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    Joseph Vacanti

    28/12/2000
    "Altro che Frankenstein. Qui costruiamo tessuti per una vita migliore"


    Joseph P. Vacanti, direttore del laboratorio di ingegneria dei tessuti al Massachusetts General Hospital, noto per aver fatto crescere un orecchio umano sulla schiena di un ratto, è tra i pionieri dell'ingegneria tessutale, la branca della biologia che promette tessuti e organi semi artificiali in grado di sostituire quelli naturali. E racconta il suo viaggio alla scoperta delle frontiere della bioingegneria.

    Può spiegarci in che consiste la sua ricerca?

    La ricerca a cui mi sono dedicato negli ultimi 15 anni si svolge in un settore chiamato ingegneria dei tessuti. Il nostro obiettivo finale è quello di produrre materiali naturali di riparazione per i pazienti che hanno perduto parte dei tessuti del proprio corpo a causa di una malattia o di un incidente.

    Quali organi umani sono i migliori candidati a venire replicati in laboratorio?

    Nei 15 anni di attività del nostro laboratorio abbiamo realizzato diversi nuovi tessuti vivi per il corpo. Abbiamo lavorato a cartilagini e ossa, tendini e legamenti nonché alle strutture vascolari, comprese parti del cuore come le valvole cardiache e i vasi sanguigni. Nel corso delle nostre ricerche abbiamo anche affrontato i problemi riguardanti gli organi interi per ovviare alla mancanza di organi, e in particolare ci siamo dedicati allo studio del fegato.

    Che procedura viene seguita per realizzare un organo umano in laboratorio?

    Il nostro laboratorio tenta di produrre nuovi tessuti vivi in sostituzione di quelli distrutti, utilizzando le cellule dello stesso paziente e abbinandole ad uno speciale materiale plastico che scompare col tempo, cosicché il prodotto finale corrisponda ad un ripristino interamente naturale di tessuto vivo, privo di elementi estranei all'organismo biologico.

    Quali sono le norme di legge e le considerazioni etiche di cui tenete conto nel corso dei vostri studi?

    Qualunque lavoro preveda nuovi esperimenti va accuratamente seguito e monitorato sia dai comitati di sorveglianza all'interno dell'ospedale che da un ente che abbiamo negli Stati Uniti, l'FDA, ovvero la Federal Food and Drug Asministration, che controlla da vicino qualunque nuova procedura o apparecchio venga messo a disposizione del pubblico. Per questo motivo tutte le strutture a cui lavoriamo devono essere controllate da queste agenzie di supervisione. Inoltre, molti credono che sia giusto porsi questioni di ordine etico in relazione alle nuove tecnologie. Ci sono infatti negli ospedali e nelle istituzioni comitati etici che ci aiutano a orientarci fra i problemi morali sollevati da ogni nuovo procedimento, compresi quelli di cui stiamo parlando.

    Quali sono le preoccupazioni maggiori in questo campo sotto il profilo etico?

    Personalmente ritengo che il nostro lavoro si limiti ad aiutare la gente sostituendo organi vitali o altre strutture venute a mancare. Il costante sforzo posto nell'utilizzare per quanto possibile le cellule del paziente, fa si che si pongano pochi problemi di carattere etico, a riguardo. Il nostro lavoro equivale, in termini etici, a guarire una ferita impiegando i propri tessuti, il che non dà adito a preoccupazioni sull'estrazione o modifica di sistemi viventi estranei all'organismo.

    Perché, a suo avviso, costruire organi umani è più efficace di un trapianto di organi di provenienza umana o animale?

    La risposta si esemplifica nelle cifre che relative all'attuale richiesta di trapianti negli Stati Uniti. Negli Stati Uniti ci sono oggi oltre 70.000 persone in attesa di un organo disponibile per il trapianto. Vengono chiamati organi vitali, in quanto senza di essi il paziente muore. Che riguardi lei o un suo congiunto, il risultato non cambia: se l'organo manca, è morte certa. Quel che stiamo cercando di fare è dunque risolvere il problema della scarsità di organi a disposizione, scarsità che, inoltre, va peggiorando ogni anno. Con 70.000 persone in lista d'attesa, quasi il 15 per cento di loro morirà prima che l'organo si renda disponibile. Uno dei metodi per risolvere il problema può essere far aumentare il numero dei donatori, sia quelli in stato di morte cerebrale che quelli in vita. Nel caso dei donatori in vita ci sono però diverse preoccupazioni etiche perché si operare delle persone in perfetta salute significa sottoporle ad interventi difficili e invasivi.

    Ci sono altre possibilità nel recupero di organi?

