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    George P. Landow

    Milano, 26-11-1997
    La grande potenza del testo quando diventa ipertesto
  • L'intervistato offre una sua definizione di ipertesto  (1) .
  • Se sia la scrittura ipertestuale a figurare tra i sottoinsiemi di quella lineare o viceversa non è il nodo fondamentale nell'analisi della forma di testo ipertestuale. E' innegabile, infatti, che è la complessità stessa del testo, anche se questo è lineare, a generare una natura di consultazione ipertestuale (2) .
  • Spesso si considera come esempio di ipertesto il World Wide Web, anche se esistono forme di ipertesto assai più complesse e ben strutturate, come l'ambiente di scrittura elettronico "Storyspace". Infatti sul Web i link ipertestuali sono tutti della stessa natura e non forniscono indicazioni al lettore sul punto di navigazione al quale si è giunti (3) (4) .
  • L'intervistato presenta la nuova versione del suo libro "Hypertext 2.0" (5) .
  • Tra testo lineare, ipertesto e testo digitale non esistono opposizioni nette e assolute; si tratta, infatti, di forme di scrittura che sempre offrono la possibilità di lettura ipertestuale. Ma il vero ipertesto è quello che oltre alla lettura multisequenziale offre la possibilità di intervento sul testo con la creazione di nuovi link (6) .
  • La diffusione della stampa ha contribuito all'affermazione di un forte concetto dell'autore e della sua proprietà sull'opera. Oggi la scrittura elettronica rimette in discussione questo ruolo centrale dell'autore, riconducendo la sua autorialità non al singolo libro ma al paradigma della biblioteca, ovvero dell'opera collettiva (7) .
  • L'autore che vuole comunicare messaggi forti, autorevoli, deve essere in grado di creare una nuova potenza alla sua voce singola e isolata. In generale, l'ipertesto fornisce diverse possibilità di lettura del testo, anche quella di procedere, nella fase di prima lettura, seguendo esclusivamente il percorso originario dell'autore (8) ;
  • l'intervistato spiega quali sono le differenze che si possono rilevare tra l'esprimere le proprie opinioni in forma lineare e farlo, invece, in forma ipertestuale (9) ,
  • e illustra, inoltre, l'utilità dell'ipertesto nell'insegnamento attraverso la sua personale esperienza (10) (11) .
  • L'intervista termina con una analisi della narrativa ipertestuale fino ad ora prodotta (12) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Qual è la sua definizione di ipertesto?

    Risposta
    Definirei l'ipertesto come qualsiasi forma di testualità - parole, immagini, suoni - che si presenti in blocchi o lessie o unità di lettura collegati da link. Si tratta, essenzialmente, di una forma di testo che permette al lettore di abbracciare o di percorrere una grande quantità di informazione in modi scelti dal lettore stesso, e, nel contempo, in modi previsti dall'autore. Se dovessi definire l'ipertesto con una o due frasi, direi che l'ipertesto è una forma di testo composta da blocchi di "scrittura" e immagini collegati da link, che permette una lettura multilineare: non una lettura non lineare o non sequenziale, ma una lettura multisequenziale.

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    Domanda 2
    Lei pensa che ci sia una totale opposizione fra ipertesto e testi lineari, oppure crede che l'ipertesto sia una forma di generalizzazione del concetto di testo?

    Risposta
    Non so bene quale sia il modo giusto di affrontare questa questione. Ted Nelson sostiene che l'ipertesto sia la forma di testo più basilare, e che la testualità lineare sia un sottoinsieme degli ipertesti. Altri sostengono, viceversa, che l'ipertesto sia un sottoinsieme del testo lineare e che ne sia un ampliamento. Io non so bene cosa sia vero; certamente c'è una relazione tra queste due tipologie, ed io penso che dipenda da quali tecnologie di informazione si usano. È chiaro che quando si comincia a scrivere un testo strutturalmente semplice si tratta - in genere - di un testo lineare. Tuttavia, appena un autore comincia a sviluppare registri più complessi in testi scritti a mano o stampati, ci si ritrova a confrontarsi con cose simili a note a piè di pagina o alla glossa ordinaria nelle Bibbie medievali, in cui si cerca di rendere possibile l'aggiunta di ulteriori informazioni ad un testo lineare. È quasi una questione di sofisticazione! Non si tratta tanto di una questione di semplicità del testo, quanto quasi di un avvicinamento del testo al lettore. Con questo intendo dire che sembra del tutto ovvio che i lettori, all'inizio, leggano soltanto in un modo più o meno lineare; a mano a mano che diventiamo più sofisticati, tendiamo ad usare note a piè di pagina, glossari, e a lasciare il testo che stiamo leggendo per consultarne un altro, e poi tornare al primo. Questo processo è molto simile, ma non del tutto identico, all'esperienza della lettura di un ipertesto. Naturalmente, ci sono testi che sono più ipertestuali di altri. I testi scolastici che contengono note a piè di pagina o in fondo al libro, o glossari, sono molto più ipertestuali di un semplice romanzo o di un racconto. D'altra parte, le enciclopedie sono opere quasi del tutto ipertestuali.

