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    Francesca Alfano Miglietti

    Bologna 17/11/98
    Mutazioni corporee: il corpo al centro di sperimentazioni estreme
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    Bologna, 17/11/98

    "Mutazioni corporee: il corpo al centro di sperimentazioni estreme"

    SOMMARIO

  • La rappresentazione del corpo nella storia dell’arte è sempre stata influenzata dalle tecniche a disposizione degli artisti. Le tecnologie di oggi consentono una radicale trasformazione del corpo che influenza fortemente il concetto di identità. Un uomo può diventare donna e viceversa. Il nuovo millennio ci introduce a un nuovo concetto di identità che si allontana da ciò che è naturale e si avvicina a ciò che è prodotto e artificiale (1) .
  • Fra i più noti artisti che lavorano sul corpo utilizzando la tecnologia la Miglietti cita Stelark e lo spagnolo Marcelì Antunez Roca. Il primo sostiene che il corpo è diventato obsoleto. La rapidità con cui l'ambiente intorno a noi si è modificato è tale che il corpo non ha avuto il tempo di adattarsi. Di qui la necessità di un nuovo corpo aiutato dalla tecnologia. Stelark ha per questo inventato uno sguardo laser, un terzo braccio, un terzo orecchio e recentemente ha creato un'interfaccia del suo corpo su Internet. Tramite dei sensori l'artista riceve degli stimoli dai click del mouse. Anche Roca ha creato un'interfaccia del suo corpo con un computer. Roca tuttavia lavora con tecnologie meno sofisticate di Stelark (2) .
  • Molte artiste lavorano sull’identità femminile. La Miglietti racconta le performance di alcune della artiste più note come Louise Bourgeois, Jana Sterbak, Janine Antonì che sono accomunate nell’oggetto della loro espressione e ricerca artistica che sta appunto nella riflessione sull’essere donna nella società contemporanea (3) .
  • L'intervistata spiega il percorso che ha portato l'artista francese Orlan a orientarsi sempre più verso una contaminazione di corpo e tecnologia (4) .
  • Gli interventi chirurgici che Orlan subisce vogliono dimostrare come il corpo sia manipolabile come qualsiasi altro materiale. L'artista francese usa ogni parte del suo corpo: ciò che rimane dagli interventi chirurgici cui l'artista si sottopone finisce poi in altre sue opere (5) .
  • La professoressa Alfano Miglietti dirige "Virus", una rivista che nasce con l'intento di seguire le tendenze artistiche che vanno verso contaminazioni di generi. La rivista è animata dalla convinzione che la nuova era sia quella delle "mutazioni", delle trasformazioni fisiche e di identità (6) .
  • Il corpo moderno è fatto di due corpi, uno virtuale - quello smaterializzato della Rete - e di un altro che si potrebbe definire "ipercorpo", di un corpo che contiene altri corpi - con i trapianti ad esempio il corpo di una persona arriva a contenere parti del corpo di un altro (7) .
  • Bisogna distinguere fra il miglioramento della percezione fisica grazie alle tecnologie e la memoria percettiva che è legata alla storia dell'individuo. In altri termini è importante distinguere fra l'azione fisico-meccanica di un senso da quella cognitiva (8) .
  • Fra le tecnologie che più hanno trasformato il concetto di individuo e di umano negli ultimi anni ci sono i farmaci e le medicine. Oggi esiste una pillola per regolare ogni attività fisiologica di un individuo - c'è una pillola per dormire, e una per non dormire, una per mangiare, e una per non mangiare etc. (9) .
  • Bisogna ridimensionare la paura del virtuale. La realtà è estremamente più dura e insidiosa. Internet rimane essenzialmente un mezzo di comunicazione. (10)
  • La Rete è un sistema di amplificazione e di libertà di parola. Se qualcuno impedisce ad un altro di esprimere la propria opinione, su Internet come nel reale, è comunque un reato. (11)
  • Il corpo è sempre più "mediato" e fruito attraverso i media. La morte stessa acquista fascino e "vive" solo negli strumenti di comunicazione che rendono visibile e amplificano ciò che nella vita normale si nasconde come la scomparsa di una persona. (12)
  • La Miglietti crede che se l'umanità nella sua trasformazione avrà una chance di resistere sarà proprio nell'ambito dell'artificiale e non del naturale. (13)




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Chi sono gli artisti che lavorano sul corpo con le nuove tecnologie?

