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    Umberto Colombo

    Roma 20/05/1996
    Progresso tecnologico e sviluppo eco-sostenibile
  • Colombo spiega i diversi problemi da lui affrontati lavorando all'O.C.S.E., alla Comunità europea e alle Nazioni Unite (1) .
  • La sua esperienza gli permette di concludere che ancora gran parte del Sud del mondo é fuori dalla società dell'informazione (2) .
  • I tempi di realizzazione delle autostrade informatiche non sono lunghi, ma quel che più conta é il processo di alfabetizzazione delle masse (3) .
  • La comunità europea, dal canto suo, dedica un terzo delle sue risorse alla ricerca e allo sviluppo tecnologico (4) .
  • Colombo fornisce una descrizione di ciò che si intende per ecotecnologie (5) .
  • Tra queste ultime rientrano a pieno titolo le tecnologie dell'informazione (6) .
  • Il mondo delle telecomunicazioni ha bisogno di norme specifiche per ogni paese (7) .
  • Il processo di globalizzazione favorisce le nuove tecnologie ed é al tempo stesso, favorito da esse. Si tratta di un processo destinato a provocare significative mutazioni nella società informatica (8) .
  • Tra gli aspetti caratterizzanti questa società Colombo sofferma la sua attenzione sulla dematerializzazione e sulla deenergizzazione (9) .
  • Ritiene, poi, necessario rivendicare l'origine europea dell'idea di Internet e riconoscere l'enorme contributo dato da questa rete al mondo della ricerca scientifica (10) .
  • Internet presenta, certo, anche dei problemi legati alla veridicità e alla moralità di ciò che trasmette: non per questo é, però, da rifiutare (11) .
  • Dal punto di vista degli investimenti per la ricerca scientifica sia nel pubblico che nel privato l'Italia é indietro rispetto ad altri paesi (12) .
  • Colombo presenta il suo libro "Energia" (13) .
  • Poi passa a presentare il premio "Pirelli International Award" (14) ;
  • la sua giuria (15) ;
  • il pubblico al quale intende rivolgersi (16) ;
  • e il tipo di opere accettate a partecipare (17) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Lei è stato Presidente dei Comitati per la Politica Scientifica e Tecnologica dell'O.C.S.E., della Comunità Europea e delle Nazioni Unite. Che atteggiamento hanno questi diversi organi, e che possibilità di azioni ci sono all'interno dell'uno o dell'altro?

