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    Giampio Bracchi

    Milano, 30-09-99
    Acquistare su Internet
  • Lo sviluppo del commercio elettronico in Italia è in grosso ritardo rispetto agli Stati Uniti (1) .
  • Negli Stati Uniti ci sono sia società tradizionali che uniscono la vendita di prodotti online al commercio tradizionale, sia società che fanno da intermediario; in Italia la situazione è ancora in fase di partenza (2)
  • La bassa capillarizzazione di Internet e la non abitudine alle vendite per corrispondenza per i consumatori oltre a una certa preoccupazione delle aziende sono il motivo dello scarso sviluppo del commercio in Internet (3) .
  • Il problema delle norme non è un ostacolo allo sviluppo del commercio elettronico (4)
  • L'immediatezza della rete, che permette di essere velocissimi e di non avere intermediari nell'effettuare operazioni di borsa, può rappresentare un elemento di destabilizzazione dei mercati finanziari (5) .
  • In Italia l'università deve collegarsi alle piccole e medie imprese, l'intervistato parla di un esperimento che sta portando avanti al politecnico di Milano (6) .
  • La formazione permanente è fondamentale per lo sviluppo delle aziende (7) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Qual' è la situazione del commercio elettronico in Italia, in particolare rispetto all'estero?

    Risposta
    Il commercio elettronico negli Stati Uniti, che è il paese da cui è derivata la rivoluzione mondiale di Internet, si sta sviluppando molto rapidamente. Anzi, il livello di attenzione e le aspettative sul concreto sviluppo sono molto grandi. Oggi si valuta che il commercio elettronico negli Stati Uniti abbia un valore di transazioni per 600 miliardi di dollari, che vuol dire un milione di miliardi di lire all'anno con una prospettiva di arrivare entro cinque anni a un qualche cosa dell'ordine di un miliardo e mezzo di dollari all'anno; ciò vuol dire quasi tre milioni di miliardi di transazioni commerciali sulla rete. L'economia di Internet negli Stati Uniti ha creato oltre un milione di nuovi posti di lavoro e si valuta che il volume d'affari sia nell'ordine dei 300 miliardi di dollari che è ormai un qualcosa di molto simile al fatturato dell'industria dell'automobile. Ma ancora più interessanti sono le prospettive future perché quel miliardo e mezzo di dollari vuol dire il 15% del totale delle transazioni commerciali che avvengono negli Stati Uniti. Il numero di persone che fa investimenti online, cioè che fa acquisto, compravendita di titoli azionari, di fondi obbligazionari sulla rete, ormai è di sei milioni e il patrimonio gestito on line in queste transazioni finanziarie è dell'ordine di una gestione di 400 miliardi di dollari di patrimonio. E' una cifra molto elevata vicina alla dimensione della raccolta delle più grandi banche italiane messe assieme. Quindi negli Stati Uniti Internet è decollato, in Italia la situazione è piuttosto diversa. Quanti siano gli utenti Internet sulla rete non lo sa esattamente nessuno, però si valuta che ormai non siano più centinaia di migliaia ma siano dell'ordine dei milioni. Si calcolano circa 2 milioni di utenti Internet ma il commercio elettronico in Italia però vale ancora abbastanza poco. Si valuta che il suo fatturato annuo sia decisamente inferiore ai mille miliardi di lire e che siano attive realmente sul commercio elettronico un po' meno di 1000 aziende. Secondo i dati in possesso degli osservatori del Politecnico di Milano sono circa 900 aziende. Se però andiamo a vedere quanto vendono sulla rete, cioè sulla linea elettronica della loro rete commerciale, queste 900 aziende scopriamo che in quattro quinti dei casi vendono meno di 100 milioni di lire all'anno sulla rete e nella metà dei casi vendono meno di 30 milioni all'anno. Le aziende, poi, non fanno molta promozione perché quasi tutte spendono in promozione dei loro siti Internet meno di dieci milioni all'anno. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che abbiamo appena iniziato ma che le nostre aziende, tranne rare eccezioni, ancora non investono sul canale elettronico come alternativo rispetto al canale tradizionale. Bisogna certamente fare di più perché abbiamo un ritardo che è tranquillamente valutabile in oltre due anni rispetto agli Stati Uniti. Il salto di qualità è importante soprattutto per i nostri settori leader, come il settore del tessile, l'abbigliamento, il settore dell'oreficeria, il settore degli alimentari e dei beni dei gourmet, dove noi siamo leader mondiali e potremo vendere ai consumatori a livello mondiale. Ma se non lo faremo noi lo faranno degli intermediari elettronici che si impossesseranno del mercato e le nostre aziende, invece che vendere direttamente, dovranno vendere tramite questi intermediari elettronici. Chi sono questi gli intermediari elettronici? Sono le aziende che si sono affermate negli Stati Uniti e sono adesso sbarcate in Europa. Alcune sono anche aziende provenienti dalla Svezia e dell'Olanda, dove lo sviluppo di Internet e del commercio elettronico è stato più vivace, che cominciano a impiantare sedi anche negli altri paesi dell'Europa, per il momento in Germania e in Inghilterra, e probabilmente nel prossimo futuro anche in Italia. Se noi non partiamo, saremo certamente un mercato, ma le nostre aziende non saranno in grado di vendere autonomamente su Internet, ma saranno semplicemente dei produttori che venderanno tramite altri intermediari.

