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    Mauro Miccio

    Roma, 12/12/1995
    La RAI del futuro: canali satellitari e tematici
  • La TV generalista offre una programmazione che cerca di accontentare tutti, col rischio di far scendere la qualità del programma. Qualità significa TV tematica: questa è la direzione che sta prendendo la RAI, e il satellite darà, tra breve, la possibilità di verifica (1) .
  • La strategia della RAI prevede: un canale educativo, scientifico, in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione; un canale per i bambini che interromperà le trasmissioni nelle ore notturne (2) .
  • Per questo motivo la RAI ha già opzionato due transporter sul satellite EUTELSAT, ormai prossimo alla messa in orbita: in pratica, si tratta di otto possibili canali digitali su cui sviluppare una vasta gamma di prodotti di qualità. Il 1996 sarà dedicato alle trasmissioni sperimentali in vista della grande sfida prevista per il 1997, anno in cui sono stimati almeno settecento canali (3) .
  • Non esiste un'incompatibilità tra il ruolo di servizio pubblico, per il quale la RAI percepisce il canone, e lo sviluppo di canali tematici a pagamento: del resto esistono già, in Europa, esempi di questo tipo. Si può addirittura pensare ad un futuro abbassamento del canone RAI nel momento in cui la TV pubblica potrà utilizzare le risorse provenienti dai canali tematici (4) .
  • Nell'ottica di programmi qualitativi, bisognerebbe analizzare con maggiore profondità i dati Auditel, altrimenti considerati soltanto come quantità di spettatori (5) .
  • Senza dubbio le nuove tecnologie delle telecomunicazioni consentiranno di realizzare prodotti mirati e, di conseguenza, di alti livelli qualitativi (6) .
  • La RAI si sta impegnando ad aumentare la produzione interna rispetto all'acquisto di programmi dall'estero, soprattutto in vista della grande sfida satellitare: questo deve avvenire nonostante la crisi produttiva che ha interessato anche i network privati, e dalla quale la RAI potrebbe lentamente uscire grazie allo sblocco dei conti aziendali (7) .
  • Del resto non bisogna perdere di vista il pericolo di una colonizzazione culturale, rischio amplificato dalla diffusione dei canali satellitari (8) .
  • Per difendersi, la RAI ha già avviato delle alleanze con altre televisioni europee per la produzione di cartoon, film e fiction; tuttavia è auspicabile anche un serio interessamento politico mirato alla protezione dell'identità culturale italiana ed europea (9) .
  • Purtroppo l'Italia si trova indietro, rispetto all'Europa, -per quanto riguarda il nodo tecnico centrale della decodifica del segnale. Si tratta di una situazione creata non dall'incapacità tecnica italiana: per assurdo, fu proprio la RAI, in occasione di Italia '90, ad offrire le prime trasmissioni digitali. Le cause dell'attuale ritardo tecnologico vanno pertanto attribuite al mondo politico (10) .
  • Nel campo delle reti via cavo a terra, la RAI deve incrementare, anche dal punto di vista qualitativo, la produzione, in modo da fornire buoni programmi a courier come STREAM (11) .
  • Gli sviluppi futuri, oltre alla patente che Popper riteneva necessaria per chi opera in TV, ne richiederebbero un'altra per gli utenti, in modo che questi ultimi siano in grado di aiutare con gli operatori TV per migliorare la qualità (12) .
  • Riprendendo il discorso dell'autoproduzione, è chiaro che la produzione interna dovrà rivolgersi sempre di più in direzione della fiction e dei film: insistere esclusivamente sulla realizzazione di talk-show significherebbe escludersi dal sistema televisivo globale, rimanendo con i cosiddetti magazzini vuoti (13) .
  • I dati di ascolto delle fiction prodotte dalla RAI ne testimoniano la qualità: questi buoni risultati consentono di offrire, tra l'altro, una grande quantità di pubblicità agli inserzionisti, senza rischiare di involgarire il prodotto televisivo per ottenere un pubblico più ampio (14) .
  • In conclusione, se è vero che deve mantenersi tecnologicamente attrezzata, la RAI non deve perdere di vista la sua vera funzione: produttore culturale, ossia produttore di programmi di qualità (15) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Con il dottor Miccio parliamo di Pay TV. Il mercato europeo ha già raggiunto dodici milioni di famiglie, con un fatturato di ottomila miliardi di lire. La RAI in che modo si prepara a diffondere programmi a pagamento?

