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    Furio Colombo

    Roma, 18/02/1999
    Le nuove tecnologie nella società
  • In Italia il cammino verso l’alfabetizzazione informatica è più lento che in altri paesi (1) .
  • Il cambiamento determinato dall’utilizzo della telematica nella vita politica ha dimostrato una insospettata maturità dell’opinione pubblica (2) .
  • Una notevole maturità nella capacità di valutare l'informazione distribuita in Rete è stata dimostrata anche dall’opinione pubblica italiana (3) .
  • Per stabilire un rapporto saldo tra istituzioni e opinione pubblica è necessario mettere il cittadino in condizione di capire chiaramente come opera il Parlamento (4) .
  • Bisogna promuovere una campagna informativa generale non solo per informare il cittadino sull'esistenza degli strumenti informativi presenti su Internet ma soprattutto per allargare la base di accesso e frequentazione della Rete in Italia (5) .
  • Tra i modelli concepiti per educare e incentivare l'uso delle nuove tecnologie in ambito scolastico il più produttivo è quello che prevede un computer per ogni studente (6) .
  • Nel percorso scolastico è preferibile inserire l’educazione ai nuovi media nell'ambito delle discipline tradizionali piuttosto che isolarla come materia a sé stante (7) .
  • Tra spiritualità e tecnologia non c'è un rapporto qualitativo ma solamente quantitativo (8) .
  • In Italia l’utilizzo del telelavoro è ancora modesto perché richiede una organizzazione generale del lavoro che non è ancora avvenuta (9) .
  • È urgente che il Parlamento intervenga per stabilire e tutelare i diritti del cittadino in relazione alle nuove tecnologie. Un intervento sull'organizzazione del lavoro potrebbe invece rivelarsi dannoso (10) .
  • Internet favorisce il pluralismo culturale piuttosto che l’omologazione (11) .
  • Tra la comunicazione unidirezionale della televisione e la comunicazione polidirezionale di Internet prevarrà sicuramente il secondo modello di comunicazione (12) .
  • Con l'accelerazione dei flussi di informazione le città cambieranno, ma più nella loro personalità tecnologica e nelle pratiche di vita dei suoi abitanti piuttosto che non nel loro aspetto (13) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Come pensa che le nuove tecnologie, per esempio Internet, possano essere usate non solo con una funzione di informazione dall'istituzione verso il cittadino ma, viceversa, anche con una funzione di partecipazione dei cittadini alle attività dell’istituzione?

    Risposta
    La vera risposta a questa domanda verrà col tempo. Attualmente, in Italia, il Parlamento, ma anche i giornali e altre istituzioni, comunicano via Internet. Il ritorno dei cittadini c'è, ma non va necessariamente nella stessa direzione. Al momento si potrebbe dire che si scavano gallerie per comunicare da una parte verso l'altra e dall'altra verso il centro ma questi tunnel non vanno necessariamente a ritrovarsi. Si direbbe che l'impegno fondamentale nell'uso di Internet è: “Io lo uso come voglio io e vado dove voglio io”. Più sono avventurosi e ricchi di iniziativa coloro che si mettono in navigazione e più è tipico che vadano a cercarsi non qualcosa che esiste già ma qualcosa da inventare; cioè che offrano, depositino, lungo le vie di comunicazione, dei materiali che desiderano che altri vengano a raccogliere. Quindi attualmente non c'è una corrispondenza esatta tra istituzione e cittadini. C'è anzi una frequentazione relativamente bassa dal punto di vista della possibile risposta degli utenti, a differenza, per esempio, degli Stati Uniti, dove la risposta è estremamente intensa. D'altra parte, il modo in cui si è sviluppata negli Stati Uniti la partecipazione e la presenza sulla Rete ci dà delle indicazioni su ciò che accadrà da noi. È avvenuto per migliaia, poi per centinaia di migliaia, poi per milioni d persone, e questo nello spazio di tre anni, tre anni e mezzo. Non si vede perché la stessa tendenza non dovrà verificarsi anche da noi. L'unico ostacolo che vedo a una accelerazione del cammino è una alfabetizzazione relativamente bassa rispetto al vero uso del computer. La pratica del comunicare e muoversi in Rete è parecchio più bassa e più lenta che altrove. Mi aspetto una impennata, spero che ci sarà. Allo stato dei fatti sarebbe certamente fuori posto cominciare a predire dei possibili effetti negativi prima ancora che la comunicazione fra un centro e una periferia sia realizzata. Da notare che è stato tipico del nostro paese, a differenza degli Stati Uniti, avere una distanza grandissima delle periferie dal centro. Dunque, da noi, in ogni caso i risultati positivi dovrebbero di gran lunga sopravanzare quelli negativi perché qualunque diminuzione di distanza fra periferia e vertice, tra centro e periferia tra cittadini e forme di governo non può che essere di per sé assolutamente positiva.