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    Domanda 3
    Abbiamo un modello di ipertesto - probabilmente quello più conosciuto dal grande pubblico - che è il World Wide Web. Pensa che quando parliamo di ipertesto, la maggior parte delle persone tenda a riferirsi al WWW?

    Risposta
    Nella nuova versione del mio libro, Hypertext 2.0, si discute molto fino a che punto il WWW sia un vero ipertesto. Dovrei cominciare col dire che il WWW, per quanto sia inestimabile, è, tuttavia, una forma di ipertesto molto primitiva, appiattita e ridotta. Inoltre, ha l'effetto dannoso di abbassare le aspettative della gente, di far sì che le persone vogliano qualcosa di molto simile alle potenzialità dei libri senza avere le potenzialità di ciò che è elettronico. Sono diversi i motivi per i quali il WWW risulta così noioso, ed in parte è per il modo di fare collegamenti, poiché si tratta di un modo che comprende solo un tipo di link. Questa è la prima ragione. In secondo luogo c'è soltanto una possibilità di collegamento dal singolo al molteplice, e molti browser WWW permettono di utilizzare, in modo utile, solo un tipo di finestra e solo una finestra per volta, a meno che il lettore sia molto sofisticato. In altri tipi di sistemi di ipertesto - Storyspace, Intermedia, Microcosm, Sepia - alcuni scrivono co n una tecnica simile al collage, fanno esperimenti con forme di discussione, con l'uso di immagini e colori nei modi più diversi. Il WWW tende ad annullare tutto questo. Posso riportare un esempio: se io lavoro con uno di questi sistemi ed uso le modalità OVERVIEW o HOMEPAGE, posso collegarmi a un documento che funge da contenitore generale, e poi attivare automaticamente, da questo, i link specifici. Supponiamo che io abbia un titolo: "relazioni letterarie"; se parlo di opere di Henry James o James Joyce o di Giovanni Boccaccio, io posso, allora, collegare al titolo "relazioni letterarie" molti oggetti diversi, molti argomenti diversi. Ma in WWW si deve fare un link semplice, e, poi, manualmente, aggiungere ogni singolo link ogni volta che arriva un nuovo documento. Sebbene il WWW sia considerato molto dinamico, tuttavia, lo è in maniera molto regressiva, poiché obbliga le persone a passare molto tempo ad aggiungere le cose manualmente. Per questa ragione molti link muoiono: il sistema è inadeguato. Un'altra caratteristica che manca nel WWW è un tipo di ipergrafico dinamico. Si tratta di un dispositivo che si attiva quando un lettore apre un link; tale dispositivo comunica al lettore dove lui o lei possono andare dopo. In sistemi che hanno dispositivi come questo, quali Storyspace, Intermedia, Microcosm, il lettore non si perde mai; si è sempre orientati, perché non soltanto si sa dove si può tornare, ma si conoscono anche i modi per andare avanti, e si ha quello che Mark Bernstein chiama "airlock": prima di cadere nell'oscurità, un dispositivo ci permetterà di sapere dove siamo e dove si può andare. Il WWW per il momento non possiede nessuna di queste caratteristiche. Tuttavia, il WWW ha avuto un'importanza enorme, e questo per due ragioni: la prima consiste nella gratuità dell'uso; la seconda, nel fatto che il WWW offre, comunque, una certa idea dell'ipertesto. Ted Nelson parla di "docuverse": tutti i documenti del mondo potrebbero, potenzialmente, essere collegati. Per quanto mi riguarda, il WWW è per Internet quello che il programma Hypercard è stato per i personal computer: Hypercard ha a che vedere con il momento dell'informatica legato al singolo personal computer, mentre il WWW ha a che vedere col personal computer collegato ad Internet. In entrambi i casi, tuttavia, l'utente adopera il sistema come un software praticamente gratuito ed è stimolato a volere molto di più. Si potrebbe sostenere che da Hypercard è venuto il WWW, e forse dal WWW avremo una forma di ipertesto più ricca, accessibile a molti.

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    Domanda 4
    Lei ha parlato di Storyspace. Può essere interessante delinearne la storia: come si è sviluppato, ed anche come continuerà a svilupparsi.

