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    Moebius

    Roma, 20/11/1999
    Immagini dell'uomo dal futuro

      Moebius spiega cos'è la fantascienza secondo lui,(1)
      e da dove prende ispirazione quando disegna.(2)
      Il disegno è un'emanazione della persona. (3)
      L'ossessione dell'intervistato è quella di collocare i personaggi in ambienti deserti.(4)
      Il disegno ha dei limiti perché la natura umana li ha.(5)
      Internet è una realtà in fermento, capace di muoversi con grande rapidità.(6)
      Al di là del cambiamento, della rapidità e dell'espansione dei sistemi, c'è qualcosa che permane estremamente stabile: è la libertà del pensiero, la qualità della riflessione, la quantità di informazioni che è possibile immagazzinare e trasformare in significato.(7)
      L'immaginazione non è esclusivo appannaggio degli artisti, ma costituisce una funzione sociale e collettiva.(8)
      Moebius spiega cos'è Metal Hurlant e perché è nata.(9)
      L'intervistato spiega il suo rapporto con Internet. (10)
      Moebius è un ammiratore del cyber-punk. (11)
      Il fumetto è un punto di incontro fra la letteratura, l'arte del disegno e la grafica.(12)
      Moebius disegna perché il fumettista è il lavoro che più gli piace.(13)
      I fumetti erano i libri più economici e facili da leggere all'epoca dell'adolescenza dell'intervistato ed è leggendoli che ha cominciato la carriera di fumettista. (14)

      Intervista

       

      Domanda 1

      Che cos'è la fantascienza? Un modo di riflettere sul tempo? E in tal caso, cos'è più importante: il passato, il presente, o la libertà dell'immaginazione?

      Risposta 1

      Ci sono stati vari tentativi di definire la fantascienza, ma per molto tempo ci si è soffermati unicamente sull'ambito letterario, mentre ora appare evidente che la fantascienza ne travalica i confini per includere in sé il cinema e, più in generale, il mondo dell'immagine. In ogni caso, la mia opinione personale si fonda su due elementi: da un lato, la fantascienza rappresenta l'introduzione nel pensiero e nella coscienza umana della dimensione del futuro; dall'altro, cosa in fin dei conti ancora più importante, essa non è altro che la coscienza planetaria, vale a dire la consapevolezza del fatto che l'essere umano appartiene a un'unica specie su scala globale, di qualunque razza e religione egli sia, in qualunque epoca viva, e che come specie abita il pianeta Terra, il quale a sua volta fa parte di un insieme più vasto, ossia il sistema solare e, ancora più in generale della galassia, e infine dell'universo. Non si tratta di un piano metafisico ma di una realtà strettamente spaziale e fisica. Penso che questo punto di vista, questa presa di coscienza, sia legata all'evoluzione della tecnologia come pure del pensiero. E' una nuova percezione che l'essere umano ha di se stesso. Ciò evidentemente non elimina tutti i problemi che continuano a presentarsi in relazione a quel che noi siamo individualmente, moralmente, eticamente, o alla natura dei rapporti interpersonali, all'interno della coppia o a livello sociale; sono questioni che la fantascienza non rende insignificanti, ma inserisce in un contesto più ampio.

      Domanda 2

      Da dove prende lo spunto quando vuole disegnare un'idea, un'immagine, una situazione, un concetto?

      Risposta 2

      Generalmente, come disegnatore professionista, ricevo un incarico che, nel caso dei fumetti, può collegarsi a una storia, e la storia impone una sua logica interna. Se invece si tratta di un'illustrazione, devo tener presente il contesto in cui essa andrà a collocarsi. A volte mi si chiede di disegnare per occasioni come la nascita di un bambino, o un matrimonio di amici, e allora il tema è ben definito. A parte questo, mi dedico a un tipo di produzione più particolare, una specie di creazione libera senza idee prefissate, e qui è molto più difficile stabilire quale elemento prevalga nell'ispirazione, se l'umore del momento, la casualità di un'immagine che si forma o della mano che si mette a disegnare da sola. E' difficile dirlo perché il pensiero corre veloce e così fa la mano. Tutto questo finisce per concretizzarsi in un disegno e non si sa bene perché: è l'intrusione del caso. Il telefono, per esempio.