    Risposta
    Essi sono tre organismi assai diversi fra loro. Ero molto giovane quando assunsi, nel 1973, la Presidenza del Comitato per la Politica Scientifica e Tecnologica dell'O.C.S.E., durante il periodo della crisi energetica dei primi anni Settanta. I problemi che dominavano erano quelli della possibilità dell'impoverimento delle risorse naturali.Si viveva perciò in un'epoca dominata dal pericolo dell'esaurimento delle risorse energetiche. Pertanto le attenzioni erano rivolte alle nuove forme di energia, quelle rinnovabili, come l'energia nucleare. Si pensava, inoltre, a come orientare la scienza e la tecnologia dei paesi sviluppati - Europa, Giappone, Stati Uniti e Canada - verso la soluzione di questi problemi e conseguentemente di coagulare le idee e le riflessioni di tutti questi paesi verso problemi strategicamente molto importanti. Di fatto, il Comitato non aveva potere decisionale, ma un forte potere di influenza nei confronti dei governi esercitata attraverso l'organizzazione delle riunioni quadriennali dei ministri della scienza di tutti i paesi dell'O.C.S.E.. Diversa era la situazione della Comunità Europea. Quando diventai Presidente del Comitato, cosiddetto CODEST, ("Comitato per lo Sviluppo della Scienza e della Tecnologia" in Europa), esso aveva una funzione consultiva nei confronti della Comunità Europea, la quale cominciava ad esercitare un'azione di politica scientifica e tecnologica, anche attraverso finanziamenti che venivano erogati per programmi di ricerca, svolti in cooperazione dai vari paesi europei. In questo caso si è trattato di realizzare concretamente i progetti della politica scientifica e tecnologica della Comunità. Si pensi, inoltre, che la Comunità Europea spende relativamente poco nella ricerca e nello sviluppo, in rapporto al prodotto lordo dei singoli paesi. Mentre la media della spesa dei paesi della Comunità nella ricerca e nello sviluppo, è di circa il 2% sul Prodotto Interno Lordo, la percentuale, spesa direttamente da Bruxelles, per favorire la ricerca comune, è dell'ordine del 3% di questa somma. La spesa della Comunità è quindi assai inferiore; però essa possiede una funzione catalitica, o meglio di supporto e di sostegno molto importante sotto il profilo strategico, perché coagulare le forze economiche dei vari paesi nello svolgere azioni di ricerca comune, significa contribuire a creare l'Europa Unita. Conseguente è la scelta di grandi settori di ricerca: il settore dell'informatica, quello della telematica, il settore delle comunicazioni, della biotecnologia, dell'energia, dell'ambiente, dei trasporti, e, più recentemente anche la ricerca circa argomenti socio-economici. Tutte queste istanze sono rientrate nell'attività del Comitato, il quale, ripeto, ha una funzione essenzialmente consultiva. Alle Nazioni Unite il problema era completamente diverso perché si confrontavano il Nord e il Sud del mondo, i paesi ricchi e i paesi poveri. L'obiettivo era essenzialmente di evitare la crescita del divario del benessere, della qualità della vita, delle condizioni di vita tra i paesi ricchi e i paesi poveri. Un divario, questo, che purtroppo, nonostante tutti gli sforzi che si stanno facendo in materia di aiuti, va crescendo: la forza della scienza e della tecnologia, tradotte in innovazioni, generano prodotti e servizi e producono reddito; questo meccanismo si traduce nel fatto che i paesi ricchi diventano sempre più ricchi e i paesi poveri - almeno fino a poco tempo fa - diventavano sempre più poveri. Adesso comincia a farsi avanti lo sviluppo - in grande stile - nei paesi emergenti, soprattutto quelli del Continente asiatico; ma anche, in misura inferiore, nei paesi dell'America Latina e, finalmente, anche dell'Africa. Quindi il problema è quello di indicare le direttrici che la ricerca scientifica e tecnologica deve avere per cercare di ridurre questo enorme divario di benessere tra i Paesi e di affrontare i problemi fondamentali per la sostenibilità dello sviluppo nel mondo. In altre parole, il mondo va verso una popolazione che raddoppierà di qui alla seconda metà del prossim

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    Domanda 2
    Lei crede che l'informatizzazione sarà la ricchezza dei paesi in via di sviluppo?

    Risposta
    L'informatizzazione della società è una ricchezza in genere. Per il momento sono soprattutto i paesi avanzati che godono della "società" dell'informazione. Naturalmente, in un paese in via di sviluppo, è necessario intensificare anche le infrastrutture, che rendono possibile l'informatizzazione della società. Oggi, per esempio, la Cina e l'India si stanno fortemente avvantaggiando rispetto agli strumenti che offre la società dell'informazione, così come la Corea del Sud, Taiwan, e Singapore, il cui reddito pro capite ha ormai raggiunto quasi quello dell'Italia. Con questo voglio dire che la società dell'informazione favorirà i paesi in via di sviluppo, però non bisogna credere che il processo sia automatico. Il paese in via di sviluppo deve prima raggiungere un livello di infrastrutturazione adeguato: uomini e donne preparati per gestire gli strumenti della società dell'informazione. In prospettiva, il processo di sviluppo potrebbe essere possibile. Nella realtà attuale, ancora gran parte del Terzo Mondo è estraneo dalla società dell'informazione.

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    Domanda 3
    Si parla spesso di autostrade informatiche. I capi di Stato dei paesi della Comunità Europea hanno di recente sottoscritto un accordo di massima sulla loro realizzazione. Di che tempi stiamo parlando e quali le difficoltà a cui si andrà incontro?