    Risposta
    Storyspace fu inizialmente ideato da un gruppo molto interessante, composto di tre persone: John Smith era un famoso professore di informatica negli USA; Jay Bolter, un classicista, da allora è diventato un teorico molto importante della tecnologia dell'informazione; è l'autore di Turing's Man e di Writing Space. Infine, Michael Joyce, che è forse il romanziere e narratore di ipertesti più importante al mondo, certamente il primo scrittore di ipertesti di alto livello. Essi progettarono una specie di ambiente di scrittura che avrebbe consentito di realizzare esperimenti nello spazio elettronico. All'epoca chiamarono questo progetto "l'Intermedia dei poveri", nel senso che ha molte delle caratteristiche del grande sistema Intermedia senza averne il prezzo elevato. È un sistema autonomo, si usa essenzialmente con una sola macchina, anche se quest'ultima può essere messa in rete; non funziona, tuttavia, come un vero ipertesto di rete: se io opero un cambiamento con la mia macchina su un ipertesto non lo si vede finché non salvo il documento e lo copio in ogni macchina, o lo distribuisco ad ogni macchina. Si tratta di un ipertesto non simultaneo, se confrontato con un vero ipertesto in tempo reale o simultaneo. Che cosa ha di buono Storyspace? Anzitutto, è molto facile creare i link, poiché non è necessario programmare niente. Inoltre, funziona con un'interfaccia grafica. In altre parole, se si vuole fare un link, si può usare il mouse per evidenziare una parola o una frase, si preme un tasto, poi si preme di nuovo dove si vuole che arrivi il link. Si può allora dargli un nome; si possono avere vari link contemporaneamente, e quando si selezionano, appare un menu che si forma automaticamente. In questo modo gran parte del lavoro è già svolto in modo automatico, ed è molto facile riconfigurare i link, cancellarli, rinominarli e così via. Ciò verrà reso superfluo, annientato dal WWW? Fino ad un certo punto, la risposta è affermativa, dal momento che molti di coloro che potrebbero voler usare un sistema come Toolbook, Storyspace, Intermedia, possono avere accesso alla rete Web. Durante i corsi di teoria letteraria e ipertesti ho scoperto che gli studenti che hanno usato Storyspace trovano molto frustrante lavorare nel Web; essi vedono la rete come una versione dell'ipertesto molto restrittiva e la ritengono molto "stupida"; ciò riduce il loro desiderio di scrivere nel WWW. Eppure molte persone si imbatteranno nella rete; quale vantaggio, allora, può avere Storyspace? Ebbene, per le persone che stanno imparando a farlo ha due pregi importanti; il primo consiste nella facilità di fare link e creare un modello di rete più vasto. Molti dei siti Web letterari e culturali che sono stati creati originariamente in America si basano su Storyspace che li esporta, a sua volta, in HTLM; vale a dire che si può prima realizzare un ipertesto in Storyspace e poi perfezionarlo, se si vuole. Il secondo grande vantaggio di Storyspace è che offre una visione molto più ampia e completa dell'ipertesto che si sta realizzando. Qual è il suo futuro, io non so dirlo. Immagino che tutti i sistemi di ipertesto attuali saranno limitati per il fatto che operano negli ambienti informatici di oggi. Nei prossimi tre-cinque anni prevedo che tutti i sistemi operativi che abbiamo ora, che siano del tipo MacOS o del tipo Windows, dovranno evolversi verso qualcosa che integri in maniera più efficiente Internet, cioè verso il cosiddetto "docuverse", con le capacità della macchina indipendente. Ci sono già molti ambienti informatici che funzionano in questo modo; il britannico Microcosm e l'americano Dynatext sono entrambi esempi di sistemi di documenti che hanno una forma di ipertesto in cui ciò che si fa sulla propria macchina si riflette nel modo in cui si vede il WWW. In altre parole, si potrebbe aprire un documento di qualcun altro in Dynatext e inserire i propri link nel documento di qualcun altro (la stessa cosa vale per quello che si può fare con Microcosm). È un po' un fondersi del sé con l'altro senza fare connessioni. È un mo do quasi automatico di creare comunità del sapere digitali, virtuali.

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    Domanda 5
    Parliamo ora della nuova versione del suo libro, Hypertext 2.0. Può dirci quali sono le differenze principali fra questa nuova edizione e la prima edizione del libro, quali sono i punti che ha cambiato o sviluppato nella sua esposizione?

    Risposta
    Hypertext 2.0 ha cercato di andare di pari passo con ciò che accade nell'ipertesto e nella cultura digitale... è come tentare di colpire un bersaglio mobile quando il bersaglio si muove a grande velocità. Naturalmente, la cosa più importante che si deve considerare è la questione del tipo di rapporto esistente tra il WWW e l'ipertesto vero e proprio. Il primo capitolo è stato diviso in due nuovi capitoli; c'è ancora il tentativo di mostrare una convergenza tra forme diverse di ipertesto e l'attuale teoria critica, la teoria del postmodernismo e il poststrutturalismo. La nuova parte cerca, tuttavia, di considerare una vasta gamma di sistemi di ipertesto dal WWW agli altri, come Dynatext, Storyspace, Sepia o HyperG, mostrando come ciascuno sia, in un certo senso, generato - se si può chiamare così qualcosa che è immateriale - dalle teorie dell'ipertesto. Ogni capitolo, in realtà ogni pagina, è stato cambiato, perché piuttosto che fare ampi riferimenti a Intermedia ho cercato di riferirmi ad un più generico med ium di ipertesto e, successivamente, di riferirmi a sistemi specifici via via che andavo avanti. Inoltre, sono state aggiunte nuove parti sulla teoria della letteratura; c'è una nuova sezione su Deleuze e Guattari e i Plateaux e l'idea di rizoma e dell'ipertesto come scrittura rizomatica. Sono state aggiunte le sezioni sull'insegnamento, poiché il mio modo di usare l'ipertesto nell'insegnamento è cambiato e perché è passato dall'ipertesto puramente informativo, molto strutturato, alle applicazioni dell'ipertesto, che mettono in risalto il fatto che gli studenti devono inventare nuove forme di scrittura per l'ambiente elettronico. Allo stesso modo, il capitolo sulla narrativa e sulla poesia ipertestuali è molto più lungo, perché ora si hanno molti più esempi di grandissima narrativa ipertestuale di quando ne scrissi in precedenza. C'è un capitolo del tutto nuovo sulla scrittura per l'ambiente elettronico che riassume quanto sono riuscito a concludere sulla stilistica e sulla retorica degli ipermedia. Inoltre, c'è del nuovo materiale nella sezione sulla politica degli ipermedia, in cui introduco alcune questioni che sono state sollevate rispetto WWW: parlo della censura e della mia idea che la maggior parte delle questioni che sono state sollevate sulla censura siano, in realtà, questioni economiche e non riguardino assolutamente la salvaguardia della morale.

