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    Stefano Rodotà

    Roma, 06/11/98
    Privacy e Internet a favore della democrazia
  • La legge sulla privacy ha incontrato in parlamento molte resistenze specialmente da parte delle imprese. Rodotà spiega il perché di queste resistenze e le ripercussioni negative che questo comportamento ha avuto sulle stesse aziende. Solo il rischio di non entrare nell’accordo di Schengen, che consente la libera circolazione dei cittadini senza passaporto in tutti i paesi dell’Unione Europea, ha fatto sì che il parlamento si affrettasse ad approvare la legge sulla privacy (1) .
  • E’ necessario rendere l’informazione sulla privacy chiara, altrimenti il cittadino potrebbe percepirla come una seccatura quando invece rappresenta un accrescimento dei suoi poteri. L’intervistato sottolinea come una corretta informazione sia uno dei primi obbiettivi da raggiungere per la buona applicazione di questa normativa (2) .
  • “Si dice che ogni cittadino americano stia in almeno 100 banche dati che registrano ogni minima variazione delle sue abitudini.” Se non si può sfuggire a questo controllo almeno è assolutamente urgente e necessario, secondo Rodotà, che la legge metta in grado il cittadino di poter controllare i propri dati (3) .
  • Come regolare Internet senza ledere e limitare i diritti dei cosiddetti “navigatori”? E come evitare che il commercio imponga una normalizzazione e dunque appiattimento di ciò che vediamo su Internet in nome della serenità del cliente? Rodotà riflette sulle difficoltà che insorgono nel creare una normativa sulla privacy, quando si devono stabilire dei confini fra libertà e censura (4) .
  • Accesso più facile all'informazione, controllo da parte dei cittadini, dei comportamenti di poteri pubblici e privati, questi alcuni degli elementi positivi che Rodotà individua come conseguenza di una sempre maggiore alfabetizzazione nell’uso di Internet (5) .
  • Internet consente un controllo sulle preferenze della gente. Per questo è alto il rischio della violazione della riservatezza sia per chi è parte lesa che per chi ha causato il danno ma vuole mantenere l’anonimato (6) .
  • Rodotà spiega che cos’è l’Autorità della privacy e quali sono le sue funzioni (7) .
  • “Siamo entrati nell'era della tecno-politica.” Dalle piazze delle città alla televisione, dalla televisione alla Rete, la politica e il processo democratico sono stati profondamente mutati con l’impiego delle diverse tecnologie. Internet consentirà, secondo Rodotà, lo sviluppo di una forma di democrazia continua più che diretta. La condizione per la riuscita di questo modello di democrazia allargata è che il cittadino sia parte attiva del processo decisionale e che non sia solo chiamato in causa per esprimere un sì o un no a proposte già definite (8) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Che difficoltà ha incontrato l’approvazione della legge sulla privacy in Italia?

    Risposta
    Ne ha incontrate molte. Quando ero in parlamento ricordo che alcune proposte di legge, anche ben fatte dal punto di vista tecnico, non riuscivano ad andare avanti perché c’era una resistenza che veniva sia dalla amministrazione pubblica che dal mondo delle imprese private. Le imprese consideravano questa legge un limite ai loro poteri; sapevano che avrebbero dovuto rispondere ai cittadini del modo in cui raccoglievano le informazioni e di come le usavano. Questo comportamento ha avuto effetti negativi sulle imprese, proprio negli anni in cui l'informatica entrava nell’organizzazione aziendale. Da un lato non sono state predisposte tutte le salvaguardie per i cittadini e dall’altro, una volta che la legge è stata approvata ed è entrata in vigore, i costi di adattamento sono stati maggiori.

    Come sono state vinte queste resistenze? Non per convinzione, ma per necessità. Ad un certo punto, se non fosse stata approvata questa legge, non saremmo entrati nell'accordo di Schengen, quell'accordo che consente la libera circolazione dei cittadini senza passaporto in tutti i paesi dell'Unione Europea.

    Questo accordo richiede l'esistenza di una legge sulla privacy e soprattutto di una autorità nazionale di controllo indipendente che vigili sul corretto uso dei dati personali. A mano mano che ci avvicinavamo a quella scadenza, il parlamento ha dovuto fare una corsa e ha approvato finalmente la legge. Quindi l'Europa ci ha un po' trascinato nell’area della tutela della riservatezza.

