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    Giovanna Melandri

    Napoli, Convegno Telecom, 4 luglio 1997
    La politica italiana e le nuove tecnologie della comunicazione
  • Le opportunità offerte dalle nuove tecnologie dell'informazione possono rendere più democratico il sistema politico italiano; ma le rapide consultazioni telematiche o il voto elettronico non sono sinonimi di democrazia allargata se i cittadini non possono partecipare alla scelta dei problemi sui quali chiedere un confronto pubblico (1) .
  • Si tratta, inoltre, di tecnologie che possono accrescere la libertà di chi le usa ma che, allo stesso tempo, possono essere veicolo di controllo su chi ne utilizza i servizi  (2) .
  • L'idea di applicare un controllo sulla rete dall'alto, dai governi, è assolutamente inattuabile in quanto è contraria alla natura stessa della rete (3)
  • La comunicazione politica ha già subito enormi trasformazioni quando ha iniziato a servirsi della tv generalista; oggi le nuove tecnologie potrebbero riportarla alla sua natura argomentativa (4) .
  • In Italia ancora i partiti politici non sono stati capaci di gestire una nuova forma di comunicazione con i cittadini tramite reti telematiche (5) .
  • Le nuove tecnologie possono creare motivo di discriminazione sociale non solo tra chi ha i mezzi e chi non li ha, ma anche, e soprattutto, tra chi è in grado di gestire l'enorme quantità di informazione reperibile e chi non ha i mezzi "culturali" per farlo (6) .
  • Anche la televisione digitale a pagamento può essere un'ulteriore motivo di discriminazione sociale, pur essendo la grande promessa di rinnovamento del sistema televisivo italiano (7) .
  • In questo senso, la RAI, come servizio pubblico, ha un ruolo fondamentale (8) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    In futuro, grazie ad Internet, molto probabilmente i cittadini potranno intervenire sempre di più sulle decisioni dei governanti esprimendo più spesso il loro parere. Crede che stiamo andando verso una democrazia elettronica?

    Risposta
    Ci sono le potenzialità per far diventare queste tecnologie delle gambe che rafforzano i processi di partecipazione alle decisioni, e quindi anche alle decisioni politiche. Naturalmente, non bisogna farsi illusioni, perché, soprattutto in un paese come l'Italia ancora parliamo di una tecno-élite che ha accesso a queste tecnologie, che le sa utilizzare, che soprattutto le utilizza, appunto, anche per partecipare a processi di formazione delle decisioni. Certamente, in prospettiva, potranno favorire una maggiore democrazia, e credo che sia necessario che le forze politiche, tutti quei mediatori sociali -partiti, sindacati, associazioni che operano nel tessuto democratico e sociale- si preoccupino di utilizzare questi mezzi, di entrare in positiva relazione con la rete. Naturalmente, possono esserci anche utilizzazioni di queste nuove possibilità: il televoto, la partecipazione diretta dei cittadini ad alcune decisioni che si esprimono solo con il "sì" o il "no" ad alcune domande che sono formulate, in realtà, dai decisori. Intendo dire che il problema della partecipazione in rete non può risolversi solamente in una affermazione di consenso o dissenso rispetto a domande o interrogativi che vengono posti, e che sono stati predeterminati altrove. La partecipazione significa contribuire a tutto il processo di formazione delle decisioni e quindi anche al processo di formazione delle domande. Questo è molto importante perché altrimenti si gerarchizza una procedura che invece, nella rete, può non essere gerarchica.

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    Domanda 2
    E un altro elemento che potrebbe essere interessante valutare è il fatto che, in realtà, il cittadino potrebbe essere controllato al momento del suo intervento civile.

    Risposta
    Certo. Ma io credo che il dato anche affascinante, pure della fase di rapidissima evoluzione delle tecnologie elettroniche e anche di Internet e della rete, sia che esse stesse sono tecnologie che possono essere, in prospettiva, tecnologie di libertà, che aumentano il grado di libertà degli individui, che aumentano il grado di partecipazione nei processi di formazione delle decisioni sociali e politiche; possono, però, essere anche tecnologie di controllo. Credo che la struttura che prenderà lo sviluppo della società dell'informazione e anche dell'uso di queste tecnologie dipenderà molto dalle scelte politiche, innanzi tutto, e dal grado di capacità dei cittadini di utilizzare questi strumenti in un modo piuttosto che in un altro.