    Risposta
    Gli artisti hanno sempre lavorato con il corpo e con i mezzi di comunicazione. A seconda delle epoche cambiavano questi strumenti e cambiavano anche i corpi. Una delle rivoluzioni del contemporaneo è che ci sono degli artisti che in vari posti del mondo stanno lavorando fortemente sul concetto di identità. E quali sono le cose che ci introducono a un nuovo millennio? Intanto, il concetto di una identità umana che non è più così rigorosamente umana. Dove finisce ciò che viene prodotto da ciò che viene “nato”? Questo è uno degli assiomi di Kevin Kelly, il quale appunto dà, come uno degli assiomi di questo fine millennio, il fatto di non riuscire più a distinguere tra ciò che viene prodotto e ciò che nasce. Che cosa muta in questo momento il corpo e che cosa muta in questo momento l'identità? Gli artisti da sempre sono fautori di questo tipo di indagine: il corpo all'interno dell’arte è stato presente sin dai suoi primordi. In questo momento, il corpo è un mezzo, semplicemente, per ridefinire quella che è stata una delle trappole, uno dei vincoli più forti di una realtà sociale che identifica nell'identità una sorta di passaporto, una sorta di dichiarazione. Il nostro corpo è una dichiarazione immediata di età, di sesso, di tutta una serie di tipologie, che non sempre corrispondono a quella che è l’identità privata, interiore di una persona. Questo fine millennio si apre con una serie di tecnologie di trasformazione del corpo: tutto ciò che in questo momento viene prodotto, viene prodotto con una sorta di amplificazione sia dei sistemi cognitivi che dei sistemi corporali. A questo punto, io distinguerei tra due tipi di tecnologie: delle tecnologie visibili e delle tecnologie invisibili. Personalmente, sono molto più attratta dalle tecnologie invisibili. Per esempio, Orlan è un'artista francese che ha deciso che il suo corpo è il luogo di una trasformazione di un'identità: lei sostiene di essere il primo artista transessuale da donna a donna. Questo ci introduce quindi un problema in cui l'identità non è semplicemente un’identità femminile, ma questo apre anche un discorso di identità di genere. Infatti, in questo fine millennio, c'è la possibilità di poter somigliare a quello che si è. Somigliare a quello che si è vuol dire che se uno ha una mentalità fortemente delicata e un corpo invece assolutamente massiccio, può modificare il suo corpo per quanto è possibile. Questo discorso che sembra così utopico, così rivoluzionario, in realtà apre un'altra serie di problemi. Nessuno si meraviglia sul fatto che oggi molte pornostar, molte vallette televisive, molte attrici, modificano il loro corpo secondo dei canoni di femminilità del tempo, per cui se in questo momento essere una modella vuol dire pesare 25 chili, ci sono schiere di persone che cercano di pesare 25 chili. Questa è una imposizione tecnologica mediale fortissima che produce anche moltissime vittime. Questa è una tecnologia invisibile: modificare il proprio corpo verso uno status, verso una professione, verso una invisibilità più che verso una visibilità, e una tecnologia che invece modifica fortemente uno statuto di origine. Il problema di Orlan è proprio quello di mettere il famoso dito nella piaga: Orlan non allarga la sua bocca e non gonfia le sue tette, ma si fa due bozzi sulla fronte. Questo passaggio è un passaggio molto importante perché il passaggio è quello di non somigliare ad un canone che vuole che il femminile abbia delle caratteristiche, ma che interpreta e rivede completamente una struttura, sia fisica che mentale. Orlan ha sempre lavorato sul corpo, ha un passato, da questo punto di vista, di ‘body artist’, e, già negli anni ’60, lei usava il suo corpo per una serie di denunce anche femministe o di tipo sociale. Una famosa azione di Orlan, alla fine degli anni ’70, fu quella di chiedere a tutti i suoi collezionisti e ai suoi galleristi di fornirle lo sperma con cui avrebbe dipinto grandi tele che erano le lenzuola del suo corredo di brava ragazza del sud. Pochissimi fornirono il materiale richiesto perché

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    Domanda 2
    Ci sono altri artisti oltre la nota Orlan che lavorano su questa mescolanza tra tecnologie della comunicazione e corpo ?

