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    Massimo Riva

    26 novembre 1997
    Il 'Decameron web'
  • L'intervistato inizia illustrando, in linea generale, l'esperienza del Decameron Web (1) ,
  • e si sofferma, successivamente, sulla organizzazione del corso (2) ,
  • e sui metodi di valutazione dei contributi da parte degli studenti (3) .
  • Massimo Riva prosegue argomentando la sua idea di "enciclopedia", attraverso l'esplorazione di altre correnti di pensiero, tra le quali quella di Pierre Levy (4) ;
  • successivamente, chiarisce la sua idea di enciclopedia 'locale' in antitesi a quella "globale", inattuale e sfuggente (5) .
  • La didattica in rete è possibile se si parte dal presupposto che si tratta di una possibilità di esperienza collettiva (6) .
  • Lavorare su un ipertesto come il Decameron Web aiuta a crescere professionalmente, poiché il testo si sviluppa nel corso del tempo e con i contributi di studenti che appartengono a generazioni diverse tra loro (7) .
  • Il futuro degli esperimenti educativi si dirige verso la telecollaborazione a distanza attraverso l'uso della realtà virtuale (8) ;
  • inoltre, l'educazione a distanza non annullerà affatto il rapporto tra studenti e docenti, poiché in questo tipo di esperimenti l'interazione fisica con il docente fa parte del corso di studi (9) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Vorremmo cominciare con una presentazione generale del Decameron Web .

    Risposta
    Il Decameron Web è iniziato come un'esperienza didattica di ipertesto costruito dagli studenti in collaborazione con i docenti e gli assistenti; in questo caso il docente ero io, ed è cominciato come integrazione della parte tradizionale di un corso sul Decameron di Boccaccio insegnato in traduzione inglese. Il Decameron Web nasce in inglese, come integrazione non alternativa alla lettura del testo a stampa, quindi del testo come libro e come rapporto di collaborazione, di design, di costruzione di un ipertesto in cui gli studenti siano attivi nella partecipazione sino dalle fasi progettuali iniziali. Ovviamente, l'idea del Decameron Web , è un'idea che ha, in un certo senso, un autore e questo autore sono io in collaborazione con un gruppo di dottorandi; tuttavia, gli studenti 'undergraduated' negli Stati Uniti, coloro che frequentano i corsi al secondo e terzo anno di università, hanno partecipato fin dall'inizio anche nelle modifiche strutturali di questo ipertesto. Noi cominciamo, ovviamente, dalla lettura del testo a stampa ed è fin dalle prime settimane del corso -che dura la durata di un semestre, quindi circa dieci- dodici settimane-, forniamo agli studenti un vero e proprio training in html, un training che è anche autogeno, nel senso che gli studenti trovano, sul Decameron Web online, una pagina specializzata con istruzioni e modelli. La conoscenza di html non è un pre-requisito, dunque, per la partecipazione al corso e molti dei nostri studenti non hanno una familiarità così alta con l'uso del computer come strumento di ricerca in particolare. Il computer viene da loro utilizzato, in genere, per la posta elettronica, o per altre attività, ma non come strumento di ricerca. Noi, dunque, forniamo ai nostri studenti delle conoscenze teorico-pedagogiche di questa particolare esperienza.

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    Domanda 2
    Esiste un laboratorio presso il quale gli studenti hanno accesso ai computer?

    Risposta
    Il corso si svolge in questo modo: abbiamo due incontri settimanali di tipo tradizionale, uno dei quali consiste nella lettura e nel commento del testo insieme al docente o agli assistenti e una volta alla settimana ci incontriamo in un 'multimedia lab'; si tratta di un laboratorio attrezzato per quello che adesso, in America, si chiama sempre di più 'Ipermedia' e sempre meno 'multimedia', dove gli studenti possono lavorare ciascuno alla propria stazione, al proprio computer. C'è anche un aula, in cui, insieme al docente, si prendono in esame i progetti individuali proiettati su uno schermo. Quindi si instaura una duplice interazione: una individuale, con lo studente al computer dietro la direzione appunto del docente, e un'altra, invece, collettiva, in cui si esaminano i progetti insieme e si decidono i collegamenti, i link. In seguito si formulano anche dei progetti di ricerca di gruppo che spesso vengono approvati sul Decameron Web ; l'obiettivo di questa esperienza, infatti, è stimolare la progettazione di gruppo da parte di studenti con interessi convergenti.

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    Domanda 3
    Come viene affrontato il problema della qualità dei contributi di ricerca offerti dagli studenti?