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    Domanda 2
    E quali difficoltà si incontrano nell'applicare questa normativa?

    Risposta
    Se ne incontrano diverse. Alcune sono legate al fatto che l'amministrazione è restia a mutare il suo rapporto con il cittadino, perché questa legge dà al cittadino molti poteri. Prima, chi si rivolgeva all'amministrazione pubblica, o a una impresa privata, chiedendo: "Che dati avete sul mio conto?", si sentiva rispondere, nella migliore delle ipotesi: "Non dobbiamo risponderti" e, negli altri casi, non arrivava nessuna risposta, e questo era legittimo. Invece adesso tutti devono dire quali dati hanno, se ne hanno, su quella persona, per quali fini sono utilizzati, con quali criteri, quindi si assiste a un rovesciamento della situazione: prima tutto il potere era in mano al padrone dei dati, adesso il potere è anche nelle mani del cittadino. Naturalmente tutto questo crea resistenze, e questo è il primo problema.

    Poi ci sono seri problemi applicativi legati al modo in cui fare arrivare le informazioni al cittadino, che si è lamentato molto di essere bombardato di lettere difficili e lunghe. Questo è un problema che stiamo cercando di affrontare perché altrimenti il cittadino percepisce la legge sulla privacy come una seccatura, mentre invece è una crescita di poteri.

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    Domanda 3
    Nel libro "1984" , Orwell ha presentato un'immagine di una tecnologia che diventa uno strumento di controllo di massa. C'è davvero questo rischio e come ci si può difendere?

    Risposta
    Il rischio c'è, in parte in modo diverso da come Orwell l'aveva prospettato. Io ricordo un titolo di un articolo del New York Times di alcuni anni fa, che era proprio: "Il Grande Fratello?" che è la formula che usa Orwell. La risposta, nel titolo di questo articolo del New York Times , era: "Se arriverà, non avrà la divisa del poliziotto, ma sarà vestito come un uomo d'affari". Che cosa vuol dire? Che in questo momento le grandi raccolte d’informazioni di massa, sono quelle delle organizzazioni commerciali. Le organizzazioni commerciali vogliono sapere tutto di noi. Perché? Perché vogliono tagliare le loro proposte, i loro prodotti, sui nostri bisogni, stimolarci all'acquisto in base a quelle che sono le nostre propensioni al consumo. Quindi si stanno determinando enormi raccolte di informazioni: ognuno di noi ha probabilmente, i propri dati, che sono i più vari, in decine di banche dati. Si dice che ogni cittadino americano stia in almeno 100 banche dati che registrano ogni minima variazione delle sue abitudini, dei suoi stili di vita. Tracciare un profilo di una persona può avere effetti negativi anche sul suo accesso al credito, oppure può causare un bombardato di offerte sgradite. E anche i controlli pubblici sono diventati molto più capillari di quanto fossero in passato.
    Quindi tutto questo rappresenta un grande problema. Come si controlla?
    Da una parte, rafforzare le difese individuali: i cittadini devono poter dire: "No, questi dati tu non li devi raccogliere, questi dati non li puoi adoperare, questi li devi cancellare, non voglio che mi venga inviato un certo tipo di materiale", essere quindi veramente padrone dei propri dati. E per quanto riguarda i poteri pubblici, limitare le raccolte di informazioni ai soli casi in cui sono effettivamente necessarie. La tecnologia oggi offre enormi possibilità, non è detto che debbano essere sfruttate tutte.

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    Domanda 4
    Le reti telematiche sono ormai uno strumento fondamentale per la circolazione dell'informazione. È possibile impedire che diventino anche il campo di battaglia di una lotta per il controllo e la sorveglianza dell'informazione?

    Risposta
    In questo momento ci sono due pressioni che riguardano Internet: da una parte il vederla non tanto come il luogo di una libertà, magari anarchica, ma come il luogo di una libertà pericolosa. Il caso più noto e anche enfatizzato è quello della pedofilia su Internet: ciò crea certamente problemi, la pedofilia non è sicuramente una questione da prendere sotto gamba, ma ciò che turba è che è diventata l'occasione o il pretesto per far nascere forme di censura e di controllo di comportamenti individuali, che non è detto che siano necessariamente pericolosi. E quindi certamente questa può essere una strada per restringere la libertà su Internet. Tuttavia tutto ancora in fase discutibile infatti due anni fa la Corte Suprema degli Stati Uniti, di fronte a una norma che, per impedire l'accesso a materiale pornografico da parte dei minori, limitava molto i diritti dei cosiddetti ‘navigatori’ su Internet, si è così espressa: "Questa norma è costituzionalmente illegittima, perché limita la libertà di espressione."