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    Domanda 2
    In questo panorama prevale il modello misto, quello cioè che prevede un'operazione pubblicitaria legata al commercio tradizionale accanto a quello online, oppure invece ci sono più aziende che sono nate esclusivamente come aziende che offrono beni acquistabili soltanto online?

    Risposta
    La situazione è variegata. Esistono alcuni nuovi operatori, quelli che in inglese si chiamano broker, che sono degli intermediari, dei mediatori. Sono nuove aziende che hanno creato dei siti di commercio elettronico, hanno raggiunto tramite la rete i consumatori e quindi vendono sui loro siti un gran numero di prodotti forniti all'origine da aziende produttrici. Esistono, però, anche numerose aziende, negli Stati Uniti perlomeno, che distribuiscono una parte significativa dei propri prodotti vendendo direttamente sulla rete. Molte aziende di informatica, come per esempio l'azienda che produce i personal computer Dell che realizza circa metà del proprio fatturato sul canale elettronico. Oppure l'azienda che produce apparati di rete, la Cisco, che fa i tre quarti del suo fatturato sul canale elettronico. Ci sono poi anche altre aziende distributrici di beni di largo consumo, distributrici di prodotti medicali e così via. Ci sono nuove aziende che fanno gli intermediari sulla rete e ci sono aziende esistenti le quali commercializzano sulla rete. 
    Nel nostro paese la situazione è ancora all stadio iniziale, non esiste praticamente nessun reale produttore che realizzi una quota molto significativa del suo fatturato sulla rete. E anche gli intermediari elettronici che esistono, che sono stati creati da aziende industriali, spesso da aziende editoriali, perché anche in Italia abbiamo dei siti che fanno brokeraggio di commercio elettronico, che hanno dei "mall" elettronici; cioè delle gallerie elettroniche, dei negozi virtuali, realizzano un fatturato ancora piuttosto contenuto. Bisogna rendersi conto che vendere sul canale elettronico non è molto diverso da vendere sul canale tradizionale, bisogna che il cliente sappia che noi vendiamo lì e che ci venga a cercare. Per fare questo bisogna fare promozione. Dove si fa la promozione? Si fa su Internet stesso, inserendo i propri prodotti sui principali motori di ricerca Internet in modo che dai principali strumenti dai quali si accede in Internet si possa andare direttamente sui nostri siti. Bisogna inoltre fare anche molta pubblicità sui canali convenzionali. Si valuta che una azienda che voglia fare seriamente del commercio elettronico debba fare un investimento pubblicitario di almeno alcune centinaia di milioni l'anno per promuovere il proprio sito altrimenti nessuno saprà che noi siamo realmente presenti sul mercato elettronico.

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    Domanda 3
    Secondo lei questo ritardo italiano dipende anche da una diffidenza del cliente italiano ad acquistare online, quindi a fidarsi della transazione economica e commerciale sulla rete?

