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    Ernesto Hoffman

    Milano, 21-10-1996
    Il PC e l'evoluzione dei suoi servizi
  • Ernesto Hofmann definisce Internet e il Network computing, assumendo una stretta similitudine tra i servizi di telefonia e quelli di rete (1) .
  • Considerando l'evoluzione del computer negli ultimi anni, non si deve dimenticare la particolarità della tecnologia microelettronica: essa ha la capacità di migliorare e crescere di cento volte ogni dieci anni. L'ultima novità è quella del Network Computer, un computer virtuale che utilizza i programmi software messi a disposizione dalla rete. Comunque, il nuovo computer non soppianterà il vecchio PC (2) .
  • Il problema delle infrastrutture è sicuramente allarmante e impellente; nonostante questo, comunque, si può essere ottimisti sulla loro realizzazione in qualche anno. Quello su cui ci si deve concentrare di più è, piuttosto, una legislazione che regoli tutto il mondo delle telecomunicazioni al di là dei confini nazionali  (3) .
  • Mettere a disposizione di molti dei software è molto "democratico" in quanto permette a chiunque di avere, sempre, programmi tra i più nuovi. E tutto questo senza dover affrontare spese troppo alte (4) .
  • Anche l'informatica insegue il sogno di uno sviluppo sostenibile realizzato attraverso una significativa riduzione dei consumi. Anche la miniaturizzazione e il potenziamento progressivi del chip sono segni di questa linea d'azione auspicabile (5) .
  • Le possibilità di trovare informazioni, su tutti gli argomenti, navigando in rete, sono davvero infinite (6) .
  • Le nuove tecnologie permettono di realizzare testi scritti in modo completamente diverso rispetto al passato: attaccando ed eliminando parti di testo già registrate in file diversi. Questo può minacciare la creatività dello scrittore; il computer può dare solo l'illusione di creatività (7) .
  • Ancora la tecnologia non ha saputo rendere l'uomo più felice. Forse sarà proprio Internet a farlo, creando una sorta di etica globale (8) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Cos'è il network computing?

    Risposta
    L'espressione network computing potrebbe di per sé sembrare complicata, difficile da comprendere soprattutto perché le persone l'associano ad Internet; questa espressione sembra apportare un elemento di complicazione; è necessario, dunque, chiarire cosa sia Internet. Nella accezione più semplice Internet potrebbe essere considerata una nuova forma di telefonia; noi siamo abituati alla telefonia tradizionale in cui le grandi reti telefoniche consentono agli individui di conversare; la telefonia è stata costruita per la voce umana a 50/60 bit al secondo, che stabilisce il ritmo del parlare. I computer hanno dei ritmi molto più elevati, producono una quantità di dati impressionante, quindi, fin dall'inizio, non è stato facile il matrimonio fra telefonia e computer; però, la telefonia, nella sua capacità di trasmettere i dati in modo elettronico, apre la strada ad un veicolamento di informazioni che è straordinario, ed oggi, le aziende telefoniche sanno che trasmettono sempre più dati rispetto a quello che viene trasmesso via voce, perché sempre più elevato è il traffico di computer. Il computer che entra in rete, che diventa il vero colloquiatore di rete, offre già l'idea di che cosa sia un'informatica di rete: tanti computer che parlano tra loro. In realtà questi computer mediano conversazioni fra individui che hanno introdotto informazioni sugli stessi computer, quindi essi costituiscono un elemento di mediazione. Internet che cos'è? E' telefonia, in senso molto lato, fra un individuo ed una serie di computer che sono su una rete: si entra in questa grande rete che è una somma di reti, e, in qualche modo, si conversa con dei computer sui quali sono state introdotte delle informazioni che si vogliono reperire. Questo è, in ultima analisi, Internet; ed esso ha reso estremamente semplice entrare in rete attraverso il telefono con un personal computer per colloquiare con i computer che sono in rete. Cos'è il network computing? E' questo, con degli elementi in più. Esistono altri tipi di conversazione che non sono necessariamente di tipo Internet che pure usano le reti. Un esempio di rete che non sia Internet, ma che moltissime aziende hanno, (la IBM, per esempio), è la propria rete dati su base mondiale: se io mi trovo nel Pakistan dove mi sono dovuto recare per lavoro per la IBM, o in Turchia, o in Portogallo, e devo colloquiare col mio ufficio, con la mia sede di Segrate dove ho le mie informazioni, e con il computer voglio entrare in rete (una telefonata intercontinentale costringe al pagamento di cifre astronomiche), allora entro sulla rete mondiale IBM, la IBM Global network, che ha, probabilmente, un polo ad Ankara, come così un polo a Karachi; mi connetto dall'albergo con questa rete con una telefonata locale e viaggio per avere le mie informazioni, che non sono informazioni di Internet, ma sono informazioni di posta elettronica. Quindi, il network computing è, in termini molto generali, tutto ciò che si può ottenere con un computer che si utilizza insieme ad un modem e ad un telefono e una serie di siti dove esiste un'informazione aggregata digitalmente a cui si può accedere.

