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    Francesco Tonucci

    Torino, 10-04-1997
    Televisione e Internet nel rispetto del diritto del bambino
  • L'intervistato presenta l'Archivio Nazionale di Documentazione e di Ricerca per l'Educazione Ambientale del quale è responsabile. L'archivio, questa banca dati complessa, è articolata in quattro archivi. Uno è l'archivio Temi, l'altro è l'archivio Iniziative, l'altro è l'archivio Materiali e poi l'archivio Esperienze (1) (2) .
  • Le nuove tecnologie portano con sé il rischio che si crei un divario preoccupante tra coloro che possono utilizzarle e coloro che, invece, non possono. Per questo tali strumenti dovrebbero essere garantiti, innanzi tutto, all'interno della scuola (3) .
  • Ancora, però, la scuola è piuttosto diffidente rispetto all'introduzione dei computer nella didattica e sono soprattutto gli insegnanti a doversi ancora adeguare alla rivoluzione di cui sopra (4) (5) .
  • La televisione, così come Internet, in sé non meritano di essere censurati per i bambini; l'unico controllo che si dovrebbe garantire è che questi media non sostituiscano, per il bambino solo, la baby sitter o l'amico con il quale giocare (6) .
  • A Tonucci è stata assegnata la presidenza di un Comitato per l'autoregolamentazione delle televisioni, costituito da rappresentanti delle TV pubbliche e private, della stampa e vari esperti del settore (7) .
  • Il criterio generale che guida l'operato di questo comitato è quello del rispetto dei diritti del bambino mantenuto scegliendo una programmazione adatta al pubblico dei più piccoli (8) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Allora adesso possiamo passare a fare un dettaglio sulle singole attività, cercando anche di focalizzare come queste possano entrare nelle tematiche delle nuove tecnologie, dei nuovi mass media in rapporto all'educazione, ovviamente, e allo sviluppo dell'intelligenza.

    Risposta
    Forse quella più legata a queste nuove tematiche è l'esperienza di responsabile del progetto ANDREA; la sigla significa Archivio Nazionale di Documentazione e di Ricerca per l'Educazione Ambientale, ed è lo sviluppo di un archivio per conto dei Ministeri della Pubblica Istruzione e dell'Ambiente, un sistema informativo verso l'educazione ambientale per documentare le attività, le esperienze, le iniziative che si stanno svolgendo in questo campo. Noi abbiamo disegnato, progettato, realizzato e sperimentato questo archivio, questa banca dati complessa, cercando di darle una interfaccia di consultazione semplice; è già consultabile su Internet, in modo da potere offrire un contributo per l'educazione ambientale. La sua finalità non è tanto di essere un archivio, un magazzino di risorse, ma piuttosto uno strumento di comunicazione e di stimolo all'educazione ambientale. Questa banca dati complessa, è articolata in quattro archivi: l'archivio Temi, l'archivio Iniziative, l'archivio Materiali e l'archivio Esperienze. La preoccupazione nostra è di dare all'utente -che può essere un insegnante ma può essere un amministratore preoccupato di mettere in moto dei processi di educazione ambientale presso la popolazione, può essere un giornalista, può essere un ricercatore, oppure un operatore delle associazioni- non soltanto dei materiali da usare, ma anche degli indirizzi per trovarsi con altri che fanno esperienze simili. Quindi l'archivio Enti dà le carte di identità di chi opera. L'archivio Materiali documenta i prodotti realizzati. L'archivio Iniziative dà conto di quello che sta succedendo e a cui si può partecipare, come corsi. L'archivio Esperienze invece dà conto di quello che è stato svolto, di esperienze che si sono concluse, che vengono raccolte e documentate.

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    Domanda 2
    In che modo?