    Risposta
    Il termine "autostrada informatica" è un termine gergale. Si sta cercando di infrastrutturare la società - proprio in termini di telecomunicazioni e di accesso alle informazioni -, in modo da avere delle grandi dorsali, attraverso le quali trasmettere un numero elevato di informazioni. Conseguentemente si cerca di distribuire le informazioni, in modo capillare, dalle dorsali ai consumatori. Ma non si deve pensare soltanto alle autostrade informatiche o infrastrutture, come possono essere le trasmissioni satellitari e le fibre ottiche, per connettere chi fornisce e chi fruisce delle informazioni. E' di rilevante importanza, viceversa, pensare soprattutto alle infrastrutture più soffici, che sono quelle del sapere. Quindi, quando si parla di autostrade informatiche, intendiamo le "strade", i "sentieri", per arrivare a raggiungere il singolo individuo, processo assimilabile alla formazione del personale, perché si alfabetizzi per quanto attiene alla informatizzazione. E allora il problema si riflette sul mondo della cultura, dell'educazione, della scuola, e così via. I tempi potrebbero essere anche brevi, dell'ordine di qualche anno.

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    Domanda 4
    E qual è il peso dato all'informatizzazione e alla diffusione della telematica nella politica della Comunità Europea?

    Risposta
    Il peso che la Comunità Europea conferisce all'informatizzazione è consistente. Si tratta, inoltre, di uno degli obiettivi contenuti ne "Il libro bianco" di Delors, pubblicato un anno e mezzo fa, circa. Sulla informatizzazione convergono numerose azioni: quelle che io conosco più direttamente fanno parte del programma "Quadro di Ricerca e Sviluppo" della Comunità. Quest'ultimo è il quarto programma quadro, cominciato nel 1994, il quale destina il 20% di tutte le risorse che la Comunità Europea dedica alla ricerca e allo sviluppo. Esso consiste in tredici miliardi di ECU: 26.000-27.000 miliardi di lire italiane distribuite in quattro anni. Il 20% di queste risorse è dedicato al programma strategico di ricerca e sviluppo delle tecnologie dell'informazione. A questa cifra va aggiunto un 10% circa dedicato alle tecnologie della comunicazione e della telematica. Per concludere, circa un terzo delle intere risorse che la comunità dedica alla ricerca e allo sviluppo, riguardano questo settore.

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    Domanda 5
    Lei si è occupato anche di eco-tecnologie e sviluppo sostenibile come sviluppi applicabili anche all'industria tecnologica. Quali sono le prospettive contenute in questo progetto?

    Risposta
    Noi siamo stati abituati, in passato, a produrre sempre di più, a consumare sempre di più e anche, purtroppo, ad inquinare sempre di più. Gli effetti delle attività dell'uomo sull'ambiente, se prima erano circoscritti e limitati a livello regionale, oggi investono il globo terrestre. Basti pensare alle emissioni di anidride carbonica, provocate dalla combustione di carbone, petrolio e gas, e agli effetti che producono sul clima: esse aumentano di concentrazione nell'atmosfera, producendo l'effetto serra, cioè un riscaldamento del clima globale, con conseguenze molto preoccupanti. Basti pensare a questo problema per capire che è necessario limitare le emissioni di gas, controllarle, ed infine, evitarle, per quanto sia possibile. Dall'altra parte, però, si deve mantenere elevato il livello di vita: se ridurre l'inquinamento dovesse significare ridurre la produzione di beni e servizi utili, ciò provocherebbe una caduta del tenore di vita. E' molto importante continuare a produrre tutto quello di cui abbiamo bisogno, cercando tuttavia di consumare meno energia e meno materiali, utilizzando delle tecnologie il più possibile pulite, benefiche nei confronti dell'ambiente: le "eco-tecnologie". La loro utilizzazione dovrebbe anche essere incentivata attraverso strumenti di mercato, che dovrebbero a loro volta penalizzare le tecnologie che inquinano di più, che consumano più energia e che danneggiano l'ambiente, e favorire di conseguenza quelle più valide. Questo progetto di utilizzazione di risorse eco-tecnologiche orienta la ricerca in modo diverso: se prima era rivolta a produrre in qualsiasi modo e a costi bassi, adesso si preoccupa della qualità del prodotto e della qualità della produzione, pur facendo attenzione ai costi. Per esempio, prima si usava produrre degli oggetti di consumo durevoli, introducendo degli elementi di obsolescenza pianificata: un frigorifero doveva durare cinque-sei anni e poi si buttava via, quindi doveva avere degli elementi che consentissero, ad un certo punto, di guastarsi; così come un'automobile: non si premiava la durabilità, ma si badava a produrre molto, sempre di più, ad evitare la saturazione dei mercati. Oggi bisogna stare attenti a produrre bene, anche prevedendo quello che succederà dopo la fine della vita utile di un prodotto. Si comincia a progettare un'automobile tenendo presente il momento in cui si dovrà demolire per poter recuperare tutti le sue componenti e riciclarle: questo è già un modo di realizzare una eco-tecnologia. Si deve produrre, inoltre, anche facendo attenzione che i prodotti consumino il meno energia possibile. Pensiamo all'illuminazione: le lampade a florescenza compatta, modernissime, consumano il 20% dell'energia delle lampade normali a incandescenza, eppure hanno un risultato, in termini di illuminazione, eccellente. Questi sono gli sviluppi che si prevedono, come anche l'automobile elettrica che potrebbe domani soppiantare, almeno in gran parte, l'automobile con motore a combustione o a scoppio, poiché essa, per esempio, si adatta molto meglio al traffico cittadino. Il traffico cittadino, con l'auto elettrica, avviene in condizioni di completa eliminazione delle emissioni, quindi dell'inquinamento nell'ambiente delle città.