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    Domanda 2
    Recentemente, tuttavia, il paradigma del network computing è stato contrapposto a quello del personal computing. Lei ritiene che il network computing sia un nuovo paradigma in grado di scalzare il vecchio?

    Risposta
    Il mondo del computer che rappresenta il mondo dell'informazione in generale, ha enormi analogie col mondo biologico perché anch'esso, in sostanza, è un mondo di informazioni: l'informazione del DNA che si modifica, si altera e si trasmette di generazione in generazione. Ma l'aspetto significativo del mondo biologico sta' nell'essere costituito da tutta una serie di nicchie che vengono progressivamente popolate. Quindi non è sorprendente il fatto che anche nel mondo dell'informazione elettronica esistano una serie di nicchie che progressivamente vengono popolate. Storicamente si è costruito il computer, quello che oggi sembra il grande computer degli anni '50/'60. La tecnologia microelettronica ha una capacità di miglioramento che non ha confronti con nessun altro tipo di tecnologia. Migliora con un ordine di grandezza di cento volte ogni dieci anni, quindi in 30 anni migliora di un milione di volte: è semplicemente esplosivo. Per cui non è sorprendente che ci siano onde tecnologiche successive che si presentino, come dice lo studioso Kuhn, come dei paradigmi. Allora, il primo paradigma, il primo modello è stato il grande computer a cui tutti accedevano, come il treno: la prima forma di locomozione meccanica che l'Europa ha conosciuto sono stati i treni. Questo tipo di tecnologia, quando è apparso un altro tipo di carburante, un altro tipo di struttura, l'automobile, è stata contrapposta alla precedente; quindi, il treno e l'automobile si sono contrapposte così come il personal computer, ricaduta industriale del grande computer, ha consentito una produttività di tipo personale. Ma, evidentemente, il personal computer, poiché la microelettronica procede così rapidamente, si è rapidamente complicato in senso buono, poiché ha avuto molte più funzioni e molte più capacità ed ha costretto ad un più alto livello di alfabetizzazione. Poi, in seguito, è successo il fatto dirompente: per anni il computer si è velocizzato molto più di quanto non si siano velocizzate le reti, quindi si è, sostanzialmente, mantenuto sul computer tutto quello che sul computer poteva restare. Oggi, però, la situazione si sta rovesciando; si tratta, se si vuole, di una rivoluzione copernicana perché con l'avvento delle fibre ottiche, con la digitalizzazione di certe informazioni, con le capacità di compressione dell'informazione, con tutta una serie di algoritmi software e con tecnica hardware, è possibile trasmettere infinitamente di più di quanto non si poteva trasmettere anni fa. Nasce perciò questo nuovo paradigma a cui Lei fa riferimento: io posso mettere in rete non soltanto il dato; in realtà, io posso mettere in rete tutto il software di cui ho bisogno, e non c'è necessità che io, sulla mia macchina, tenga il software che utilizzo, ma posso prendere il software dalla rete quando mi serve perché trasmetterlo costa niente, in termini di tempo, e costa niente in termini di costi. Per cui la rete verrà, in linea di principio, popolandosi con sempre più software e sempre più dati che io potrò estrarre dinamicamente in funzione delle mie esigenze. Lei deve guardare al network computing come ad una strana forma di paradigma che tiene in rete una popolazione crescente di computer virtuali: quando mi serve il mio computer virtuale con una telefonata lo chiamo, lui viene con il suo software, le sue applicazioni, i suoi dati, e con quello io lavoro. Certo che questo, in un certo senso, tende a smagrire, a rendere più piccola la macchina di cui ho bisogno. Se a ciò Lei accompagna la caduta verticale del costo della tecnologia ed il suo potenziamento, noi guardiamo al domani e vediamo che è possibile ipotizzare una macchina del costo di qualche centinaio di dollari che agisca come i telefoni intelligenti per caricare questo computer virtuale di cui ho bisogno. Questa, in sostanza, è la rivoluzione che sta avvenendo; però bisogna stare molto attenti a guardare a questi fenomeni in termini antitetici: il personal computer non ha ucciso i grandi computer così come la macchina non ha ucciso il trasporto su treno che ha assunto un altro ruolo. Così il network c