      Domanda 3

      Le è mai capitato di sorprendersi a disegnare la stessa cosa a dieci anni di distanza?

      Risposta 3

      Sì, certo. Il disegno è, per così dire, un'emanazione della persona, e non si può sfuggire alla propria natura individuale che, pur essendo frutto di una cultura, e di influenze diverse, finisce per assumere una sorta di coerenza, di stabilità nel tempo. Così succede che ritornino press'a poco gli stessi temi, le stesse ossessioni e preoccupazioni, le stesse scelte. Ciò avviene nonostante che all'interno dell'opera di un artista vi siano rivoluzioni ed evoluzioni che, beninteso, trasformano le cose.

      Domanda 4

      Qual è la sua ossessione preferita?

      Risposta 4

      L'ossessione non è il risultato di una preferenza ma qualcosa che si impone a noi stessi. Non è il frutto di un desiderio; piuttosto è un desiderio generato da un motore sul quale non abbiamo alcun controllo. Delle scelte un po' ossessive che vedo presentarsi quando disegno, una è molto ben definita, ossia la tendenza a collocare i personaggi in ambienti deserti, assolutamente piatti, con un orizzonte lontanissimo. E' una cosa che mi piace molto, mi soddisfa. Quando creo un personaggio, spesso dopo aver finito sento che gli manca qualcosa: allora tiro la linea dell'orizzonte e d'un sol colpo il personaggio si ritrova nello spazio, comincia in qualche modo a esistere.

      Domanda 5

      Le è capitato di aver sentito l'esistenza di limiti nel disegno?

      Risposta 5

      Sì, e questo dipende, come dire, dalla natura umana del disegno: è la punizione che ci spetta! La limitatezza è un po' come la nostra firma, fa sì che siamo riconoscibili; in qualche modo ognuno di noi è limitato dall'apparenza fisica, e la nostra pelle delinea una topologia identificabile. Anche i tratti del volto sono un nostro limite. A livello di pensiero, dell'influenza che esso ha sul mondo e sulla percezione del mondo, la creazione avviene in base a questa attitudine, a questa attività astratta; si dà forma a una seconda pelle di natura spirituale, che è dunque un limite spirituale. All'interno di questo limite si aprono dei passaggi, ossia l'immaginario, l'immaginazione, che hanno l'aspetto di porte sull'infinito. In effetti, anche la nostra concezione di infinito è ogni volta particolare e del tutto personale, e perciò limitata.

      Domanda 6

      Internet e i nuovi mezzi di comunicazione hanno trasformato la nostra immagine del futuro?

      Risposta 6

      Anzitutto, trovo che Internet sia essa stessa il futuro. Se riesamino il passato, osservo che non avrei mai immaginato Internet. E' perciò davvero qualcosa che resta proiettata nel futuro, essendo ancora in procinto di realizzarsi, e non si conoscono le conseguenze che avrà sulla mentalità umana, sulla natura dei rapporti sul nostro pianeta, e sugli sviluppi che ne seguiranno. Siamo in effetti dinanzi a una zona di apertura al futuro estremamente sensibile e fluttuante. Ci sono ambiti in cui non si percepisce affatto il futuro: ad esempio, nel modo di vestirsi si ha l'impressione che si porteranno sempre, più o meno, i pantaloni, e scarpe per camminare sulla terra, e cappelli per proteggersi dalla pioggia, o ombrelli. Quando fa freddo si indossa il cappotto, e così via. E' evidente che ci saranno cambiamenti nei tessuti, nei materiali, ma l'aspetto generale rimarrà costante: il pantalone avrà sempre due gambe, perché il corpo umano è fatto in quel modo. Qui non si scorge la possibilità di aperture verso il futuro veramente eccitanti. Internet, al contrario, per la sua dimensione di relazione, per il modo in cui trasmette il sapere e la conoscenza e riceve o dà l'informazione, è davvero una realtà in fermento, capace di muoversi con grande rapidità. Attraverso Internet si è aperta una porta sul futuro, questo è sicuro.