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    Domanda 6
    Anche l'industria informatica sarà toccata da questa crisi di sviluppo?

    Risposta
    L'industria informatica fa parte delle eco-tecnologie, perché ogni volta che si sostituisce un traffico duro, un trasporto di beni, di merci, per poi tenere una enorme quantità di merce in magazzino, magari inutilmente, con una informazione, si consente a chi produce di regolare la sua produzione col metodo cosiddetto "just in time". In questo modo si produce "al momento giusto". Gli strumenti di informazione che le comunicazioni offrono, servono, in misura fondamentale, a rendere possibile la società di domani più sostenibile. E, in questo senso, le tecnologie dell'informazione sono tecnologie ecologicamente positive.

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    Domanda 7
    La legge sulle telecomunicazioni varata nel febbraio scorso negli Stati Uniti, può essere un modello per l'Italia?

    Risposta
    Io non sono un competente della legge sulle telecomunicazioni. Ho letto appena, appunto, il "Telecommunications act" del governo americano. Mi sembra che le situazioni di America e Italia siano profondamente diverse e quindi la mia impressione è che la legge americana ci possa aiutare poco. Bisogna, però, capire, che da queste leggi, a parte i dettagli che possono essere molto diversi, si possono estrarre dei criteri fondamentali: le comunicazioni devono essere agevolate, bisogna evitare situazioni di monopolio che danneggiano chi produce, perché cristallizzano posizioni di mercato acquisite impedendo la concorrenza che invece va incoraggiata; ma soprattutto danneggiano i fruitori, i consumatori. Questi sono i criteri che hanno impostato e regolato la legge americana. Ciascun paese ha la sua situazione e vorrei dire che l'Italia, essendo parte dell'Unione Europea, dovrà intanto adeguare la sua legislazione, la sua normativa in materia, a quella che si va affermando nell'Unione Europea. Quindi bisogna, da un lato, guardare a quello che fanno America e Giappone, e poi, dall'altro, bisogna pensare a una normativa europea, poiché ciò che in Italia deve essere fatto non deve andare nella direzione opposta a quanto viene maturando in sede europea.

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    Domanda 8
    Lei ha sostenuto che l'avvento delle nuove tecnologie sta spingendo verso un processo di globalizzazione. Che cambiamenti sociali porterà con sé questa nuova situazione e quali sviluppi prevede per il futuro?