    Risposta
    Moltissimi. Rifacendoci al discorso anche delle tecnologie visibili e invisibili, per esempio, Stelark è un artista che lavora con delle tecnologie visibili. Stelark è un artista di origine greca, che negli ultimi anni lavora prevalentemente in Australia, che ha elaborato una serie di tecnologie altamente sofisticate per modificare il suo corpo. Stelark sostiene che il corpo è obsoleto, che la rapidità con cui l’ambiente intorno a noi si è modificato è tale e tanta che il corpo non ha avuto il tempo di adeguarsi alle mutazioni che ci sono intorno a noi. A questo punto, quindi, abbiamo bisogno di un nuovo corpo. Stelark parla di una pelle artificiale, parla di una serie di amplificazioni sensoriali per cui lui ha inventato uno sguardo laser, ha lavorato per molti anni in un istituto di bioingegneria, in Giappone, di robotica, e ha costruito un terzo braccio elettronico. Il “terzo braccio” di Stelark si muove autonomamente, per cui un sistema di amplificazione, anche sensoriale, anche corporale, che porta quindi ad una forma umana che ha bisogno ormai di una serie di protesi e di supporti di amplificazione. Per amplificare la percezione acustica sta lavorando ad un terzo orecchio. Il concetto di sentire e di muoversi all'interno dello spazio sono centrali all'interno della tematica di Stelark. Un'altra delle operazioni molto interessanti che ci fanno capire quanto i sistemi di comunicazione entrino nel corpo e si incarnano nel corpo, è un altro esperimento che l’artista greco ha fatto. Ha creato un’interfaccia del suo corpo e l’ha inserita in Rete. Dal sito Internet riceve direttamente sul proprio corpo una serie di stimolazioni sensoriali che muovono il suo corpo con delle scariche di tipo elettrico. Stelark raccoglie e riceve fortemente queste tensioni che arrivano da diverse parti del mondo sul suo corpo che lo fanno agire e lo muovono. Un altro artista che lavora, ancora una volta, su queste tecnologie visibili è un'artista spagnolo che si chiama Marcelì Antunez Roca che è uno dei fondatori della “Fura dels Baus”, il famoso gruppo di teatro di rianimazione catalano. Roca si è a un certo punto isolato dal gruppo e ha realizzato quella che è la più famosa performance finora da lui eseguita e che si chiama “Epizoo”. Anche lui come Stelark ha creato un’interfaccia del suo corpo e l’ha inserita in un computer collegato con dei sensori al suo corpo con una punta idraulica. La differenza che c'è tra Marcelì e Stelark sta nel tipo di tecnologie utilizzate. Stelark lavora con macchine della realtà virtuale, con una serie di tecnologie straordinariamente sofisticate, mentre Marcelì usa tecnologie molto più povere. Tuttavia il risultato è uguale: un ragazzino gioca col mouse, credendo di giocare a un videogame, ma non si rende conto che l'interfaccia che ha sul computer è il corpo reale di Marcelì. Il gioco è un po’ pesante e lui si fa molto male. Per questo c'è sempre un tecnico che controlla che chi agisce sul mouse non esageri. L’idea è infatti che il corpo virtuale sia un corpo che non riceve, che sia un corpo finto tra virgolette. Il realtà il corpo di Marcelì è vero. Inoltre nella cultura spagnola da cui Marcelì proviene il corpo è esposto, è messo in piazza; la carne, è molto importante, e la carne è al centro del lavoro di Marcelì, tant’è che ha costruito una scultura straordinariamente affascinante che è un uomo di carne. E’ costruito, un po’ come Frankenstein, con della carne di maiale ed è cucito a mano. Questo corpo all’apparenza grezzo racchiude invece una tecnologia molto sofisticata: una serie di sensori si attivano con il suono della voce. Se sente fischiare muove il suo pisello oppure se qualcuno lo chiama con il suo nome, Juan, gira la testa. E’ molto affascinante in Marcelì, appunto, questa duplicità tra un corpo mostruoso, quest’idea da sempre dell'uomo di costruire un altro, che non sia un umano anche con i mezzi della tecnologia, e questa risoluzione invece che è poi altamente sofisticata, tecnologica, nascos

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    Domanda 3
    In quest’epoca così fortemente mediatica ci sono degli artisti che hanno messo al centro della loro espressione artistica l’essere donne o uomini?

