrizioni che le imbavagliano. La
Macedonia ha inventato il delitto di "mancanza di
professionalità" da parte dei giornalisti, che possono essere
condannati a pagare ingenti ammende. Diciassette paesi dell' America
Latina hanno ancora leggi che proteggono l' "onore" degli
impiegati dello stato. Vige ancora in Birmania una legge che prevede
condanne detentive per coloro che collaborano a pubblicazioni
contenenti "idee sbagliate". In Laos, alcuni giornalisti
sono stati condannati a multe e pene detentive per aver usato
Internet "in modo errato". In Nigeria, i giornalisti
possono essere incriminati per "nocumento alla morale
islamica".
Nello Sri Lanka, in Bangladesh e in molti Paesi Africani, un
reporter può essere accusato di essere un agitatore sociale
semplicemente per aver seguito come cronista una manifestazione. In
Bielorussia e in Turkmenistan, paesi sopravvissuti all'era
stalinista, le agenzie di informazione sono sta te perseguite per
avere commentato rapporti ufficiali di organizzazioni internazionali
come le Nazioni Unite, l'Organizzazione per la Sicurezza e la
Cooperazione in Europa e il Consiglio d' Europa. In Nepal, il
governo ha emanato una direttiva che ordina alle stazioni radio, non
solo di cessare la trasmissione di notizie diverse da quelle fornite
da fonti ufficiali, ma anche di mandare i loro articoli al ministero
dell' Informazione per il visto di approvazione almeno una settimana
prima della trasmissione.
Secondo Reporters Sans Frontières sono 30 i maggiori
"predatori", le persone che si nascondono dietro le
violazioni della libertà di informazione. Da Putin al cinese Jiang
Zhemin, da Fidel Castro allo Ayatollah Ali Khamenei, gli identikit
di questi presidenti, ministri, ufficiali militari, guide della
Rivoluzione o semplicemente capi di fazioni armate sono disponibili
sul sito.
La situazione di Internet è ancora in fase di stabilizzazione.
La World Association
of Newspapers sottolinea come grazie ad Internet almeno la
possibilità di un'informazione più libera è stata creata in
nazioni come Burma, la Cina e Cuba,Iraq, Libia, Corea del Nord,
Sudan, Siria e Vietnam. I governi, quanto meno, come sta accadendo
in Cina, sono costretti ad inventarsi nuovi metodi per la
repressione di voci dissidenti.
Un rapporto pubblicato lo scorso 30 aprile da Freedom
House, un'associazione non profit per la libertà e la
democrazia nel mondo, afferma che la libertà di Internet in molti
paesi è superiore alla libertà di stampa in generale e permette
spesso di eludere la censura. Su 131 nazioni, in cui sono state
analizzate la penetrazione, il regolamento, e il costo di Internet,
58 nazioni sono state considerate poco restrittive nei confronti di
Internet, 55 moderatamente restrittive e 18 molto restrittive.
Ma Reporter sans Frontières avverte: se Internet resta un
formidabile mezzo per aggirare la censura (l'esempio del giornale
tunisino Khalima - diffuso online dopo che la sua pubblicazione è
stata vietata nel paese - rappresenta una testimonianza), sono
sempre più numerosi i regimi che tentano di mettere in piedi
dispositivi che consentano di controllare questo mezzo di
comunicazione.
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