      Domanda 7

      Qual è a suo avviso l'aspetto più significativo e più valido dei nuovi mezzi di comunicazione dal punto di vista di un disegnatore e di un creatore di storie?

      Risposta 7

      Non si può parlare di validità o valore, se non nel senso di ciò che favorisce la mutazione all'interno di un processo di evoluzione. Certo è che tutte le tecnologie hanno un valore, ogni innovazione aggiunge o sottrae qualcosa, e modifica il paesaggio. Ma al di là di questo cambiamento, della rapidità e dell'espansione dei sistemi, c'è qualcosa che permane estremamente stabile ed è la libertà del pensiero, la qualità della riflessione, la quantità di informazioni che è possibile immagazzinare e trasformare in significato. In altre parole, è il fatto di dare un senso alle informazioni, di interpretare gli eventi e le situazioni personali che capitano sia a noi che agli altri, alla società, al pianeta. E' qui che il paesaggio resta fondamentalmente stabile, un po' come le gambe dei pantaloni. Ci sarà sempre la tensione ad una maggiore acutezza, a una libertà più completa, e a una comunicazione più chiara.

      Domanda 8

      Che rapporto c'è, secondo lei, fra immaginazione e realtà?

      Risposta 8

      Credo che l'immaginazione serva a rendere la realtà più afferrabile. Vede, la realtà in fin dei conti è un caos assolutamente indescrivibile; se per esempio si elimina la percezione individuale, il mondo diventa come un'ubriacatura senza alcun senso, che ingloba l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande in un folle movimento senza presente né passato né futuro. Insomma, un vero e proprio caos. L'immaginazione consente di nominare le cose, di assegnare loro un nome, e allora le cose si fermano, acquistano un senso e a partire da quel momento ci diventa possibile usarle, per accrescere le nostre capacità. Questo, in teoria, appare abbastanza semplice, ma in pratica è estremamente complicato perché i nomi attribuiti alle cose si contano ormai a milioni, e ci sono cose il cui nome non si conosce pur essendo già state nominate dal nostro inconscio, o implicitamente dalle nostre azioni. L'immaginazione non è esclusivo appannaggio degli artisti, ma costituisce una funzione sociale e collettiva.

      Domanda 9

      Facciamo un po' di storia del fumetto. Che cos'è "Metal Hurlant"?