    Risposta
    Sono moltissime le artiste che stanno lavorando su questo. Un’artista che mi viene immediatamente in mente è un’artista molto anziana che si chiama Louise Bourgeois, che è un po’ la madre di tutta una serie di operazioni del contemporaneo. Louise Bourgeois ha lavorato spesso sul rapporto madre-figlia - che è un rapporto estremamente malato - e ha lavorato soprattutto con i suoi i liquidi corporali, con il sangue, con le lacrime, tutta quella serie di appendici che hanno fatto del femminile una categoria più che un genere, più che un'identità sessuale. L'idea di femminilità non l’hanno certo inventata le donne perché l'idea di una femminilità fatta di tacchi a spillo e di calze a rete e giarrettiere è così scomoda che naturalmente non è un'idea femminile, è un'idea maschile. Così come l'idea di virilità o di mascolinità non è un’idea maschile, è così scomoda anche quella di essere sempre così sicuri, pronti, essere sempre in azione e così via. Louise Bourgeois apre tutto un discorso che ha a che fare proprio su questa identità che non è assolutamente fragile. E’ un’identità fortissima che da sempre ha dovuto fronteggiare madri, padri, fratelli, mariti, amanti - la Bourgeois nella sua esperienza personale è stata vittima di un marito artista che l’aveva oscurata. Lei voleva che lo spettatore fosse parte attiva delle sue opere per questo allestiva delle stanze in cui si trovavano dei vestiti che i visitatori erano invitati ad indossare per vedere le sue opere. La necessità di avere dei complici della propria arte e non dei semplici spettatori è una componente molto importante anche nella ricerca di Jana Sterbak un’artista che lavora molto sull’idea di un’identità femminile. Una delle opere più interessanti di Jana Sterbak è una camicia trasparente su cui lei ha attaccato dei peli, sul petto, per cui, indossando questa camicia, qualsiasi donna ha un bellissimo petto villoso o ancora un vestito straordinariamente bello, fatto di carne, cucito a mano da lei, che introduce al rapporto tra la carne del femminile, il cibo, e tutta una serie di mediazioni appunto mass-mediologiche su che cosa è oggi l'essere donna, è l’esser piacevoli, essere erotiche, essere seducenti. Sempre Jana Sterbak ha realizzato una performance, molto affascinante. L’artista indossa una gonna di metallo talmente grande e lunga che non riesce a muoversi se non con l’aiuto di un telecomando che deve essere mosso preferibilmente da un uomo. Ha costruito anche una bellissima giacca le cui maniche sono cucite insieme in modo da impedire ogni tipo di movimento. Con questa camicia ha fatto una performance in un ristorante: due donne di cui una vestita con la camicia con le maniche cucite e l’altra invece con una specie di telecomando, venivano imboccate da due uomini. Un’altra artista che lavora su questo tipo di identità transitoria di genere è Janine Antonì, delle Bahamas, divenuta nota anche in Italia per aver realizzato in occasione della Biennale di Venezia, di qualche anno fa, una serie di busti della sua testa, di calchi della sua testa fatti di cui dodici di cioccolato e dodici di grasso. Anche per Janine Antonì il rapporto tra il cibo e il corpo è un rapporto molto stretto: lei cesella queste sue sculture con i denti, mangiando cioccolato, per cui si crea un rapporto molto forte tra il mangiare, il vomitare, e il fatto che il cioccolato diventi grasso. Un’altra azione bellissima di Janine Antonì è quando imbeveva i suoi capelli di colore in un secchio e poi dipingeva strisciando sul pavimento con i suoi capelli. L’azione di stare inginocchiate per terra a lavare i pavimenti, che è un'altra delle figure femminili classiche occidentali, si trasformava invece in un’azione artistica volontaria di pittura. La Antonì ha anche dipinto una tela battendo le ciglia 12 mila volte col suo mascara. E’ un’artista estremamente dura, ma estremamente poetica. E’ anche l'autrice di una macchina dei sogni e ancora una volta vediamo come la tecnologia, all'interno

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    Domanda 4
    Quali sono i passaggi del percorso artistico di Orlan dalle prime performance che erano più dirette che usavano il proprio corpo più come strumento a quello più recenti che usano molto i mezzi di comunicazione?

