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    Mario Ricciardi

    Milano, 14-11-1996
    La comunità umanistica italiana e le nuove tecnologie
  • Le nuove tecnologie offrono grandi potenzialità alla critica letteraria soprattutto per l'enorme quantità di documenti che permettono di raccogliere e ordinare (1) .
  • Umanisti ed esperti di tecnologie dovranno collaborare, scambandosi conoscenze (2) .
  • Ancora la comunità degli umanisti italiani mantiene un atteggiamento di chiusura verso le nuove tecnologie (3) (4) .
  • Il grosso apporto che gli umanisti possono portare è quello del miglioramento del rapporto tra azienda ed utente (5) .
  • Si dovrebbe potenziare molto l'università a distanza e la serie di servizi disponibili sulla rete per lo studente (6) .
  • Le capacità cognitive degli studenti possono migliorare notevolmente con le nuove tecnologie (7) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Professore, Lei si occupa, da lungo tempo, dell'applicazione delle nuove tecnologie nello studio dei testi. Crede che questo tipo di applicazioni possa fornire nuove prospettive allo studio del testo letterario?

    Risposta
    Io credo di sì. Naturalmente, occorre distinguere tra gli obiettivi che ci si pongono. E' difficile pensare che le nuove tecnologie riescano a sostituire in toto l'intelligenza del critico, anzi, sarebbe auspicabile che le nuove tecnologie possano servire ad aumentare l'intelligenza del critico o del filologo. Ci sono comunque dei fatti concreti: le nuove tecnologie, in particolare in alcuni settori, modificano in positivo la situazione di partenza, prima di tutto nel settore della documentazione. Noi possiamo raggiungere, sostanzialmente, delle situazioni ottimali all'interno delle quali il ricercatore può avere il massimo dell'informazione possibile, la totalità dell'informazione possibile. In secondo luogo, utilizzando degli strumenti come gli analizzatori di testi, per esempio, è possibile realizzare delle forme di conoscenza, e quindi, di critica del testo, probabilmente più ricche ed anche più interessanti di quelle tradizionali.

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    Domanda 2
    E' opinione comune che scienze umane e scienze delle tecnologie siano due poli completamente opposti. Lei ritiene che le nuove tecnologie possano avere una funzione di rinnovamento della cultura umanistica?

    Risposta
    Credo di sì; ma credo anche che questo incontro possa rinnovare il mondo delle scienze e della natura. Io sono propenso per una linea di scambio reciproco in cui i soggetti attivi siano due: gli ingegneri nudi e crudi da una parte, e gli umanisti belli e pimpanti dall'altra. Quindi, da questo punto di vista credo che, l'incontro, e anche eventualmente momenti di dibattito molto forte, debbano avvenire a parità di condizioni e con uno scambio reale.

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    Domanda 3
    Ma come reagisce la comunità scientifica degli umanisti a queste nuove opportunità culturali che si aprono?

    Risposta
    Direi in modo abbastanza negativo, per diversi motivi. Il primo potremmo chiamarlo la sindrome di accerchiamento: la comunità degli umanisti italiana è per sua natura una comunità che ha una forte tendenza all'autoconservazione, e in una società come la nostra, questa tendenza sembra avere un suo, non dico auspicabile, ma probabile epilogo: quello della riduzione tendenziale e progressiva dei suoi membri. Quindi, da questo punto di vista è naturale che la reazione sia quella di impedire che si creino delle condizioni in cui, per esempio, si verifica il lavoro svolto e si mettono in questione i fondamenti della ricerca, compresi i fondamenti delle grandi metodologie: quella storicistica, quella filologica, e le grandi metodologie in area linguistica, che sono dominanti. Da questo punto di vista, in linea di massima, non sono particolarmente ottimista. Il mio ottimismo consiste nel ritenere che nella società dell'informazione l'apprendimento possa essere attivo fino ai 24 anni. Mentre la posizione estremistica propria di alcuni, consiste nel sostenere che nella società dell'informazione dopo gli 8 anni non ci siano più speranze di apprendimento, per cui gli unici soggetti attivi sono i bambini dagli 8 ai 10 anni.

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    Domanda 4
    La formazione umanistica, proprio in virtù di questi cambiamenti, potrà trovare una forma di valorizzazione nel contatto coi nuovi media, anche nel rimettere in funzione un circuito in cui l'umanista ha un valore nel mercato del lavoro.

    Risposta
    Questa è una questione centrale. Uno dei pregiudizi che oggi non conviene mantenere, per lo meno nel settore delle scienze umane, è quello della separazione drastica tra vocazione alla ricerca, allo studio, e mondo del mercato, dell'imprenditorialità, delle professioni. E' un paradosso che gli umanisti, oggi, si dimentichino che gli umanisti veri, quelli del XV e del XVI secolo, erano molto spesso dei grandi imprenditori, non solo culturali: erano dei grandi tipografi, erano dei grandi tecnologi, erano dei grandi scienziati. Io credo che uno dei grandi vantaggi che possono derivare, nella situazione italiana, dall'introduzione delle nuove tecnologie possa essere questa: noi avremo sempre più bisogno di tecnici, ma avremo bisogno anche di figure intermedie, in cui coesistano una certa competenza, alta il più possibile, tecnologica, ma un'altrettanta alta competenza di tipo umanistico.