      Risposta 9

      "Metal Hurlant" è una rivista dal carattere quasi di pamphlet, ma che non è specialmente o direttamente connessa alla politica o al sociale. Piuttosto, ha segnato l'emergere di una nuova scuola di pensiero e, in definitiva, di un nuovo modo d'essere, per lo meno in Francia, collegato all'affermazione del mondo universitario in ambito culturale, di un gruppo di giovani attivi in campo culturale. Bisogna tener presente che quando ero giovane io, la scuola dell'obbligo arrivava fino ai 14 anni, mentre ai tempi dei miei genitori si studiava fino a 12 anni, e prima ancora non c'era alcun obbligo. D'un colpo si è passati a 16 anni e poi a 18, e oggi si può dire che la maggior parte dei giovani continuano i loro studi fino a 25-26 anni. Perciò, l'entrata dei giovani nel mondo attivo, reale, la presenza nella società di una classe un po' particolare come la loro, ha determinato la necessità di creare una cultura apposita, inedita, mai esistita in precedenza, giacché a 16 anni si passava dall'infanzia all'età adulta praticamente senza transizione. C'era bensì una zona di penombra, un po' agitata, legata al risveglio della sessualità, ma a livello del consumo o della creazione di una cultura non vi era assolutamente nulla. A partire dai primi anni '60 è stato necessario, per così dire, che la società inventasse un mondo completamente nuovo, strettamente collegato a certe caratteristiche della giovinezza, dell'età post-adolescenziale, come ad esempio l'entusiasmo, la grande vitalità, una percezione sarcastica del mondo degli anziani e dei genitori, e un gusto della distruzione e della provocazione, con una voglia di abbattere tutti i tabù. O almeno, se non proprio di abbatterli, di punzecchiarli con una forchetta. E inoltre, il gusto di creare dei linguaggi, delle arti specifiche che fossero inaccessibili agli adulti, li snervassero, e risultassero incomprensibili ai genitori. E' questo ciò a cui assistiamo da ormai una trentina d'anni, e la situazione si va complicando perché nel frattempo gli adulti sono diventati parte di quel mondo, hanno vissuto in persona quel tipo di esperienze giovanili, e per i giovani d'oggi è molto difficile fare cose che gli adulti non possano capire e sono obbligati a spingersi sempre più lontano. Quando ero giovane, bastava ascoltare un po' di jazz o di rock and roll per non essere compresi dagli adulti. Adesso i giovani fanno musica rap o techno, e le persone di sessant'anni come me dicono: "Sì, balliamo la techno, mi piace!" E così loro si infuriano e si domandano cosa diavolo si debba fare per impedire agli adulti di entrare. E' qui che compaiono comportamenti pericolosi, come la droga. Ci sono ambiti in cui, nonostante tutto, non li si può seguire, specie per un vecchietto come me! Ma la cultura del computer, per esempio, è un bel colpo perché i giovani vi entrano collegandosi a Internet già a 12-13 anni, mentre gli adulti restano sulla porta perché non si tratta semplicemente di mettersi a ballare, ma è necessario avere dimestichezza con l'informatica, e questo è un mondo abbastanza inaccessibile.

      Domanda 10

      Lei che rapporto ha con questo mondo?

      Risposta 10

      E' un rapporto sofferto, perché mi piacerebbe entrarci, sono sempre curioso di vedere tutto, ma sono pigro come è normale che sia un anziano che comincia ad accusare la stanchezza. E così, fatico a entrare nella logica dei programmi, a capire il sistema, ma lo faccio, anche se poco per volta. Non so se arriverò mai a fare infografia tridimensionale, è una cosa un po' complicata, ma riesco a usare il computer per dare il colore e altre operazioni simili, faccio ricerche su Internet, purché non diventi troppo complicato.

      Domanda 11

      Cosa pensa del cyber-punk?

      Risposta 11

      Anche questa è una delle cose concepite per espellerci dal mondo dei giovani. È certamente bello e interessante, e non solo, è un'arte. Mi piace molto Gibson, sono un suo ammiratore della prima ora, ed è evidente che per creare un'arte cyber-punk occorre essere estremamente veloci, essere caduti nel paiolo da piccoli. Personalmente faccio un cyber-punk soft nelle mie storie, nel senso che ho creato storie che ricalcano modelli informatici, ma senza informatica. Piuttosto si tratta di sogni, di incubi, di una concezione labirintica e multidimensionale dell'universo, e questo non si discosta poi tanto dal mondo del cyber-punk, anche se non può stargli a pari a livello di tecnologia.

      Domanda 12

      Secondo lei qual è l'ambito specifico del fumetto? Qual è la sua caratteristica fondamentale?

