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    Alessandro Portelli

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    "Sulla Terra si può stare tranquilli"


    Secondo l'ingegner Portelli responsabile dell'Asi per i rifiuti spaziali, si possono prendere diverse misure.

    Ingegnere, come è possibile limitare i danni prodotti dai rifiuti spaziali?

    Ci deve essere uno sforzo congiunto da parte di tutte le nazioni per investire, soprattutto in termini monetari, su un problema che potrebbe compromettere il futuro dello spazio. Quando si tratta di soldi, tutti si tirano indietro.

    Come si dovrebbero ripartire questi investimenti?

    I meccanismi ancora non sono stati definiti da un punto di vista legislativo. Per esempio l'Italia, che ha pochi satelliti, contribuisce poco alla formazione di detriti. Invece gli Stati Uniti e la Russia, che ne hanno tantissimi, devono mettere molti soldi, se vogliono effettivamente controllare e ridurre i rischi per la popolazione. Attualmente c'è una popolazione detritica di satelliti non operativi di circa 8000 oggetti con dimensioni superiori al centimetro.

    Come è possibile difendersi?

    Si possono adottare diverse misure, che si chiamano misure di mitigazione. Essenzialmente consistono nell'adottare degli schermi particolarmente robusti, che possano rompere la particella, assorbire l'energia dell'esplosione all'interno ed evitare che queste particelle possano penetrare lo schermo. È possibile poi ridurre gli oggetti che vengono rilasciati durante il normale funzionamento in orbita. Inoltre le piccole particelle che vengono generate possono essere catturate in particelle più grandi, utilizzando dei sistemi che trattengono le parti che si staccano.

    Esistono altre misure che si possono prendere?

    Certamente sì, ne esistono altre tre. Prima di tutto si deve evitare il rischio dell'esplosione a fine vita: generalmente i satelliti che restano in orbita vengono controllati, ma al momento in cui non si utilizzano più, vengono abbandonati a se stessi. All'interno di questi satelliti rimangono degli oggetti in movimento, che devono essere "passivati", in modo che non possano più esplodere. Un'altra misura consiste nell'evitare gli incidenti in orbita, le collisioni possibili. Normalmente la popolazione dei satelliti in orbita viene controllata sia con i radar, che con sistemi ottici. Si mantiene un catalogo e quando si va nello spazio, si fa un confronto tra l'oggetto di proprietà e tutta questa popolazione. Se la distanza tra il satellite e l'oggetto a rischio è inferiore al chilometro, bisogna fare una manovra evasiva, quindi ci si sposta leggermente di orbita e si fa passare l'oggetto. Gli americani del Norad ci riescono benissimo; anche i russi hanno un loro catalogo che mantengono continuamente aggiornato e che rendono disponibile ad altre comunità come la nostra. Un'ulteriore misura è quella che tenta a fine vita del satellite di spostarlo dalla sua orbita. Ci sono due possibilità: per i satelliti in orbita bassa, che si chiamano Leo (Low earth orbit), vengono effettuate delle manovre che consentano all'oggetto di rientrare in una zona della Terra che sia a rischio nullo (generalmente l'Oceano pacifico, o la Siberia). Oppure c'è un anello, come quello di Saturno che ci siamo creati da soli, e oltre a questo raccordo c'è un'orbita cimitero. Quindi si tratta di evitare che l'affollamento in questo anello diventi eccessivo.

    Abbiamo visto i danni che lo space junk può creare in orbita. Sulla Terra siamo tranquilli?

    Senza dubbio, anche perché il rischio maggiore lo corriamo con i meteoriti naturali. Sostanzialmente ci sono 50.000 tonnellate di oggetti naturali che cadono sulla terra ogni anno. Per esempio, una volta in Alenia arrivò un micrometeorite piuttosto grande a poca distanza da un dirigente. I detriti artificiali rappresentano solo 50/100 tonnellate all'anno. L'unico rischio corso nel passato è stato al rientro del satellite russo, Cosmos 1, nel '78, che aveva un motore a propulsione atomica e quindi ha disseminato oggetti radioattivi su un'area di circa 100.000 chilometri. Questi hanno colpito il Canada, ma fortunatamente si trattava di un'area deserta.

    C'è anche un rischio umano, per gli astronauti?

    Quando gli astronauti si trovano in "extra vehicolar activity", cioè quando escono all'esterno dello shuttle o della stazione spaziale, sono a forte rischio, perché la loro tuta li protegge solo da particelle che sono inferiori al decimo di millimetro. Quindi lo shuttle si mette davanti, nella direzione della velocità, e li protegge, fa loro da scudo