    Risposta
    Il controllo di qualità è esercitato, innanzi tutto, dal docente e dai suoi assistenti; devo dire, però, che da quando questa esperienza è in corso -durante gli ultimi anni in cui io insegnavo il Decameron con metodi tradizionali-, il livello di qualità del lavoro degli studenti è aumentato sensibilmente. Quando gli studenti familiarizzano con l'uso di questi strumenti il loro 'output', il loro prodotto, dal punto di vista accademico è sensibilmente di qualità superiore. Inoltre, uno degli aspetti più recenti di sviluppo del Decameron Web è quello di coinvolgere docenti esterni alla Brown, quindi specialisti in varie aree di studio, perché il progetto nasce come progetto multidisciplinare o interdisciplinare di studio di un testo enciclopedico, per così dire; il sito contiene dimensioni che vanno da quella narrativa a quella dello studio della cultura medioevale, dal punto di vista antropologico, sociologico o storico. Si richiedono, dunque, una molteplicità di competenze che il docente in quanto tale non sempre può supplire. Per questa ragione abbiamo invitato colleghi di altre università o interni alla comunità di Brown, esperti in studi medioevali, di contribuire sia con loro interventi diretti, ma anche con il controllo sul lavoro degli studenti e con il lavoro insieme agli studenti. Quest'ultimo sviluppo è stato molto positivo. Per offrire un esempio ai nostri lettori: uno studente, recentemente, ha elaborato una specie di modulo sulla musica medioevale con una serie di registrazioni, di esempi, immagini; si tratta di un progetto ricchissimo dal punto di vista enciclopedico, interdisciplinare come strumento di studio di una parte specifica del Decameron , che però si allarga allo studio della società medioevale nel suo complesso: parlo delle ballate che concludono ciascuna giornata del Decameron . Lo studente è partito da lì ed ha sviluppato un poco quello che si chiama il retroterra, il 'background' di informazione; ha sviluppato una vera e propria mini enciclopedia sulla musica medioevale trecentesca in particolare. Una studiosa che stà per pubblicare un testo sulla musica nell'epoca del Decameron ha ricevuto questo progetto via posta elettronica, lo ha esaminato, lo ha, -ovviamente con competenza che io non possiedo- valutato e ci ha restituito il suo giudizio, molto positivo, peraltro.

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    Domanda 4
    Questo tipo di esperienze, infatti, tendono ad allargarsi e ad avvicinarsi, per qualche verso, anche ad un modello enciclopedico di organizzazione...

    Risposta
    Rispetto alla questione dell'enciclopedia, esistono due modelli di pensiero: il primo è costituito dall'idea che la cultura di Internet e questa convergenza tecnologica nell'ipermediale porti ad una grande enciclopedia collettiva o, come la chiama Pierre Levy, ad una sorta di 'cosmopedia'; che quest'ultima sia il riflesso di una intelligenza collettiva, io nutro seri dubbi. Direi che si tratta di una idea ancora inquinata un poco da prospettive tecnocratiche. Ma la prospettiva più interessante è quella, viceversa, della costruzione di enciclopedie locali ed enciclopedie specifiche che hanno a che fare con una tematica; si ritorna, quindi, a modelli premoderni di enciclopedia, enciclopedie tematiche non molto distanti da quelle che, per esempio, venivano costruite in epoca medioevale. Non a caso il Decameron è un testo enciclopedico, narrativo ma enciclopedico; si torna ad una forma di enciclopedia costruita secondo dei percorsi che sono soggettivi, costituiti da percorsi parziali di conoscenza che non fanno riferimento ad un orizzonte globale di specifiche esperienze, in questo caso rappresentate da esperienze pedagogiche, delle esperienze di lavoro in comune, di apprendimento, quindi, tra docente e discente. Sono enciclopedie o frammenti di enciclopedie costruite secondo degli interessi specifici, soggettivi ed anche dei bisogni di conoscenza che sono molto diversi tra studenti americani e studenti italiani, o studenti, per esempio, di letteratura italiana, o studenti invece, di quelli che, secondo gli ideali enciclopedici, perseguono una formazione di base; l'etimologia stessa della parola enciclopedia significa, originariamente, formazione di base. In questa prospettiva perdiamo la globalità dell'orizzonte enciclopedico, d'altra parte in crisi fino dal Settecento e acquistiamo, viceversa, un senso nuovo di enciclopedia che forse non è più neanche un tipo di enciclopedia.

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    Domanda 5
    La Sua prospettiva per il futuro si rivolge, perciò, verso un approfondimento, un'allargamento di queste enciclopedie settoriali?