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    Domanda 5
    In quali settori, in particolare, ritiene che la competenza umanistica potrà essere valorizzata?

    Risposta
    Io considererei questi terreni parlando in termini di mercato. Intanto, la trasformazione del libro: io sono convinto che il libro, o la cultura del libro, sarà sempre più una cultura di minoranza e quindi, quando si parla di mercato, di utenti, bisogna pensare in un modo completamente diverso. Dobbiamo pensare ad un mercato in cui un rapporto tra azienda ed utente tenderà ad essere un rapporto diretto, e quindi, si andrà verso quelle forme di personalizzazione del prodotto che sono, tra l'altro, già tipiche di altre società. Allora, in quel caso, la funzione di un sapere di tipo umanistico è essenziale. Per dirla con una battuta: quando si riuniscono a congresso degli scienziati o degli ingegneri, discutono a lungo; quando si pongono la domanda: "a che cosa serve il congresso?", convocano un umanista.

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    Domanda 6
    Lei è stato protagonista di un interessante esperimento di didattica legata alle tecnologie. Quali potranno essere i vantaggi per l'insegnamento universitario offerti dalle nuove tecnologie? Come potranno rinnovare o risolvere i problemi dell'università?

    Risposta
    Io vedrei due campi distinti; se tutto andrà bene si riuniranno, però, in prima battuta, probabilmente sono distinti. Un campo è strategico, però richiede delle scelte politiche di investimento essenziali, ed è quello che deve avvalersi, in qualche misura, delle nuove tecnologie della comunicazione. In particolare, io penso alle forme di Distance Education e di On Line Education. Allora, su questo punto, bisogna essere molto chiari. Credo che il discorso riguardi l'insieme della comunità universitaria e delle sue scelte fondamentali. Ad esempio, negli ultimi incontri, il Ministro dell'Università Luigi Berlinguer ha annunciato queste cifre: 185.000 studenti iscritti all'università di Roma, 135.000 di questi 185.000 non hanno dato neppure un esame negli ultimi 5 anni. Se questi sono i dati, se queste sono le situazioni (compresa, a mio avviso, la tragedia dell'edilizia universitaria), io credo che, al di là di tutte le resistenze che si possono manifestare, la questione dell'insegnamento a distanza nelle sue varie forme (in rete, non in rete, integrata, via satellite, televisiva), vada posta assolutamente.

    L'altro terreno, invece, più facilmente percorribile, è quello più specifico. Nel caso nostro, il punto di partenza è stato molto semplice, ed è nato dalla difficoltà di non avere un rapporto decente e dignitoso tra docente e studente. In secondo luogo, è stato il tentativo di superare quella che, tutto sommato, è la posizione media -alcuni, in modo spiritoso, dicono, "più avanzata"-, che emerge dai vari consigli di facoltà: quella di considerare lo studente un'appendice dolorosa, ma necessaria. Allora, a quel punto, la scelta di una comunità virtuale di tesisti si è rivelata di bassissimo costo perché gli studenti hanno avuto, com'è giusto, l'accesso ad Internet, hanno avuto indirizzi di posta elettronica, hanno costruito un Web con investimenti zero-lire, (hanno ottenuto semplicemente un'ospitalità gratuita, ma come tutti sanno lo spazio ha un costo irrisorio), ed hanno incominciato a costruirsi il loro rapporto didattico col docente, tra di loro. Quindi, si è scoperto che gli studenti possono anche comunicare reciprocamente, possono comunicare nel tempo, trasferire le loro esperienze anche a coloro che verranno dopo, evitando quella che è una vera e propria forma di segregazione culturale, infine, mettendosi sul mercato. Hanno fatto i loro profili, i loro curricula, e gli imprenditori e le aziende che erano interessate potevano vedere rapidamente e facilmente i loro curricula su Internet e quindi eventualmente intervenire. A me sembra che questo tipo di esperienze siano, credo, facilmente realizzabili all'interno di un'università normale.

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    Domanda 7
    Dal punto di vista didattico e cognitivo pensa che queste tecnologie modificheranno l'insegnamento e l'apprendimento? Ha notato già un cambiamento nella qualità e nelle modalità dell'apprendimento nei suoi allievi?

    Risposta
    Per quanto riguarda i testi letterari, l'esperienza che ho avuto io mi induce a queste considerazioni: la prima è che, in linea di massima, gli studenti che hanno utilizzato analizzatori di testi o comunque strumenti informatici sul trattamento dei testi, hanno imparato a leggere di più i testi stessi, e non di meno. Secondo: in linea generale, gli studenti, che potremmo dire, di capacità medie, di intelligenze medie, con curricula medi, utilizzando le nuove tecnologie, hanno dato i risultati migliori, rispetto alle aspettative. Sono due dati, mi sembra, abbastanza interessanti.

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