    Risposta
    L'archivio Esperienze è connesso con delle schede, la scheda dell'esperienza dà la possibilità di accedere ad un semplice multimediale che abbiamo chiamato "iperscheda", che consiste in una narrazione illustrata con una documentazione dell'esperienza svolta. L'idea che sta dietro a questa opera, che credo a livello nazionale sia una delle opere più importanti sul piano della documentazione educativa, è ciò che noi abbiamo chiamato un sistema di sistemi: noi siamo uno nodo centrale di una rete che ha come nodi periferici dei laboratori territoriali di educazione ambientale; il Ministero dell'Ambiente sta facendo nascere tali laboratori nel tessuto nazionale con una presenza per lo meno provinciale. Attualmente sono circa trenta, stanno diventando cinquanta, e poi dovranno crescere. A loro volta, questi laboratori territoriali diventano nodi di un sistema periferico che termina nelle scuole, nelle associazioni, negli enti locali del loro territorio. Attraverso una operazione di formazione che noi stiamo svolgendo sia in presenza, sia online attraverso posta elettronica, passiamo le competenze di compilazione delle schede, che stanno sotto la struttura della banca dati, agli operatori di laboratori territoriali che vanno a cercare le esperienze, i materiali, per poterli poi trasmettere all'archivio nazionale. Ciò è importante sia per un sistema di decentramento dell'informazione, ma anche per una necessità di controllo che noi non avremmo la possibilità di effettuare se ricevessimo direttamente dalle singole scuole delle informazioni presso il nostro centro di elaborazione, a Roma. Tutto questo è nato in Oracle come sistema di elaborazione dell'architettura della banca dati, adesso è stato tradotto in Netscape come sistema di entrata in Internet. Di questo sistema noi abbiamo cercato di progettare una interfaccia il più possibile semplice, accattivante, tenendo presente che dobbiamo rivolgerci ad una popolazione spesso non esperta nei confronti delle tecnologie. Abbiamo elaborato due sistemi di entrata, di interrogazione. Uno per schede, quindi il sistema semplice in cui si seleziona quello che si vuole scegliendo la strada geografica; si sceglie per regione, per città oppure per argomento, oppure, ancora, per livello di età. L'altra invece è una ricerca per interessi: la nostra interfaccia guida l'utente in un percorso che risponde alle sue curiosità. Se si è interessati a sapere chi si occupa di educazione ambientale, allora vengono fuori gli elenchi degli enti. Se si desidera sapere chi si occupa di educazione ambientale offrendo soggiorni, offrendo soggiorni per bambini, si deve dire, ad esempio: "cercami queste condizioni ", e la macchina segnala cinque associazioni, e così via. Stiamo sviluppando un quinto archivio, che ci sembra di un certo interesse, che è l'archivio Temi, una sorta di piccola enciclopedia delle tematiche fondamentali dell'educazione ambientale le quali si possono anche studiare in questa opera di esplorazione di questo percorso per interessi. Gli archivi, oltre ad essere utilizzati per raccogliere informazioni, vanno visti anche come un buono strumento per la stessa educazione ambientale. Penso a come potrebbe essere interessante in mano a studenti che lo esplorano, magari anche non direttamente in Internet, ma, per esempio, attraverso un CD ROM che può essere utilizzato dentro un'aula scolastica in alternativa all'uso di un libro di testo, il quale, tra l'altro, ci sembra difficilmente compatibile con una materia così poco scolastica.

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    Domanda 3
    Da un punto di vista pedagogico chi avrà accesso a queste tecnologie sarà favorito nella sua educazione, nello sviluppo della sua intelligenza. A Suo avviso l'accesso alle informazioni può produrre e accrescere le differenze socio-culturali tra gli individui?

    Risposta
    Io, in questo dibattito ho sempre preso una posizione molto prudente e dubbiosa, nel senso che non mi sono mai schierato tra coloro che pensano che le tecnologie salveranno l'educazione. Diverse persone pensano che sia difficilissimo riqualificare il livello di formazione degli insegnanti. Io credo che la scuola debba fare delle scelte. Se la scuola non fa delle scelte il computer non entra e non rimane fuori di essa per ragioni economiche, ne rimane fuori per ragioni culturali. Noi siamo qui per ricordare Celestin Freinet a cento anni dalla sua nascita: Freinet fu un grande innovatore pedagogico proprio perché portò le tecnologie dentro alla classe. Ma la sua era una classe di montagna, e portò la tipografia quando nelle altre classi non c'era che l'abbecedario. E questo successe anche nelle scuole italiane, nella classe di Mario Lodi, a Piadena, in una classe che era uno stanzone, dove io ho avuto la fortuna di passare diverse ore con una stufa a legna; era una scuola poverissima, e questi bambini avevano la tipografia a caratteri mobili. Più tardi hanno avuto la macchina da scrivere, quando sembrava follia. Oggi avrebbero il computer. Ma lo avrebbero perché questo è lo spirito di un maestro che sente di dover lavorare con dei bambini di oggi e non con dei bambini di "mai". Noi, purtroppo, assistiamo ancora oggi a un timore della scuola di fronte a questi strumenti. La scuola si è interrogata e si sta interrogando se sia giusto, se sia bene che queste tecnologie entrino nella didattica; il corpo docente è sospettoso, timoroso. Queste tecnologie fanno parte della vita di tutti i bambini, anche a prescindere dalle loro condizioni sociali, per lo meno in una realtà come quella italiana, ma anche in altre realtà molto più problematiche. In Argentina, per esempio, ormai le tecnologie entrano nell'educazione. Io credo che la grande differenza tra i fortunati e gli sfortunati dell'educazione, la producono gli insegnanti, non la fanno gli strumenti.