    Risposta
    Certamente non verso una enciclopedia globale del sapere globale. Credo che l'orizzonte del sapere globale sia un orizzonte del tutto inattuale e sfuggente, sia un'utopia ormai, o una distopia, forse, completamente inattuale. L'apprendimento dovrebbe indirizzarsi in una sorta di equilibrio e di dialettica tra la costruzione di enciclopedie 'locali' guidate da una soggettività - cioè da domande concrete di sapere di interrogazione degli archivi, delle banche dati di sapere- e, invece, la costruzione di un orizzonte, da parte dei docenti, che rimandi non ad una globalità del sapere, ma certamente a delle circolarità storiche; la cultura medioevale rimane l'orizzonte di comprensione del Decameron , anche se noi vogliamo interrogare il Decameron secondo quelle che sono le nostre esigenze, i nostri bisogni di lettori contemporanei, di lettori empirici. L'equilibrio si deve trovare tra coloro che detengono l'informazione della conoscenza e coloro che la stanno acquisendo, e, naturalmente, entrambi devono essere disposti a mettere in discussione, a mettere a repentaglio i propri presupposti culturali. Io ho appreso moltissimo da questa esperienza, soprattutto nel modo di interrogare i testi e di interrogarli in forme che non sono quelle tradizionali; ricevere i testi entro un contesto ipertestuale porta necessariamente a porre altre domande, ad esprimere altri bisogni di apprendimento e di conoscenza, che spesso sono imprevedibili per chi ha avuto, come me, una formazione tradizionale. Da questa interazione, da questa dialettica, probabilmente dovrebbe nascere non l'enciclopedia del futuro, perché non sappiamo cosa essa sarà, ma, certamente, la forma nuova di apprendimento enciclopedico in rete.

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    Domanda 6
    Per quanto riguarda il piano dell'educazione in rete, che esperimenti ti sentiresti di suggerire sia per le scuole medie superiori, sia per l'università?

    Risposta
    Non so se io sia il più adatto a rispondere sulla questione che riguarda la scuola italiana; tuttavia, quello che posso dire è che bisognerebbe affrontare la tecnologia senza miti e senza preconcetti, affrontarla tenendo conto che si tratta di una possibilità enorme di esperienza di apprendimento collettivo. Credo che questa sia la premessa mentale e psicologica più importante, poiché il docente deve essere predisposto non ad offrire la tecnologia come un semplice strumento ai discenti, ai suoi studenti, ma piuttosto ad imparare ad usare questa tecnologia e a farsi guidare anche dagli studenti nel concepire i modi di utilizzazione di questi strumenti. Noi abbiamo la fortuna, in America, di operare in un ambiente in cui le infrastrutture sono ottimali; direi che la cosa importante è quella di esplorare le varie possibilità di uso di Internet: dall'ipertesto, quindi dalla scrittura, dalle forme post-testuali, come le definisce Landow, ad altre forme di comunicazione in rete, come l'uso di 'chat room' o anche di 'newsgroup'. Queste ultime creano possibilità di contatto e di comunicazione tra docente e discente, ma anche tra studenti. Gli studenti, spesso, superata la prima perplessità di fronte a questi strumenti, acquisiscono rapidamente una grande famigliarità diventando capaci di inventare modi di utilizzarli che sono imprevedibili da parte dei docenti. D'altra parte, è importante che il docente sia presente come un compagno di lavoro e come una guida, ma non certamente come una presenza di tipo tradizionale. In altre parole non si insegna ad usare il computer, ma si impara ad usarlo come strumento di ricerca e di apprendimento insieme ai propri studenti. Gli aspetti tecnici e specifici possono variare a seconda della disciplina, del livello, degli studenti; ma la creatività, la flessibilità sono le due qualità essenziali per un docente che si vuole imbarcare in questa impresa.

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    Domanda 7
    Lavorare su un ipertesto come il Decameron Web , che si sviluppa e si organizza nel corso del tempo con studenti diversi, per un insegnante deve rappresentare una esperienza di crescita importantissima!

    Risposta
    Non solo gli studenti mutano, nel corso del tempo, cambia anche il docente. Il mio atteggiamento nei confronti sia del Decameron Web , sia del lavoro dei miei studenti, è mutato. La teoria si accompagna sempre alla pratica e spesso le cose vanno insieme. La domanda che mi ha posto è interessante poiché è vero che vi è una continuità, vi è una crescita rizomatica, nel senso che vi è un dialogo a distanza tra generazioni di studenti. Ho notato che negli ultimi anni è cresciuta la competenza da parte delle ultime generazioni di studenti: essi arrivano all'università già con una padronanza degli strumenti tecnici che è senz'altro superiore a quella di studenti di solo qualche anno fa. Le ultime generazioni pongono una sfida sempre maggiore al docente soprattutto perché mettono in questione anche certi principi teorici. Il design stesso del Decameron Web si è sviluppato negli anni, e ciò significa che dobbiamo tornare a porci domande fondamentali su che cosa sia un ipertesto, su che cosa significa utilizzare un ipertesto e costruirlo insieme a scopi didattici o di apprendimento. Questa è una domanda sempre aperta che obbliga il docente a cercare delle risposte teoriche e pratiche, anche; soprattutto, lo obbliga ad imparare di nuovo, dai suoi studenti, a prestare ascolto a quelle che sono le domande ed i bisogni di apprendimento, che variano da generazione in generazione.