    Risposta
    Negli anni ’60 il corpo di un artista era anche il corpo di una rivolta sociale. Era anche il momento in cui la nudità, il ritorno alla natura, i figli dei fiori, si incontravano con un altro corpo, che era un corpo altrettanto affascinante e molto forte, il corpo degli astronauti, per cui un corpo che per la prima volta riesce ad andare nello spazio. Il corpo di questo fine millennio è un corpo che ha a che fare con tantissime altre cose, non ultima, e anzi, quella centrale è appunto quella dell'identità. Le prime azioni di Orlan sono fortemente legate ad una denuncia politica femminista. Le ultime operazioni invece sono più rivolte ad un universo mediale che guarda più al futuro, che guarda quindi anche ad un corpo che si smaterializza in Rete. Non è un caso appunto che Orlan facci mettere nelle camere operatorie, dove lei modifica il suo corpo, delle videocamere che trasmettono le immagini sia su Internet che via satellite, in diversi luoghi contemporaneamente ai suoi interventi. Una delle cose che crea molto scandalo non è tanto la trasformazione corporale in sé, ma come si arriva alla trasformazione corporale. Non è un caso che noi continuiamo ad usare delle parole inadeguate per certi tipi di operazioni. Per esempio, Orlan dice sempre che la parola carne è una parola che neanche la scienza usa, è una parola tabù, la gente ha molti tabù rispetto al sangue, questo un po’ anche grazie al cinema che al sangue ha dato una connotazione splatter o pulp e che lo ha un po’ indebolito rispetto al suo aspetto simbolico e al suo aspetto vitale.

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    Domanda 5
    Ci può descrivere le ultime performance in cui Orlan lavora sulla propria chirurgia estetica?

    Risposta
    Gli ultimi interventi di Orlan - la parola intervento è sempre più appropriata visto che parliamo di operazioni chirurgiche - sono riferiti appunto a questa trasformazione di identità, ma c'è un aspetto di questo tipo di interventi che è poco conosciuto. Il materiale che è in esubero dei suoi interventi chirurgici finisce su delle opere di Orlan. Orlan dice che finché avrà un pezzettino di carne o di cellule, sarà disseminato sulle sue opere. Il suo progetto finale è quello di far mummificare il suo corpo per metterlo in un museo, perché il suo lavoro è il suo corpo, la sua mutazione è una mutazione che non è semplicemente una mutazione genetica o semplicemente una mutazione umana verso un'altra condizione, ma è una trasformazione artistica, è una trasformazione che alla fine tende a dimostrare quanto il concetto di umano può essere manipolato, può essere sofisticato e può essere agito come qualsiasi altro materiale dell'arte. Le sue operazioni sono degli interventi chirurgici. Bisogna sottolineare il fatto che è sempre un chirurgo donna che gliele fa, perché non trova dei chirurghi uomini che lo fanno perché l'idea della chirurgia estetica, appunto, è legata ad un canone femminile che non è assolutamente quello che persegue, che insegue Orlan.

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    Domanda 6
    Mi vuole parlare di “Virus”, la rivista che lei dirige?

