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    Antonio Russo

    19/01/2001
    "La tecnologia? Deve essere funzionale ad arricchire le esperienze, altrimenti rischia di appiattire la comunicazione"

    Il giornalista indipendente Antonio Russo, ucciso in Georgia in circostanze misteriose riporta, in una intervista esclusiva, la sua esperienza durante la guerra del Kosovo


    Le corrispondenze da Pristina nei primi giorni del conflitto sono venute non dalla BBC o dalla CNN ma telefonicamente da te, come inviato di Radio Radicale. La registrazione di quelle telefonate è ancora disponibile sul sito Internet di Radio Radicale che, accanto al valore della tua testimonianza, affianca l'interesse per un ibrido fra il vecchio reportage di guerra, fortunosamente dettato al telefono, e le tecnologie usate per renderlo disponibile.

    E' interessante l'analisi di quello che, per certi versi, può esser visto come un paradosso tecnologico. Paradosso che forse potrebbe costituire un potenziamento dell'informazione tecnologica. Internet, ovviamente, ha una dimensione mondiale per quanto riguarda le connessioni con diverse realtà. Però, purtroppo, non crea quella possibilità di riscontro delle realtà con cui si entra in contatto perché implica un contatto puramente visivo, un contatto da video computer. Il contatto con la realtà è anche un contatto fisico, materiale. In questo senso il vecchio reportage, nelle sue forme tradizionali di rapporto con gli eventi e con i giornali, può essere un modo per riempire maggiormente di contenuti l'informazione che invece viaggia via Internet. C'era a Skopje un giornalista estremamente interessato a questo aspetto del reportage di guerra. Mi diceva "Russo, hai sconfitto la CNN, con tutte le sue potenzialità tecnologiche e satellitari, semplicemente per mezzo di un telefono locale, modello anni '50-'60. In questo modo sei riuscito a connetterti col mondo".

    Una domanda sulla tua presenza a Pristina. Come sei riuscito a rimanere lì mentre gli esponenti dei maggiori media erano stati cacciati via?

    Conoscevo bene sia il territorio sia le logiche in atto. Generalmente però, in situazioni di pericolo ci sono delle scelte di fondo da fare che si basano su una opzione forte: privilegiare il lavoro di giornalista e quindi la presenza in loco oppure optare per la propria incolumità. Questa purtroppo è una scelta estremamente difficile. Io ho deciso di rimanere perché avevo davanti agli occhi i meccanismi profondi di manipolazione dell'informazione portati avanti da Milosevich. Già in precedenza, prima che scoppiasse il conflitto, da Belgrado si era giocato a creare confusione nella diffusione di notizie.

    Che tipo di metodo usava Milosevich per confondere i media?

    Milosevich usava una tecnica ben conosciuta alla semantica dei media: l'implosione dell'informazione su se stesso. Più informazione si dà, a partire da più fonti, maggiore è, in teoria, il criterio di verità per stabilire la realtà dell'informazione. Ma se vengono date troppe notizie divergenti alla fine si crea un involucro vuoto della stessa informazione e quindi si produce confusione nell'opinione pubblica. Il risultato è quello di non riuscire più a realizzare la fattualità degli eventi. E' questo che mi ha spinto a dire: "rimango qui". Ho recuperato un concetto proto storico della notizia: la testimonianza fisica, verbale oculare è importante per avere un raffronto con le informazioni che circolano. Per esempio, ricevevo delle interviste in cui mi chiedevano se la casa di Rugova fosse stata bruciata quando io, che abitavo a 50 metri di distanza, vedevo la sua casa in perfette condizioni.

    Usavi Internet per comunicare, per dare informazioni e per riceverne?

