19/01/2001
Biografia
Antonio Russo era, fra le molte cose, un reporter free lance. Dopo aver studiato
filosofia, aveva iniziato la professione giornalistica realizzando, circa dieci
anni fa, il suo primo servizio, un reportage dalla Siberia. Lavorava di solito
in regioni di crisi, spesso di guerra, dove si muoveva conducendo inchieste
che per argomento e modalità richiedevano margini di rischio molto maggiori
di quelli accettati dalla gran parte dei suoi colleghi. Era stato in Algeria
nel periodo dei massacri integralisti, in Burundi e Ruanda durante la guerra
hutu-tutsi, in Colombia, Ucraina, a Sarajevo durante l'assedio. Il suo nome
divenne famoso durante la guerra del Kosovo, dove fu l'unico giornalista occidentale
rimasto nella città assediata di Pristina. Per giorni non si ebbero sue
notizie; aiutato dalla popolazione era riuscito a fuggire mescolandosi ai profughi
albanesi diretti verso la Macedonia. Al suo ritorno, ricevette due importanti
premi giornalistici. Un eco di quella vicenda arrivò anche sui giornali
tedeschi. Da diversi mesi Antonio Russo era impegnato in Cecenia, da dove, muovendosi
nei luoghi più caldi del fronte, inviava filmati e corrispondenze radiofoniche
a Radio Radicale, l'emittente radiofonica per cui lavorava in Italia. Basta
guardare quei filmati, per capire che dietro il modo di lavorare di Antonio
c'erano un coraggio ed un impegno rari. La convinzione, semplice ma tendenzialmente
fatale, che per raccontare un evento bisogna viverlo, diventava la molla che
lo spingeva ad arrampicarsi sulle montagne cecene per incontrare i guerriglieri,
per intervistarli e per condividerne, nella misura in cui è possibile,
pezzi di esistenza. Da queste immersioni in realtà sconvolte ne emergeva
raccontando con tutti i mezzi a disposizione, alternando la penna alla videocamera
al microfono delle corrispondenze radio. Simpatizzando per i partigiani ceceni,
ma testimoniando le atrocità della guerra da ambo le parti, Antonio aveva
trasmesso materiale che gettava parecchie ombre sul modo di condurre la guerra
da parte dei russi, non ultimo il probabile uso di armi chimiche. Negli ultimi
tempi, Russo indagava sulla richiesta russa di espulsione dall'ONU del Partito
Radicale, accusato di ingerenza nella guerra in Cecenia, considerata dalla Russia,
come è noto, un "affare interno". Dopo aver raccolto del nuovo
materiale, a suo dire particolarmente importante, Antonio Russo sarebbe dovuto
rientrare a Roma il 16 di ottobre. Quel materiale però non è stato
possibile visionarlo. Lunedì 16 ottobre 2000 il cadavere di Antonio Russo
è stato ritrovato a 25 chilometri da Tiblisi, città in cui risiedeva
da Luglio e che usava come base per entrare in Cecenia. L'autopsia ha stabilito
che Antonio Russo, trovato con la cassa toracica fracassata dai colpi inferti
con un oggetto contundente, è stato torturato prima di essere ucciso.
Dal suo appartamento messo a soqquadro, sono spariti un telefono satellitare
ed un computer portatile. Il commissario Nugzar Khambashidze, incaricato delle
indagini, ha inizialmente affermato di poter escludere ogni pista politica.
Nei giorni successivi le autorità georgiane si sono spinte a dichiarare
"strane" le circostanze dell´omicidio e del ritrovamento del
corpo, giungendo persino a non escludere che una qualche "pista politica"
possa, tuttavia, sussistere.
(La biografia è a cura del sito 'Futuri.it')