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    Orlan

    Milano, 21/01/1999
    La tecnologia per un nuovo corpo mutante
  • Orlan illustra i risultati più recenti della sua ricerca artistica (1) .
  • Spiega inoltre il concetto di reliquiario e quale ruolo esso svolge nel proprio lavoro (2) .
  • Il corpo umano è parte integrante del processo di cambiamento che le nuove tecnologie stanno provocando nella società contemporanea (3) .
  • Le opere artistiche di Orlan si basano sul concetto di “congiunzione”, in contrapposizione a quello di “disgiunzione” (4) .
  • L’utilizzo della chirurgia estetica nell’arte può contribuire a demolire gli stereotipi legati alla figura della donna (5) .
  • Interpretare la carne come materia da modellare permette di innescare una riflessione e un dibattito sullo statuto del corpo umano (6) .
  • Nella ricerca artistica il rapporto con la chirurgia non è legato in nessun modo alla sofferenza ma è un modo per plasmare il proprio corpo (7) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Lei lavora sulla chirurgia e sull’ibridazione del corpo. Ci può illustrare in quale direzione sta andando suo lavoro più recente?

    Risposta
    Io lavoro tanto con il reale che con il virtuale. La dimensione virtuale è una componente nuova del mio lavoro nella quale mi lancio in una specie di giro del mondo attraverso i canoni di bellezza di altre civiltà e di altre epoche. A questo proposito ho cominciato la mia ricerca con i popoli precolombiani che avevano una concezione della bellezza molto diversa dalla nostra e che in un certo modo ci lascia perplessi in relazione a quelli che sono i nostri attuali criteri. Ad esempio lo strabismo era un importante criterio di bellezza e perciò ai neonati fin dalla nascita venivano applicate sugli occhi palle di terra o di cera per far sì che imparassero a storcere lo sguardo. Allo stesso modo esistevano altri criteri estetici su cui ho lavorato, come ad esempio per l’opera La zappa che sta sul balcone , nella quale si vede raffigurato il naso del re Pacal. Si tratta di un naso assolutamente immenso, che parte dal centro della fronte, e che in realtà era un naso posticcio che veniva impiegato da alcuni popoli precolombiani nelle cerimonie per darsi un’aria più imponente, più bella, più interessante. Ho intrapreso questa ricerca per il mercato precolombiano perché ho realizzato molte esposizioni nell’America Centrale. Ma in seguito lavorerò anche con l’Africa, l’Asia e l’Egitto, dove si praticava persino la deformazione del cranio. Ma la stessa cosa accadeva in Francia. In un paesino, per esempio, era in uso la deformazione del cranio che veniva fatta non con barre di legno, ma con tessuti legati stretti sul capo del neonato per tre anni. Ho rimescolato dunque i miei canoni di bellezza. Normalmente vengo considerata un’artista che rappresenta i criteri estetici standard della nostra società, benché i due bernoccoli che mi sono fatta impiantare artificialmente sulla fronte diano vita al contrario a una specie di lotta furibonda con i nostri attuali canoni estetici e parlino di un nuovo corpo, del corpo mutante.

    Inoltre con un’elaborazione grafica digitale, realizzata al computer, ho mescolato la mia immagine con sculture precolombiane che rappresentano il canone estetico dello lo strabismo caratteristico di quelle civiltà. Perciò si vedono al contempo i miei due bernoccoli e lo strabismo. In questa ibridazione tra culture consiste sostanzialmente la nuova direzione che sono in procinto di intraprendere nel mio lavoro.

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    Domanda 2
    Quale significato assumono i cosiddetti reliquiari nel suo lavoro?

