Maria Grazia Mattei
Milano, 11-09-1996
Il primo festival in Italia sulla formazione multimediale
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L'intervistata fa un bilancio del primo festival in Italia sulla formazione multimediale, sottolineandone l'importanza per diffondere un uso sereno e consapevole delle nuove tecnologie
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Ciò che emerge é la necessità di una riqualificazione professionale, una formazione continua, a cominciare dalla scuola e un lavoro accurato sui contenuti
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Tutto ciò deve anche servire a sviluppare servizi davvero utili per il cittadino
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Anche il mondo dello spettacolo (cinema, TV) sta già subendo una trasformazione
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In Italia c'é ancora un certo ritardo rispetto all'uso di tecnologie digitali nel cinema
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Il settore pubblico dovrà lavorare molto in questo senso e certamente si avranno risultati solo su lunghi periodi. Nel frattempo, comunque, esistono interessanti iniziative non istituzionali
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INTERVISTA:
Domanda 1
Ci può fare, per iniziare, un bilancio di questo primo festival in Italia, che viene dall'esperienza francese, sulla formazione nelle nuove tecnologie nella multimedialità? Che opportunità ha dato?
Risposta
Ci eravamo posti una serie di obiettivi, e penso che siano stati realizzati. Un obiettivo era quello di riunire attorno ad un tavolo la realtà in uno spazio, lo spazio concepito non come fiera, ma come laboratorio: le realtà più interessanti, quelle che ci sembravano più dinamiche e avviate su questo processo formativo con le nuove tecnologie, sulle nuove tecnologie europee. E' stata creata e potenziata un'area formazione, un momento conviviale di incontro: si sono alternate sedici scuole europee e altrettante realtà italiane. Abbiamo anche scoperto, delle situazioni italiane, una realtà che forse è polverizzata, ma che non ha meno da proporre rispetto ad altre realtà europee. Quindi, abbiamo scoperto la Scuola degli Effetti Speciali di Rambaldi, che sta proponendo, piuttosto che corsi avviati, riflessioni interessanti. Quell'area ha funzionato, in verità, come momento di scambi e di incontri, di dibattito, anche di tentativo di arrivare a definire se esiste un modello comune possibile, un momento di confronto. Volevamo raggiungere un obiettivo di coinvolgimento col pubblico, per non creare un ambiente di riflessione solo teorica, forse anche molto approfondita, scientificamente avanzata e corretta; ma volevamo divulgare, far capire, che formazione vuol dire misurarsi con questo processo innovativo, nel mondo del lavoro e nel sociale, in una maniera leggera, in una maniera non punitiva. Perché delle tecnologie non bisogna aver paura, con le tecnologie occorre misurarsi, bisogna dominarle ed è necessario imparare ad usarle. Verso quale traiettoria, era un'altra delle domande che questo incontro di due giorni si è posto. Verso quale traiettoria, vuol dire: verso quali mestieri, come ci si pone rispetto a questa trasformazione.
Domanda 2
Quali sono i mestieri emergenti che sono risultati da questo incontro e dal convegno che si è tenuto?
Risposta
Io ero abbastanza preoccupata di lanciarci in previsioni con la sfera di cristallo dove qualcuno dice: "andiamo per questa direzione, scompaiono questi mestieri..."; o che pure si creasse un appuntamento dove emergesse solo l'ansia rispetto a qualcosa che sta mutando, di cui nessuno coglie bene i confini. Invece, devo dire, proprio dal convegno che è stato organizzato con la Camera del Commercio di Milano che porta lo stesso titolo del Festival, abbiamo capito, fondamentalmente, due cose, grazie agli interventi che ci sono stati. La prima riguarda, intanto, l'urgenza per la riqualificazione professionale, l'aggiornamento continuo, ciò che viene chiamato "formazione continua". A questo proposito ci sono stati degli interventi che hanno sottolineato la possibilità di liberare tempo nel lavoro da dedicare ad un discorso di riqualificazione e di aggiornamento. Si impone, a questo punto, una serie di riflessioni di ambito sindacale e legislativo. E' chiaro che il mondo del lavoro si deve attrezzare per non subire quest'onda, ma in qualche modo, già da adesso, cercare di dominarla.