    Altri approcci sono ancora in fase di sperimentazione. Uno di questi è il ricorso ai trapianti da animali, chiamati trapianti xenografici. Anche qui abbiamo sorgono dei problemi. Per esempio, non disponiamo delle conoscenze di biologia necessarie a questo scopo e bisogna ancora svolgere lunghe ricerche per far sì che un organo animale venga accettato sotto il profilo biologico da un corpo umano. Altri sollevano delle difficoltà di ordine morale nell'uso degli organi animali. Un terzo problema consiste nella possibilità che i trapianti trasmettano infezioni dagli animali agli uomini. Sono perciò diverse le questioni che occorre ancora risolvere prima di tentare di ricorrere agli organi animali per i trapianti. D'altra parte, se si potesse costruire un organo umano, molte di tali questioni scomparirebbero, specialmente se avvenisse tramite l'utilizzo di cellule appartenenti al paziente stesso. È dunque questo cio' che cerchiamo di fare nel nostro laboratorio. Il problema principale di questo approccio è che la strada è davvero ardua. Per ottenere le vaste nozioni di biologia, scienza e ingegneria necessarie all'impresa occorrono molti fondi e ricercatori di grande talento. Ad ogni modo, questa è la strada che stiamo tentando di percorrere.

    In che misura il vostro lavoro è stato facilitato dallo sviluppo della conoscenza del genoma umano?

    Attualmente il nostro lavoro non riguarda granché l'ambito del genoma umano. Ma la sua comprensione sarà di grande utilità in svariati modi in futuro, Al momento, le attività in cui siamo impegnati riguardano il modo in cui funzionano le cellule piuttosto che i geni all'interno della cellula.

    Crede che in futuro sarà possibile produrre in laboratorio anche cervelli?

    E' difficile stabilire quali direzioni prenderà il lavoro che svolgiamo attualmente in laboratorio, ma realizzare un fegato o un rene presenta così tanti problemi che non sono in grado di dire se sarà o meno possibile costruire parti del cervello.

    Vi occupate anche dell'interazione fra biologia ed elettronica, della possibilità che la connessine fra gli organi prodotti in laboratorio e il sistema nervoso ricevente venga mediata dai microchip?

    Il nostro obiettivo è quello di realizzare qualcosa di completamente naturale, senza componenti che non siano materia viva. Per produrre strutture vive non utilizziamo microchip, come quelli presenti nei computer. D'altra parte abbiamo tratto ispirazione dalle tecniche di produzione della tecnologia dei microprocessori, e le abbiamo adattate alla creazione di tessuti vivi invece che di circuiti elettronici. Ad esempio, invece di costruire un microchip con un circuito elettrico da collocare in una videocamera, prendiamo a modello i chip di silicone per costruire vasi sanguigni viventi capaci di assicurare una completa circolazione all'interno di un organo. Li sfruttiamo come metodo temporaneo per costruire le minuscole componenti di un tessuto vivo. Altri gruppi, comunque, stanno tentando di connettere processori e tessuti vivi al fine di ottenere una sorta di sensori biologici o meccanismi sensori ad esempio per gli occhi, come retina artificiale, oppure per l'udito artificiale.

    Cosa pensa dell'approccio che mira a collegare sistemi viventi a circuiti elettronici?

    È un approccio potenzialmente importantissimo nel capo della ricerca medica e bio tecnologica. Se per esempio io fossi cieco e fosse disponibile un processore che mi consentisse di vedere, la riterrei un'ottima cosa.

    Il primo obiettivo del vostro lavoro è quello di fornire organi umani e tessuti ai pazienti, specialmente quelli affetti da gravi malattie, per ridare loro una vita normale. Crede che sarebbe possibile migliorare gli esseri umani, cambiare i loro organi perfettamente funzionanti con altri nuovi e migliori, così come possiamo fare oggi con i computer cambiandone e aggiornandone il processore?

    Qualcuno è convinto che sia realmente possibile fare di persone normali individui ancora migliori e in salute, mediante l'applicazione di diverse tecniche. Non credo che ciò a cui noi stiamo lavorando trovi davvero applicazione in quest'area. Si parla di iniettare geni o altri segnali biologici in un individuo per aumentarne la forza o la statura o l'intelligenza. La nostra tecnologia si limita per lo più a persone in possesso di organi o tessuti non funzionanti, cosicché se qualcuno ha bisogno di sostituirli, la nostra tecnologia può essergli d'aiuto.

    In generale, cosa pensa della questione del miglioramento delle abilita' performative del corpo? Si potranno avere muscoli più robusti, polmoni più efficenti? Qual è la sua posizione a riguardo?