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    Domanda 6
    Per quanto riguarda la critica letteraria moderna, la teoria dell'ipertesto appare collegata con l'approccio decostruzionista allo studio dei testi. D'altra parte, dal punto di vista formale l'ipertesto sembra essere qualcosa di fortemente strutturato. Cosa ne pensa della relazione fra ipertesto e decostruzionismo?

    Risposta
    Cercando una relazione fra ipertesto, strutturalismo e costruttivismo, bisogna ricordare che ci sono varie modalità e generi di ipertesto proprio come ci sono diverse modalità e generi di scrittura e di stampa. Certamente, quando si considera una enciclopedia, un manuale di consultazione, un compendio di ingegneria, essi appaiono testi estremamente strutturati, e si vorrebbe impedire a chiunque di aggiungere qualcosa o di cambiare il testo; non si vuole che il manuale per riparare l'aereo su cui si vola sia aborracciato da un amatore. D'altra parte, l'ipertesto didattico e l'ipertesto creativo tendono a variare nel loro grado di strutturazione. Michael Joyce, lo scrittore di romanzi ipertestuali, osservò, diversi anni fa, in un articolo importante, che ci sono due tipi di ipertesto: l'ipertesto in cui si scoprono delle cose e l'ipertesto che si costruisce. Per una teoria dell'ipertesto, possiamo dire che esso viene soltanto letto e il materiale - come in una enciclopedia - è già lì, ma i lettori si creano la loro propria esperienza basata sulle scelte personali. Questo è un modo di considerare la questione. Un altro modo è: dipende da quanto è grande la rete, da quanto è ampia. Se si parla di un'enciclopedia di cultura, di storia dell'arte o di un dizionario in forma elettronica, o si parla solo del dizionario, esso è qualcosa di perfettamente strutturato. Ma se quel dizionario è inserito nel WWW, e chiunque può imbattersi in un elemento di quel dizionario usando un motore di ricerca o un link, allora, lo stesso documento diventa molto meno strutturato perché può essere usato in vari modi. Ci sono diverse forme di ipertesto. Se si guarda alla loro genesi, una forma di ipertesto è originariamente creata per la stampa in volumi separati; un'altra forma di ipertesto è quello creato per un ambiente elettronico. Ciascuno di essi porta le tracce di come devono essere usati e di come sono stati usati in passato. Una domanda può essere: che cosa avviene nella strutturazione quando un documento, una unità di lettura può avere molte funzioni? A questa domanda risponderò con un esempio, considerando un'edizione a stampa o un piccolissimo ipertesto di un lavoro didattico, o anche un'opera creativa; un brano di Dante: se si guarda il brano e si trova un riferimento a Sant'Agostino, in un libro si potrebbe avere una nota a piè di pagina. Si potrebbe anche avere l'equivalente di una nota a piè di pagina nel WWW. Poiché la lunghezza è molto diversa, e nel formato elettronico diverse sono le risorse, ciò che deve essere una piccola nota a piè di pagina nella stampa, nel WWW o in un altro sistema di ipertesto potrebbe essere un intero saggio. Ora: la questione è che il saggio potrebbe essere il documento principale e Dante potrebbe funzionare come nota a piè di pagina, oppure Dante potrebbe essere il documento principale e quel saggio potrebbe essere la nota a piè di pagina. Quello stesso saggio può, in realtà, essere collegato a qualcosa su Sant'Agostino. Attualmente sembra che ci sia un contrasto tra gerarchie accuratamente struttu rate e ciò che avviene nei testi nel WWW. Penso che le persone che lavorano con SGML e le teorie delle strutture del testo debbano creare forme dinamiche di strutturazione dei testi in modo che queste strutture solide esistano e allo stesso tempo si modifichino mentre vengono lette in contesti diversi. Lei mi ha posto la domanda sulla relazione con la critica letteraria. Dal mio punto di vista non c'è molto collegamento tra l'ipertesto e lo strutturalismo, viceversa, credo che i collegamenti siano fra l'ipertesto e il poststrutturalismo. Ma, di nuovo, una delle cose che Jacques Derrida - il "padre" del poststrutturalismo - ci insegna, è che non serve a nulla fare opposizioni nette, opposizioni binarie; perciò, non si possono realmente giustapporre, opporre diametralmente, testo stampato ed ipertesto, o testo stampato e testo digitale e considerarli come bianco e nero, come due cose opposte, poiché esse si compenetrano. Si tratta, in realtà, di un modo di pensare in termini di spettri, che in certe a ree di interattività - delle nozioni del sé, della proprietà intellettuale, dell'impermeabilità - i testi stampati esistono ad un'estremità dello spettro e un po' più in là abbiamo l'ipertesto. Il testo digitale si trova a metà strada. Non si può pensare ad opposizioni assolute, non ha molto senso.