L'altro aspetto importante è il ruolo della scuola rispetto a questa formazione, se non continua, almeno proiettata in avanti. La scuola ha un grande compito, che consiste nel recuperare un gap esistente, non c'è dubbio, attraverso interventi, progetti; deve soprattutto legarsi, immediatamente, anche ad una domanda che viene dal mondo del lavoro. Tra i due mondi, quello formativo scolastico e quello formativo aziendale, le nuove tecnologie gettano un ponte perché mai come adesso c'è una necessità di creare una saldatura tra queste due realtà. Questa urgenza è emerso chiarissimamente in diversi interventi, come quello del rappresentante del Ministero della Pubblica Istruzione. Anche Antonio Pilati, per esempio, a questo proposito ha svolto una ricerca che ha espresso nel suo intervento, interessantissimo, in cui aggiungeva anche altro a questo primo grosso schema. Lui sosteneva che, nelle professioni emergenti, a questo punto, si possono individuare tre traiettorie possibili. Quali sono queste professioni? Sarà il Content Provider, oppure sarà lo sviluppatore di comunicazione, lo sviluppatore di interfaccia? Questo non è un fatto tecnico, ma un'operazione che struttura la comunicazione in modo da arrivare a creare messaggi, a dare messaggi con il nuovo fruitore. Certo, si dispone di queste professioni, e si possono anche facilmente identificare; però è importante provare a categorizzarle, non per fare della teoria, ma per sapersi orientare. La prima questione è quella secondo la quale andranno avanti una serie di professioni che lavoreranno sui contenuti, sulla formazione, sull'organizzazione delle informazioni. Accanto ad un sapere di tipo tecnico, dunque, lavora un sapere di tipo contenutistico, che deve imparare ad essere sfruttato come bene economico. In sintesi, tutte le professioni che sapranno organizzare i contenuti, che sapranno offrire i servizi sulle organizzazioni dei contenuti in rete o fuori rete, off e online, saranno le professioni che avranno più spazio nella futura società dell'informazione. In secondo luogo, importante è il discorso sulla specializzazione; voglio dire che è necessario spingere l'acceleratore anche su un'innovazione di tipo tecnologico -io aggiungo- ad uso sociale. Ad uso sociale vale a dire che non basta più il software "carino", quello che disegna meglio dell'altro, quello che aggiunge la performance in più, e via dicendo; occorre che questi prodotti a tecnologia avanzata siano già pensati e concepiti per uso sociale in varie direzioni, perché una delle grosse fasce di sviluppo sarà quella della funzione dell'applicazione sociale delle tecnologie soprattutto telematiche. In questa prospettiva, per esempio, si guarda allo sviluppo della telemedicina, allo sviluppo dei vari servizi ad uso del cittadino: a tutto quello che servirà a fornire lo strumento perché la società dell'informazione diventi un fatto economico vero, che funzioni, che sia efficiente, che crei servizio ad uso del cittadino. Il terzo punto, che torna ed è presente ovviamente in qualsiasi tipo di sviluppo professionale, riguarda il settore commerciale; poiché anche il settore commerciale è presente, si riorganizza sulle nuove tecnologie e con le nuove tecnologie. Anche in questo settore è fondamentale il discorso del telelavoro.
Domanda 3
Manca la società dello spettacolo!
Risposta
Manca la società dello spettacolo, che può essere riassunta nel primo schema per il quale l'organizzazione dei contenuti riguarda il modo di trasmettere contenuti. Quali sono, in questo campo, i settori applicativi emergenti? Sicuramente, la società dello spettacolo rappresenta un "trend" forte dal punto di vista occupazionale. Nel mondo dei media, il cinema come forma di spettacolo classico è in via di trasformazione; anche se rimarrà "cinema" accanto ad un altro, parallelo, di tipo interattivo. Il cinema stesso, come pellicola, sta già subendo questo impatto; chi lavora nel cinema avrà, da una parte, necessità di riqualificarsi, dall'altra parte la necessità di dare spazio e ospitalità a delle figure professionali che, fino a ieri, erano considerate solo tecniche, le quali, probabilmente, saranno gli art director, i registi del futuro.
Domanda 4
Esistono società francesi che producono effetti speciali nel cinema digitale, o nelle nuove forme di cinema dinamico; e anche diversi centri di formazione avanzata nel campo dell'animazione digitale, che non sembrano avere equivalenti in Italia. Il cinema italiano rischia di restare asfittico rispetto a quello americano, ma anche nei confronti del cinema europeo?