      Risposta 12

      E' difficile rispondere. Credo che il fumetto sia, anzitutto, un punto di incontro fra la letteratura e l'arte del disegno, la grafica. Non è un incontro nuovo, ma non si era mai potuto sviluppare perché sono necessarie particolari condizioni socio-economiche. Occorre che ci sia una stampa evoluta e dotata di una rete di diffusione e distribuzione molto efficiente; servono librerie ovunque; la carta non deve essere troppo cara; occorre una alfabetizzazione generale del pubblico, ma non troppo elitaria altrimenti si preferisce il libro. Tutte queste condizioni si sono sviluppate in modo assai favorevole negli ultimi cinquant'anni e si è osservato il boom del fumetto in quanto "arte" (beninteso fra virgolette), in quanto mezzo di espressione. Può darsi, peraltro, che le condizioni cambino. Ad esempio si potrebbe verificare una progressiva scomparsa della carta, seguita da chissà quali crisi o trasformazioni. Se, per esempio, ci si avvia ad abbandonare il supporto cartaceo per quello elettronico, si porrà la questione dell'utilità, o per meglio dire, della pertinenza del disegno manuale come strumento di creazione di testi e immagini. Può darsi che si trovino nuovi modi di disegnare, più informatizzati; non so, potrebbe succedere di tutto. E' possibile che il grande sviluppo della pittura che ha preceduto e poi accompagnato l'avvento del fumetto si indirizzi verso un ambito completamente diverso, a tutto vantaggio dell'insieme delle arti tradizionali, ovvero delle forme espressive fissate su carta, su di un muro, o su una tela incorniciata che poi viene messa in vendita e che si acquista per decorare la propria abitazione. Si avrebbe in tal caso il ritorno alla casella di partenza, ma con in più una straordinaria acquisizione: il ritorno all'arte figurativa. Bisogna infatti riconoscere che nell'arte tradizionale il disegno è scomparso, voglio dire il disegno della figura umana o del paesaggio, divenuto ormai appannaggio di artisti minori, nostalgici, attardati su posizioni superate o senza cultura, dei pittori della domenica. Al contrario, il fumetto ha visto emergere generazioni di artisti estremamente maturi, seri e interessanti, i quali hanno raccolto la fiaccola del figurativismo, che giaceva abbandonata. Può darsi dunque che qui accadrà qualcosa di nuovo; ma niente ci assicura che il fumetto stesso continuerà a esistere, e che ciò che costituisce oggi la sua specificità rimarrà anche domani la struttura portante di questo fenomeno.

      Domanda 13

      Perché disegna? Non le chiedo perché ha cominciato, ma quali sono le ragioni profonde del suo impegno di disegnatore.

      Risposta 13

      Me lo domando anch'io, e non so rispondere. Ormai è troppo tardi, non so fare nient'altro. Potrei dedicarmi al cinema, forse, e così mettere a frutto almeno in parte la notorietà che mi sono guadagnato con i fumetti per partecipare attivamente al mondo cinematografico. Ma adesso, a sessant'anni, credo sia tardi. Non saprei, dubito che sia possibile operare una trasformazione così macroscopica. Se in questo momento non disegnassi non so cos'altro potrei fare. Forse cercherei lavoro come sorvegliante notturno, o come venditore di gelati. Non so, non ho proprio idea; è triste, ma è un po' come se a un certo momento la gamma delle possibilità si sia esaurita. D'altra parte a livello di disegno potrei optare per forme di espressione diverse dal fumetto, ad esempio potrei scegliere di dipingere quadri o affreschi, non c'è dubbio; ma per ora, finché mi vengono richiesti fumetti e conservo la capacità di produrne, è questo che preferisco malgrado tutto. È questa la professione che più mi piace.

      Domanda 14

      Perché ha cominciato a disegnare fumetti?

      Risposta 14

      E' dipeso dall'ambiente culturale in cui sono cresciuto. Quando avevo 12-14 anni, come dicevo poc'anzi, i giovani miei coetanei venivano poco sollecitati a livello commerciale, c'erano pochi spunti per distrarsi. Si giocava in strada con i compagni, ma per quel che riguardava la cultura non c'erano che i fumetti, o tutt'al più i film; ed erano film per così dire fatti in serie, basati su storielle americane, buoni per ritardati mentali o per bambini. Erano stupidi, ma piacevano: c'erano Stanlio e Ollio, Charlot, e così via. I fumetti però restavano la cosa più facile da procacciarsi, la meno cara, e si potevano prendere nelle librerie. Tra l'altro, in Francia arrivavano parecchi fumetti italiani. Erano insomma i libri più economici e facili da leggere, e i ragazzi se li studiavano per bene. E' così che cominciai, e da qui è venuto tutto il resto.