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    Domanda 7
    Sembra, dalla sua esposizione, che Lei abbia una concezione dell'ipertesto in cui molto importante è la possibilità di cambiare dinamicamente la struttura stessa del testo; in altre parole, molto importante risulta la possibilità di collaborare. In questa prospettiva, che ne è dell'autore?

    Risposta
    La nostra sensazione che l'autore sia diverso in un ambiente elettronico è assolutamente giusta, perché penso che le nostre nozioni di autorialità, il nostro timore della collaborazione, molte delle nostre concezioni sul diritto d'autore e la proprietà dell'autore derivino direttamente dal mondo della stampa. Era necessario dare agli editori, ai librai e agli autori i mezzi per sopravvivere economicamente - molti dei primi editori fallirono - perciò abbiamo sviluppato un concetto di proprietà dell'autore. Affermiamo questo forte concetto di professione dello scrittore per il quale, essenzialmente, ciò che si suppone che gli autori facciano è creare qualcosa dal nulla. In questa prospettiva, hanno molto più senso sia l'idea del poststrutturalismo sia l'idea medievale, che ritiene l'unico vero creatore Dio; in base a tale concezione gli esseri umani combinano le cose tra loro e basta. Il concetto dell'autore "forte" ha molto senso se si pensa che il nostro paradigma sia un libro, ma con il libro elet tronico tale concezione non funziona altrettanto bene. Proviamo a pensare che il nostro paradigma sia non il libro ma la biblioteca: ogni autore ha solo in parte voce in capitolo nella biblioteca; e non ci stupiamo che io scriva un libro, lo pubblichi, che il libro venga messo in biblioteca e poi un mese più tardi appaia un altro libro. Questo è ciò che, in realtà, accade continuamente in un ambiente elettronico; e una volta che si sposta il proprio paradigma per pensare ad una biblioteca anziché al singolo libro, il concetto di un controllo condiviso di tutte le idee che arrivano in uno spazio intellettuale non è affatto sorprendente, perché questo è quello che succede. Se si osserva la sezione delle recensioni dei libri, si noterà che le idee cambiano appena si aggiungono nuove idee. Per tale ragione io penso che ciò che dobbiamo fare sia modificare il nostro pensiero, in modo da guardare alle biblioteche elettroniche come ad un mezzo per affrontare questa crisi della cultura, per non vederla più come il si ngolo documento o il singolo libro. Quando si pensa al modo in cui i libri sono effettivamente scritti, naturalmente siamo molto più vicini ai film. Il mio editore ha molto da dire, e anche il grafico; tutte le persone che hanno contribuito alle mie idee dovrebbero partecipare. E come ho mostrato in tutte e due le versioni del mio libro, nelle scienze, il concetto di autorialità è molto diverso da quello che c'è negli studi umanistici. Io credo che siano le condizioni economiche diverse che hanno regolato il criterio di qual è l'autore forte e l'autore debole. Se in medicina uno possiede un laboratorio e ottiene finanziamenti per il laboratorio, il suo nome va sui documenti che sono scritti in quel laboratorio. Se uno conduce la parte principale di un esperimento, in molte scienze, il suo nome è scritto su tutti i documenti che vanno sotto quella rubrica. Nelle materie letterarie io posso dare ai miei studenti i miei appunti, potrei dare alle persone quadri che ho collezionato che sono molto difficili da trov are, posso dar loro manoscritti e, se sono fortunato, mi ringrazieranno nella prefazione per essere stato d'aiuto. Se ciò avvenisse nelle scienze, sarei considerato il co-autore. Questo mi è successo molte volte: ho fatto pubblicazioni in riviste scientifiche o in riviste e qualcuno ha detto: "Abbiamo messo il tuo nome sulla rivista", e ho scoperto che avevo scritto qualcosa. Evidentemente è una questione di definizione culturale e di decisione economica per le quali ci siamo abituati a un determinato concetto dell'autore forte; ciò è stato necessario fino ad ora, ma penso che falsifichi la realtà in molti modi. In un bellissimo libro scritto da un signore che si chiama James Boyle sulla legge e Internet, l'autore osserva che i problemi dell'Occidente col Terzo Mondo spesso nascono dai concetti di Copyright basati sul nostro concetto dell'autore forte. Una tribù o un gruppo di persone, per esempio, non possono avere il copyright su nulla, poiché tutto ciò che creano è qualcosa di dominio pubblico. Q uindi, se uno scienziato occidentale va in qualche comunità rurale e prende il grano che quei contadini hanno selezionato in millenni e che è resistente alla muffa e alla putrefazione, lo porta a casa, opera delle piccole modifiche, lo scienziato può prendersi il copyright su quello. Adesso il contadino deve pagare per il seme a cui lui ha contribuito per il 99 per cento; gli agricoltori pensano che gli è stato rubato il lavoro; la ditta che produce i semi pensa che essi gli vengono rubati, e questo perché si ha un'idea diversa dell'autore forte. L'autore forte è la comunità oppure è l'individuo, che secondo la definizione del sé della società occidentale può essere una ditta? Questo è un caso in cui entrambe le definizioni hanno un senso; entrambe provengono da culture diverse e stanno causando moltissime privazioni e incomprensioni. Penso che dovremmo avere una maggiore autocoscienza delle nostre idee di autorialità prima di poter decidere cosa ne vogliamo fare.