    Risposta
    “Virus Mutation” è una rivista che c’è da tre anni. Il titolo è un po’ un omaggio a William Burroughs che diceva che il linguaggio è un virus ed è anche un titolo un po’ provocatorio in un momento in cui per virus si intendono o i virus tecnologici dei computer oppure il famigerato Aids. Oltre a questo tipo di virus negativi ci sono anche dei virus positivi che nascono, appunto, tra le contaminazioni, tra teatro, cinema, musica, arte visiva, e quelli che noi definiamo i linguaggi di confine, per cui sociologia, filosofia, design, tutto quello che sta cambiando, cioè la rivista nasce su una fortissima consapevolezza che la fine del mondo è già avvenuta, quello in cui viviamo è un nuovo mondo, che risponde ad altre regole e ad altri tipi di rapporti, ad altri tipi di identità di genere e ad altri tipi di identità transitoria. Finora la rivista ha una collezione esagerata di interventi che vanno appunto da Cronemberg a Kevin Kelly o a Marilyn Manson, da David Bowie a Greenway, cioè non c'è un mutante di questo fine millennio che non sia già apparso su “Virus”. La scelta è sul fatto che tutti questi autori hanno consapevolezza che siamo in un momento fortissimo di mutazioni. La gente, per esempio, in questo momento, sceglie il sesso del bambino che sta per nascere e non ha magari coscienza del fatto che questo vuol dire manipolare il proprio DNA, non è così automatico. Oppure molti si scandalizzano del lavoro di Orlan e poi, con molta tranquillità, si rifanno le tette oppure si impiantano le unghie. Il problema non è la chirurgia estetica: è invece, appunto, l'appartenenza o no ad una norma, ad una norma sociale. Le regole si possono cambiare, le norme è molto difficile che cambino.

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    Domanda 7
    Il corpo nell'età digitale si trova immerso in una nuova dimensione spazio-tempo e spazio-tempo stanno diventando due nozioni assolutamente nuove rispetto al passato. Lei cosa ne pensa di questo?

    Risposta
    Io penso che non si possa più usare il singolare quando parliamo di corpo, cioè, in realtà, in quest’epoca abbiamo sicuramente almeno due corpi. Un corpo virtuale che è anonimo, che può scegliere l'identità maschile e femminile, infantile e animale, a seconda di come sceglie di rappresentarsi in Rete che non ha un obiettivo fotografico - chiunque può dichiarare di essere quello che vuole essere. E poi, invece, abbiamo un corpo che è fortemente carnale, che è una sorta di “ipercorpo”. In questo momento, il corpo di un singolo può contenere il corpo di altri singoli, con, un trapianto, per esempio, oppure con una trasfusione di sangue. È molto affascinante pensare che in questo momento il corpo umano incarni anche il corpo sociale.

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    Domanda 8
    Allora, in questo contesto, la percezione sta diventando qualcosa di assolutamente diverso. Gli strumenti tecnologici diventano delle estensioni dei sensi umani e l'attività percettiva si modifica. Cosa diventa, allora, il percepire nell'età del virtuale ?

    Risposta
    Cosa diventa il percepire che cosa diventa il sentire, cosa diventano tutte le attività cognitive? In realtà, tutte le tecnologie, dalla fine degli anni ’80 in avanti, sono delle protesi estensive del corpo umano e del funzionamento sensoriale. Questa frase non è mia, è così bella perché invece è di William Gibson e di Sterling, i quali hanno identificato, appunto, in queste microtecnologie, in queste nanotecnologie, un potenziamento favoloso delle attività cognitive. Tutti i giorni, se sfogliamo i giornali, vediamo che c’è una notizia che ha a che fare con una mutazione enorme rispetto al potenziamento corporale o cognitivo. Per esempio, di questi giorni è la notizia che sono state messe a punto queste nuove lenti ad alta definizione per cui sarà possibile vedere a 100 metri con nitidezza un volto umano oppure sarà possibile vedere cinque volte meglio al buio. Resta la domanda: poi uno che cosa vede? Perché il problema non è quello di potenziare e amplificare. Una coppia di artisti sudamericani, Aziz e Cucher, lavora su dei corpi straordinariamente belli, perfetti da un punto di vista fisico, però completamente privi di occhi, bocca, completamente privi di sensorialità, come se questi corpi sempre più belli e perfetti non riescono più a comunicare. Ancora una volta, quindi, il problema è, sì, potenziare, amplificare, modificare, ma cerchiamo anche di capire che c'è anche una qualità di sguardo. A questo proposito è molto interessante l'esperimento che hanno fatto per riuscire a ridare la vista ai ciechi. E’ un esperimento che è fallito perché vedere è un’attività cognitiva, è una funzione che si impara nei primi di tre anni di vita. Infatti se qualcuno ha perso la vista nel corso della propria esistenza, riesce a vedere, applicando all'interno del proprio nervo ottico una piccola videocamera. Se invece l'individuo non ha mai visto, non vedrà mai perché non ha in sé la funzione del vedere. Esiste dunque una grande differenza tra vedere e la funzione del vedere, quella non si può più imparare, se non dopo i tre anni.