    Risposta
    Molti sono reliquiari che compongo nella sala operatoria. Uno, per esempio, racchiude all’interno la mia carne. Ho realizzato una serie di reliquiari, uno per operazione. Ognuno ha una forma assolutamente diversa, alcuni sono di piccole dimensioni, altri sono giganteschi. In uno molto piccolo c’è scritto che il corpo non è che un costume, un sacco. Si tratta di una frase tratta da un testo sanscrito. Ce ne sono altri ancora su cui ho scritto "questo è il mio corpo, questo è il mio cervello elettronico". In pratica io recupero tutto ciò che esce dal mio corpo. Per me è divertente pensare a una donna che vende il suo corpo prima ancora di morire. Questo commercio in effetti sarebbe vietato perché non si possono vendere i propri organi. Grazie alla mediazione di questi reliquiari invece io in effetti vendo il mio corpo e la mia carne.

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    Domanda 3
    Perché nella sua ricerca artistica si occupa soprattutto della tecnologia e del corpo?

    Risposta
    Credo che in questo periodo si assista a un’avanzata delle nuove tecnologie. Questo è un fatto estremamente importante dal momento che le nuove tecnologie pongono alcune questioni in riguardo allo statuto del corpo nella nostra società. Presto si arriverà alla manipolazione genetica, perché nulla fermerà la clonazione, e senza dubbio in un brevissimo lasso di tempo si produrranno cloni umani. Non appena si parla di nuove tecnologie immediatamente ci si rende conto che l’essere umano e il corpo sono parte integrante di questo processo. E’ per questo che il corpo sta tornando prepotentemente alla ribalta sulla scena artistica. Per quel che mi riguarda, in tutto ciò che faccio da quando ho iniziato il mio lavoro di artista ho sempre ripensato al corpo, in particolare a quello femminile, e comunque, in generale, al corpo e alla sua funzione all’interno della società di oggi. E ho sempre lavorato in vario modo con il mio corpo e la mia immagine. Ad esempio, per venti anni ho lavorato sull’iconografia religiosa giudaico-cristiana attraverso il mio corpo. Mi chiamavano Santa Orlan.

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    Domanda 4
    In un opera del 1977 lei iniziava il suo percorso sulla trasformazione del corpo e della sua immagine. Come illustrerebbe adesso quale era la sua idea iniziale e come poi si è sviluppata?

    Risposta
    Nel 1977 realizzai a Carrara una scultura basata sulla figura della Madonna. Le mie opere elaborano l’idea di "e", cioè di congiunzione, in conrapposizione all’"o", alla disgiunzione che in verità scaturisce dalla nostra cultura cristiana e ci impone di scegliere tra il bene "o" il male, le nuove tecnologie "o" la scultura in marmo di Carrara, Internet "o" la pittura. Nella disgiunzione c’è sempre qualche cosa da demonizzare per sceglierne un’altra. Io invece, in tutta la mia opera, lavoro con un "e", attraverso la congiunzione, nel senso che mi rivolgo tanto alle sculture in marmo di Carrara, quanto a Internet. E anche alle trasmissioni via satellite delle mie operazioni chirurgiche, ad esempio, che si svolgono in tutto il mondo o in diversi musei contemporaneamente, nelle quali rispondo in diretta alle domande del pubblico durante le operazioni, oppure mentre creo le sculture con la mia carne o le mie dita e il mio sangue o mentre realizzo fotografie digitali. In tutti questi casi c’è sempre un "e": la pittura "e" la scultura, la pittura "e" le nuove tecnologie, il pubblico "e" il privato, l’interiore "e" l’esteriore, il bene "e" il male, e così il bello "e" il brutto, nello stesso tempo.

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    Domanda 5
    Qual è quindi il significato della chirurgia nella sua opera e perché usa la chirurgia in maniera così ironica? Secondo lei quelli che sono i canoni tradizionali di bellezza devono essere trasformati?