    Risposta
    La globalizzazione è trascinata dalle nuove tecnologie, ma, nello stesso tempo, la globalizzazione dei mercati, della finanza, delle attività economiche, delle imprese, anche di quelle medie e piccole, favorisce la diffusione delle nuove tecnologie. La globalizzazione favorisce le nuove tecnologie e le nuove tecnologie favoriscono la globalizzazione: c'è un rapporto sinergico. Ciò detto, evidentemente, in una società che si va globalizzando, cambiano molte cose. Il fatto che oggi la globalizzazione consenta, anzi imponga ad un'impresa di ubicare le proprie produzioni dove è più conveniente, rispetto al costo dei fattori di produzione, incluso il costo del lavoro, significa che molte cose cambiano nella struttura della nostra produzione, della nostra attività economica e nella struttura stessa della nostra società. Io ritengo, dunque, che i cambiamenti indotti dalla globalizzazione, saranno molto importanti per la struttura della società e richiederanno una preparazione molto diversa da quella del passato, e anche un'attitudine psicologica diversa, nel senso che i giovani non debbono più lavorare nella speranza di trovare un posto fisso per tutta la vita. Ormai non ci sarà più né impiego fisso, né privilegi. Le garanzie per il lavoro, a cui giustamente tutti aspirano, sono garanzie che ciascuno dovrà contribuire a crearsi attraverso la propria formazione e la propria preparazione. Una società che funziona bene, un sistema economico che funziona bene, anche se non è in grado di dare a ciascuno, individualmente, la garanzia di "quel" posto di lavoro, è però in grado di assicurare tanti posti di lavoro, cosicché ciascuno potrà trovare la sua collocazione. I cambiamenti sono molto forti e ci vorrebbe molto tempo per descriverli in misura più precisa.

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    Domanda 9
    Lei ha parlato di dematerializzazione della società. Cosa intende con questo termine?

    Risposta
    Per dematerializzazione della società, ed anche deenergizzazione, che è un altro modo di dire la stessa cosa, si intende che per ogni unità di prodotto nazionale lordo aggiuntiva, si devono consumare meno materiali e meno energie. Faccio un esempio: in un paese che si avvia all'industrializzazione, prima ci sono le grandi opere infrastrutturali importanti da produrre: ci vuole il cemento, l'acciaio, ci vuole tutto ciò che serve per costruire una società moderna. Dopo, però, quando tutte queste cose sono state realizzate, come va avanti l'economia? Va avanti soprattutto con prodotti e servizi sempre meno materiali, a valore aggiunto molto elevato. Quindi il valore del prodotto che si ottiene è alto, anche se la quantità di materia contenuta in questo prodotto si abbassa sempre di più. L'altro aspetto riguarda i paesi in via di sviluppo, che devono costruire tutte le loro infrastrutture, avendo oggi a disposizione le tecnologie avanzate, che prima non c'erano. Oggi si richiede meno energia per fare un'acciaieria o uno stabilimento chimico; si richiede meno energia per fare l'acciaio, o per fare un fertilizzante o per fare una materia plastica, meno energia di quanto si richiedesse decenni fa. Che cosa significa, dunque, dematerializzare? Significa usare tecnologie efficienti in termini di consumo di energia e materiali, per cui lo stesso prodotto viene fatto con meno materia e meno energia. Un caso tipico è questo: nel passato, le trasmissioni, le comunicazioni, le telecomunicazioni, venivano fatte con cavi di rame molto pesanti, anche transoceanici, che richiedevano un'enorme quantità di rame. Con la sostituzione, in senso dematerializzante, del rame con la fibra ottica, si è ridotto il peso di un fattore venti, trenta, quaranta, e si è moltiplicata anche la densità di informazioni che può passare attraverso le linee. Questo è un tipico esempio di dematerializzazione. Ma se ne possono fare molti altri. Deenergizzazione invece significa consumare meno energia per produrre lo stesso bene o lo stesso servizio. E' l'esempio delle lampade a fluorescenza compatta, che hanno una efficienza di illuminazione cinque volte maggiore delle lampade a incandescenza.

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    Domanda 10
    Internet nasce dalla necessità di rendere veloce lo scambio di informazione tra organismi cooperanti. La massima diffusione delle informazioni è sempre un vantaggio per la ricerca scientifica?