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    Domanda 2
    Il cambiamento determinato dalla partecipazione dei cittadini alla vita politica attraverso gli strumenti della telematica diffusa ha comportato anche una evoluzione nel modo di fare politica da parte delle istituzioni?

    Risposta
    Se avessi una lavagna alle spalle disegnerei due frecce che vanno in due direzioni opposte. Una prima freccia ci indica un percorso potenzialmente negativo ed è quello nel quale l'interferenza, l'intervento immediato da parte di non addetti ai lavori su un lavoro specifico in corso, per esempio una votazione istantanea, può portare a delle decisioni affrettate e dunque sbagliate, poiché sono fatalmente soggette a delle reazioni emotive molto forti che non conoscono alcuna mediazione. Ma c'è anche una freccia opposta che è quella positiva. L'opinione pubblica, in realtà, ha dimostrato proprio di fronte alla ricchezza di informazioni che queste nuove tecnologie mettono a disposizione, una maturità insospettata e una capacità di equilibrio parecchio superiore a quella degli addetti ai lavori. L'esempio più clamoroso che abbiamo davanti ai nostri occhi è il caso Clinton. Il caso Clinton ha prodotto una divulgazione assolutamente caotica e fittissima di documenti veri, documenti falsi, voci, insinuazioni, storie radicalmente inventate, il tutto con la libertà priva di filtri che caratterizza la comunicazione attraverso le nuove tecnologie. Questo materiale è stato prontamente raccolto e divulgato dagli addetti ai lavori, compresi i grandi e illustri commentatori politici. A questi materiali l'opinione pubblica ha opposto una resistenza e uno scetticismo assolutamente esemplare. Là dove si poteva immaginare che l'esperto avrebbe faticato a mettere ordine e che il popolo della Rete si sarebbe buttato in un modo assolutamente anarchico nell'uso delle nuove informazioni e della grandissima quantità di notizie pirata che sono piovute sul caso Clinton-Lewinsky, sulle mille informazioni incrociate che su di essa si accatastavano, l'opinione pubblica ha opposto una barriera di resistenza, di cautela, di prudenza, di buonsenso, che alla fine si è espressa in due atteggiamenti opposti. Quello dei politici che non hanno capito e hanno insistito fino alla fine con la loro ossessione persecutoria, basandosi anche su moltissimo materiale raccolto da fonti non verificate in Rete, e che quindi potrebbero portarci a dire: “Dio mio, che caos sta provocando la Rete!” e l'opinione pubblica che, invece, anche con i sondaggi di opinione, ha resistito a questa tempesta e ha detto: “Non ne vogliamo sapere. Vogliamo continuare a vivere in un paese ordinato dove chi governa governi e faccia sapere con chiarezza ai cittadini qual è la linea che sta seguendo”. Ecco perché vedo due frecce. Una in apparenza è negativa, mentre l'altra ci ha dimostrato che la maturità dell'opinione pubblica che si sta accostando ai nuovi strumenti e ne sta diventando utente, è parecchio più alta di quella che gli addetti ai lavori hanno indicato.