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    Domanda 3
    Quando si parla della rete si pone il problema della censura. Lei cosa ne pensa?

    Risposta
    A me ha molto colpito che la Corte Suprema degli Stati Uniti d'America abbia considerato non compatibile con il primo emendamento, il Decency Act , quella legge che, appunto, negli Stati Uniti era stata introdotta per porre dei limiti ed un controllo anche, una censura a Internet. E credo che sia stata una scelta saggia, questa della Corte Suprema, la condivido nel suo spirito, poiché penso che la rete sia di per sé un luogo anarchico, in cui la funzione di controllo non può essere svolta da uno stato censore. Ci sono meccanismi di alta regolamentazione della rete che possono essere esplorati anche positivamente, però sempre affidandoli ad operatori, al mercato, ai soggetti che la utilizzano, mai immaginando di calare dall'alto procedure, prescrizioni, vincoli e controlli. Questa sentenza della Corte Suprema americana è una sentenza storica, esemplare, che credo farà riflettere molto e riconferma quel carattere libero e non censurabile della rete, che credo sia anche uno dei suoi aspetti più importanti.

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    Domanda 4
    Un elemento fondamentale della politica è la comunicazione. Come cambia la comunicazione, il messaggio politico nell'era delle nuove tecnologie?

    Risposta
    La comunicazione politica è cambiata moltissimo con l'affermarsi della televisione generalista come media prepotentemente al centro dei sistemi della comunicazione. Ed è cambiata anche in negativo, non solo in positivo. Vorrei persino dire che, forse, Internet potrà riportare la comunicazione politica, quando sarà più diffusa di oggi, ad un grado di argomentazione, di agio dialettico che spesso la televisione comprime. I famosi sette secondi, otto secondi per comunicare un messaggio politico, sette secondi oltre i quali il telespettatore comincia a distogliere lo sguardo, (i tempi dello spot commerciale non si adattano bene alla politica), non permettono una riflessione quando la politica deve anche e riflettere su questioni che sono più complicate. Da questo punto di vista la televisione ha cambiato immensamente, anche in negativo, la comunicazione politica e, forse, queste nuove forme di comunicazione potranno, viceversa, concorrere a ridare alla comunicazione politica quel respiro di cui ha bisogno.

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    Domanda 5
    Tramite Internet si potrebbero fornire più informazioni? Come potrebbe essere, per esempio, un sito di un partito?

    Risposta
    In questo caso è necessaria un'autocritica anche rispetto al PDS, al mio partito; fino ad oggi questi strumenti sono stati utilizzati in Italia anche perché, non dimentichiamocelo, sono pochi i cittadini che l'utilizzano; essendo Internet ancora una tecno-élite, come dicevo prima, è evidente che i partiti abbiano accumulato dei ritardi ad attrezzarsi per il dialogo con questa élite. Devo aggiungere, però, -e qui pongo l'accento autocritico- che fino ad oggi i partiti hanno usato Internet, hanno usato la rete spesso prevalentemente come una vetrina, con un utilizzo monodirezionale, magari mettendo sui siti i propri documenti, le proposte di legge, gli atti; sempre meglio di niente, esse sono sempre forme, comunque, di trasparenza, nel rapporto coi cittadini, che va incoraggiato; non abbiamo ancora imparato, tuttavia, -noi stiamo attrezzandoci a farlo adesso- ad utilizzare la rete in una forma bidirezionale, offrendo notizie, rendendo trasparenti gli atti pubblici, gli atti politici di un partito, ma anche utilizzandola come strumento di ascolto e di protagonismo diretto dei cittadini.

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    Domanda 6
    Lei sostiene che la tecnopolitica può crescere le potenzialità della democrazia, però può anche creare delle classi di esclusi. Cosa si può fare per evitare ciò?