    Fin dai primordi della storia gli uomini hanno cercato sempre nuovi metodi per migliorare la propria salute, vivere più a lungo, essere più forti e più intelligenti. Ci saranno nuove tecnologie che sosterranno questo processo ma è molto difficile prevedere che cosa sarà veramente utile a tali fini. Un esempio: 100 anni fa, nell'anno 1900, l'età media in cui una persona normale moriva era di 49 anni; oggi è quasi raddoppiata. L'evoluzione relativa alla salute dell'uomo, alla prevenzione delle infezioni e a tutte le scoperte degli ultimi cento anni ha raddoppiato la durata della vita, e oggi si vive non solo più a lungo, ma anche con meno malanni. Mi sembra logico supporre che questa tendenza continui e che ci possano essere tanti nuovi ritrovati che consentano di migliorare l'organismo umano. Ma è impossibile sapere quali tecnologie o agenti saranno utili a questo scopo

    Quali sono le direttive etiche che avete adottato per i vostri studi? Quali limiti ponete a voi stessi quando fate ricerca?

    Bisogna fare una precisazione. Solo una parte molto esigua della nostra ricerca riguarda gli esseri umani. Ci sono però certi elementi che sono stati resi disponibili per l'uso sugli uomini. Per esempio, sulla base del nostro lavoro è stato approntato un tipo di pelle da impiantare su pazienti ustionati o con piaghe superficiali che non guariscono facilmente. Prima di arrivare negli ospedali e curare i malati, questo prodotto è stato sottoposto a tutti gli accertamenti, compresi quelli istituzionali e federali. Attualmente si stanno svolgendo in vari centri degli Stati Uniti esperimenti con cartilagini iniettabili, sul modello delle nostre cartilagini vive realizzate a scopi di terapia. Questa iniziativa viene monitorata molto attentamente dalla Food and Drug Administration in collaborazione con i vari comitati di revisione. Sono due esempi in cui il nostro lavoro è passato dall'idea originale fino all'uso sugli uomini, attraversando tutte le fasi di controllo del processo.

    La fabbricazione di tessuti e organi in laboratorio richiede la clonazione di cromosomi umani. Non temete le implicazioni etiche della clonazione umana?

    La clonazione in realtà non ha niente a che fare con il nostro lavoro. Ciò che stiamo tentando di fare in tutte le circostanze possibili è prendere un individuo malato e utilizzare le sue stesse cellule per ricreare un tessuto che distrutto. Se lei avesse bisogno di sostituire un ginocchio, useremmo le sue Stesse cellule per realizzare la cartilagine necessaria. In questo caso le cellule provengono soltanto da lei, e non sono impiegate allo scopo di clonare un altro individuo o un feto. Non provengono da organismi esterni.

    Quali sono le altre applicazioni attualmente possibili?

    In 15 anni il mio laboratorio, assieme ai centri del MIT, ha studiato oltre 28 diversi tessuti del corpo. In almeno 28 casi sappiamo perciò di poter produrre un qualsiasi nuovo tessuto vivo che si integri nell'organismo del paziente e funziona perfettamente. Non conosciamo i limiti di questa tecnologia, ma per nostra esperienza possiamo dire di aver trattato con successo numerose strutture del corpo umano.

    Qual è la su attuale ricerca in questo campo?

    Al momento dirigo quattro gruppi separati. Uno si dedica alla realizzazione di organi interi, come il fegato o il rene o, se possibile, parte del cuore. Un altro gruppo crea strutture vascolari come le valvole cardiache e i vasi sanguigni. Il terzo gruppo si occupa di riparazioni del sistema nervoso e lavora a interventi sulla spina dorsale in pazienti affetti da paralisi a seguito di incidente, nonché sui nervi periferici, per esempio per rivitalizzare una mano dopo un danno di carattere neurologico. L'ultimo gruppo si occupa di riparazioni di cartilagini e ossa, e qui da parecchi anni cerchiamo di perfezionare la capacità di sostituire l'orecchio o parti del naso o altre regioni facciali, o magari un dito o un osso perso a causa di un trauma.

    Creare un organo può apparire all'opinione pubblica come un modo di salvare una vita, ma al contempo fa pensare alla realizzazione del sogno di Frankenstein. Crede che questi timori andrebbero presi sul serio, oppure semplicemente respinti come una forma di superstizione?

    Nel nostro lavoro tentiamo di sostituire parti del corpo con un tessuto vivo appartenente al paziente, come se dovessimo medicare una ferita, evitando materiali che potrebbero causare problemi come il silicone per gli impianti alla mammella, o il metallo e la plastica per le valvole cardiache e via dicendo. Alcuni demonizzano questo tipo di ricerche pensando che si approdi ad una specie di Frankenstein. Frankenstein era un personaggio romanzesco che voleva ridare la vita a un cadavere. Noi utilizziamo tessuti per curare persone vive e permettergli una vita migliore.