    Risposta
    La RAI si è immediatamente resa conto del fatto che il futuro della televisione sta nei canali tematici: l'offerta abituale, ossia quella che si può vedere quotidianamente su tutti i canali che si possono ricevere da un televisore, è generalista, quindi con una programmazione che cerca di accontentare tutti. Questo è certamente un fatto importante, però spesso la qualità ne risente. L'offerta qualitativa si fa con l'offerta tematica, quindi con la scelta di un e di una programmazione che risponda alle esigenze di questo. Il satellite ce ne darà l'opportunità a breve.

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    Domanda 2
    Quali saranno i canali tematici selezionati dalla RAI e che produzioni offriranno?

    Risposta
    I canali tematici che la RAI intende avviare sono prima di tutto canali che rispondono ai criteri di servizio pubblico che l'azienda RAI deve assolutamente seguire. Per esempio, il primo sarà la nascita di una canale educational: sarà in collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione e avrà un forte carattere scientifico, informativo. Sicuramente la RAI intende fare un canale per i bambini, in modo da offrire loro una propria televisione con una programmazione adatta in tutte le ore del giorno ma che, a differenza di quello che avviene adesso, che ancora alle due di notte 250.000 bambini sono davanti allo schermo, si interromperà nelle ore notturne. Si dà così la possibilità agli Italiani di scegliere anche tra offerte che non siano quelle abituali della televisione di tutti i giorni. In più, l'obiettivo è quello di entrare in un mercato che, per la enorme richiesta che in Europa ha avuto, -basta pensare che c'è stato l'incremento del quasi 50% tra il '93 e il '94, incremento che purtroppo in Italia non si è potuto verificare, proprio per la mancanza di un'offerta satellitare - possa trovare la RAI pronta a essere uno degli interlocutori del mercato, offrendo ancora una volta qualcosa di più e soprattutto cercando di puntare decisamente alla qualità.

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    Domanda 3
    Ci spieghi meglio come la RAI ha scelto di stare sul satellite e cosa significa il satellite digitale.

    Risposta
    Stare sul satellite significa entrare in un nuovo mezzo di diffusione della programmazione. Nel 1996 verrà lanciato un satellite  dal Consorzio EUTELSAT: la RAI ha opzionato due transporter, vale a dire otto possibili canali digitali, quindi otto possibili diverse programmazioni. Lo sforzo mirerà a fornire un'offerta interessante, che unisca a programmi di cultura e di servizio pubblico, anche offerte che siano di ascolto, magari legate alla documentaristica, -un canale sul quale ci sono parecchie richieste da parte del pubblico- e canali tradizionali, come lo sport e il cinema. La nostra attività, che nel 1996 sarà sperimentale, potrà trovare forti competitori, soprattutto nel mercato europeo; basti pensare che nel '97 saranno lanciati altri due satelliti con un'offerta televisiva complessiva, per quell'anno, che supererà i sei-settecento canali. Questo vuol dire che ci dovrà essere, da parte della RAI, - ma non solo della RAI - una forte attenzione al contenuto, alla programmazione, al prodotto. Se questo non avverrà, la RAI rischierà di aumentare l'offerta ma di diminuire la qualità di programmazione e, soprattutto, di perdere assolutamente quella identità culturale che è ancora uno dei beni più importanti da difendere nel nostro Paese.

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    Domanda 4
    Non c'è incompatibilità tra il ruolo di servizio pubblico della RAI, che percepisce il canone, e la televisione a pagamento?