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    Domanda 4
    Quindi dobbiamo riformare anche gli insegnanti oltre che riformare la scuola?

    Risposta
    Io ho sempre pensato che sia importante aggiornare gli insegnanti. Dal '74, da quando abbiamo iniziato questo sforzo di rinnovamento formale della scuola con i decreti delegati, io assunsi una posizione molto isolata nel mondo progressista. Da allora dissi che non valeva la pena lavorare per rinnovare gli strumenti, i regolamenti, l'organizzazione, i programmi, ma che bisognava dedicare tutte le nostre energie per elevare il livello medio di formazione degli operatori.

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    Domanda 5
    Lei pensa che in una classe di giovani, tutti con competenze tecnologiche, non si corre il rischio che un insegnante, viceversa non attratto dalle nuove tecnologie, e che anzi le stigmatizza, possa venire rifiutato?

    Risposta
    Questo sarebbe possibile se il rapporto tra insegnanti e allievi non fosse quello che è. Io credo che purtroppo gli studenti, bambini e ragazzi, abbiano un atteggiamento rassegnato nei confronti della scuola: si sa che a scuola succedono cose che non si controllano. Esiste una certa rassegnazione, perché la ribellione non avverrebbe soltanto a causa del rifiuto del computer da parte dell'insegnante, ma anche perché, ad esempio, quest'ultimo chiede di fare cose senza senso! Eppure, cose senza senso si fanno e si cerca di farle bene; ciò vuol dire che si è entrati in un atteggiamento paradossale. E' ancora normale per una scuola di base, una scuola dell'obbligo, che si dica agli studenti: "Per domani leggete, studiate, questa lettura". Il giorno dopo l'insegnante, senza nessuno scrupolo, chiama uno studente e gli chiede di dire ad alta voce quello che ha letto. Io non potrei mai dire, a dei colleghi adulti: "avete letto l'articolo di questa mattina sul giornale tal de' tali?"; se loro mi rispondessero: "si", ed io aggiungessi: "allora adesso ve lo racconto", loro, probabilmente mi risponderebbero: "ma sei matto!" Con questo voglio dire che non ha senso che io racconti un fatto che tutti conoscono. Ho riportato un esempio molto decoroso, devo dire, perché alcuni altri esempi sono molto più paradossali. Quando la persona è a scuola sa che lì possono succedere delle cose strane, e quindi si accetta questo tipo di comunicazione! Ciò significa che la scuola ha, svolge, molto spesso, una funzione di scollamento forte rispetto alla vita, rispetto all'esperienza: non ci si aspetta che la scuola aiuti a capire e ad organizzare meglio la vita. E ciò è molto grave. Per questa ragione io sostengo che abbiamo bisogno di insegnanti più preparati. L'Italia è l'unico paese che ha insegnanti per le scuole elementari che finiscono la loro formazione a diciotto anni! Tutti gli altri insegnanti sono formati solo disciplinarmente e non possiedono nessuna formazione pedagogica, psicopedagogica in scienze dell'educazione. E' inutile, dunque, che noi riformiamo il sistema educativo. A me piacerebbe che siano gli insegnanti ad avere bisogno di una legge nuova; fino ad adesso sta succedendo il contrario. Gli insegnanti subiscono leggi nuove, le temono e si difendono. Quando noi portiamo le persone ad un atteggiamento di difesa abbiamo sempre una situazione perdente.