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    Domanda 8
    D'altro canto, sembra che l'autore che non è più forte senta ancora l'esigenza di un messaggio forte: in genere c'è un messaggio preciso che l'autore vuol trasmettere, specialmente nelle scienze umane. Come può, quest'ultimo, mantenere la possibilità di trasmettere un messaggio forte in un contesto in cui egli stesso non è più un autore forte, "tradizionale"?

    Risposta
    Penso che ci siano modi in cui l'autore può mantenere la voce unitaria, se questo è quello che l'autore vuole. Di nuovo, si ritorna alla differenza tra il paradigma del libro e della biblioteca: se un individuo vuole mantenere l'isolamento della voce o la potenza della singola voce, si deve creare una zona di isolamento intorno a quella voce. In altri termini, le persone che stanno scrivendo in ambienti multivocali, complessi, devono sviluppare una retorica e una politica della voce forte, e questo è abbastanza possibile. D'altro canto, per quanto riguarda la versione elettronica del mio libro, penso che si possa affermare che esso contiene una voce forte che lo percorre; ha un tono molto caratteristico, una specifica scelta degli argomenti; nella cultura della stampa, tale specificità è la mia voce. Quando io ne ho fatto un libro elettronico, vi abbiamo allegato molte voci di altre persone. Lei potrebbe sostenere, come penso anch'io, che ho perso il controllo sul discorso perché abbiamo creato una bibliotec a elettronica in miniatura. Se non le piacciono le mie teorie o le mie opinioni su Barthes o su Derrida o i critici marxiani, può seguire quelle di qualcun altro. In questa direzione la questione diventa: come posso assicurarmi che Lei mantenga la sua voce o la mia voce? Una cosa da fare è di rendere ben chiaro al lettore dove comincia il mio testo e dove quello di qualcun altro comincia, si interrompe e riprende. Dove sono i confini? Dobbiamo avere una retorica, in altri termini, dei confini e dei limiti del documento. Questo si mette in atto spesso nel WWW attraverso la creazione di uno stile unitario all'interno di un sito, ad esempio attraverso l'uso di colori di sfondo, o di immagini nell'intestazione o nel piè di pagina dei documenti; in questo modo, una volta che Lei lascia il mio documento sa che ha trovato qualcos'altro, e quando torna indietro sa dov'è. In altri termini, per concludere, penso che sia ben possibile mantenere la voce unitaria se questo è ciò che si vuole fare. Tuttavia, non si devono dimenticare i vantaggi dell'espressione multivocale: lo stesso testo può essere letto in diversi modi. Penso che molti autori desidererebbero avere l'espressione multivocale allo stesso modo in cui molti altri desiderano avere i loro libri nelle biblioteche accanto a quelli di persone da cui discordano, purché i loro libri possano essere letti almeno una volta così come vogliono loro. Nella forma elettronica si potrebbe dare la facoltà al lettore di scegliere in che modo leggere il libro; dovrebbe essere altresì possibile consentire che si legga il libro in maniera isolata: si tratta, si, di un ipertesto, ma la prima volta si legge solo attraverso quello che ha scritto l'autore; soltanto dopo si apriranno i nuovi link.

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    Domanda 9
    C'è una differenza nel modo in cui lei esprime la sua voce, la sua opinione, la sua posizione – in particolare nello svolgere un'argomentazione - quando scrive in forma lineare in un libro standard rispetto alla scrittura in forma ipertestuale?