    Risposta
    Noi abbiamo approvato, nell'ultimo congresso del Partito Democratico della Sinistra, nello statuto del Partito, nella Carta d'Identità del Partito, una norma importante che prevede la possibilità di organizzare sezioni -le vecchie sezioni, luoghi di aggregazione, d'incontro dei partiti- virtuali, tutte funzionanti nel cyberspazio. Questa è una possibilità in positivo. Naturalmente, bisogna stare attenti a non costruire una società duale anche nelle forme di accesso alla partecipazione politica. Io penso che il problema, il rischio del dualismo, il rischio di una società divisa in due -una élite alfabetizzata che sa entrare in relazione con queste tecnologie e un'altra porzione di cittadinanza che invece non è in grado di farlo- sia uno dei problemi che la Sinistra si deve porre in maniera radicale nei prossimi tempi. E' il problema dell'esclusione a tante facce, che non è solamente legato all'accesso alla macchina -avere o non avere il computer-; questo è un presupposto, e da questo punto di vista ritengo che sia stato un provvedimento molto importante quello che il governo ha assunto stanziando più di mille miliardi per l'informatizzazione delle scuole italiane. Ciò, però, non basta, perché può esserci esclusione anche nell'accesso ai contenuti! Avere la macchina ma non essere in grado di accedere ai contenuti, non essere in grado di selezionare i percorsi, i processi di apprendimento nella rete, non elimina la discriminazione.

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    Domanda 7
    Lo stesso problema si potrebbe porre anche nel sistema delle pay Tv?

    Risposta
    A ben vedere, tutti gli sviluppi consentiti dallo sviluppo della tecnologia digitale presentano questa doppia faccia: grande potenzialità, grande opportunità per lo sviluppo economico, industriale, sociale del paese e rischio di formazione di nuove esclusioni. La pay TV è certamente una di queste applicazioni, perché anche nella televisione digitale a pagamento, per il cui accesso i cittadini italiani devono spendere delle risorse aggiuntive rispetto all'accesso alla televisione generalista, c'è il rischio che anche quest'ultima rimanga una televisione di élite. Poiché io sono convinta che la televisione digitale a pagamento sia una grande occasione di innovazione del sistema della comunicazione televisiva italiana, anche se rimane un'offerta proporzionalmente molto più limitata della televisione generalista, è un'occasione importante e significativa perché rompe il monopolio di un genere, il monopolio del genere della televisione generalista differenziata, che si assomiglia tutta un po'. Bisogna, dunque, immaginare delle forme di sostegno allo sviluppo di questa televisione, che favoriscano la riduzione di quel dualismo di cui anche Lei parlava. Ci sono tanti strumenti, tante possibilità. Si è parlato di incentivi alla multimedialità, per esempio. Credo che il governo può utilmente e positivamente elaborare e proporre riforme di incentivazione alla multimedialità. Naturalmente, anche un altro grande incentivo per ridurre questo carattere elitario della televisione a pagamento è la possibilità di affittare il decoder invece di comprarlo; peraltro, l'acquisto comporta sempre il rischio di una rapida obsolescenza della tecnologia e, di conseguenza, l'affitto non solo graverebbe in misura inferiore sui bilanci delle famiglie, ma potrebbe essere anche utile per non introdurre nelle case italiane tecnologie che rapidamente invecchiano.

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    Domanda 8
    E che ruolo potrebbe assumere, nel settore della Pay tv, la RAI?

    Risposta
    Io sono convinta da tempo che la RAI abbia un ruolo fondamentale, strategico da svolgere in questa fase di ristrutturazione del sistema televisivo italiano. Penso che il ruolo del servizio pubblico non possa più caratterizzarsi o identificarsi con i canali generalisti; non solo, non esclusivamente. Giudico assai positivamente questa sperimentazione che la RAI sta facendo di questi primi canali tematici, anche se sono non a pagamento, free , e, soprattutto, sono convinta che sia estremamente importante che la RAI partecipi a pieno alla definizione della piattaforma digitale italiana e quindi al bouquet dei nuovi canali tematici a pagamento, digitali, che saranno offerti sul bouquet della piattaforma italiana.

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