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    Domanda 3
    Questa maturità dimostrata dall’opinione pubblica nella capacità di utilizzare e valutare effettivamente l'informazione distribuita in Rete è presente anche in Italia?

    Risposta
    Non ho dubbi che questo tipo di maturità sia certamente presente anche nell'opinione pubblica italiana. Lo si vede, del resto, ogni volta che vengono lanciati sondaggi accurati sul modo in cui si comportano i cittadini. Prendiamo il caso del problema dell’immigrazione. L'allarme immigrazione viene continuamente lanciato sia da parti politiche interessate sia dai media, se non altro perché è un argomento che fa drammaticamente notizia e si preferisce la notizia drammatica per aprire sia un telegiornale che un giornale. Nonostante ciò, tutte le indicazioni di opinione della maggioranza degli italiani sono prudenti, serene, serie, caute. Non si notano tracce di isterismo ma invece richieste ragionevoli, prudenze comprensibili, e anche una capacità di capire, di orientarsi, che è spesso superiore alla sensibilità con cui i mezzi di comunicazione di massa e gli addetti a lavori afferrano gli spunti nell’immediato, con più emotività e con minore soglia critica. Esiste però un problema tipico della cultura italiana. In un contesto in cui i cittadini sono sempre stati lasciati, da quando esiste una struttura centrale pubblica italiana fino ai nostri giorni, in una situazione in cui una enorme distanza separa i cittadini dalle forme amministrative e politiche in cui si incarna lo Stato, è normale che la partecipazione alla vita politica si manifesti prevalentemente come protesta. Non c'è niente di male in questo, solo che la ‘pura’ protesta consuma del tempo e diminuisce il valore creativo che invece l'apporto di tante nuove intelligenze, di tante nuove presenze, potrebbe dare. Credo che sia un prezzo fatale da pagare. Tuttora il cittadino non sa bene con chi parlare e come collegarsi con l'autorità che si rappresenta nella burocrazia. La burocrazia è tuttora lontana dal cittadino sebbene ci siano state delle modificazioni straordinarie avvenute in questi ultimi anni. Basti pensare ai decreti Bassanini, all'autocertificazione. Ma queste innovazioni sono avvenute in controtendenza rispetto a una storia lunga e stabilizzata di disinteresse del centro verso la periferia, di tutto ciò che rappresenta lo Stato verso i cittadini. È fatale che in una situazione del genere avvenga una reazione di protesta, un’onda di tensione antagonistica. Chi ama le nuove tecnologie deve desiderare, sperare, che si consumi con la giusta tensione la fase antagonistica per iniziare una fase creativa, partecipativa. In questo passaggio noi avremo il beneficio pieno della comunicazione a due vie.

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    Domanda 4
    Recentemente è stato inaugurato il nuovo sito Internet della Camera. Cosa si aspetta da questo sito? Pensa che possa contribuire a diminuire la distanza tra cittadini e amministrazione?