    Risposta
    No, non c'è questa incompatibilità. Ormai tutte le televisioni europee che hanno un problema di canone, fanno dei servizi a pagamento relativi a canali tematici oppure a offerte particolari. BBC sta facendo un esperimento, per esempio, di canale tematico con sistema non satellitare, ma tradizionale terrestre, quindi con i ponti. Questo dimostra che si può tranquillamente incidere anche sul canone perché, nel momento in cui la RAI potrà utilizzare altre risorse che non siano quelle del canone, queste risorse andranno sicuramente ad abbassare il livello del canone; quindi in questo caso si potrebbe avere, con una RAI più proiettata verso il mercato, una minore incidenza del pur basso canone RAI che, comunque, è tra i più bassi d'Europa con le sue 158.000 lire.

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    Domanda 5
    Lei ha proposto anche l'"Auditel pesante". Forse è una battuta, ma ci può spiegare di cosa si tratta?

    Risposta
    Sostanzialmente l'Auditel viene visto come una delle ragioni del decadimento qualitativo della programmazione televisiva. La realtà è che l'Auditel è un indicatore di quantità di ascolti, che però dà anche molti messaggi qualitativi. Svolge, pertanto, anche una funzione di indice di gradimento, non solo un indice di ascolto relativamente ad una determinata trasmissione. Qual è l'errore? Che spesso si dà troppo valore al numero e non si entra poi nella realtà specifica degli ascoltatori, comunque fornita da Auditel. La mia idea consiste nel far fare a tutti un passo indietro, rinunciando a uno o due punti di ascolto, targhettare le singole reti, in particolare quelle di maggiore ascolto, come RAI UNO, in modo che vi sia un limite in termini quantitativi, per poter utilizzare quello spazio quantitativo proprio in relazione a una migliore qualità di programmazione.

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    Domanda 6
    Finora comunque il palinsesto e la produzione della RAI sono stati ispirati molto alla necessità dell'Auditel e alla concorrenza nazionale con le televisioni commerciali. Tutto questo dovrà cambiare con l'arrivo delle nuove tecnologie?

    Risposta
    Le nuove tecnologie dovrebbero aiutare a scegliere. Vale a dire, se ci sarà un sistema di decodifica aperto, che consentirà a tutti di partecipare, senza privative di alcun tipo, questo favorirà la scelta, soprattutto quella di qualità. Nel momento in cui ognuno potrà distinguere tra le varie proposte, quella che più si avvicina ai propri gusti, alle proprie esigenze, alle proprie aspettative, ci sarà la possibilità di offrire, proprio per rispondere a queste domande specifiche, dei prodotti mirati. Il livello qualitativo crescerà e, con esso, anche la programmazione generalista: quindi il livello complessivo della qualità televisiva dovrebbe migliorare.

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    Domanda 7
    Fino ad oggi la produzione interna della RAI è stata minore rispetto all'acquisto di programmi dall'estero e la RAI ha prodotto soprattutto programmi per gli Italiani. D'ora in poi dovrà competere a livello globale ed avere un'offerta anche esportabile. Cosa produrrà quindi?

    Risposta
    Nel 1995 è cominciato a cambiare il mixer tra acquisto e prodotto. La percentuale attuale è 60 acquistato e 40 autoprodotto; nel 1996 verrà cambiata completamente in 60 autoprodottto e 40 acquistato. Questo perché ci si rende conto non solo che il magazzino RAI può essere un grande competitor nella programmazione internazionale, in caso di competizioni di qualità; ma anche perché l'aumento dell'offerta genera la necessità di avere ancora maggiore prodotto in una fase in cui ci saranno sei-settecento canali tematici che, attraverso il satellite, potranno essere ricevuti nelle case degli Italiani. Questo significa che la quantità di prodotto necessaria a coprire le esigenze diventerà ancora superiore. Lo sforzo che la RAI deve fare, come più grande azienda culturale italiana, è quello di muoversi sempre di più verso la produzione nazionale e aiutare quindi un processo di rilancio che, come purtroppo bisogna constatare, non è particolarmente positivo in questa fase, visto che nel 1994 si è verificato il minimo storico di produzione cinematografica con soli 94 film. La crisi del sistema, anche televisivo, che fino al '94 ha attanagliato non solo la RAI, ma anche il principale competitore privato e tutte le altri emittenti del settore privato, ha determinato un crollo e un blocco della produzione; tuttavia, con la rimessa a posto dei conti della RAI, l'ambito produttivo si sta piano piano, riattivando.