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    Domanda 3
    Ma l'ampiezza di banda sulle reti di trasmissione attualmente è molto bassa e la diffusione del network computing prevederebbe una serie di investimenti enormi in infrastrutture che non sono, allo stato attuale, prevedibili, specialmente nel nostro paese. Credo che nemmeno negli Stati Uniti si possa parlare di vero e proprio network computing nelle case. Che rapporto esiste tra questo paradigma e la realtà delle infrastrutture tecnologiche?

    Risposta
    La sua osservazione è veramente attinente e mi permetto di ricordare che nel 1994 era uscito negli Stati Uniti, se ricordo bene, un documento a cura della Casa Bianca chiamato NII (National Information Infrastructure), voluto in particolare dal vicepresidente Al Gore. In questo documento si domandavano per primi che tipo di struttura occorreva darsi ed avevano individuato esattamente il problema a cui fa riferimento Lei: se io voglio portare nelle case delle persone l'informazione con le caratteristiche che l'informazione dovrebbe veramente possedere - la multimedialità, l'immagine, il suono, il testo, la voce- la banda, la quantità di bit che io devo trasmettere e quindi la potenza di banda trasmissibile dovrebbe essere elevatissima; si era pensato, per queste ragioni, alla fibra ottica. Un conto che fu valutato dalla Casa Bianca prevedeva che l'investimento globale per cablare in fibra ottica tutte le case degli Stati Uniti avrebbe superato i cento miliardi di dollari. Il documento, uscito nel '93, e poi il discorso di Al Gore all'inizio del gennaio del '94 a Chicago, diceva: " Noi non possiamo fare un investimento di questo tipo perché è troppo elevato; del resto, tanta fibra ottica già viene stesa dai privati per la televisione privata e per i film a casa da parte di queste case di distribuzione, ci baseremo quindi su quella". Quindi, la trasmissione dei dati necessari a fare veramente decollare questo tipo di mondo richiede un'infrastruttura non solo pervasiva, ma anche estremamente efficiente. Le infrastrutture telefoniche tradizionali non sono all'altezza, non riescono a dare una risposta efficiente. Negli Stati Uniti, in sostanza, si è attuata una certa forma di liberalizzazione, come dire: "Competete pure, chi è nell'informatica entri pure nel mondo della cinematografia, entri nel mondo della pubblicità, e chi è nel mondo della cinematografia entri nel mondo dell'informatica, mettetevi tutti insieme e fate comunque qualcosa, vi lascio campo libero". In Europa, da quello che ho capito io, in documenti successivi che sono stati scritti - come il libro bianco di Delor che credo sia uscito nel dicembre del '93, o il documento di Corfù che è stato scritto dai "grandi" a Corfù quando si sono riuniti nel giugno del '94 e la decisione presa da Strasburgo quando il parlamento si era riunito a luglio- tutti hanno indicato il fatto che l'Europa debba avere una politica comune; queste istanze si delineano dai documenti ufficiali. Quindi, per l'Europa bisogna arrivare ad una forma di standardizzazione generalizzata per questa presa di coscienza; gli investimenti sono, sicuramente, molto alti, non si può realizzare tutto in fibra ottica. Molte cose, però, possono essere fatte ancora in rame con tecniche particolari, utilizzando quindi tecnologie pre-esistenti; si sta lavorando alacremente, e certamente il problema non si risolverà in un giorno, ma io sono assolutamente ottimista che nel giro di alcuni anni questa infrastruttura verrà messa in atto. Certo, le contraddizioni ci sono, e a questo proposito occorrerà rivedere la legislazione e in questo campo io non sono assolutamente competente; posso solo dire che sicuramente occorrerà rivedere dei parametri legislativi: tariffazioni, interventi, aiuti, norme governative, situazioni monopolistiche... C'è un dibattito, in questa direzione, in atto tra Giappone, Europa e Stati Uniti non soltanto tecnico, ma molto più ampio, che vede la discussione anche del problema dell'identità di ciascun paese. Resta comunque un dato incontrovertibile, ed è quello che ha riportato Lei: per decollare, questo tipo di fenomeno o questo tipo di realtà, ha bisogno di capacità trasmissiva e questa capacità trasmissiva ha bisogno di un'infrastruttura che consenta la trasmissione di questi dati.