    Poi c'è un altro tipo di pressione, che è quello derivante dalla volontà di utilizzare Internet soprattutto come un luogo di vendita di prodotti e servizi. Questo implica, anche qui, la volontà di depurare Internet da tutto quello che può turbare il commercio. Quindi eliminazione di tutte le forme di comunicazione che turbano il potenziale acquirente che non è solo la pornografia, ma può essere anche l'espressione estrema di una posizione politica: in sostanza il messaggio è normalizziamo Internet per farne una grande rete di vendita, alla quale tutti possono accedere senza essere turbati magari da qualche discorso, da qualche immagine. E quindi i tentativi di normalizzazione di Internet ci sono, ma debbono essere contrastati.

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    Domanda 5
    Lei, cosa prevede che potrà succedere, in questo settore, nel futuro?

    Risposta
    Le previsioni sono molto difficili. Nessuno aveva previsto l'esplosione di Internet, anzi, c'erano molti scetticismi su questa possibilità. Si può prevedere che il commercio sarà uno strumento di grande penetrazione di Internet nella vita quotidiana, con effetti certamente negativi, ma anche con effetti di familiarizzazione di tutti con questo strumento, che poi possono anche risolversi in benefici, nel senso di una alfabetizzazione più rapida e di semplificazione dell'uso di questo mezzo, perché se si deve vendere, bisogna usare strumenti che chiunque può utilizzare con grande facilità, cioè, come si dice, le tecnologie devono diventare sempre più amichevoli e quindi quelle che oggi sono barriere consistenti proprio di alfabetizzazione, saranno probabilmente superate. Se poi questo processo sarà accompagnato dal mantenimento di libertà e di usi di Internet, non solo per ragioni commerciali, allora avremo anche modifiche di comportamenti sociali che potranno portare benefici: accesso più facile all'informazione, controllo da parte due anni fa dei cittadini dei comportamenti di poteri pubblici e privati, possibilità dei cittadini di dire la loro, anche quando si vorrebbe escluderli: tutti diventano allo stesso tempo produttori e consumatori di informazione. Internet consente di superare ogni forma di censura. Oggi, sui giornali o sulla televisione, se qualcuno non vuole, la notizia non arriva. Su Internet, chiunque, da un angolo del mondo, può mettere a disposizione di tutti la notizia sgradita.

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    Domanda 6
    Proprio riguardo alla censura su Internet, anche tornando all’esempio che ha fatto prima sulla pedofilia, in che misura, e con quali garanzie, lei crede possano essere autorizzati dei controlli sull'uso di Internet?

    Risposta
    Controlli sono necessari. Se, per esempio, qualcuno viene diffamato su Internet e vuole far cessare questo comportamento, che magari produce danni anche gravi alla sua attività o alla sua immagine, deve sapere chi è colui che sta tenendo questo comportamento e che lede i suoi diritti. Un altro problema è che questo può entrare in contrasto con il diritto alla riservatezza, la riservatezza di chi vuole agire anonimamente sulla rete. Quindi c'è un conflitto tra due tipi di riservatezza: io che non voglio vedere violata la mia vita privata dalla rivelazione, magari impropria, di alcuni dettagli e gli altri che vogliono restare anonimi. Come si supera questo conflitto? Per esempio, attraverso il cosiddetto anonimato protetto: io devo dire a qualcuno chi sono e questo anonimato può essere superato, per esempio, solo con una autorizzazione del giudice quando si deve proteggere l'interesse di un altro soggetto. Questo, naturalmente, richiede un alto livello di garanzia, non chiunque, non qualsiasi scorreria di un organo di polizia può essere autorizzata, perché, altrimenti, Internet può diventare uno strumento pericolosissimo di controllo delle libere manifestazioni del pensiero dei cittadini. Attenzione! Quando si fa, per esempio, il caso della pedofilia, e un po’ si demonizza Internet, ricordiamo che prima questo tipo di informazioni circolavano attraverso la posta. Oggi è molto più facile perseguire il reato su Internet di quanto non fosse prima, quando ci si serviva di mezzi più artigianali.