    Risposta
    Vorrei rivendicare all'Europa l' origine di Internet, dell'idea di Internet, perché sono stati i ricercatori del C.E.R.N. di Ginevra, i quali sono ricercatori europei nel campo della fisica delle alte energie e delle particelle subnucleari, che hanno inventato quel protocollo. Le idee di base, in seguito, sono state utilizzate, per poi estenderle a tutto campo, negli Stati Uniti. Sono stati dei ricercatori europei, che poi, trasferiti negli Stati Uniti, hanno lavorato per generalizzare l'utilizzabilità di Internet. Negli Stati Uniti, la DARPA, l'agenzia per la promozione della ricerca militare americana, ha colto subito il significato di questo progetto ed è andata avanti. In seguito ci sono state le applicazioni all'università, poi Internet è diventato un fenomeno di applicabilità generale, con parecchie decine di milioni di utenti, e promette, direi, di estendersi in misura molto più elevata nei prossimi anni. Per la ricerca scientifica e tecnologica non c'è dubbio che la pronta diffusione delle informazioni, la comunicabilità assicurata tra le persone, le quali, negli angoli più diversi del mondo svolgono una ricerca su un determinato campo, rappresenta un elemento importante di progresso. In passato poteva accadere che i diversi gruppi di ricerca si spaccassero la testa per ottenere un determinato risultato, senza capire che, magari, ricavando ciascuno dall'altro un elemento in più, questo risultato si poteva ottenere molto più in fretta e con un costo complessivamente molto minore.

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    Domanda 11
    Spesso circolano informazioni la cui veridicità o attendibilità non necessariamente viene certificata. Ciò non comporta dei rischi?

    Risposta
    Io credo che ogni volta che una innovazione così importante, sconvolgente, appare all'orizzonte e comincia ad affermarsi, poi, chiaramente, si colgono sia gli aspetti positivi sia gli aspetti problematici. Vi sono i problemi etici, come la diffusione di informazioni immorali, pornografiche o anche, peggio ancora, informazioni su come costruire una bomba o roba del genere, che portano verso direzioni sbagliate. Questi sono pericoli effettivi e pongono una serie di problemi etici, prima che normativi, a cui, comunque, si dovrà provvedere. Ma esistono già degli organismi per mettere in atto provvedimenti che consentono di migliorare lo strumento, avvalendoci di tutto quello che c'è di buono, e cercando di tirar fuori tutto quello che c'è di dannoso. Insomma: ci sono dei problemi molto rilevanti, ma questo non significa che sarebbe stato meglio non avere Internet o non avere una innovazione, che invece ha un potenziale enorme di progresso.

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    Domanda 12
    Lei ha lavorato nel settore pubblico e in quello privato, in ruoli di massima responsabilità. Qual è la situazione dei due settori rispetto alla ricerca scientifica in Italia?

    Risposta
    A differenza di altri Paesi, come il Giappone, la Germania e diversi altri, in Italia, proprio perché la maggior parte delle industrie è di piccole e medie dimensioni, nel complesso, il settore industriale svolge percentualmente una quantità di ricerca inferiore a quella degli altri Paesi. Solo l'Italia è un paese che Giorgio Fuà ha definito: "a industrializzazione tardiva". E' chiaro, dunque, che il numero di grandi o grandissime imprese è relativamente piccolo. E siccome le piccole imprese possono permettersi di fare meno ricerca, in generale, delle grandi, allora c'è un carico maggiore di ricerca nel settore pubblico. Ciò detto, non è giusto parlare solo di percentuali, bisogna anche parlare di quantità assolute. La quantità assoluta di ricerca che si fa in Italia è modesta, perché noi spendiamo circa l'1, il 2% del prodotto lordo in ricerca e sviluppo; probabilmente, a causa della situazione della finanza pubblica, questa percentuale non è destinata ad aumentare, ma potrà subire anche una flessione, mentre nei paesi più avanzati si va dal 2,5% al 3% del prodotto lordo, e la media della comunità dell'Unione Europea è del 2% sul prodotto lordo. Noi vogliamo e pretendiamo di essere uno dei paesi avanzati del mondo e in realtà siamo superati da paesi come la Corea e presto anche da Taiwan, che spendono più di noi, in percentuale del prodotto lordo, in ricerca. La situazione in Italia è dunque drammatica. Ciò detto non significa che in Italia non si faccia anche della buona ricerca, sia nelle università e negli enti di ricerca pubblici, sia nell'industria. Nonostante una situazione nel suo insieme deficitaria, ci sono delle punte di eccellenza che fanno dell'Italia un paese a relativamente buona produttività scientifica. Ma è proprio questa "buona" produttività che ci dovrebbe indurre a spendere di più in ricerca, e soprattutto nella delicatissima fase della traduzione di un risultato scientifico in un prodotto, sia esso bene o servizio, che abbia valore economico e possa quindi essere oggetto di produzione, di scambio sul mercato, e che dia luogo a del valore aggiunto.

