A.A.A. Cercasi Identità privata

Identità reale e identità virtuale; rischi e opportunità della dimensione collettiva e digitale

La Rete delle Reti, espandendosi in tutto il mondo, ha non solo ridisegnato i confini geografici di una nuova dimensione globale delle comunicazioni ma ha anche creato nuovi profili di soggetti macroscopici e identità comunicative, di cui si discute già da anni. Quali sono i rischi e le opportunità di tale evoluzione dell'identità umana? Incombe il pericolo di una disumanizzazione degli utenti del WWW o dell'estendersi di una "schizofrenia della conoscenza"? Oppure le nuove forme di intelligenza collettiva cambieranno radicalmente, e in meglio, la prassi dell'interazione umana mediata dal digitale? Ottimisti, pessimisti e realisti a confronto.

di Laura Massacra

La frontiera dei mezzi di comunicazione per comunità virtuali, dalle più semplici e primitive mailing list, passando per i tradizionali newsgroup e web - forum, fino ai sempre più sorprendenti instant messengers e chat line non ha, attualmente, alcun rivale davanti a sé. I new media stanno conoscendo un'espansione cui può far da contrafforte solo la crescita, al confronto più che esponenziale, di tutte quelle nuove entità collettive costituite da quegli utenti che tramite tali strumenti di comunicazione dialogano tra loro in modo sempre più spontaneo. Attraverso modalità di espressione libertarie, iconoclastiche, essi giocano con le proprie ispirazioni del momento (che possono avere diverse finalità, da quella culturale a quella sessuale) ma soprattutto con la propria identità personale.

Come commenta l'autore del libro Reale e Virtuale Tomas Maldonado "un singolo individuo può presentarsi con un altra identità che è sostitutiva della propria assumendo diversi tipi di individualismi con i quali cambiare sesso, professione, età etc. Evidentemente questo può rappresentare un problema poiché se si vuole fare della comunicazione via rete, la comunicazione online deve essere un fattore di democratizzazione, e nascondere le identità non è mai un processo reale perché il processo democratico reale avviene quando delle persone di vera identità si confrontano e non con identità finte".

Toccare questo problema non significa solo analizzare la realtà di fatto dei travestimenti di genere, dei cambi di identità nazionale, anagrafica, professionale, religiosa ed etnica ovvero discutere superficialmente delle opportunità di auto-falsificazione offerte dalla Rete. Significa anche capire come la mediazione del Web diventi un luogo dove si compie il passaggio dall'identità reale a quella virtuale. Luogo che permette la trasformazione in quelle che il filosofo dei media francese Pierre Levy ha, con un certo ottimismo, definito "intelligenze collettive".

Cos'è l'intelligenza collettiva? A questa domanda Levy risponde semplicemente: "in primo luogo bisogna riconoscere che l'intelligenza è distribuita dovunque c'è umanità, e che questa intelligenza, distribuita dappertutto, può essere valorizzata al massimo mediante le nuove tecniche, soprattutto mettendola in sinergia. Oggi, se due persone distanti sanno due cose complementari, per il tramite delle nuove tecnologie, possono davvero entrare in comunicazione l'una con l'altra, scambiare il loro sapere, cooperare. E' questa, in fondo, l'intelligenza collettiva". Una valutazione senza dubbio di sapore positivo, che tende a valutare i nuovi supporti digitali e multimediali offerti dalla Rete come una conseguenza culturale dell'espansione dell'intelligenza umana. Un effetto, dunque, quasi naturale dell'interazione uomo-tecnologia. Mentre Levy, dunque, valuta l'intelligenza collettiva delle nuove tecnologie come una naturale estensione di un eterno scambio cooperativo nelle comunità sociali, divera è, invece, la posizione del pensatore Derrick De Kerckhove.  L'allievo del filosofo e mass mediologo Marshal Mc Luhan pensa che, invece, i nuovi mezzi di comunicazione modifichino radicalmente la natura della comunicazione e, attraverso essa, dei processi mentali degli esseri umani. Ciò che per Levy è dunque uno sviluppo ulteriore di un modo di essere dei gruppi sociali, per De Kerckhove è una radicale rivoluzione che modifica la natura stessa dell'agire comunitativo e del pensiero umani. "L'intelligenza collettiva -dice infatti De Kerckhove- cambia la natura dei nostri processi mentali, e ci permette di dipendere maggiormente dalla nostra Rete per prendere una decisione, per creare assieme ad altri, per scoprire ogni genere di cose. I cambiamenti sono dovuti al fatto che non solo una singola mente, ma molte menti divengono parte del network".