    Risposta
    Ancora oggi i cittadini non sono sicuri di che cosa succede dal momento in cui si annuncia una legge al momento in cui quella legge diventa operativa. Ci sono leggi che si perdono per la strada, leggi di cui non si sente più parlare per anni, mentre ce ne sono altre che inspiegabilmente, almeno dal punto di vista del pubblico, esauriscono subito il loro iter o vengono discusse sin troppo frequentemente. Uno dei modi di stabilire un rapporto saldo con l'opinione pubblica da parte del Parlamento è quello di spiegarsi, di dire non solo com'è la vita di un parlamentare o come il Parlamento cerca di accreditare se stesso presso i cittadini. Un’altra cosa da fare è quella di spiegare come si lavora. Spiegare che cos'è una commissione, che cosa vuol dire un voto in commissione. Molta confusione viene fatta nella diffusione delle notizie da parte dei media. Per esempio, quando sia alla radio, alla televisione o nei giornali, viene annunciato un voto drammatico o una bocciatura di una commissione parlamentare spesso non si specifica il lavoro di commissione è preliminare a quello d'aula e non pregiudica quello d'aula. Orienta e indirizza il dibattito vero che ci sarà, ma non lo esaurisce, tutt'altro. Spesso la diffusione di notizie imperfette o imprecise, a volte scaturite dal desiderio di afferrare la parte emotiva di un discorso o di un argomento, impedisce ai cittadini di sapere cos’è realmente avvenuto. Dovrebbero invece essere messi in condizione, attraverso una sorta di dizionario, di prontuario del percorso dell'argomento di legge, di capire. Capire che un determinato argomento può esser disegno e può essere proposta, può essere un decreto legge che va convertito, può essere un'iniziativa parlamentare, può essere un'iniziativa popolare. Capire quante e quali differenze, quali i tempi, quali i precedenti, quali i modelli che possono essere presentati, rappresentati. In questo modo i cittadini potrebbero intervenire sapendo esattamente di che cosa stanno parlando sia sull'argomento specifico sia sull'argomento generale riguardo al metodo di legiferazione del Parlamento. Questo aspetto è importante, anche perché farebbe luce su tanti dibattiti che dominano radicalmente l’opinione pubblica. Tutti stiamo discutendo di un sistema elettorale o dell'altro, ma nessuno dei sistemi elettorali in discussione, con tutta la nobiltà del referendum e con tutta la validità delle ragioni opposte, affronta e tocca un fatto fondamentale: il regolamento della Camera, il modo in cui noi riceviamo gli impulsi a legiferare e facciamo le leggi. Se non viene cambiato il regolamento e le regole, si può cambiare fin che si vuole il modo in cui il deputato viene eletto, se poi il deputato che viene eletto col sistema maggioritario torna, per esempio, ad essere proporzionalista all’interno del sistema in cui è organizzato il Parlamento. Io, deputato, non posso parlare se non vengo autorizzato dal mio capogruppo. Questa è una struttura proporzionale, legittima ma proporzionale e non corrisponde al sistema maggioritario che già adesso c'è per il 75%. Basta che i cittadini siano avvertiti di questa distonia, per esempio, fra la legge esterna e quella interna del Parlamento. Ecco un modo in cui il sito parlamentare potrebbe essere utilissimo: chiarire, spiegare, raccontare, prendere per mano, far vivere a chi si accosta al sito parlamentare l'itinerario di una legge per capire come si formano le leggi. In questo modo, intervenire anche con brutalità diventerà un intervenire competente, nel senso che il cittadino, informato esattamente, non soltanto sarà portatore, per esempio, di un’indignazione per una lentezza inspiegabile, ma saprà anche colpire i punti nevralgici del motivo di quella lentezza inspiegabile.

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    Domanda 5
    Che tipo di sforzo, secondo lei, bisogna fare per informare il cittadino sull'esistenza di questi strumenti informativi in Rete come, ad esempio, il sito della Camera?

    Risposta
    Io non credo che si debba fare uno sforzo particolare perché vorrebbe dire tentare di richiamare attenzione su qualcosa che è importante soltanto per chi già frequenta la Rete. Si tratta cioè di un numero relativamente basso di persone per adesso. C'è da prevedere che questo numero di persone crescerà. C'è da fare una grossa campagna informativa, ma non a proposito di un particolare sito o di un particolare argomento, ma per il bene di questo paese, per la sua modernizzazione, perché la partecipazione e la presenza in Rete aumenti. Questo deve avvenire nelle scuole, avviene nella vita civile e avviene in ogni altra forma di contatto con l'opinione pubblica. Io non vedo la necessità di accreditare un particolare avvenimento affinché aumenti la frequentazione di un fenomeno particolare. Vedo piuttosto la necessità di allargare la base della frequentazione in Rete nel nostro paese che è un processo educativo di modernizzazione molto importante, di base, che riguarda tutti.