    Risposta
    Penso che ci siano sia un tono diverso che un insieme diverso di strategie o tecniche caratteristiche nel testo stampato rispetto al testo digitale, in particolare all'ipertesto. La possibilità di fare link permette sia al lettore sia all'autore di imbattersi negli argomenti in ordine diverso. Molte volte, mentre parlo con lei, dico che ci sono tre modi per fare qualcosa, ma questi tre modi sono solo una questione di numerazione, non c'è un vero crescendo. "Tre" non è per forza più importante di "uno". Ci hanno, però, insegnato in retorica, che quando si scrive si deve cercare di costruire un crescendo. Se si scrive per il mezzo elettronico, che consente ramificazioni, basta informare il lettore che ci sono degli argomenti; il lettore può voler guardare alcuni argomenti ma non altri, può semplicemente accettare quello che l'autore dice e non voler approfondire troppo (è anche possibile che la documentazione a sostegno di una tesi si arricchisca e conduca sempre più lontano dall'argomento principale, se è questo che interessa al lettore). Si può, quindi, assottigliare il proprio discorso allo stesso modo in cui le persone scrivono libri, e dare le informazioni a richiesta. L'altra possibilità è che se ci si collega alle idee di altre persone o ad altre versioni del proprio lavoro precedente - alle altre parti di sé -, si può cambiare tono di molto. Penso, inoltre, che le persone usino le citazioni o le informazioni in maniera assai diversa. Una delle cose che si impara quando si scrive un libro è che se si cita da qualcun altro, se si cita troppo, si appare dipendenti dall'altra persona; il modo per dominare il testo di un altro, dunque, è di riassumerlo in termini propri e citare parti molto brevi; si può citare una volta e poi farvi riferimento con una frase chiave o un riassunto. Ma nell'operare un'analisi di un passo di Giovanni Boccaccio o di Dante Alighieri o di James Joyce o di Thomas Mann, si può voler avere un lungo brano, troppo lungo per poterlo citare nel testo; allora vi si fa un semplicemente riferimento e ci si collega ad esso con un link e il lettore lo può riprendere molte volte nel discorso. Quando si ha a che vedere non con fonti primarie ma con lavori di altri studiosi, mi sembra più onesto trascrivere un lungo brano del testo in modo bachtiniano: lasciamo che il testo parli per sé piuttosto che cercare di dominarlo. Questa operazione crea un tono molto diverso, quasi più umile, perché si lascia che l'altra persona esprima la sua opinione lasciando che il testo acquisti una maggiore presenza. Queste che ho elencato sono tre differenze importanti. Un quarto tipo di differenza nell'argomentazione è che penso si possano usare le immagini molto più spesso perché è più economico, in termini di risorse, usare le immagini in un ambiente ipertestuale. Se si fa riferimento ai testi si può, come ho detto, collegarvisi tramite un link; allo stesso modo si fa riferimento alle immagini: si può inserire un link che colleghi all'immagine in modi che sarebbero troppo complessi in un testo.

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    Domanda 10
    Come usa i nuovi media e gli ipertesti nella sua attività di insegnante?

    Risposta
    Ci sono tre modi in cui io ho usato e continuo ad usare l'ipertesto nell'insegnamento. Il primo è come grande biblioteca elettronica o strumento di riferimento attraverso cui gli studenti possono contestualizzare una determinata opera o fenomeno letterario e scoprire cosa succedeva nella società, nella teoria politica, nella critica letteraria, nell'economia, a quel tempo. Il secondo modo è quello di usare l'ipertesto nella sua forma più dinamica come un ambiente di lavoro collaborativo che cambia continuamente; ogni studente può aggiungere il proprio testo alla biblioteca elettronica, cosicché gli studenti diventano automaticamente parte del testo. Ci si ritrova, in questo modo, ad aver creato una specie di appendice riassuntiva del corso. Certi corsi - quelli che in America chiamiamo "course", ovvero una serie di conferenze - riuniscono attorno a sé persone che, magari, si sono laureate una decina d'anni prima ma fanno ancora parte del seminario. Si può, infine, usare l'ipertesto nell'insegnament o per sviluppare modi di scrittura, moduli retorici, per imparare come argomentare e come scrivere sia una prosa creativa e discorsiva nell'ambiente elettronico, sia in maniera ipertestuale ma facendo riferimento ad altre forme di testo digitale. Ci sono molti testi digitali nel WWW che non sono propriamente ipertestuali; c'è narrativa ipertestuale nella rete e c'è una narrativa digitale vera e propria che consiste in lunghissime sequenze di testo con animazioni, suoni e colori che non si potrebbero avere in un libro ma che, tuttavia, non hanno le ramificazioni proprie dell'ipertesto.

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    Domanda 11
    Abbiamo in progetto una serie di video e libri per le scuole, e sarebbe interessante ascoltare i Suoi suggerimenti pratici. Quale può essere il suo consiglio pratico ad un professore che ha la possibilità di usare i nuovi media?