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    Domanda 4
    La seconda obiezione è, se si vuole, di carattere ideologico, di ideologia della tecnologia: alcuni ritengono che questa attenzione sul network computing porti ad un ritorno all'ideologia del Main Frame, cioè all'ideologia di una informatica centralizzata, mentre il PC aveva portato, nelle case di ognuno, le potenze computazionali che prima erano appannaggio di pochi. Non si corre il rischio di un controllo dello sviluppo dell'informazione?

    Risposta
    Certo, è assolutamente vero ciò che Lei sostiene, perché, per dirla in termini molto più semplici, sembrerebbe che il personal computer porti una forma di democratizzazione dell'informatica per cui ognuno fa come vuole, la utilizza come meglio crede, acquista i prodotti che vuole, si muove come crede in totale libertà; questo è certamente vero. Bisogna considerare un altro aspetto, però: esiste una forma di perversione sottile alla base dell'informatica che non è mai sufficientemente compresa, e consiste nel fatto che il software sia una tecnologia molto diversa dall'hardware, molto più complessa, molto più critica, molto più difficile da sviluppare, molto più difficile da manutenere, da gestire; in sostanza, incredibilmente più costosa. Il profano crede che l'hardware sia la parte più costosa, ma ciò non è assolutamente vero; la parte più nobile del computer è il software. Il paragone che mi viene subito in mente è con la musica: non è lo strumento musicale l'elemento chiave nella musica, ma la melodia, ed è molto più difficile sviluppare una bella melodia che la costruzione di uno strumento musicale. Inoltre, la melodia dura nei secoli, difficilmente lo strumento musicale resiste intatto nel tempo, si trasforma. I costruttori di software e gli utenti di software sanno che il software ha problemi di mortalità infantile, facilmente il programma è pieno di errori; noi non sappiamo come si scrive il software, poiché è una disciplina che non conosciamo, è una disciplina non continua, al piccolo errore non corrisponde un piccolo guasto. Se, viceversa, io commetto un piccolo errore nella progettazione, che so io, di un freno o di qualche altra cosa, lì corrisponde una piccola forma di guasto: questo è un errore di realizzazione tecnica. Ma nel software se sbaglio un bit, esso può cadere com'è caduto il missile Arianne, quindi, le conseguenze sono incalcolabili. Il software dovrebbe, per sua natura, essere perfetto. Il problema è di stabilizzare il software. Avere un software, in un certo senso centralizzato, come il modello del network computing, comporta, è vero, l'idea di una minore democratizzazione, però consente di avere una copia che più facilmente viene replicata su più utenti con minori problemi gestionali e con più facilità di manutenzione, di esercizio e di sviluppo. Il cosiddetto Main Frame dà l'idea di una macchina molto grande, ma i Main Frame attuali stanno diventando delle macchine piccolissime dimensionalmente, ciò che rimane grande è la potenza di calcolo. Bisogna rivedere lo sviluppo dell'informatica, in un certo senso, come oggi viene rivisto il rapporto che esiste tra i vari mezzi di trasporto. Nel mondo del trasporto noi assistiamo alla competizione, essenzialmente, fra quattro mezzi di trasporto: le metropolitane, le autovetture, i treni e gli aerei. Qual è il settore specifico o qual è la valenza specifica di un mezzo di trasporto? C'è un ritorno al treno come c'è un ritorno al Main Frame, ma non c'è un ritorno al treno su percorrenze di 18 ore. Quest'ultimo sta ritornando ad avere una sua valenza con il grande successo dei treni ad alta velocità come i TGV, gli elettrotreni, i pendolini, i grandi treni veloci tedeschi, e da studi che sono stati svolti si è scoperto che questi treni hanno senso per percorrenze di 400/500 chilometri e non oltre, oltre le 2 ore il mezzo non è più competitivo con un altro tipo di trasporto che è l'aereo. Anche nel mondo del computer si situeranno valenze simili: è bene centralizzare certe cose, ma, ancora una volta, non verrà centralizzato tutto, molte cose resteranno sul tavolo dell'utente se questo utente è raffinato. Per dirla in termini molto semplici: il network computer non ucciderà il personal computer. Io prevedo un risorgere di una certa forma di centralizzazione così come è risorto il treno per certi tipi di trasporto, il treno veloce su percorsi di un certo tipo. Si ritorna al servente applicativo che non potrà più essere chiamato Main Frame, ma che potrei chiamare il servente di rete e che avrà certi tipi di applicazione, non altre, probabilmente, perché quest

