I
lavoratori scendono in piazza ma, nell'era della new economy, si
tratta della piazza virtuale del web. In Italia ne stanno dando
prova i dipendenti Goodyear
di Cisterna di Latina che, all'indomani dell'annuncio di
chiusura dello stabilimento e del licenziamento di 574 persone,
hanno aperto un sito
di protesta per promuovere un boicottaggio ai danni della
multinazionale. E chissà che la protesta on line non abbia
contribuito alla formazione di una forte solidarietà alla causa
dei lavoratori di Cisterna che hanno potuto inviare una
delegazione negli Stati Uniti a spese del comune e ottenere una
temporanea sospensione del provvedimento.
Ma
cosa pensano i dirigenti sindacali di questa nuova forma di
lotta? "L'iniziativa è della rappresentanza sindacale
unitaria dello stabilimento" - afferma Luigi Cavallo,
segretario provinciale della Uil-Cem
di Latina, il sindacato di categoria dei chimici - "ma
la proposta era già stata lanciata dal sindacato per combattere
lo strapotere delle multinazionali". La Goodyear,
infatti, ha aperto lo stabilimento nel '65 giovandosi anche dei
finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno, di sgravi fiscali
e della cassa integrazione, e adesso dei 14 stabilimenti
europei, di cui 6 in Germania, 4 in Francia e 3 in Gran
Bretagna, ha deciso di chiudere l'unico essitente sul territorio
italiano.
Pur
ammettendo che la minaccia del boicottaggio è contraddittoria
perchè mette a rischio altri posti di lavoro, per il segretario
provinciale della Cgil
di Latina Mazzariello "è una forma di pressione che
attualmente ci sentiamo di condividere vista la posizione di
intransigenza dell'azienda". La protesta on line può
favorire, infatti, l'appoggio delle associazioni dei
consumatori, che all'estero hanno un ruolo piuttosto forte, ed
è quindi uno strumento particolarmente adatto a questa vertenza
ma non è detto che essa rappresenti il nuovo metodo di lotta.
Condivide
Pietro Ferrulli, segretario provinciale della Cisl
di Latina: "nel caso di una vertenza che riguarda una
multinazionale è particolarmente difficile individuare forme di
protesta adeguate" e può essere necessario ricorrere a
"forme alternative" di lotta. La scelta di Internet,
quindi, è motivata soprattutto dalla dimensione internazionale
della questione.
La
rete come nuovo luogo di aggregazione dei lavoratori? "Credo
che sia un'ipotesi molto suggestiva, anche se sono ancora validi
i tradizionali strumenti di lotta come lo sciopero" -
afferma Cavallo. La protesta telematica può essere definita
"la legge del contrappasso della mondializzazione".
Ferrulli della Cisl ammette, tuttavia, che "ancora non
è stata compiuta una riflessione approfondita su questa
possibilità".
E'
certo che il caso dei lavoratori Goodyear non è isolato.
Iniziative analoghe si sono già avute in altri paesi. Non a
caso i primi ad attrezzarsi per le rivendicazioni on line sono
stati i professionisti del settore tecnologico. In Francia i
dipendenti della software house Ubi
Soft hanno creato il sito anonimo Ubi Free, ora disattivato,
per chiedere cambiamenti nelle condizioni di lavoro e lo stesso
hanno fatto i lavoratori della Cryo
Interactive con Cryo Secours. In Canada l'associazione dei
lavoratori del settore multimediale ha creato Prontomail. Negli
Stati Uniti un gruppo di lavoratori di Amazon ha dato vita a Washtech,
"una voce per la forza lavoro digitale". La Washington
Alliance for technology workers si batte per la difesa degli
interessi della corporazione e per la promozione di nuove
proposte legislative. Pur aderendo al Cwa,
cioè al Communications workers of America, il principale
sindacato americano degli addetti del settore delle
comunicazioni con oltre 630 mila aderenti, conta tra i propri
sostenitori anche molti giovani professionisti con scarsa
fiducia nelle tradizionali rivendicazioni sindacali e alla
ricerca di nuove forme di intervento.
E'
presto, probabilmente, per un bilancio. Il sito dei lavoratori
Goodyear ha avuto, in poche settimane quasi 1600 accessi e 170
su 172 navigatori che hanno visitato le pagine web e risposto al
sondaggio sull'opportunità del boicottaggio hanno condiviso la
linea dura dei dipendenti dell'azienda. E'difficile, tuttavia,
stabilire se la protesta via Internet sia stata decisiva nel
portare il caso all'attenzione dei media, dell'opinione
pubblica, del governo e dell'Unione europea o se sarà più
efficace l'iniziativa di un gruppo di operai che,
all'avvicinarsi del 20 marzo, giorno fissato per la chiusura
dello stabilimento, ha cominciato uno sciopero della fame e
della sete. E' certo che nella visione dominante di Internet
come enorme centro commerciale, la presenza on line dei
lavoratori rafforza la possibilità di pensare la rete anche e
soprattutto come spazio civile. Se è vero, come ha scritto
recentemente Rodotà sulla Repubblica, che "il numero
degli utenti commerciali di Internet ha già superato quello di
coloro i quali utilizzano la rete con altre finalità",
i lavoratori che ricorrono al web come strumento di lotta
stanno, forse, combattendo non solo la battaglia per salvare il
proprio posto di lavoro ma anche quella culturale
per rendere il ciberspazio un luogo per "l'esercizio
della libertà di espressione e di associazione, lo svolgimento
di iniziative civiche, la sperimentazione di nuove forme di
democrazia".
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