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    Domanda 6
    Lasciare un bambino davanti Internet è come lasciarlo davanti alla televisione? Ci sono pericoli, dobbiamo censurare, dobbiamo controllare ciò che vede, oppure dobbiamo lasciare fare ?

    Risposta
    Io ho sempre pensato che la televisione sia uno strumento ricco, non ho mai pensato che sia corretto demonizzare la televisione. La stessa cosa penso di Internet: è una esperienza interessante, eccitante, legata ad uno spirito di ricerca e quindi è un momento ricco del bambino o del ragazzo che va cercando qualche informazione. Il computer o la televisione non debbono diventare una condanna per il bambino, ma, viceversa, essere una risorsa. Se il bambino rimane in casa per più tempo di quello che desidera e non ha qualcuno con cui stare, con cui giocare perché è sempre più spesso figlio unico, perché è difficile uscire di casa perché fuori c'è il pericolo, in questo caso, la televisione o il computer assumono un ruolo di compagni di gioco o addirittura di baby sitter; ciò mi spaventa. Mi spaventa pensare che un bambino veda mediamente tre o quattro ore di televisione dopo essere stato seduto a scuola quattro o cinque ore: nove ore seduti! Un bambino di sette-otto anni possiede una sua capacità esplorativa ed una manualità spiccate; esse sono le sue competenze più importanti e di cui ha bisogno di esercitare per diventare grande. In una condizione di passivizzazione diventa preoccupante anche che cosa va a vedere, che cosa gli passa la televisione e che cosa gli passa Internet. Diverso sarebbe se il bambino potesse vivere quello che lui desidera e che dichiara in tutte le ricerche fatte. Al primo posto i bambini sempre dicono "più di tutto mi piacerebbe giocare con altri bambini". Allora, se i bambini potessero giocare insieme, la televisione e anche il computer perderebbero di molto il loro "appeal", il loro fascino, e dovrebbero guadagnarsi uno spazio nel tempo del bambino. Mi piacerebbe pensare che i ragazzini che giocano insieme fuori casa dicessero: "aoh, è giovedì, sono le 4 e mezzo, andiamo a vederci quella trasmissione"; ma bisogna guadagnarselo. Questa sua domanda richiama due esperienze che io sto vivendo in questo momento: da una parte la richiesta, la proposta alle città affinché i bambini possano di nuovo uscire di casa da soli. E dall'altra il ruolo che mi è stato assegnato dal Presidente del Consiglio di presiedere un Comitato per la definizione di un codice di autoregolamentazione delle televisioni proprio per il rapporto tra televisioni e bambini.

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    Domanda 7
    A chi è rivolto tale progetto di autoregolamentazione sulla TV e sui bambini, e come viene effettuata l'autoregolamentazione?