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    Domanda 9
    Ecco, il potenziamento degli strumenti che abbiamo oggi a disposizione rendono sempre più facile ed efficace l'azione a distanza. Si può agire senza essere presenti sul luogo dell'azione. Crede che questo possa implicare una nuova consapevolezza di forza e potenza nell'uomo?

    Risposta
    Il problema è quello della distanza ma è anche quello degli avvicinamenti, nel senso che le attività umane sono sempre più impedite, sempre più inibite nel rapporto corporale. Io personalmente sono per gli incontri ravvicinati. Tutto questo orizzonte di tecnologie della distanza non fanno altro che essere funzionali a delle attività di lavoro, per esempio essere contemporaneamente in più luoghi, essere contemporaneamente presenti in vari momenti di ricerca, ma sono delle tecnologie in realtà poco sentimentali, nel senso che è un discorso molto simile alle droghe, cioè le droghe, che sono comunque considerate delle estensioni corporali, delle modificazioni anche cognitive, riescono anche a creare una sorta di storia dell'evoluzione degli ultimi anni. Le droghe riescono a darci anche una piccola mappa di cosa e di come cambiano i rapporti nella socialità. Per esempio, negli anni ’60, le droghe sono delle droghe visionarie, mi riferisco a Timothy Leary, all’ Lsd, a tutta questa nuova visione del mondo amplificata, cosmica, colorata. Negli anni ’70, la droga è l’eroina, un futuro pesante, No Future, il Punk, la guerra del Vietnam, la messa in gioco pesante della propria individualità. Con gli anni ’80, invece, arriva la cocaina, la droga della funzionalità, del supereroe, del “super business man” dell'economia. Negli anni ’90, l’Extasy. Oggi abbiamo bisogno di una protesi di avvicinamento: la gente non comunica. L’Exstasy ci mette nella possibilità di contatto gli uni con gli altri, ci sono già le nuove droghe, che sono quelle di miscelare la superattività corporale con una droga quasi inibente, per cui ci muoviamo, ci avviciniamo all'altro, ma ci muoviamo poco. In realtà, c'è tutta una serie di nuove droghe che ci consentono, appunto, una serie di avvicinamenti e di allontanamenti. Questo ci fa capire quanto, quando parliamo di tecnologie, il nostro immaginario è legato a delle tecnologie fatte di fili, di macchine, di motori o di computer. Una delle tecnologie più potenti e che più hanno trasformato il concetto di individuo e di umano negli ultimi anni, sono invece proprio i farmaci, le medicine. C'è una pillola per dormire, una pillola per non dormire, una pillola per mangiare, una pillola per non mangiare, una pillola per fare l’amore, una pillola per bloccare quelli che fanno troppo l’amore, e così via. E queste non sono tecnologie?

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    Domanda 10
    Quali sono le conseguenze psicologiche di una eccessiva attività di “surfing”, di un contatto continuo con mondi virtuali. Ci possono essere anche danni, cioè conseguenze mentali?

    Risposta
    Io credo che ci siano più danni nel considerarsi disoccupati o nell’essere infelici. Queste sciocchezze da settimanale socioculturale sono veramente imbarazzanti. Cioè, per la prima volta nella storia dell'umanità, si verifica che due persone che hanno la stessa età e sono completamente diverse. Che cosa vuol dire avere quarant’anni ed essere in pensione, e avere quarant’anni ed essere alla ricerca del proprio primo lavoro? Queste due persone hanno la stessa età? Hanno la stessa esperienza? Che cosa vuol dire, quindi? Io credo che sia molto più dannoso avere quarant’anni ed essere alla ricerca di una identità, alla ricerca di un lavoro, di una dimensione, che non stare per delle ore in Internet. Credo che i danni del reale siano mille volte superiori a quelli di Internet che è semplicemente uno strumento di comunicazione. Se poi uno preferisce stare tante ore a comunicare, meglio per lui, che non stare tante ore a non comunicare.