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    Domanda 6
    Per quanto riguarda l'alfabetizzazione informatica, e in particolare l'uso di questi strumenti nelle scuole, ci sono discussioni anche in Italia su quali siano i modelli preferibili per educare e incentivare l'uso delle nuove tecnologie in ambito scolastico. Si discute per esempio se sia preferibile il modello del laboratorio informatico separato dall'attività di classe oppure il computer per classe o addirittura il computer per studente, il modello americano del ‘One Head One Computer’, oppure ancora il computer per piccoli gruppi di studenti. Tra questi diversi modelli quale potrebbe essere il più produttivo?

    Risposta
    Non c'è dubbio che il più utile e più produttivo è il modello che prevede un computer per studente. L'invenzione del personal computer, la svolta di civiltà apportata dal personal computer sta proprio nel fatto che si viene a creare uno stretto rapporto tra una persona e il suo strumento. Bisogna essere realisti e sapere che la scuola italiana attraverserà delle stagioni intermedie in cui ci potrà essere un laboratorio, poi un computer per classe. In seguito si potrà arrivare, e si deve arrivare, al computer per ogni studente. Ma non sono delle scelte, sono dei passaggi. Negli Stati Uniti ho visto avvenire questi passaggi in relazione allo sviluppo tecnologico. Fino a quando il laboratorio, dato il relativo ingombro degli strumenti, era la sola soluzione, veniva usato il laboratorio. Quando il computer è diventato più maneggevole è arrivato in classe. Naturalmente parliamo delle buone scuole, non di tutte le scuole. E infine, quando è arrivato il piccolo personal computer, leggero, agile, frequentabile individualmente, è arrivata la predicazione e l'adozione del sistema che prevede ‘una persona un computer’. In Italia siamo rallentati non dalla tecnologia, che è già tutta disponibile, ma dalle risorse. Non abbiamo, al momento, le risorse per mettere un computer in ogni scuola, forse anche in ogni classe, certo non ancora per assegnare un computer ad ogni bambino. Se lo dicessimo, diremo delle cose belle ma non vere. E qui forse è uno dei territori in cui sarebbe più utile associare le sponsorizzazioni delle imprese all'attività scolastica. Spero che questo possa avvenire, che l'autonomia che viene attribuita dalla nuova legislazione alle scuole, da questo governo e dal ministro Berlinguer all'istituzione scolastica costituisca una facilitazione per stabilire rapporti anche con il settore privato in modo da avere a disposizione più computer e più strumenti della nuova tecnologia. L’idea di personal computer sottintende proprio il fatto che ognuno deve avere il suo strumento di accesso e di percorso alle nuove tecnologie e questo è ciò che dobbiamo desiderare.

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    Domanda 7
    Dal punto di vista del percorso didattico c'è chi sostiene che è preferibile inserire l’educazione ai nuovi media nell'ambito delle discipline tradizionali e chi invece teme che in questo modo si finisca per non dare una serie di informazioni di base che riguardano nello specifico l'ambito informatico e tecnologico. Che cosa ne pensa?