    Risposta
    Il Comitato è di nomina governativa; il Presidente del Consiglio mi ha chiamato a presiedere questo Comitato che è formato da una parte dai rappresentanti delle aziende televisive pubbliche e private: sono presenti la Rai, Mediaset, Cecchi Gori Group, e due rappresentanti di due confederazioni che raccolgono tutte le televisioni commerciali più piccole. Poi ci sono i rappresentanti della stampa, dell'Ordine dei Giornalisti, del Ministero delle Poste, del Ministero degli Affari Sociali, dell'Osservatorio dei Minori, del Garante; poi sono presenti due esperti: il Professore Gabriel Levi, neuropsichiatra infantile e Maurizio Costanzo come esperto di comunicazioni. E' presente, come Vice Presidente, il Dottor Masi, che è il Direttore del Dipartimento Editoria e Informazione della Presidenza del Consiglio, ed io come Presidente. Ci siamo già incontrati tre volte per discutere i princìpi generali, ed in questo momento io ho avuto il mandato del Comitato di stendere una prima bozza delle proposte; quindi, siamo in una fase produttiva. Il criterio generale fa prevalere il diritto del bambino. Quindi, quando dovessero nascere dei conflitti, dovrebbe prevalere il diritto del bambino. Devo dire che questo principio affermato e sottoscritto da tutti è poi stato messo in dubbio tutte le volte che si è affrontato un problema concreto, perché molto spesso, purtroppo, è la legge del mercato a diventare diritto prevalente. I punti chiave di discussione mi sembra che siano articolati su due piani. Abbiamo identificato come "la televisione di tutti", e quindi anche del bambino, la televisione che programma nella fascia oraria dalle sette del mattino alle ventidue e trenta della sera. Questa grande fascia deve tenere conto dei bambini come spettatori. Si deve evitare, dunque, di mandare in onda trailer, per esempio, che presentino spettacoli inadatti ai bambini, deve controllare la presenza di violenza, di sesso, scene, situazioni non adeguate ai bambini; ciò si deve affrontare non con i criteri attuali della censura cinematografica che è una censura inadatta alla situazione televisiva. Peraltro, molti spettacoli che entrano in televisione non passano per questa censura perché nascono per la televisione. Probabilmente bisogna lavorare da una parte con il Ministero della Cultura, affinché le nuove commissioni di censura lavorino anche su questi settori, come sembra mi pare sia previsto dalla nuova Legge Maccanico, la nuova Legge sulla telecomunicazione. Dall'altro lato, però, io spero di potere coinvolgere le aziende televisive in una forma di autocontrollo: darsi dei garanti interni che si assumano le responsabilità di visionare i materiali e di giudicarli. Poi, abbiamo discusso sul problema della violenza dell'informazione. Anche su questo aspetto io inviterò le reti a valutare se sono in grado di prendere un impegno a rimandare dopo le ventidue e trenta le scene più dure, più truculente di omicidi, di cadaveri, e cose di questo genere. Il problema dei contenuti sarà più difficile da affrontare. Per esempio, ci sono trasmissioni che usano il conflitto fra sentimenti anche parentali come strumento di spettacolo. Credo che ciò sia un elemento molto preoccupante per un bambino, per un ragazzo, oppure per tutti quelli che si trovano in situazioni difficili da un punto di vista affettivo. La paura più grande per un bambino è sicuramente quella di perdere l'affetto dei genitori; vedere figli e padri litigare in televisione mi sembra uno spettacolo di pessimo gusto.

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    Domanda 8
    Non si potrebbe applicare questo criterio del diritto del bambino prima di tutto per un nuovo mezzo quale potrebbe essere Internet? Non si potrebbero obbligare i fornitori di informazioni Internet ad adottare un criterio similare?

    Risposta
    Dovrebbe essere l'O.N.U. ad interessarsi a questo problema. Noi ci rendiamo conto che questo lavoro che stiamo svolgendo avrà breve vita, perché noi possiamo identificare gli emittenti di televisioni tradizionali che vanno con concessioni. Si può anche pensare che chi non rispetterà certe regole, perderà diritto alla concessione. Ma quando comincerà -ed è già cominciata-, l'era dei satelliti, l'era del via cavo ed altri sistemi che impediranno l'identificazione del messaggio, che cosa succederà? Sarebbe necessario che i gestori di Internet si impongano dei codici di autoregolamentazione. Io credo molto all'idea dell'autoregolamentazione perché mi sembra molto ricca da un punto di vista democratico, perché costringe ad una riflessione da parte di chi produce; non è una norma a cui si deve soggiacere e, se possibile, tentare di evadere. L'altro fronte su cui invece si dovrebbe lavorare molto di più riguarda il problema della fruizione: è necessario lavorare molto perché sia educato l'utente e cercare di aiutare le famiglie, cercare di educare attraverso la scuola affinché strumenti così delicati siano conosciuti meglio. Ora stanno avvenendo una serie di cose che lasciano intravedere una rinuncia di controllo: è molto alto il numero di bambini, anche molto piccoli, che hanno il televisore o il computer in camera. E' chiaro che questo comportamento prepari ad una fruizione totalmente svincolata da possibili controlli. I rari momenti di incontro familiare vengono, in qualche modo, assorbiti da una attenzione esterna. Questi sono problemi molto complessi, ed io credo che non ci siano strade giuridiche che ci possano offrire un aiuto sostanziale. Credo, viceversa, che da una parte dobbiamo continuare a lavorare affinché chi emette, chi produce, si renda conto delle responsabilità che assume nel produrre informazioni, e dall'altra, dobbiamo educare chi fruisce perché sarà sempre più difficile controllare l'emittente.

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