    Risposta
    La situazione è differente quando parliamo del commercio elettronico da azienda a azienda, quello che si viene definito business to business, perché in quel caso anche le nostre aziende lavorano tra di loro in modo abbastanza intenso. In Italia abbiamo poi la tradizione dei distretti industriali, piccole aziende nello stesso settore con dei subfornitori in una stessa area, i quali già da tempo sono collegati in rete. Sul commercio elettronico che riguarda il consumatore finale, cioè le vendite sul canale elettronico, siamo indietro perché è indietro il paese nella diffusione di Internet. Nell'area più evoluta del paese, la città di Milano, abbiamo una sola famiglia su 15 che ha accesso a Internet, quindi non c'è ancora il pubblico dei consumatori. Da noi non c'è l'abitudine delle vendite per corrispondenza, questa è un'altra delle nostre caratteristiche che ci distingue, anche perché abbiamo sempre avuto una rete distributiva estremamente capillare a differenza di paesi come l'Australia o gli Stati Uniti o la stessa Svezia. Quindi c'è meno preparazione dei consumatori. Le stesse aziende hanno qualche preoccupazione nei confronti delle loro reti distributive, dei loro agenti, perché è chiaro che il canale elettronico costituisce un'alternativa alla rete di distribuzione tradizionale, di negozi convenzionati. La premura delle aziende è quella di non perdere il loro canale tradizionale puntando solo sul canale elettronico. Inoltre devono trasformare le loro reti commerciali e i loro agenti in persone che supportano le vendite elettroniche, che danno assistenza finale al consumatore e non fargli svolgere il semplici intermediari commerciali che in realtà vengono scavalcati dalla rete.

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    Domanda 4
    Le differenti normative fiscali dei diversi paesi possono essere un ostacolo a una diffusione piena del commercio elettronico in Europa?

    Risposta
    Certamente anche il commercio elettronico va regolato con le stesse normative che riguardano le vendite tradizionali perché l'IVA e le imposte non è che non le si debba pagare sulle vendite del commercio elettronico. C'è sempre stata un po' di resistenza da parte delle amministrazioni fiscali nei confronti di un fenomeno che temono di non poter controllare. Bisogna però dire che l'Italia, in questo momento, ha una normativa abbastanza evoluta dal punto di vista della validità dei documenti elettronici e anche del fisco elettronico; comunque non più indietro rispetto ad altri paesi. Quindi non è più un problema di normative. Le normative ci sono, ma con l'affermarsi del commercio elettronico bisognerà avere anche dei controlli perché altrimenti diventa un'altra area soggetta alle transazioni in nero. Nel nostro paese è ben noto che esistono tanti settori in nero anche nel commercio tradizionale. Una volta che il commercio elettronico sarà decollato realmente, bisognerà realizzare delle norme e dei controlli, ma al momento il problema non è quello delle norme bensì quello del decollo di questo tipo di mercato.

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    Domanda 5
    Rispetto alla possibilità di fare delle transazioni economiche in rete, acquistare titoli, giocare in borsa online, l'immediatezza della rete che permette di essere velocissimi e di non avere intermediari nell'effettuare queste operazioni, può rappresentare un elemento di destabilizzazione dei mercati?

    Risposta
    Negli Stati Uniti, ad esempio, esistono alcuni operatori che consentono al cliente di comprare e vendere sul mercato finanziario nello stesso pomeriggio o nella stessa giornata. Questo può evidentemente costituire un elemento di destabilizzazione dei mercati perché nel momento in cui si è consigliati di vendere tutti vendono e si può avere un fenomeno a catena di euforia del mercato. Alcuni dei principali operatori anche negli Stati Uniti non consentono di rivendere il titolo comprato nella stessa giornata e quindi permettono di avere una maggiore stabilità. Ovviamente non è pensabile che, semplicemente perché la transazione elettronica di borsa costa poco e si può effettuare in tempi brevi, l'agente si diverta a comprare e vendere i titoli nel giro di pochi minuti. Quello certamente non è lo scopo per cui sono nati i mercati finanziari ma negli Stati Uniti alcuni operatori consentono questo tipo di operazioni e ci sono delle persone che passano le loro giornate in questo modo, cercando di guadagnare comprando e rivendendo rapidamente i titoli nel corso della stessa giornata.

