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    Alberto Abruzzese

    24/11/2000
    "Internet, uno spazio di frontiera"


    Come tutti i territori ancora da colonizzare Internet è uno spazio 'deregolamentato'. E suggerisce nuove forme di libertà e responsabilità individuale.

    di Laura Massacra


    A Roma, poco tempo fa, il Comune ha oscurato una parte del sito a causa della diffusione illecita di messaggi a favore della pedofilia all'interno della rete civica. Che ne pensa della censura in Rete?

    La censura manifesta la difficoltà di controllare un processo in cui la visibilità delle informazioni e delle relazioni sociali sta trasformandosi. Si tende ad utilizzare con la Rete gli stessi criteri, le stesse regole che hanno governato il modo di controllare lo schermo televisivo. La Rete che ha, invece, caratteristiche molto differenti. Prendiamo in considerazione le Reti Civiche. Sono composte dal termine 'rete' e da un altro termine che è 'civiche'; sull'idea di 'civiche' funziona una certa cultura del cittadino il quale appartiene culturalmente molto di più al sistema delle comunicazioni di massa che non al sistema sociale creato dalla Rete. Sottostante la 'Rete' c'è una cultura diversa: si tratta quindi di percepire ciò che di profondo c'è nella sua struttura, il che sicuramente comporta la necessità di avere strumenti di controllo legittimi e necessari. Ma tali strumenti devono agire in maniera diversa dal passato.

    La Rete è accusata di agire da moltiplicatore rispetto ad atti criminosi come quello della pedofilia. Come si può conciliare il problema della libertà di espressione con quello della censura?

    Prima di tutto bisogna risalire alla storia dei media; se si va alle prime fasi di diffusione del telefono si scoprirà che si esprimevano altrettante polemiche. Ogni volta che nasce un nuovo mezzo di comunicazione porta con sé la paura che i confini che si erano stabiliti con le precedenti forme di comunicazione cadano e, come sempre, si percepisce il senso del pericolo. Gli avvertimenti che animano il dibattito sulla Rete somigliano alle raccomandazioni che si facevano ai bambini quando andavano a giocare sotto casa, espresse nei termini di una paura dei pericoli 'là fuori'. Spesso c'è molta retorica in tutto questo, comunque, bisogna ragionare sulla serietà del problema.

    Prendere sul serio il problema cosa, di fatto, comporta?

    Comporta che invece di ragionare sulla natura del controllo di per se stesso -che è stata la caratteristica della società di massa- si deve ragionare su cosa è che vogliamo controllare e capire se l'oggetto del nostro controllo è stato veramente analizzato e compreso. Sicuramente la questione del nesso immediato che si stabilisce tra le Reti e la pedofilia manca di una saggia riflessione sulla Rete e, quindi, di una riflessione sulla tecnologia. Riflessione che presenta due lati e due lame: da un lato favorisce la comunicazione ma può presentare dei rischi. D'altro canto Conviene pensare in che modo si è sviluppato il rapporto tra comunicazione e pedofilia in tutta la storia della civiltà. Soprattutto si deve capire che tanti fenomeni devono essere analizzati dentro un corpo socio-antropologico che è in continua trasformazione.

    Il popolo di Internet ritiene che a decidere cosa mettere o meno sulla Rete devono essere proprio i naviganti della Rete. Lei è d'accordo?

    Sulla Rete si agita lo stesso conflitto che ha caratterizzato la prima fase di costruzione della società di massa. Ci sono forti identità, un forte impulso di espansione che contiene in sé anche qualcosa di anarchico. Però i nuovi territori, una volta invasi, hanno bisogno di nuove regole.

    E' stato lo spirito di frontiera americana, fatta di personaggi dubbi, avventurieri, a costruire l'America, a farne un paese con una doppia anima, irrazionale e razionale, caotica e ordinata. Ora siamo alle soglie di una nuova epoca storica ed è come se ci trovassimo a dover costruire una nuova America; potremmo fare tesoro delle esperienze passate, ma sicuramente ci sono problemi che vanno affrontati. E' giusto che chi abita le reti pretenda di poter decidere sulla produzione di nuovi contenuti. Ma è altrettanto legittimo che la società, essendo organizzata oltre che per comunità, anche attraverso reti sociali, debba imporsi una riflessione sul modo di rendere compatibile la libertà con alcuni problemi inerenti le relazioni umane.

    Il problema della censura è sempre esistito. Secondo lei rispetto alla Rete può assumere delle colorazioni particolari?

    La caratteristica della censura, per quel che riguarda il cinema e la televisione, è quella di essere uno strumento meccanico, esattamente come la cultura dei media di massa; si traduce nella pratica che quello che le istituzioni e le autorità non ritengono legittimo far vedere viene semplicemente tagliato, oscurato. Questo parte dall'idea che quell'immagine sia comunque prodotta e distribuita per tutti anche se magari poi in realtà viene vista solo da determinate categorie a seconda della fascia oraria, del ceto. La Rete pone una questione totalmente diversa. Se da un lato rende molto più facile sfuggire a un controllo generale perché non è un mezzo generalista, contemporaneamente può responsabilizzare i soggetti ed esercitare delle forme di autocensura;

    Con la Rete avviene qualcosa di clamorosamente innovativo rispetto alla dimensione che abbiamo vissuto fino ad oggi perché è la forma di comunicazione più vicina a quella interpersonale. Di conseguenza l'interattività della Rete può funzionare sia per liberarsi sia per controllarsi.

    I regimi autoritari avevano bisogno di servizi segreti per agire un controllo serrato sulle corrispondenze oppure che mettessero microfoni dentro le case per spiare la comunicazione interpersonale. Quelle dimensioni di violazione della privacy e del diritto di comunicare sono state superate ma il dibattito intorno alla Rete, riguardo alla possibilità o meno di controllare la comunicazione in Internet, ripropone nuovamente questo stato d'animo.