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    Domanda 8
    L'offerta di questi canali digitali anche dall'estero non costituirà per l'Italia un rischio di colonizzazione culturale?

    Risposta
    Sì, questo sarà il vero grande rischio degli anni Duemila: l'offerta televisiva aumenterà, se anche il cavo, come sembra essere ormai certo, diventerà una realtà anche in Italia, come lo è in altri Paesi europei. La grande preoccupazione è quella di avere molte autostrade dove non circoleranno macchine e sicuramente quelle poche non saranno italiane. E questo è il vero nodo, non solo culturale, ma politico di un'Europa che vuole ancora mantenere forte le proprie tradizione, e di un'Italia che ha certamente delle grandi radici culturali che rischiano di scomparire completamente di fronte a quello che sarà un'invasione di prodotto non nazionale.

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    Domanda 9
    Ci sono possibili alleanze che la RAI può tessere per diventare maggiormente protagonista?

    Risposta
    Certamente la strada delle alleanze è la strada migliore. Queste alleanze debbono essere internazionali, ma soprattutto dovranno essere europee. Lo sforzo che la RAI ha già fatto nel creare dei consorzi per la produzione di cartoni animati che abbiano storie europee, vicine alle nostre tradizioni, è un primo esempio di come si possa collaborare per fare una televisione vicina alla gente, che poi dovrà vedere e giudicare. Certamente questo non basta. Con le altre televisioni pubbliche europee sono iniziate una serie di collaborazioni per produrre fiction o film. Ci vuole uno sforzo da parte dei governi, perché questa è un'emergenza che va al di là della tecnologia; avere molte possibilità non vuol dire essere immuni dalla colonizzazione: è uno sforzo che devono fare tutti. Lo stesso Parlamento italiano dovrebbe fare molto di più di quello che fa -che è praticamente zero- su questo settore, per poter cominciare a capire che avere o no un figlio che parli un'altra lingua può essere positivo; ma che questo figlio abbia i costumi, il modo di pensare e di agire, che non sia quello della nostra cultura, credo che questo sia un problema a cui non bisogna essere disattenti.

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    Domanda 10
    Oltre ai contenuti, sul piano proprio delle tecnologie, spesso è l'imposizione di determinati standard ad aprire la via ad un tipo di prodotto o a un altro. Che problemi di standard ci sono per la televisione del futuro, sia per il telespettatore a casa, per la ricezione, sia per la distribuzione e la trasmissione?

    Risposta
    Il problema dello standard è uno dei due grandi nodi delle nuove tecnologie: uno è quello dei contenuti, l'altro è quello della decodifica di questi contenuti, che avviene attraverso l'invio del segnale via satellite-cavo o via etere, anche se più propriamente si dovrebbe dire terrestre. Il problema della decodifica è un problema che purtroppo vede, come sempre, l'Italia indietro rispetto ad altri Paesi europei, oltre che all'America e al Giappone. Questo essere indietro non significa soltanto non avere un'industria che si sia attrezzata o che abbia avuto - e qui anche una responsabilità dei governi -la possibilità di attrezzarsi, per essere competitiva in questo settore; vuol dire anche non avere la possibilità di poter ricevere, senza dover accettare dei compromessi con distributori, stranieri, senza poter scegliere effettivamente tutto quello che l'offerta televisiva nei prossimi anni potrà dare. La decodifica, gli standard, che sono digitali, hanno avuto nella RAI il vero grande inventore. In occasione dei Mondiali di Calcio del 1990, le prime trasmissioni digitali sono state offerte dalla RAI. Gli standard che la RAI offrì, fecero addirittura cambiare quelle che erano le intenzioni tecnologiche americane ed europee. Si sono tutti rivolti al digitale, lasciando le altre strade, che erano quelle dell'alta definizione. A questo punto, cosa è successo? Che la RAI, come sempre, per ragioni indipendenti dalla volontà dei suoi tecnici, si è persa nei meandri della politica e, alla fine, il risultato finale è che la RAI, pur avendo avuto la prima intenzione di usare il digitale, è quella che deve rincorrere l'estero per poter essere alla pari. La tecnologia comunque non rappresenta un vero problema, perché il Centro Ricerche di Torino è attrezzato ed è all'avanguardia. La RAI è in grado, nel giro di un paio d'anni, di offrire una possibile decodifica italiana, in collaborazione con le altre industrie italiane del settore. Però si parte con due anni di ritardo.