Risposta
Il cinema italiano, sicuramente è un passo indietro rispetto ad un'evoluzione che è in atto a partire dalla grande industria americana per arrivare anche all'industria europea. Non mi addentro in analisi dei mercati asiatici, ma immagino che anche lì ci sia subbuglio e movimento. L'Italia, in questo campo, sicuramente deve superare il gap rispetto alla formazione; e deve accettare il nuovo processo evolutivo produttivo che tiene conto delle nuove tecnologie, cercando di utilizzarle, senza spingere l'acceleratore troppo avanti. Le tecnologie offrono il massimo delle potenzialità espressive, ma possono offrire anche delle soluzioni eccellenti per ridurre i costi ed arrivare a produrre in un modo più semplificato. Ciò richiede un grosso sforzo culturale, perché credo che, proprio in questo momento, i nostri registi, i nostri creativi, debbano rendersi conto che possono utilizzare questi mezzi senza timore. Il passo successivo al superamento di un pregiudizio culturale, sarà quello della creazione; e allora occorre la formazione, occorre che qualcuno si decida a sperimentare ed investire denaro in questo senso. Voglio aggiungere che non è neanche tanto vero che in Italia non ci sono risorse umane e tecnologiche per progredire più velocemente in questo processo. Le tecnologie le abbiamo; e, comunque, delle botteghe ipertecnologiche si sono mosse in questi anni, senza aspettare la formazione di tipo istituzionale, o quella di tipo aziendale: l'esperienza è stata vissuta sul campo. Quindi, fortunatamente, abbiamo delle società che possono lavorare attivamente per sviluppare dei buoni prodotti con tecnologie avanzate. Bisognerebbe riuscire a riagganciare i processi produttivi di coproduzione.
Domanda 5
Le accademie d'arte, però, in Italia, non sembrano aggiornarsi o reorientarsi rispetto ai nuovi mestieri come accade, invece, all'estero. Da dove deve venire questa spinta propulsiva? Solo dal settore privato? O anche a livello pubblico sarebbe il caso di cominciare a porre le fondamenta di una nuova formazione?
Risposta
Sicuramente, una formazione di base non può non essere che pubblica. In questo momento, alcune istituzioni private hanno tamponato una domanda, hanno agito e reagito su una domanda manifesta ed irrisolta da parte delle istituzioni pubbliche. L'istituzione pubblica deve occuparsi di tutto questo. Si stanno studiando progetti e sono state annunciate delle iniziative in proposito. Il campo d'azione, sicuramente, è molto complesso poiché si deve esplorare un retroterra che non è mai stato coltivato prima. Non voglio, con questo, scusare il ritardo, ma, c'è sicuramente un enorme lavoro da svolgere. Anche se l'istituzione pubblica intervenisse da domani, non riuscirebbe a risolvere il problema, perché può lavorare nel medio-lungo periodo. E' comunque importante che dal settore pubblico arrivi un'indicazione perché si cominci ad intervenire almeno dalle elementari in su. Le accademie d'arte italiane risentono chiaramente di una legislazione che è ancora ferma, la quale, se si confronta con quelle europee, si rende evidente la sua diversità. Ed è alle realtà europee che si deve rivolgere l'attenzione, così come anche ad altre scuole di tipo umanistico che devono accogliere questo genere di strumenti, e far sì che gli studenti lavorino e si misurino culturalmente con questi strumenti non solo tecnologicamente. Queste scuole (accademie d'arte, licei artistici), hanno una grossa responsabilità nella creazione di nuovi linguaggi, per un loro uso più avanzato e intelligente. In Italia, però, si scopre che esistono realtà isolate che suppliscono alle carenze strutturali ed istituzionali per volontà del preside, del direttore, del docente particolarmente illuminato. In questo senso si scoprono progetti e modelli di sviluppo ancora più interessanti delle strutture europee più organizzate. Dunque cosa manca in Italia? Manca un piano organico, poiché quello che esiste va valorizzato. E' chiaro, dunque, che è necessaria una intelligente pianificazione.
Domanda 6
Anche in ambito universitario, in Italia, non mi sembra che esista ancora un master sulla multimedialità.
Risposta
Proprio al festival hanno svolto una piccola inchiesta esplorativa per capire quale fosse la realtà italiana; mentre ci arrivavano risposte dall'Europa e si presentavano istituzioni focalizzate sui nuovi media, oppure scuole classiche tradizionali che avevano già accolto questo tipo di strumentazione. Poi, come accennavo prima, si sono scoperte delle istituzioni, dei modelli e delle proposte. Però non credo che esista un master multimediale; esistono laboratori, esistono aperture spesso anche personali. Comunque il dibattito esiste, si sente il bisogno di confrontarci con questa nuova realtà. Si è aperta una breccia; spero che questo festival l'abbia aperta, in modo da poter andare avanti. In questa occasione sono stati toccati dei punti che vanno approfonditi. Bisogna andare avanti.