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    Domanda 8
    E le prospettive future in questa direzione di ricerca?

    Risposta
    Mi è capitato soltanto un paio di settimane fa di ascoltare uno dei nostri colleghi più illustri, della Brown University, Andries van Dam che è un vero pioniere nella storia sia della progettazione ipertestuale, ma soprattutto nello studio delle forme nuove di visualizzazione avanzata: telecollaborazione, realtà virtuale; egli si occupa di problemi di ottica applicata alle nuove tecnologie e la sua previsione è che il prossimo mutamento di paradigma nella storia dell'informatica sarà la liberazione -come la chiama lui- sia dallo schermo che dal desktop, quindi dallo scrittoio così come lo concepiamo adesso virtualizzato dal computer. Credo che il futuro degli esperimenti educativi vada soprattutto nella direzione di quella che si chiama telecollaborazione a distanza attraverso l'uso della realtà virtuale e della teleconferenza; queste due tecniche insieme permettono un'interazione a distanza tra scienziati su modelli di simulazione. Per gli umanisti credo che questo rappresenti un orizzonte veramente futuribile; d'altra parte è anche vero che comunità di apprendimento a distanza e di collaborazione a distanza soprattutto tra umanisti, docenti e discenti, siano altrettanto prevedibili; le forme ancora le dobbiamo inventare; tuttavia, credo sia importante guardare anche a questi fenomeni per partecipare nella progettazione del futuro dell'educazione. Io ho due modelli letterari, due metafore letterarie per quello che ci riserva un poco il futuro; la prima è la metafora, o profezia della colonia penale di Kafka: la scrittura sottocutanea del testo della pena che le vittime vengono condannate a scontare, metafora del testo come 'implant' nel corpo; la seconda riguarda il modello di Alice -'Trough the looking glass'-: saremo in grado, tramite la realtà virtuale, secondo queste profezie, di effettuare il passaggio al di qua ed al di là dello schermo. Per quanto riguarda il campo educativo, credo che dovremo imparare man mano che queste tecnologie diventeranno veramente disponibili, e dovremo imparare ad usarle in fretta, rapidamente ed in modo creativo. Il futuro del Decameron Web non è nella nostra possibilità di tornare al medioevo attraverso lo schermo magico del computer, però, certamente, l'interazione a distanza potrà arricchirsi di altre forme per il momento imprevedibili. Lo sviluppo dell'ipermedialità farà un salto di qualità, probabilmente, e le forme di interazione di comunità virtuale che nasceranno da queste tecnologie sono difficili da prevedersi; in questa prospettiva, l'orizzonte utopico della comunità - anche se non credo sia da prendere in termini troppo entusiastici o troppo alla leggera -, certamente rimane un'utopia possibile, ma anche una possibile distopia.

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    Domanda 9
    Crede che l'educazione a distanza possa portare verso l'annullamento del contatto diretto tra docente e discente?

    Risposta
    Io ho dei dubbi su questa questione. In questa fase della mia professione il contatto diretto con gli studenti si è molto accentuato, poiché l'interazione, grazie agli strumenti virtuali, si è accresciuta molto rispetto alle forme tradizionali di insegnamento. Il computer ha accentuato l'interazione in presenza fisica. Credo, però, che per questo tipo di interazione fisica in presenza con il docente, non si verificherà un calo o una sostituzione con il contatto a distanza, o contatto virtuale. Dove, pure, l'interazione fisica risulta problematica - pensiamo a certe comunità disperse ai margini anche agli Stati Uniti rispetto ai centri di produzione della cultura, ai centri bibliotecari- vedo gli strumenti tecnologici come un'evoluzione positiva, perché il contatto a distanza avrà degli effetti positivi: non sostituiranno il contatto fisico, perché il contatto fisico non c'è! Il Comunity College - e non la grande università di ricerca con i grandi strumenti di ricerca: biblioteche, infrastrutture avanzate- avrà ancora una funzione importantissima per l'educazione di base negli Stati Uniti. Credo, dunque, che, anche in America, dove queste tendenze ad un insegnamento esclusivamente a distanza in cui il docente potrà starsene a casa sua in pantofole guardando, interagendo con gli studenti a distanza, sia una ipotesi non molto realistica.

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