    Assolutamente no. Non ho mai usato Internet per un semplice motivo: l'unico modo per potermi connettere era utilizzare una struttura che si chiama 'Mediacenter', situata presso l'Hotel 'Grand' a Pristina, che era controllato dai serbi. Dato che tutte le linee telefoniche erano sotto controllo non sono voluto incorrere nella banalità di essere spiato da loro. Inoltre tutti i giornalisti che andavano lì e si connettevano ad Internet telefonicamente sapevano benissimo che le quattro linee telefoniche dell'hotel erano controllabili dai serbi. Quindi era come se i giornalisti internazionali, attraverso l'hotel, diffondessero direttamente le informazioni al ministero dell'informazione serba che poi elaborava in tutta tranquillità le sue strategie. Così mi sono detto "Figlioli, se pensate di fregarmi in una maniera così banale, vi sbagliate" ed ho escogitato strategie alternative. Ho utilizzato un telefono di vecchissima concezione che ho rimesso a posto ed ho utilizzato, riuscendo così ad evadere il controllo serbo. Dovrebbe essere recuperata la capacità di poter comunque interconnettersi sia attraverso il mezzo tecnologico sia attraverso il lavoro artigianale, che si traduce nella capacità di confrontarsi con il reale. La tecnologia, a mio avviso ha solo un valore funzionale e non esistenziale. Gli eventi di Pristina ne sono stati una conferma perché si è creata una particolare situazione, in relazione alla mia presenza in Kossovo, che ha fatto capire come la tecnologia deve essere funzionale ad arricchire le esperienze, altrimenti rischia di appiattire il messaggio, la comunicazione.

    Come è avvenuto che un mezzo, un media antico come la radio si sia alleato ad un media così nuovo come Internet?

    La radio sta ripercorrendo un periodo di 'revanchismo' rispetto alla decadenza degli anni passati perché la televisione, l'immagine, ha invaso il mondo dell'informazione. C'è invece gente che ha bisogno di ascoltare e, attraverso l'ascolto, riacquistare una concentrazione mentale. Infatti quando si ascolta per capire bisogna essere attenti a quello che si dice.

    Il connubio tra Internet e le realtà radiofoniche nasce, a mio avviso, dall'esigenza di fornire un servizio informativo mirato, che non costringa l'utente ad avere un'informazione globale, generalizzata. Ad esempio, se si è interessati alla questione del Kossovo e non alle notizie sulla flessione della Borsa è possibile, tramite Internet, settare il computer per ricevere quel tipo di argomento e essere informato su tutto quanto gli appartiene. La nuova tecnologia è, in questo caso, anche una strategia difensiva da parte dell'utente, per poter gestire l'informazione e non subirla passivamente.

    Il sito di Radio Radicale conserva ancora le registrazioni delle tue telefonate da Pristina. E' importante, a distanza di tempo, conservare queste registrazioni ?

    Le testimonianze dei miei reportage radiofonici sono stati conservate nell'archivio della radio e sono state anche trasferite via Web. Questo è a mio avviso importante per due motivi. Il primo consiste nel fatto che bisogna comunque possedere una memoria storica. Questo è un dato che un po' la tecnologia trascura

    L'informazione valida è quella che abbia la possibilità di essere reperita storicamente. "Laudatur tempores acti" diceva Dante, "si lodino i tempi passati", in quanto 'exempla' di un'esperienza. Gli esempi storici si traducono nella capacità di analizzare il presente e prevedere il futuro. con un fondamento abbastanza solido.

    In secondo luogo penso che la quotidianità della informazione che ha luogo attraverso la testimonianza diretta abbia un valore perché fa capire cosa realmente è in atto. C'è ancora parecchia confusione sull'informazione che stiamo portando avanti sul Kossovo. La possibilità di reperire i miei reportage e risentirli via Web aiuta la gente ad avere un'immagine più precisa degli eventi in corso.

    Fondamentalmente noi dobbiamo ricordarci che l'informazione è un veicolo diretto all'utente, non è un soliloquio da parte del giornalista. Bisogna tenere sempre presente che chi è dall'altra parte del microfono deve poter comprendere una realtà in cui non è presente. Questo, penso, è il massimo sforzo che i giornalisti devono compiere.

    Vedi precedente articolo di Antonio Russo su Mediamente "L'Ultima e-mail di Antonio Russo"