Accanto a Levy, tra coloro che giudicando irreversibile il processo di simbiosi tra identità personale e identità collettiva mediata e costituita tecnologicamente sta l'altro studioso di riferimento per tutti gli studiosi, gli storici e gli appassionati del fenomeno dei macrosistemi tecnologici, Alan De Rosnay. De Rosnais contraddistingue l'evoluzione di un'ibridazione tra l'agire comunicativo dell'identità umana e l'azione dello stesso supporto tecnologico dei computer e del Web con l'ormai classico neologismo "cybionte". Il cybionte è, secondo De Rosnay, "un organismo planetario costituito da uomini e computer. Il futuro dell'umanità dipende dalla capacità di convivenza di questo macro organismo planetario con il sistema terra". Sempre secondo De Rosnay l'evoluzione umana tenderà sempre più a svilupparsi verso "l'uomo simbiotico", collegato con gli altri esseri umani attraverso potenti mezzi di comunicazione multimediale. Allo scopo di chiarire come ciò potrà essere possibile De Rosnay introduce il concetto di "ergonomia intellettuale", prevedendo un ulteriore miglioramento dell'interfaccia interattiva dell'uomo con i computer. Attraverso questa idea Rosnay avanza la previsione che "l'informatica da un lato e la biologia dall'altro convergano verso una nuova scienza, di cui si occuperanno sia i neurobiologi che gli specialisti d'informatica, per trasferire direttamente alcune informazioni dal cervello nelle macchine".

Inutile dunque chiedersi quanti e quali rischi tale evoluzione potrà comportare per il concetto stesso di identità personale degli organismi umani, la cui vita sarà sempre più impegnata fianco a fianco con i propri compagni di strada dell'evoluzione tecnologica, gli organismi cibernetici. Ma non tutti sono così tranquilli come Levy o iper futuristici come De Rosnay.

Se, infatti, per Levy l'intelligenza collettiva è "il prodotto della memoria collettiva, dell'immaginario collettivo, e diventa progetto quando l'uomo mette a disposizione della collettività gli strumenti che permettono un'interazione tra gli individui" è pur vero, come sottolinea De Kerckhove che essa è soprattutto il risultato di una "pratica della moltiplicazione delle intelligenze le une in rapporto alle altre all'interno dello spazio e del tempo reali di un'esperienza". Deformando, dunque, il concetto stesso dello spazio e del tempo, dilatati o compressi oltre i normali parametri della comunicazione interpersonale non mediata digitalmente, si rischia di far saltare quelle barriere, quei limiti che l'identità personale - nel corso dei normali processi di interscambio comunicativo - costruisce attorno a sé allo scopo di salvaguardare la vita e la proprietà della propria coscienza privata. "Esiste il diritto di avere una vita privata. Il diritto ad una coscienza privata è stato oggetto di lotte, di guerre di religione monumentali, e la lotta per ottenerlo ha prodotto centinaia di milioni di morti -afferma con forza De Kerckhove- La tolleranza ed il principio della tolleranza era quello di lasciare la pace agli individui per un pensiero privato, e libero. Questo pensiero privato l'abbiamo acquisito con il nostro sangue, in un certo modo, nel corso della storia. Non vedo la ragione per abbandonarlo!"

Bisogna dunque fare attenzione, nel corso dell'evoluzione tecnologica che ha come oggetto le nuove piattaforme di interscambio delle comunità virtuali, all'esigenza primaria per De Kerckhove di salvaguardare la privacy degli utenti delle intelligenze collettive da una possibile intromissione del collettivo nella vita comunicativa dei singoli. Si deve rispettare l'identità personale rispetto ai rischi di compromissione da parte della identità virtuale e collettiva.

Un parere simile a quello di De Kerckhove, sebbene più generalmente negativo rispetto alla possibile pericolosità di un'ibridazione uomo - macchina, è quello dell'epistemologo Silvano Tagliagambe. Di fronte alle avveniristiche prospettive di progresso tecnologico che si traducono, oggi, nella ricerca verso la fusione tra il corpo umano, portatore della vera identità, e lo spazio virtuale, luogo della possibile falsificazione, Tagliagambe di dice che "il problema, che comincia a stimolare l'attenzione degli psicologi, è che tipo di rapporto sussista tra l'identità virtuale con la quale uno si presenta nella rete e la propria, effettiva identità reale. Nell'ipotesi più felice può venir fuori una fecondazione reciproca tra l'identità virtuale e quella reale. Può crearsi una identità ibrida creativa che ha molte facce, e che, quindi, riesce anche ad avere molte disponibilità. Nell'ipotesi peggiore questo fenomeno può dare origine a casi di schizofrenia."

Per approfondimenti si consiglia la biblioteca digitale da cui sono state tratte le interviste nel testo.