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    Domanda 5
    Quali sono le tendenze della tecnologia in quel settore?

    Risposta
    Le tendenze della tecnologia sono molto semplici. La prima osservazione di base è elementare: la vera spinta al mercato viene da qualche cosa che il profano non conosce e che, probabilmente, nemmeno comprende. L'impulso più forte che è stato dato alla tecnologia e che è venuto soprattutto dal personal computer è la riduzione dei consumi. Oggi i costruttori di computer si trovano a fronteggiare, paradossalmente, lo stesso problema dei costruttori di automobili: ridurre i consumi. I costruttori di automobili per problemi di inquinamento, e anche perché la riduzione di consumi è fondamentale per mille altri problemi. Tuttavia, non dimentichiamoci che tutta l'umanità ha un obiettivo fondamentale che è quello dello sviluppo sostenibile: noi non possiamo vivere di risorse infinite, ma viviamo di risorse "finite", quindi dobbiamo vivere secondo un modello di sviluppo sostenibile. Questo è vero anche per l'informatica. Qual è la risorsa principale dell'informatica? L'elettricità. E l'elettricità, a differenza di altre forme di energia è una forma di energia molto strana, non ama farsi intrappolare. In seconda istanza, essa si brucia facilmente, nel senso che l'atto elementare informatico è elettrico, ed è un atto che produce calore. Noi biologicamente siamo fatti molto bene come esseri umani perché pensiamo tanto, in linea di principio, produciamo una grande quantità informativa, però, in realtà, la nostra testa è abbastanza fredda anche se abbiamo una vascolarizzazione estremamente complessa. Il computer tende a produrre un'enorme quantità di calore ed il Main Frame è sempre associato ad un'idea di macchina grandissima; poi, però, se uno va a guardare questa macchina grandissima, sempre più grande, si accorge di un paradosso: la parte elettronica diventa sempre più piccola perché così deve essere. Il computer più è potente più è piccolo e più gli spazi sono brevi. Tutto il resto sono gruppi di alimentazione e gruppi di raffreddamento, non si poteva arrivare a creare un computer grande così, la parte logica, e lungo centinaia di metri per l'alimentazione e il raffreddamento. Chi ha dato la strada? I personal computer, i quali, ovviamente, per primi hanno affrontato il problema della riduzione dei consumi. Questo problema della riduzione dei consumi sul quale si sono affannati i costruttori per decenni, aveva una soluzione di laboratorio chiamata tecnicamente CMOSs, Complementary Metal Oxide Surface Semiconductor; il pregio di questa tecnologia è il basso consumo, ma possiede una scarsa capacità di utilizzo in una macchina complessa. Sono stati così bravi nel corso di decenni a disegnare i circuiti ed a densificare, che oggi si riesce ad installare su un solo microprocessore e tanti circuiti quanti ne mettevano su 2000/5000 chip 30 anni fa. Quindi, oggi, un grande computer è fattibile su un solo chip e negli anni a venire questo singolo chip diventerà sempre più potente e sempre più denso. Noi possiamo prevedere di avere dei chip con sopra centinaia di milioni di transistor, questa è la strada; questi chip, però, costeranno quanto una Rolls Royce. Molti pensano che la Formula Uno sia uno sport ed è anche uno