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    Domanda 6
    Nello sviluppo dell'information and communication technology la ricerca ha sicuramente un peso notevole. Nel rapporto tra ricerca e università in questo ambito cosa si può fare per finanziare la ricerca e fare in modo che proceda all'interno di istituzioni pubbliche come quelle dell'università?

    Risposta
    Le università, specialmente le università tecniche, hanno sempre lavorato con l'industria, in particolare hanno lavorato con le medie e grandi imprese. Adesso la sfida, in un'economia come quella italiana fatta di piccole imprese, è di riuscire a lavorare anche e soprattutto con le piccole imprese innovative che si creano grazie alle reti. Tutto questo richiede la creazione di strutture nuove nelle università proprio perché mentre le grandi imprese hanno loro stesse dei ricercatori che sono in grado di lavorare con i ricercatori dell'università, le piccole imprese non hanno ricercatori, parlano un altro linguaggio, hanno un'ottica differente. Allora le università, in particolare quella in cui opero, il Politecnico di Milano, stanno creando delle strutture di collegamento industriale che sono delle unità affiancate all'università con la missione di mettere in contatto la ricerca universitaria col mondo delle imprese e farle lavorare insieme. Queste unità sono costituite da elementi che non sono professori, ma sono persone che conoscono bene le imprese e l'università e sono un punto di collegamento e di trasferimento. In questo senso si parla di trasferimento tecnologico. Ad esempio al Politecnico di Milano abbiamo attivato una unità che si occupa di commercio elettronico, fatta da giovani che non stanno facendo carriera universitaria, ma fanno progetti applicativi insieme alle imprese e stiamo attivando un centro dimostrativo di commercio elettronico. Il centro sarà operativo entro la fine dell'anno e le imprese potranno venire a vedere cosa vuol dire lavorare nel commercio elettronico, come si crea un sito, come si presenta e come il loro prodotto potrebbe essere proposto in rete. Al momento stiamo conducendo la realizzazione di una formula di commercio elettronico con un consorzio di orafi in Lombardia. Quello orafo è uno dei settori forti della Lombardia, gli orafi vendono in tutto il mondo e il commercio elettronico può essere per loro molto importante.

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    Domanda 7
    Per questa innovazione all'interno delle aziende e dell'organizzazione aziendale il concetto di formazione permanente diventa quindi fondamentale?

    Risposta
    La formazione permanente è a vari livelli. C'è una prima formazione permanente diffusa. L'Associazione di Interessi Metropolitani di Milano, ad esempio, ha dato vita ad un'iniziativa che ha riscosso un successo enorme. Ha creato un luogo dove degli studenti insegnano alle persone che vengono, che spesso sono pensionati, anziani o persone che hanno molto tempo libero, a lavorare su Internet. Non ci vuole molto a imparare a accedere a Internet, non c'è bisogno di saper usare un computer, basta sapere in qualche modo usare una tastiera, cosa che si impara molto rapidamente. Bisogna quindi risolvere in primo luogo un problema di alfabetizzazione generale. Basta a volte un pomeriggio perché uno sia in grado di operare. Poi logicamente per poter lavorare una persona deve avere a casa un computer ma, come dicevo prima, solo una famiglia su 15 a Milano ha un accesso a Internet e nel resto dell'Italia la percentuale è molto inferiore. Questo ci dà un'idea di quanto sia ancora Internet sia poco diffusa. 
    C'è poi, viceversa, un problema di formazione e di alfabetizzazione del personale che lavora nelle aziende. Queste persone devono riuscire anche a capire i nuovi modi di vendere e come possono sfruttare le opportunità della rete per fare affari aziendali. Questo è un passo più complesso che richiede seminari interni alle aziende e la partecipazione a corsi più strutturati all'esterno. L'aggiornamento aziendale diventa essenziale perché il mondo delle reti si basa soprattutto sulla intelligenza, sulla conoscenza ancora più che sui capitali. Realmente le aziende che vincono sono le aziende che hanno al loro interno delle persone che, grazie al loro bagaglio di conoscenze, capiscono cosa si può fare, hanno delle idee, hanno il coraggio e la capacità di prendere tempestivamente delle decisioni. Il fattore umano, la qualificazione del personale, diventa il fattore essenziale del successo nelle aziende sulla rete insieme alla capacità gestire buoni capitali, avere buoni prodotti e così via.

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