    Risposta
    Sono nettamente in favore della scelta dell'insegnare una materia insieme con l'uso del computer. Per due ragioni: la prima è perché si capisce bene che l'uso di una tecnologia dipende dal contenuto della tecnologia stessa. Si può lodare finché si vuole una nuova tecnologia ma se scorre via vuota non è importante. La seconda è che si evita l'equivoco che molte facoltà, molte nuove scuole di comunicazione e facoltà di informatica hanno accreditato, e cioè che di per sé l’informatica sia portatrice di messaggi. L’informatica è trasportatrice di messaggi ma non ne è formatrice. Mi è capitato spesso di incontrare studenti che si avviano sulla strada dell'informatica e di nuovi corsi e lauree di comunicazione pensando che in essi ci sia un valore di contenuto nella comunicazione. Ovviamente è un grande equivoco. È molto meglio avere sempre associato il contenuto e lo strumento che esprime il contenuto. Questo riuscirà particolarmente bene quando gli insegnanti avranno raggiunto una maggiore dimestichezza e familiarità con lo strumento attraverso cui e con il quale stanno insegnando. Perché il computer diventa una lavagna, diventa una corrispondenza immediata, diventa un modo di dare e rivedere i compiti, diventa una moltiplicazione di risorse e non una perdita di tempo. È in relazione alla bravura e alla rapidità con cui l'insegnante sa usare lo strumento che i ragazzi diventano rapidi e bravi in pochissimo tempo. Il problema è se l'insegnante è in difficoltà. Se lo è, certo è meglio che insegni, che racconti, che parli direttamente e oralmente ai ragazzi senza avere in più l'impaccio di uno strumento che, se non utilizzato in maniera appropriata, diventa una perdita di tempo. Ideale è assolutamente l'associazione netta fra materia e strumento.

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    Domanda 8
    Le pongo ora una domanda sulla questione della comunicazione religiosa tra chiesa e credenti. Se questa comunicazione cambia con l'uso delle nuove tecnologie e degli strumenti telematici, è prevedibile in qualche modo che le forme della religiosità nel III millennio saranno diverse da quelle che abbiamo conosciuto finora per l'influsso degli strumenti telematici?

    Risposta
    Questa domanda ha un carattere New Age, cioè fa pensare che ci sia un rapporto fra spiritualità e tecnologia. Non c'è un rapporto fra spiritualità e tecnologia, non più di quanto ce ne è stato con l'invenzione di Gutenberg e la prima edizione a stampa della Bibbia. La prima edizione a stampa ha contato molto ma non ha cambiato il rapporto con la Bibbia. Ha solo moltiplicato il numero di persone che potevano avere un rapporto diretto con il testo biblico ma non ha minimamente variato l'intensità spirituale o fatto nascere più mistici o creato più frequentatori persuasi della Bibbia. Il problema della religiosità è, secondo me, totalmente separato dalla tecnologia perché totalmente interiore e non si presta ad essere toccato. Può essere facilitato come ogni altra cosa. Si può credere nella democrazia e dover andare a votare a piedi per un brutto sentiero oppure invece andarci in macchina e con facilità. Si può essere appassionati di concerti e dover raggiungere il posto in cui si suona una buona musica raramente e a costo di sacrifici ma questo non tocca la passione per la musica e non tocca la passione per la democrazia. Figuriamoci se una tecnologia più facile o più difficile può toccare l'orientamento religioso, la persuasione religiosa o addirittura le modalità di una persuasione religiosa, di un sentimento religioso. L’avvento stesso del Protestantesimo ha avuto altrettanta intensità religiosa del Cattolicesimo e non ha cambiato nulla. Ha portato certamente una serie di arricchimenti ma è come avere vicino un buon quartetto per chi ama la musica o non averlo. Non averlo è una pena, averlo soddisfa un desiderio musicale che però resta altrettanto intenso.

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    Domanda 9
    Che opinione ha invece rispetto al tema del telelavoro? In questo momento, in Italia, comincia a vedersi effettivamente una diffusione degli strumenti del lavoro attraverso la telematica o è ancora presto?

    Risposta
    E’ abbastanza presto. Il telelavoro richiede una riorganizzazione del lavoro alla base che non è ancora in corso. Direi che, in questo senso, sono più in ritardo i centri che dovrebbero organizzare la produzione e la riorganizzazione del lavoro di quanto non lo siano le persone e l'opinione pubblica. C'è molto telelavoro sul versante dei servizi e del lavoro creato da piccoli gruppi, da nuovi protagonisti che si affacciano sul mercato del lavoro. Ce n'è invece straordinariamente poco sul versante delle aziende, delle imprese medie e grandi già esistenti, che potrebbero crearlo e non lo creano. Ci sono una quantità di problemi di dislocazione logistica del lavoratore sul luogo del lavoro che sono superabili ma questo tipo di riorganizzazione non è ancora avvenuta. Basti pensare a tutti i problemi che riguardano una quantità di situazioni che vanno da quelle fiscali alle code che tuttora si formano per pagare il bollo dell'automobile. L'uso dello telelavoro è ancora di modestissimo da parte delle amministrazioni, della burocrazia, delle grandi imprese anche moderne che continuano a far confluire verso un luogo specifico, una quantità di impiegati che potrebbero benissimo essere dislocati altrove o addirittura restare dove sono. Gli esperimenti fatti dalle aziende ci sono ma sono pochi. Dovrebbero essere molti di più.