sport: sicuramente si emozionano, si entusiasmano, i successi della Ferrari incantano tutti, la Ferrari è un simbolo dell'Italia; ma il problema della Formula Uno è anche un problema industriale. Nella Formula Uno vengono ricercate soluzioni che vengono provate in condizioni di stress estremo: motori che girano a 15.000 giri. Le soluzioni che si adottano in Formula Uno, molti anni dopo riappaiono sul mercato a basso costo per soluzioni normali; basti pensare, ad esempio, ai cuscini di sicurezza che si gonfiano, o all'abitacolo deformabile. Consideriamo il grande Main Frame come una macchina di Formula Uno: è chiaro che molti anni dopo questo tipo di tecnologia ha una ricaduta industriale, i costi si abbassano. Ma bisogna comunque tener conto del problema, fondamentale, della riduzione dei consumi. Negli anni a venire quello che prevedo sono sostanzialmente 2 grandi e distinte famiglie di computer: una che si porrà interconnessioni. La nostra vita, la nostra evoluzione, dal grembo materno fino alla vecchiaia è la progressiva costruzione di ulteriori interconnessioni; la nostra conoscenza è costruita su interconnessioni che si vanno ad aggiungere ad altre, ordini ed ordini ed ordini di grandezza in più di interconnessioni rispetto a quelle del computer. Il computer è un'entità statica: ogni computer è uguale ad un altro quando esce da una fabbrica, ogni cervello è diverso da un altro ed il cervello, nel corso della vita, viene modificandosi di giorno in giorno; la stessa persona, tre giorni dopo non ha lo stesso cervello, ha altre interconnessioni che continuano a costruirsi. Questo modello ci affascina, ma sappiamo che è una strada impercorribile perché è una strada biologica; dovremmo prima inventare la vita e poi seguire la sua strada. Quello che si comincia a cercare di costruire, adesso, sono queste famose macchine connessionistiche. Che cosa sono la macchine connessionistiche? Sono quelle macchine che danno prevalenza concettuale, non al circuito, ma alle connessioni; si cerca di capire se è possibile costruire un computer in cui le connessioni tra i circuiti, in qualche modo, possono cambiare: è possibile? La risposta è sì. I campi di applicazioni sono affascinanti, come il riconoscimento dell'immagine. Si dà un'immagine e si danno certi pesi a certe connessioni, si vede il risultato e si vede che l'immagine non è quella, si cambiano dinamicamente un po' di pesi e l'immagine è sempre migliore. C'è un meccanismo di premiazione per cui, alla fine, le connessioni sono quelle ideali per catturare quell'immagine, meccanismo simile al funzionamento del cervello del bambino quando riconosce le parole e costruisce la lingua, ma ordini ed ordini di grandezza più in basso, per cui il confronto non è proponibile. E' una strada diversa quindi è una strada sperimentale, teorica, anche se le macchine vengono costruite, ma si tratta soprattutto di ricerca. E non si tratta di una ricerca svolta per prodotti che si immettono sul mercato per il singolo, viceversa, si tratta di una ricerca essenziale per far progredire il nostro modo di conoscere le cose. Quindi sono computer che cercano di vedere l'aspetto connessionistico del cervello, non l'aspetto circuitale.

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    Domanda 6
    Come definirebbe Internet?