    Risposta
    Gli studenti devono cominciare ad usare i nuovi media molto giovani, dunque durante il corso di studi che precede l'università. Ma, di nuovo, quando parlo dei nuovi media, mi interessa, nel complesso, l'ipertesto come immagine testuale più che come immagini in movimento. Michael Joyce, il teorico dell'ipertesto, programmatore e scrittore di ipertesti narrativi, ha sostenuto varie volte che l'ipertesto è la vendetta del testo sulla televisione. Io penso che molti dei nuovi media cerchino, in realtà, di tenere sotto controllo quella modalità di trasmissione, mentre il grande valore educativo dell'ipertesto sta nell'offrire a chi impara ciò che desidera imparare quando vuole impararlo; esso è rivolto a chi impara. L'ipertesto didattico e le cose migliori dei nuovi media didattici sono ambienti di apprendimento, non di insegnamento. Questo tipo di attivazione dello studente in maniera costruttiva deve predominare se vuole essere efficiente! Non penso, inoltre, che il video, la trasmissione televisiva siano il si stema più efficiente per far apprendere, poiché immettono gli studenti nelle stesse vecchie grandi aule per ascoltare qualcuno che - per quanto brillante sia - parla loro ‘dall'alto'. Certo, ascoltare è importante e necessario, ma è molto più importante se lo studente agisce per ottenere un risultato; si impara molto di più quando si fa qualcosa. Una cosa che ho scoperto è che gli studenti scrivono molto meglio quando sanno che stanno scrivendo per un altro lettore; appena vengono a conoscenza del fatto che il loro lavoro verrà letto da altri studenti o da persone in altre parti del mondo, vi tornano sopra per migliorarlo. Questo è un esempio di conseguenza positiva, involontaria dello scrivere per un ambiente collegato in rete. L'abitudine di pensare ad un modello di trasmissione televisiva come ad una cosa suprema è molto pericoloso per i nuovi media. Stiamo parlando di cose come la push technology, per la quale uno accende il proprio computer collegato a WWW e questo diventa una specie di televisore a ttraverso cui gli vengono "lanciate" le informazioni. Penso che ci sia sempre bisogno della televisione; tuttavia, per quanto riguarda l'insegnamento penso che sia necessario che gli studenti facciano scelte e guidino questi media. Ciò non significa che questi ultimi si debbano limitare a giocherellare senza scopo, viceversa, devono avere dei compiti che li rendano attivi, sia per scoprire sia per produrre conoscenza. Le persone non vanno in biblioteca e non usano materiale didattico ed educativo senza scopo, lo fanno perché hanno da svolgere un compito o hanno uno scopo o vogliono imparare qualcosa.

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    Domanda 12
    E la narrativa ipertestuale?

    Risposta
    La narrativa ipertestuale è nuova, e se si guarda il rapporto tra la narrativa ipertestuale e la novità del mezzo, è stupefacente come essa progredisca. Tuttavia, ancora non si può dire quale sia il grande romanzo ipertestuale, siamo solo agli inizi. Ci sono opere che ritengo molto importanti, come Afternoon di Michael Joyce; si tratta di un grande modello modernista. L'autore mette l'accento non tanto sulla scelta del lettore ma sul modo in cui il romanziere ipertestuale può usare diverse ramificazioni per permettere al lettore di costruire molte storie, di ognuna delle quali può avere il controllo; in realtà, si può diventare ancor più che autore, più che un autore forte, se è così che si vuol lavorare. Carolyn Guyer, in Quibbling, è uno di quegli autori che permettono al lettore di muoversi nei singoli documenti come il lettore vuole, e non solo di seguire i link; si può andare ad una cartina e seguire qualcosa a cui si è già interessati. A mio avviso l'ipertesto più interessante finora è Patchwork Girl, di Shelly Jackson; si tratta di un romanzo "Storyspace" che può essere letto sia in ambiente Windows che Macintosh (meglio in Macintosh perché contiene più funzioni). Racconta la storia di un mostro, Frankenstein donna, che nel romanzo di Mary Shelley non è mai compiuta, ma in questa storia ha vissuto fino ad avere 180 anni: è alta due metri e dieci, gode di ottima salute. La costruzione del suo corpo attraverso la storia diventa un paradigma del nostro modo di costruire il gender, di costruire l'identità, e del nostro modo di leggere ogni testo. Come molti degli ipertesti di adesso, è molto autoreferenziale, postmoderno; è un testo serio e allo stesso tempo molto divertente. L'autrice usa il pastiche e il collage, e il lettore deve stabilire i significati egli stesso. Si possono anche prendere molte strade diverse lungo la stessa storia e trovare un'estetica; ciò significa che se uno arriva alla stessa unità di lettura da un punto di vista diverso, questa deve funzionare con un diverso inizio e una diversa fine. Robert Coover, uno dei grandi sostenitori dell'ipertesto, sostiene che, forse, l'ipertesto è più un mezzo poetico che narrativo. Certamente, molte delle opere che si vedono funzionano secondo vari tipi di rimandi, echi e metafore, ed è ben possibile considerarle poetiche. L'ipertesto è forse una forma narrativa poetica, un romanzo lirico o una vera e propria forma lirica. Ci possono essere momenti molto intensi e scene d'atmosfera, ma di rado si ha una climax potente, e ciò risulta strano, ovviamente, solo se si ha in mente il romanzo dell'Ottocento. Se si pensa al Decamerone o alla narrativa giapponese antica o contemporanea, appare come un modo pienamente accettabile di costruire storie piuttosto che una singola storia. Se si guarda all'era della scrittura e della lettura ad alta voce, si ha il romanzo cavalleresco; se si guarda all'era della stampa, si ha il romanzo. La domanda è: come sarà l'era della scrittura digitale? Potrebbe essere l'era della narrativa ipertestuale, ma la narrativa pr ende una forma piuttosto nuova e non assomiglia al romanzo così come lo conosciamo. Il testo può essere più frammentario, può essere più ricco, può essere a più voci. Ma pensiamo alla differenza tra la versione cinematografica di un romanzo che ha successo e il romanzo originario: se hanno veramente successo, sono opere diverse perché il mezzo è diverso.

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