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    Domanda 7
    Può spiegarci brevemente cos’è l'autorità per la privacy e qual è la sua funzione?

    Risposta
    L’Autorità per la privacy è uno strumento di garanzia per i cittadini. Non è uno strumento burocratico. Per vedere tutelati i propri diritti, il cittadino non deve passare necessariamente da noi, anzi. Noi ci auguriamo che passi il meno possibile, perché c'è un circuito diretto, che ha stabilito questa legge, tra il cittadino e il raccoglitore di informazioni, che può essere sia l'amministrazione pubblica sia un soggetto privato: il cittadino non deve rivolgersi al garante per vedere tutelati i suoi diritti, ma rivolgersi direttamente all'amministrazione o all'impresa, presso la quale ritiene che i suoi dati siano male utilizzati, raccolti illegalmente, o scorretti e incompleti, e egli può dire: "Dovete correggere i dati sbagliati, eliminare quelli raccolti illegalmente, completare quelli che non sono sufficientemente rappresentativi della mia personalità."

    Solo in seconda battuta si rivolge al garante e solo se non ottiene direttamente soddisfazione. In un solo caso si deve passare necessariamente da noi: quando i dati sono trattati dai servizi segreti e da alcune banche dati di polizia. Negli altri casi esiste un circuito diretto. Il garante ha però un altro compito, quello di vigilare perché le varie banche dati rispettino la legge, le misure di sicurezza, le prescrizioni sul modo in cui i dati sono raccolti, per esempio, se si tratta di dati sensibili, dati sulla salute, la vita sessuale, le opinioni politiche, sindacali e religiose, l’Autorità verifica se c'è stata un'autorizzazione a trattare dati, in quanto da questi può derivare una discriminazione verso l’interessato. Quindi L’Autorità per la privacy gioca su due versanti: sia come controllo su chi tratta informazioni, sia come intervento, quando i cittadini, non avendo avuto soddisfazione, si rivolgono a noi.

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    Domanda 8
    Siamo sicuri che la democrazia telematica non nasconda qualche rischio: non mancano, in effetti, le voci critiche a questa nuova forma di utopia tecnologica. Infatti, la democrazia diretta, telematica, facendo a meno degli istituti della mediazione della rappresentanza politica, potrebbe dare luogo ad un rapporto diretto tra governante e governato. La partecipazione popolare si ridurrebbe così ad una sorta di sondaggio elettronico. Se poi si pensa alla grande influenza che i mezzi di comunicazione hanno nella determinazione dell'opinione pubblica, ci rendiamo conto che la destabilizzazione dell'equilibrio tra forme e istituzioni della politica può generare gravi distorsioni della stessa democrazia. Dalla democrazia diretta si passerebbe alla democrazia plebiscitaria: insomma, ci potremmo trovare di fronte a una democrazia virtuale, nel senso peggiore del termine.
    Lei cosa ne pensa?

    Risposta
    L'uso delle tecnologie dell'informazione ha cambiato profondamente i modi della politica. Siamo entrati nell'era della tecno-politica.
    Gli uomini politici usano la televisione in modo sempre più intenso: un discorso parlamentare lo sentono in pochi, relativamente pochi anche quando viene trasmesso in diretta, per televisione. Milioni di persone invece assistono al discorso di un politico quando è in un programma di grande ascolto. Il cambiamento è evidente: nessun politico in passato ha avuto la possibilità di rivolgersi, nello stesso momento, a milioni di persone.
    Questo cambia immediatamente le forme della comunicazione politica, il modo stesso in cui la politica viene percepita, perché è sempre più identificata con il "comunicatore". Sapersi presentare davanti all'audience televisiva diventa una virtù del politico. Ricordo un famoso dibattito televisivo, uno dei primi grandi faccia a faccia, quello tra Kennedy e Nixon. Quando Kennedy batté Nixon e divenne presidente degli Stati Uniti si disse che Nixon aveva più perduto per l'immagine che dava, che per le risposte che aveva fornito, perché, impietosissima, la camera televisiva aveva ripreso, come dire, una barba nera profonda, e si disse allora che Nixon sembrava avere una faccia da assassino.
    Questo può essere forse un modo estremo e anche un po' distorto di presentare il problema, ma il mezzo diventa una componente essenziale del modo in cui si fa la politica.
    E questo anche al di là dell'uso dei mezzi televisivi. Molte volte, ormai, il politico parla in un luogo che però è collegato via satellite con decine di altri posti, grandi schermi, e attraverso strumenti tipo Internet, o dei collegamenti, può dialogare con persone sparse ai quattro angoli del mondo. Quindi c'è un cambiamento radicale.