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    Domanda 13
    Quali problemi affronta nel suo libro "Energia" uscito presso i tipi Donzelli?

    Risposta
    L'idea di questo libro è venuta durante una conversazione che ho avuto con Carmine Donzelli, un editore giovane, molto bravo, perché riflettevamo sul fatto che il problema dell'energia sembra essere oggi diventato un "non problema": viene ignorato dalla gente perché oggi l'energia costa abbastanza poco e sul mercato ci sono sufficienti combustibili fossili (petrolio, gas, carbone, ma il carbone si usa meno perché è più scomodo); in altre parole, il mercato dà segnali di abbondanza. Se guardiamo ai prezzi internazionali del petrolio sono bassissimi; in termini reali i prezzi sono bassi quasi quanto lo erano prima della crisi energetica degli anni Settanta, nonostante siano stati consumati decine di miliardi di tonnellate di questi combustibili negli ultimi vent'anni. La gente vive convinta che l'energia non sia più un problema. Il nucleare ha avuto la grande scossa dall'incidente di Chernobyl, che però è dovuto, se lo si guarda bene, alla disfunzione del sistema sovietico anche nel campo dell'energia, della sicurezza e dei controlli. Sulle energie rinnovabili - che sono anche una grande speranza per il domani - si compie poca ricerca. Il problema che io mi sono posto nello scrivere il libro è di spiegare che cos'è l'energia e l'importanza che occupa nell'economia e nella società moderna. Ho indicato quali sono stati i percorsi storici dell'energia, concentrandomi soprattutto sul modo in cui veniva visto il problema negli anni Settanta, quando dominava la paura per la scarsità; poi, ancora, negli anni Ottanta, quando i prezzi sono scesi di colpo in seguito alla guerra Iran-Iraq, che ha segnato il tracollo dell'O.P.E.C., la grande organizzazione dei paesi esportatori di petrolio. In seguito a questo "tracollo" i prezzi sono scesi e da allora si sono mantenuti bassi. E'sopravvenuto, poi, un nuovo elemento: la preoccupazione degli effetti sull' ambiente e sul clima a causa del consumo di grandi quantità di energia, soprattutto in forma di combustibili fossili. E allora, per il domani, che cosa si impone? Intanto una enorme efficienza d'uso dell'energia, poi il passaggio graduale - ma deve essere effettuato questo passaggio - da fonti fossili, quindi carbone, petrolio e gas, esauribili per loro natura, a fonti non esauribili e possibilmente non inquinanti. Di qui la prevalenza delle energie rinnovabili, e anche forse un futuro per un nucleare assolutamente sicuro e per la fusione nucleare. Dopo avere parlato della storia dell'energia, del concetto dell'energia, delle varie fonti, delle tecnologie, affronto il problema delle attese per il futuro e degli scenari che si aprono per un futuro durevole, sostenibile, per definizione affidato a energie rinnovabili.

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    Domanda 14
    Lei è coordinatore del Premio "Pirelli International Award". Ce lo può presentare?