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    Domanda 11
    Le comunità virtuali, di cui tanto si parla, come dell’aspetto socializzante di Internet, non soddisfano forse tutti i requisiti della comunicazione. Secondo lei manca qualcosa alla Rete per soddisfare chi naviga?

    Risposta
    Una domanda da diecimila dollari. Personalmente, dirigendo una rivista che si chiama "Virus", sono spesso vittima di piccole piraterie, quindi di piccoli virus che vengono immessi nel mio sito, oppure di recente è stato piratato il sito. Credo che nella Rete come nel reale il concetto di democrazia è molto difficile da far capire. La Rete è un sistema di amplificazione e di libertà di parola. Se qualcuno impedisce ad un altro di farlo, su Internet come nel reale, è comunque un reato. Tutto il resto, io credo che una delle potenzialità fantastiche della Rete sia proprio il suo "no copyright" - io lavoro comunque senza copyright anche negli strumenti cartacei. Potenziare e migliorare si può sempre, però credo che in questo momento sia lo strumento di comunicazione più importante di questo fine millennio.

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    Domanda 12
    Arthur Kroker, scrittore esperto sul rapporto fra corpo e nuove tecnologie, definisce il corpo post moderno come corpo e per metà carne e per metà cyberspazio. La ricerca di una sperimentazione artistica estrema, che coinvolge corpo e tecnologie, può tradurre questa nuova duplice arte del genere umano?

    Risposta
    Kroker è uno straordinario teorico di quanto in questo momento le nuove tecnologie sono anche delle tecnologie politiche. Il discorso che fa Arthur rispetto al fatto che, per esempio, lui identifica nel terzo mondo i nuovi campi di sterminio di questo fine millennio. Noi, in questo momento, abbiamo necessità di avere un sociale che è assolutamente patinato. Per esempio, nelle strade è scomparsa la morte, non ci sono più funerali visibili. La morte è quasi tutta relegata agli strumenti di comunicazione, quindi è molto glamour, è molto patinata. Le uniche morti che ci interessano sono quelle di Lady Diana o comunque delle morti assolutamente epiche. La morte reale, quella delle malattie, o comunque il corpo malato, non è più visibile. Più che Arthur Kroker c'è uno studioso che si chiama Nancy, che dice che ormai noi non vediamo più per strada dei corpi, i corpi sono tutti relegati negli ospedali, nelle carceri, nei luoghi dove, appunto, il corpo ha la sua vera potenzialità, cioè quello di essere finito, malato, di essere assolutamente non il corpo mediale che ci propongono i mezzi di comunicazione. Questo è uno dei luoghi della duplicità del corpo, in questo momento, un corpo iperattivo, un corpo ginnico, un corpo sempre giovane, e un corpo, invece, che ha una serie di problemi. Ci sono dei corpi che andrebbero indagati in questo momento, io me ne occupo, e sono dei corpi molto affascinanti. Per esempio, che rapporto c'è tra il corpo del carceriere e il corpo del carcerato? Per esempio, è da notare che i corpi dei carcerati sono molto più belli che quelli dei carcerieri, perché una delle cose che si fa in carcere è quella di badare molto a che questo corpo non si deteriori, mentre il carceriere sta per ore e ore seduto a far la guardia. Il corpo è, quindi, un luogo assolutamente di mutazione, di trasformazione di questo fine millennio. Bisogna però, di volta in volta, avvicinarsi senza pregiudizi ai suoi contesti.

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    Domanda 13
    Condivide l'idea che si stia delineando una nuova natura del genere umano?

    Risposta
    Questa domanda presuppone una distinzione fra natura e genere umano. Secondo me, sono entrambe in discussione, sia quella di natura che quella di genere umano. In questo momento c'è un "ipercorpo" e c'è una natura che non è molto ben definita. Io credo che se l'umanità, nella sua modificazione, ha una chance, è quella dell'artificiale e non quella del naturale.

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