    Risposta
    In realtà non sono contraria alla chirurgia estetica ma sono contraria all’uso che se ne fa. C’è oggi una standardizzazione completa, che si tratti di uomini o di donne. Quel che cerco di mostrare è che la bellezza può assumere sembianze che non sono considerate canonicamente belle. Se lei descrive da lontano la mia figura, e dice "è una donna con due bernoccoli sulle tempie", qualcuno penserà "ma è un mostro!" Ma quando poi mi vede le cose vanno diversamente. D’altronde, cosa abbastanza divertente, oggi molti giovani stilisti hanno compreso quel che voglio dire. Coloro che hanno sempre lavorato a una certa immagine della donna, dell’amore, insomma a una determinata estetica femminile che raffigura la donna perfetta, giovane, magra e bella, cominciano a ricredersi. Per esempio, c’è un artista molto interessante che si chiama W.&L.T., che è stilista, e che mi fa continui omaggi attraverso le sue modelle a cui fa mettere, con prodotti cosmetici e protesi in lattice, gli stessi bitorzoli che ho io sulla fronte. Insieme abbiamo realizzato un catalogo, nel quale mi si raffigura effettivamente con lo stesso mio naso ma in lattice, e con i miei veri bernoccoli, mentre intorno a me ci sono modelle con bernoccoli di lattice. Questo fenomeno è tuttavia un po’ strano per me e mi è difficile accettare l’idea che d’un tratto la moda si impadronisca del mio lavoro che in verità va contro le mode e non si prefigge minimamente di lanciare una nuova moda. Attraverso la mia arte vorrei dire al mio pubblico: "Provate a fare quel che vi piace del vostro corpo nel modo che più vi aggrada, cercando di liberarvi di tutti i diktat che vi vengono imposti, sia dalla pubblicità che dalla moda, dai giornali, dal cinema, dai film." Io dico "fate il contrario di ciò che vi viene imposto", il mio è un invito a "deformattarsi".

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    Domanda 6
    Lei pensa che il corpo sia un nuovo medium, un nuovo mezzo di comunicazione?

    Risposta
    Io ho sempre lavorato sul mio corpo come se fosse una materia da plasmare come io desideravo. Questo processo è estremamente difficile perché c’è sempre una tale pressione sul corpo femminile che mal si sopporta il fatto che le donne siano libere nel rapporto con il proprio corpo e ne facciano ciò che vogliono. Perciò io considero veramente il mio corpo come espressione della mia libertà. In realtà, quel che mi interessa non è il risultato finale, mi interessa che il mio corpo sia diventato un luogo di dibattito pubblico. Del resto non faccio mai un’esibizione che non sia collegata a una conferenza programmata in quello stesso momento poiché è assolutamente indispensabile dar vita a una riflessione con il pubblico proprio nell’atto della performance.

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    Domanda 7
    Le sue esibizioni destano molto scalpore. Alcuni spettatori rimangono spiazzati nel vedere riproposta in chiave spettacolare un'operazione che solitamente si svolge in una sala operatoria e che viene collegata al dolore.

    Risposta
    È estremamente importante per me, in quanto donna, sottolineare che il rapporto primario che ho con il mio chirurgo non è di dolore. Infatti, il famoso detto "tu partorirai nel dolore", rivolto alle donne, per me è assolutamente ridicolo visto che ormai disponiamo di tutti i rimedi della farmacopea per non dover partorire nel dolore. Proprio come avviene con la morte. Se abbiamo una malattia crudele che ci conduce alla morte possiamo prendere la morfina, ma questo procedimento appare strano, non è stato ancora assorbito negli usi e costumi. Almeno non in Francia, non so in Italia. La sofferenza è ancora circondata da un alone di prestigio e persino al momento della morte siamo obbligati a soffrire. L’aspetto forse più attuale nel mio lavoro, pertanto, è proprio il fatto che in esso non vi è traccia di dolore, e che io non considero la sofferenza come fonte di purificazione o di redenzione. Per questo lavoro il corpo in una maniera del tutto diversa e senza la paura costante che il cielo ci cada sulla testa se si mette mano al corpo. Ai nostri giorni esistono magazzini di organi e un gran numero di persone si sono rifatte il naso senza alcun problema psicologico né fisico. Io penso che oggi non siamo ancora pronti per le trasformazioni sociali che ci attendono. In relazione allo statuto del corpo si crede sempre che se interveniamo su di esso ci toccherà qualche disgrazia e perciò non interveniamo su di esso. Ma in realtà siamo perfettamente in grado di plasmarlo.

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