    Risposta
    La Pirelli è una società che sta mutando molto rapidamente, sta utilizzando le tecnologie nuove, soprattutto quelle per il settore delle informazioni delle comunicazioni, ed è quindi dentro il mondo di Internet. Pirelli è una società europea attenta anche ai problemi di ordine culturale, se così si può dire. L'idea eccellente che ha avuto Pirelli è racchiusa nella possibilità di promuovere. ad un tempo, la diffusione di una cultura scientifica modernamente intesa. Ciò vuol dire promuovere una cultura che valorizza la scienza e tutte le scienze, non quelle naturali soltanto, ma anche le scienze umanistiche, le scienze storiche, le scienze economiche e sociali, insieme alla tecnologia. In questo senso essa ha messo in discussione quella mentalità antitecnologica, antindustriale, miracolistica, un po' irrazionale ancora radicata negli strati sociali del nostro paese. Inoltre questo è il primo Premio che io conosca, che viene, totalmente gestito sul "network" Internet. Ciò significa che i concorrenti dovranno presentare elaborati e prodotti che possono essere multimediali, come animazioni, film, oppure musica, purché siano digitalizzabili e convogliabili attraverso Internet. Questa è la regola del gioco: il prodotto può essere anche di grande lunghezza perché ci sono trenta mega byte di memoria che si possono utilizzare; si possono scrivere, dunque, anche degli elaborati molto lunghi. Per un prodotto di immagini, di animazione, si può arrivare a circa dieci minuti di testo. I concorrenti debbono però presentare qualcosa che sia attinente allo scopo del Premio, e lo scopo del Premio è la diffusione della cultura scientifica e tecnologica in Europa. Il nostro continente, a differenza del Giappone e degli Stati Uniti, ancora si presenta bene nella scienza relativamente pura, fondamentale, ma è un paese che è meno capace di sfruttare i risultati della scienza e della tecnologia. Quindi, lo scopo del Premio è quello di diffondere una cultura scientifica e tecnologica nel senso pieno del termine, e si configura come un'opera altamente meritoria. Questo aspetto spiega perché, della giuria, fanno parte persone di alto valore, fra cui anche il Premio Nobel Ilya Prigogine e personaggi molto noti come Tullio De Mauro, Antonio Ruberti, Roberto Vacca ed altri.

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    Domanda 15
    In base a quali criteri è stata organizzata questa giuria?

    Risposta
    In questo primo anno la giuria è composta prevalentemente da italiani, se si escludono Prigogine e Matakides, che dirige il programma comunitario di ricerca e sviluppo nel settore delle tecnologie dell'informazione. I componenti la giuria hanno una pluralità di formazione culturale: ci sono umanisti, persone di cultura economica, sociale, e ancora scienziati e tecnologi. Inoltre, alcuni membri della giuria lavorano nell'industria, altri provengono dal mondo accademico, dalle università, altri ancora lavorano in istituzioni di ricerca o sono personaggi autonomi, liberi professionisti di elevatissimo valore tecnico-scientifico.

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    Domanda 16
    A chi è rivolto il Premio?

    Risposta
    Il Premio è soprattutto rivolto ai giovani, perché esso si propone di diffondere la cultura scientifica e di promuovere una cultura scientifica positiva nella gente. E le nuove generazioni devono evitare di cadere nella trappola dell'antitecnologismo, dell'antindustrialismo, poiché questa idea un po' bucolica viene portata avanti da alcuni movimenti ambientalistici, quelli che guardano più alla società del passato che alla società del futuro. Io ritengo, dunque, che noi siamo tutti ambientalisti veri, nel senso che a noi sta a cuore l'ambiente della società moderna, ma siamo anche persone che cercano di portare avanti l'idea della sostenibilità dell'economia e della società futura, in un mondo che sarà complessivamente più ricco e molto più abitato dell'attuale. Quindi ci rivolgiamo soprattutto ai giovani e alle giovani naturalmente.

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    Domanda 17
    Che tipo di elaborati vi aspettate di ricevere e come verranno utilizzati?

    Risposta
    Gli elaborati potranno essere i più diversi, purché siano digitalizzabili: possono essere scritti, come un racconto, o una simulazione di una "pièce" teatrale, una poesia, oppure aforismi, o ancora una critica, anche ironica, alla società moderna, e purché il testo sia utile a dare un'immagine postitiva della cultura scientifica e tecnologica. Noi accettiamo, naturalmente, tutto; un testo, però, che alla fine dicesse: si stava meglio prima, la scienza e la tecnologia non servono, hanno distrutto tutto, è meglio ritornare all'aratro manovrato a mano, ai buoi, all'agricoltura naturale, ignorando che quello sarebbe un sistema di vita assolutamente insostenibile perfino a un decimo della popolazione attuale della terra, sarebbe un lavoro che noi accetteremmo, ma che non premieremmo. Siamo perciò orientati a premiare chi valorizza la cultura scientifica e tecnologica moderna e in questo ambito anche la società dell'informazione, delle comunicazioni.

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