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Una rete di barriere

Il 98 per cento dei siti web non passa l'esame dei requisiti di accessibilità agli utenti disabili. Le indicazioni del World Wide Web Consortium per un design universale e il test per ottenere il bollino di Bobby.

di Georgia Garritano

Una rete di barriereIl 98 per cento dei siti web, secondo un dato pubblicato da Cnet, non è pienamente accessibile ai disabili. Eppure negli Stati Uniti addirittura i tre quarti della popolazione disabile ha accesso alla rete, una percentuale superiore rispetto a quella nazionale. Il problema non è tecnologico. Esistono, infatti, numerosi dispositivi input e output per disabili che consentono di usare un computer e di navigare: tastiere espanse o ridotte, sistemi di puntamento alternativi al mouse come ad esempio quelli ultrasonici e ottici, apparecchi per la scansione e la stampa in Braille. Tutti questi dispositivi richiedono, però, un software di adattamento e solo pochissimi siti rispondono ai requisiti di compatibilità con tali programmi.

BobbyCon un semplice test on line si può accertare se il proprio sito merita il bollino di approvazione Bobby, uno strumento elaborato dal Center for applied special technology per verificare la rispondenza dei siti ai requisiti di accessibilità. L'icona di Bobby, il tutore dell'accessibilità dei siti web, raffigura un tipico agente inglese con il simbolo internazionale dell'handicap sul cappello. Basta digitare la Url e aspettare qualche secondo per veder comparire la sorridente immagine del poliziotto che si congratula per l'accessibilità della pagina web o, al contrario, informa che mancano i requisiti necessari. Dopo la prova, perfino molti siti dedicati alla disabilità non ottengono il bollino.

Progetto RobinsonUn esempio di accessibilità è dato dalla pagina web del Giornale Radio Rai dedicata al progetto Robinson - Una rete senza limiti. Il programma segnala anche gli errori rilevati: l'immagine di un cappello blu con il disegno di una sedia a ruote indica un problema di accesso per i disabili, quella del cappello con un punto interrogativo un problema di compatibilità del browser. La valutazione avviene sulla base di parametri ormai riconosciuti a livello internazionale. Il World Wide Web Consortium (W3) ha promosso, infatti, un'iniziativa per la piena accessibilità della rete alle persone con handicap (Web accessibility initiative o Wai) e ha elaborato delle linee guida per la realizzazione di siti compatibili con le disabilità. Il Centro di ricerca e sviluppo Trace dell'Università del Wisconsin ha lavorato alla definizione dei problemi e delle soluzioni.

Pagine web accessibili sono quelle che possono essere visitate con qualsiasi tipo di programma. Il principio base della progettazione web senza barriere è, quindi, quello dell'indipendenza dalle periferiche. In tal modo gli utenti, secondo il tipo di disabilità - fisica, sensoriale, mentale o multipla - potranno usare gli ausili tecnici più idonei alle loro esigenze. La prima regola è quella di fornire equivalenti testuali per i contenuti non testuali: immagini, suoni e animazioni devono, cioè, essere accompagnati da una descrizione verbale. Il testo, infatti, può essere gestito da programmi per la sintesi vocale e tradotto in Braille per essere letto con le dita su un'apposita barra. Bisogna fare attenzione anche all'uso del colore: se c'è poco contrasto tra sfondo e primo piano le persone con deficit cromatico non sono in grado di visualizzare l'informazione. Pertanto la comprensibilità di testo e grafica andrebbe sempre verificata su uno schermo in bianco e nero. Tutti gli elementi in movimento, inoltre, devono poter essere interrotti o bloccati. Altra raccomandazione fondamentale è quella di attenersi alle specifiche di codifica: usare gli elementi di markup in modo improprio o parziale, infatti, può impedire ai software di transcodifica di comprendere l'organizzazione del documento e di gestire correttamente la conversione in voce o in Braille.

Naturalmente, quello tecnologico è solo uno degli aspetti della questione. "Vorrei che sul tema dell'accessibilità dei siti web si evitasse l'equivoco della tecnologia salvifica" - afferma John Fischetti, componente della segreteria operativa di Enil, la Rete europea per la vita indipendente - "si sente spesso parlare di browser adattati all'utilizzo da parte di persone con disabilità, browser che tentano di venire a capo di siti poco amichevoli". "Questa strada" - prosegue - "è molto pericolosa perché ancora una volta riporta alla considerazione che la situazione di disabilità sia un fatto privato da risolvere con rimedi speciali altrettanto privati".

Per sensibilizzare gli operatori e recuperare il ritardo si stanno muovendo molte associazioni di categoria e sono state già prese delle iniziative politiche. Negli Stati Uniti una legge, la Rehabilitation Act, impone che i siti governativi siano accessibili agli utenti disabili. La Commissione europea, in previsione del consiglio straordinario che si terrà dal prossimo 23 marzo a Lisbona, ha pubblicato un documento programmatico intitolato Una società dell'informazione per tutti  che indica tra gli obiettivi prioritari la ePartecipazione per i disabili. Gli stati membri si sono già impegnati firmando il trattato di Amsterdam a rispettare le esigenze dei disabili, "bisogna ora sforzarsi di concretizzare questo impegno nel contesto della società dell'informazione". L'industria deve, cioè, ispirarsi a criteri di "design universale: un approccio che tiene conto delle esigenze specifiche dei disabili già in fase di progettazione".

Entro quest'anno la commissione europea e gli stati membri dovranno riesaminare la legislazione e, al termine del 2001, la struttura e il contenuto di tutti i siti web pubblici dovranno essere accessibili. Dal 2002, inoltre, in tutti gli stati saranno avviati corsi di studi per la formazione di professionisti per la progettazione web senza barriere. La Presidenza del Consiglio italiana, inoltre, ha elaborato un documento di commento alle azioni previste dall'iniziativa eEurope in cui si sollecita lo sviluppo di smart card che consentano di comunicare ai terminali pubblici il profilo dell'utente e le sue esigenze e si propongono finanziamenti per la ricerca a favore dell'usabilità delle tecnologie.

Le normative, però, non prevedono un obbligo di adeguamento per il settore privato. Sull'opportunità di una regolamentazione si sta interrogando la stessa comunità dei disabili. Molte associazioni americane vorrebbero una legislazione che garantisse l'accessibilità di tutte le strutture, anche private, che svolgano un servizio al pubblico. We Media, uno dei principali riferimenti per le persone con handicap, ha promosso un sondaggio per valutare se è meglio seguire la via dell'imposizione per legge o quella della battaglia culturale. E' certo che il problema dell'accessibilità è anche, se non soprattutto, un problema economico. La necessità di dotarsi di dispositivi alternativi impone ai disabili e alle loro famiglie costi piuttosto gravosi. "Esistono delle forme di agevolazione, come quelle previste da un recente decreto del ministero della Sanità" - afferma Claudio Grammaroli, vice presidente dell'Unione italiana ciechi. Il decreto ministeriale n. 332 dell'agosto '99, infatti, inserisce le periferiche di input e output, quali sintetizzatori vocali e stampanti Braille, tra i "dispositivi protesici" erogabili dal Servizio sanitario nazionale. "Tuttavia" - continua Grammaroli - "l'informazione in proposito è ancora scarsa sia tra i cittadini che nelle aziende sanitarie locali".