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    Domanda 10
    Cosa può fare il Parlamento e il legislatore per cercare di favorire lo sviluppo del telelavoro?

    Risposta
    Ci si immagina sempre che il legislatore possa intervenire proficuamente. L'esperienza che ho fatto durante il mio soggiorno in America mi dice che il legislatore a volte è bene che non intervenga. Mentre è bene ed urgente intervenire su tutto ciò che ha a che fare con i diritti del cittadino che per prima cosa bisogna stabilire e poi proteggere e tutelare. Per questo è indispensabile legiferare sui trapianti, sulle adozioni, sul sistema scolastico e sulla sua organizzazione, sui diritti dei lavoratori e sulle questioni sindacali. Ma meno si interviene sull'organizzazione del lavoro e meglio è. Non c'è che augurarsi che la cultura del lavoro in Italia faccia quel passo avanti che permetterà anche un uso migliore e più estremo delle nuove tecnologie.

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    Domanda 11
    Si parla spesso di Internet come strumento di unificazione culturale e linguistica e quindi anche di una centralità dell’inglese un po’ tecnico che si utilizza nella Rete. È effettivamente percepibile questa spinta verso una forma di unificazione culturale oppure le culture della Rete sono diversificate e non necessariamente convergenti verso un modello linguistico e culturale americano?

    Risposta
    Uno strumento crea senza dubbio delle affinità fra chi usa lo strumento. Tutti i camionisti del mondo hanno qualcosa in comune tra loro più di quanto ce l’abbiano addirittura con i loro vicini di casa nelle rispettive città o villaggi in cui vivono e abitano quando non fanno i camionisti e questo vale per un'infinità di altre professioni. Basta vedere i congressi medici internazionali in cui di colpo i medici formano una cittadinanza propria che diventa subito forte nel momento in cui stanno insieme e indipendentemente dal fatto che uno venga da Hong Kong e l'altro venga da Boston. Fatalmente la pratica di professioni affini e l'uso di strumenti affini rende affini anche le persone. Si creerà anche un accostamento nelle qualità espressive, perché non c'è dubbio che lo strumento in sé invita ad alcune forme di espressività piuttosto che ad altre. L'uso della lingua, qualunque sia la lingua, è un po' diverso da come si fa sul foglio quando si dice: “Prendo carta, penna e calamaio e mi metto a scrivere” o quando si parla estemporaneamente. Il microfono ha inventato nuovi modi di parlare, allo stesso modo li inventerà il computer. Nei paesi televisivamente maturi, e il nostro è già un paese televisivamente maturo, si nota spessissimo che quando il cronista raccoglie le opinioni dei cittadini, essi sono già in grado di darle molto bene, brevi e chiare, perché hanno visto tanta televisione e hanno imparato che non bisogna fare tante chiacchiere. Si dicono le due cose che si hanno a cuore e che si vuole dire in quel particolare momento. Anni fa era molto più difficile passare un microfono in mezzo a una folla di quanto non sia diventato adesso. Dunque una forma di affinità e un modo di esprimersi relativamente omogeneo fatalmente avverrà con l'espandersi del mezzo. Non credo che questo fenomeno formerà una cultura unitaria, nel senso profondo della parola. Credo invece che darà più spazio alla formazione delle culture periferiche, delle culture originali. Avranno decisamente più spazio perché lo strumento è agile, flessibile, e le ospita in maniera naturale. All'inizio della televisione nel nostro paese, parlare in televisione voleva dire parlare in un certo modo, con certe vocali, con certe consonanti, con certe caratteristiche di pronuncia che facevano da filtro: se non le avevi, non entravi; se avevi la erre moscia non potevi parlare a un microfono. Tutto ciò è del tutto assente in queste nuove tecnologie. È tutto accettato perché è tutto facile e qui vale la pena di ricordare l'indimenticabile frase di Einstein al quale domandavano: “Ma lei come si orienta quando deve scegliere per una nuova sperimentazione?” e lui rispondeva: “Non si può rifiutare ciò che è tecnicamente facile”. Questa nuova tecnologia di cui stiamo parlando è tipicamente facile. Pertanto è benevola e facilita l’ingresso di nuove espressioni, di nuove voci, di nuove culture. Per questa ragione, avremo più pluralismo culturale. Abbiamo una tecnologia che non invita a omogeneizzare e a omologare, ma piuttosto a esprimersi con diversità.