    Ma facciamo un passo indietro e torniamo alla televisione; questa è una forma di comunicazione in cui il politico ha ancora un grande privilegio: il politico parla a milioni di persone silenziose nelle loro case. Questa viene definita normalmente una comunicazione verticale e autoritaria in quanto non c'è risposta da parte dei destinatari delle parole del politico. Le nuove tecnologie stanno cambiando proprio questo aspetto "autoritario" della comunicazione: il fax, l'uso del telefono, con i numeri verdi, consentono al telespettatore, che magari non condivide quello che sta dicendo in quel momento il politico, una forma, sia pure limitata, di intervento. La televisione via cavo, che è una televisione a due vie, consente il dialogo tra chi sta da una parte e chi si trova nella condizione di telespettatore. I primi esperimenti di referendum elettronici sono stati fatti a Columbus, nell’Ohio, con una stazione via cavo, che faceva apparire delle scelte, 1, 2, 3, sullo schermo televisivo. Il telespettatore, da casa sua, premeva il telecomando, e una volta registrate le preferenze, appariva sullo schermo chi aveva vinto e chi aveva perso.
    Naturalmente, questa è una forma superata dalla rete, perché la rete ci offre molte più possibilità. Internet è un luogo di grande discussione democratica: si può avere informazione, la si può valutare, discutendone con altri, si possono fare delle proposte. Ecco allora il cambiamento, ed ecco anche dove si colloca la soglia del rischio.

    Se immaginassimo uno scenario in cui tutte le tecnologie consentissero ai cittadini di poter dire semplicemente sì o no a una domanda che altri pongono, a un problema a cui il cittadino non ha contribuito affatto fino a quel momento certamente la democrazia si impoverirebbe e in questo caso i mezzi tecnologici favorirebbero la manipolazione dell'opinione pubblica. Il cittadino sarebbe ridotto a un signore, a una signora, che preme un bottone quando un altro glielo richiede.

    In realtà queste tecnologie, per rafforzare la democrazia, devono consentire al cittadino l’accesso all’informazione: io cittadino, grazie a Internet, debbo essere messo in condizione di poter avere le stesse informazioni di cui il politico dispone nel momento in cui fa le sue proposte o prende delle decisioni e, sulla base di queste informazioni, devo poter formulare le mie proposte e farle arrivare a chi poi deve prendere la decisione. Alcuni stati americani, per esempio l’Alaska, l’Ohio, prevedono già che il cittadino possa far arrivare le sue osservazioni mentre il parlamento discute una legge. In questo sistema si dovrebbe creare un circuito che dà presenza ai cittadini.
    I cittadini devono aver la possibilità di accedere ad atti che non devono essere segreti, chiusi in qualche armadio. La democrazia si rafforzerebbe sicuramente in questo modo. L’esprimere un sì o un no, poi, diventa, non voglio dire secondario, ma non diventa l'unico momento. Quindi la democrazia, grazie a questo tipo di tecnologie, si distende su tutto il processo democratico che non è solo il momento del voto: anche in Parlamento, prima di votare, si analizza, si discute, ci si confronta. Se si vuole accrescere il peso dei cittadini, si deve fare lo stesso percorso.

    Credo che la definizione più corretta, oggi, non è tanto quella che noi ci stiamo avviando verso forme di democrazia diretta , ma che ci stiamo avviando verso forme di democrazia continua , nel senso che siamo continuamente sondati attraverso inchieste, continuamente chiamati a esprimere le nostre opinioni, continuamente sollecitati dalla presenza dei politici in tutte le sedi televisive. Io mi auguro che i cittadini siano in condizione di sapere di più, di intervenire di più nei processi di decisione, senza con questo - ed è un passaggio essenziale -, far perdere di senso le assemblee rappresentative, i parlamenti, i consigli comunali, che invece possono essere rafforzati. Se poi, la decisione finale arrivasse dopo che il consiglio comunale o il parlamento ha assistito a una grande discussione collettiva, credo che la decisione stessa del parlamento sarebbe migliore.
    In questo senso, la democrazia dei pochi, la democrazia dei rappresentanti può essere rinvigorita dalla presenza corale dei cittadini.

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