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    Domanda 11
    C'è anche, oltre la PAY TV da satellite, il "VIDEO ON DEMAND", che è un altro scenario della televisione del futuro e passerà nelle reti cavo da terra. Come si pone la RAI rispetto alla sperimentazione, avviata da STREAM, e alla cablatura del Paese, avviata da TELECOM?

    Risposta
    Il primo accordo è stato fatto proprio con STREAM con lo scopo di fornire programmi. La RAI ha un ruolo di fornitore di programmi, così come STREAM deve avere solo ed esclusivamente il ruolo di courier, cioè di contenitore e trasportatore di questi programmi. Lo sforzo che bisogna fare quindi è incrementare soprattutto la produzione nazionale ed europea; da parte di STREAM e degli altri cable-operator, lo sforzo sarà quello di dare la possibilità agli information provider, cioè a tutti coloro i quali daranno contenuti a queste nuove possibili vie di trasmissione, di fornire una quantità e una qualità di programmi all'altezza di questo ulteriore mercato.

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    Domanda 12
    Popper affermava: "Per fare televisione ci vorrebbe la patente.". Ora la televisione si sta diversificando sempre di più. Quali rischi vede per la televisione del futuro con questo moltiplicarsi dell'offerta?

    Risposta
    Popper ha ragione: la patente andrebbe data a chi è operatore della televisione. Ma ci vorrebbe anche un patentino per chi guarda la televisione, perché molte volte ci si accorge di una cattiva qualità che incontra l'ascolto maggiore, ossia quella che alla fine attrae più spettatori potenziali. Questo vuol dire che bisogna abituarsi al fatto che la televisione è un mezzo che può cambiare anche le cose. La televisione è un grandissimo espediente, ma è anche un grandissimo divulgatore: bisogna, dunque, cercare di aiutare sia chi trasmette, ma soprattutto chi riceve un segnale televisivo,per fargli capire che cosa ci sia dietro a ogni singolo programma, a ogni singola trasmissione e, soprattutto, a trovare la strada per rendere più semplice e diretta la collaborazione, tra l'utente-telespettatore e l'attore-operatore televisivo. Soprattutto sarà importante essere in grado a muoversi in questa grande quantità di canali.

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    Domanda 13
    Tornando su un argomento in parte già affrontato in questa sede, il magazzino, oltre che gli impianti tecnici o di trasmissioni e il "know-how", dei dirigenti e dei dipendenti, rappresenta il vero patrimonio di un'azienda televisiva. Questo magazzino sostanzialmente si può dividere in due parti: quello che in gergo si chiama "utilità ripetuta" o "utilità immediata", cioè dei programmi di consumo, che poi non si possono più ripetere, o vendere. Allora faccio questa domanda: Lei prima diceva il 60% è autoprodotto e il 40% è di acquisto, quindi si potrebbe avere anche una televisione autoprodotta per il 90%; ma se è autoprodotta soltanto con i talk-show, notizie o varietà, piuttosto che con fiction o programmi culturali o documentari, probabilmente si avrà comunque una televisione locale rispetto al sistema globale.