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    Domanda 12
    Internet e la televisione sono due strumenti che, dal punto di vista tecnico, sembrano convergere. D’altro canto, dal punto di vista dei linguaggi, sembrano molto diversi: una comunicazione dall'alto e unidirezionale quella televisiva, e invece una comunicazione polidirezionale del modello Internet. In questa convergenza tecnologica tra i due strumenti quale modello di comunicazione prevarrà?

    Risposta
    Prevale senz'altro il secondo. Nel momento in cui si rompe la circolazione monodirezionale, per forza prevale la circolazione a due, a tre, a molte vie. Dipende dalla elasticità tecnologica. Attualmente l'elasticità tecnologica è grande, la possibilità di cambiamento è altrettanto grande e dunque c'è da aspettarsi, primo, che avvenga; secondo, che avvenga molto presto; terzo, che il nuovo prevalga sul vecchio. E’ fatale.

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    Domanda 13
    Si parla spesso di Media Building, di luoghi sempre più pensati, costruiti, visitati più che in funzione della presenza fisica in funzione dello scambio e della circolazione dell'informazione. Ritiene che le trasformazioni che subiscono le città con l'accelerazione dei flussi di comunicazione ne cambieranno il volto?

    Risposta
    Non credo che cambierà il volto della città. O per meglio dire i volti della città cambiano continuamente e continueranno a cambiare. La città è una persona collettiva e non resta mai la stessa, ma non a causa delle nuove tecnologie. Ciò che cambierà è la pratica della vita nella città, i rapporti fra le persone. Forse, per esempio, ci saranno dei ritocchi profondi al dramma degli ingorghi di circolazione che sono tipici delle città. Forse i quartieri periferici potranno acquistare o riacquistare una personalità più forte che è stata perduta in favore dei centri delle città. Forse il rapporto fra i cittadini diventerà diverso perché facilitato dal poter attraversare la città da una parte all'altra indipendentemente dall'uso della macchina o del motorino. Il fatto che già adesso città come Parigi siano completamente cablate e consentano di avere rapporto diretto con l'aeroporto, il taxi, gli orari, la meteorologia e una quantità di notizie locali, tutte attraverso il proprio computer, già rappresenta un modo di vita completamente diverso. Posso vedere sul computer all'istante se e quali taxi sono disponibili nel momento in cui mi accingo ad andare all'aeroporto non correndo il rischio di rimanere bloccato al telefono a cercare invano un veicolo che non c'è e potendo disporre subito di risorse alternative. Tutto ciò crea una decongestione della vita cittadina caotica che spesso è dovuta a scarsa informazione e una rivalutazione dei flussi di energia e dei modi di orientarsi dei cittadini che spesso sono dovuti a disorientamento. Le città cambieranno, ma più nella loro personalità tecnologica e nel loro modo di agire che non nel loro volto esterno ed estetico.

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