    Risposta
    Quando parlo del 60%, mi riferisco al prodotto inteso come fiction e film; è questo il mixer previsto ed è la missione specifica degli acquisti di produzione. Il problema è chiaro: si sa che andando ad una qualunque fiera internazionale della televisione, il 90% del venduto è real-show o talk-show, i cui livelli qualitativi degenerano di giorno in giorno e basta farsi una rapida visita negli stand anche di grandi multinazionali americane, per capire che quello che costa meno e quello che rende di più è il format a uso della trash-television cioè di quella televisione-spazzatura, che fa tuttavia molti ascolti. La RAI, in due anni, ha incrementato di 240 miliardi di lire gli acquisti sia di produzioni che di film già fatti. Tutte e due le cose rappresentano una risposta proprio all'utilità immediata, cioè aumentare la fiction, per aumentare il magazzino e non per aumentare i programmi di intrattenimento, che normalmente vengono fatti nel momento in cui i magazzini sono vuoti.

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    Domanda 14
    L'idea di abbassare di uno o due punti l'Auditel è, quindi, solo apparentemente un sacrificio: che, nel tempo, potrebbe addirittura diventare una nuova fonte di arricchimento per l'Azienda?

    Risposta
    Sì, a parte il fatto che quando mi riferisco ai tetti di Auditel, non faccio una differenza tra intrattenimento e fiction. La prova risiede nel fatto che tutte le fiction di un certo livello, realizzate dalla RAI nell'ultimo anno, hanno avuto un grandissimo successo di ascolto. Ricordiamo "Coppi", ricordiamo "La storia di Chiara", giusto per parlare di una produzione della RETE UNO e di una della RETE DUE. Sono realtà che dimostrano come un programma di fiction, se è ben fatto, ha degli ascolti superiori anche a un buon film, e certamente all'altezza di un buon programma di intrattenimento di grande ascolto. Quindi non c'è assolutamente una differenza da questo punto di vista. La differenza sta nel fatto che bisogna lavorare per evitare di fare il 25% di ascolto su una rete, sapendo perfettamente che, dal punto di vista pubblicitario, quando si raggiunge il 21%-22%, si dà all'inserzionista la stessa qualità di pubblicità. Dandogli tre punti in più di ascolto, non gli si offre un prodotto migliore. Il numero di contatti desiderato dai pubblicitari, è stato raggiunto, quindi il buon venditore ha fatto il suo dovere. Il problema si presenta nel momento in cui, per raggiungere quei tre punti in più, bisogna banalizzare la trasmissione o, addirittura, involgarirla: e credo che questo non valga la pena.

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    Domanda 15
    Un'ultima domanda: dovendo puntare, da un punto di vista strategico, sul futuro del servizio pubblico, bisogna puntare sulle tecnologie? O piuttosto sulle risorse umane, cioè sul fatto che il passaggio dall'elettronica al digitale comporterà un mutamento così radicale, anche di forma mentis, che forse la RAI rischierà di invecchiare precocemente nei prossimi due o tre anni?

    Risposta
    dovendo fare una scelta radicale, direi: la RAI è il più grande operatore culturale del Paese e deve svolgere fino in fondo questa funzione, utilizzando l'esperienza del proprio personale in magazzino e lavorando perché il magazzino diventi più forte e più competitivo, anche a livello internazionale; ma va sempre tenuto un occhio alle tecnologie, semplicemente perché, nel momento in cui, per decodificare un programma digitale ci vuole un decoder che ha bisogno di un software e, quindi, di un algoritmo che ne consenta la visione, se la RAI non fosse attrezzata a seguire questo aspetto, non potrebbe essere competitiva sul mercato internazionale. Di fronte alla rivoluzione tecnologica ci sono due modi di rispondere: o essere all'avanguardia nella tecnologia, ma questo non è possibile per la RAI, come non è possibile per la maggior parte dei broker europei. Oppure essere dei grandi produttori di storie, dei grandi produttori di fiction, dei grandi produttori di programmi: e, in questo senso, diventare grandi venditori di queste cose.

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