    Risposta
    Internet è telefonia di computer, parlare al telefono con un computer. Ma non è assolutamente un colloquio uomo-macchina; un colloquio uomo-macchina non esiste è assurdo, un uomo parla con un uomo, non può parlare con una macchina; quindi è un colloquio uomo-uomo mediato da una macchina. Internet consente di parlare con altre persone o dinamicamente o staticamente, attraverso documenti che queste persone hanno messo in rete o consentendo il traffico di un certo tipo di posta elettronica, e invece di fare la conversazione telefonica, molto costosa, la conversazione è di tipo elettronico a costo di trasferimento dati, che è molto più basso. Ma, in realtà, è anche molto di più perché Internet dovrebbe consentire di arrivare ad un certo tipo di informazione, e qui è il punto centrale: quale informazione? Che cosa si fa con Internet? La prima volta che si entra su Internet, si gioca, ovviamente, si va sul "Louvre" e si tira giù La Gioconda e lentamente, molto lentamente La Gioconda appare e alla fine uno ha La Gioconda sullo schermo, a tutti quanti dice: " Gente quant'è bello il mio computer, che bella che è La Gioconda, che grande Leonardo, che bella la tecnologia, quanto sono bravo che l'ho tirata giù...!". Dopo un certo numero di questi tentativi l'interesse si esaurisce ed allora ci si pone la domanda: "E adesso che faccio? Scrivo a qualcuno? A chi? Ad un interlocutore a cui devo parlare, a cui devo scrivere? Oppure ho un'informazione che devo reperire?". E allora nasce la curiosità. Ci sono delle operazioni che si possono fare su Internet che sono per me interessanti ed io ne ho momentaneamente scoperte due. Io per anni ho collezionato farfalle, lo facevo da bambino, nasco da una famiglia austriaca, e a Vienna, dove io ho trascorso la mia infanzia, tutti facevano collezione di qualche cosa, chi di francobolli, chi di soldatini, chi di trenini, chi di farfalle; a me piacevano le farfalle ed ho raccolto la collezione di farfalle. Ciò che si inizia da bambino lo si inizia in modo quasi animalesco, quindi si diventa bravi, si acquisisce tutta un'altra sensibilità, e questa cosa negli anni si è mantenuta nel senso che la curiosità per le farfalle mi è sempre rimasta; sono addirittura andato in Nuova Guinea e la Nuova Guinea è il paradiso delle farfalle, ci sono le farfalle più belle del mondo per dimensioni, colori..., sono talmente belle le farfalle della Nuova Guinea, così rare che l'uomo le ha messe sotto protezione. Delle 23 farfalle della famiglia delle ornitottere, 15 sono sotto la Convention or International Trades of Undangerous Pictures; le farfalle non si possono catturare, non si possono commerciare, non si possono vendere, quindi sono pressoché scomparse dal mercato, anche se a borsa nera qualcuno le vende, anche quelle non commerciabili con prezzi che ammontano a migliaia di dollari, cioè a vari milioni. Un giorno, scherzando, ho cliccato Butterfly su Internet per vedere se succedeva qualcosa e dopo un paio di minuti Internet mi ha risposto: boom! Alcuni siti! Ne ho cercato uno e questo si è presentato con la sua paginetta, dichiarando nella paginetta che lui aveva fatto delle cose che nessuno aveva fatto; per esempio lui riusciva ad allevare, ed io sapevo quanto quella cosa fosse difficile, alcune famiglie di farfalle della Nuova Guinea, farfalle che per motivi strani non si fanno allevare, molti allevamenti di farfalle esistono, ma quelle, in particolare, per motivi strani, difficilmente si fanno allevare, non ci sono mai riusciti. Allora, con la mia ricerca ho scoperto che allevava farfalle che a borsa nera erano in vendita dal milione al milione e mezzo, vendute a 50/60 dollari. Curiosità massima: gli ho scritto, mi ha immediatamente risposto, c'è stato un piccolo traffico di posta elettronica, poi gli ho mandato un po' di soldi attraverso un fax perché non mi fidavo; tutto è stato fatto e nel giro di due o tre settimane le farfalle sono arrivate a casa mia; splendide, meravigliose, a dei costi dieci volte inferiori ai costi ufficiali, per altro, con tutte le garanzie e tutti i

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    Domanda 7
    C'è chi ritiene che in questo sviluppo delle tecnologie ciò che più conta sia la creatività, il fatto di inventare dei contenuti, e non l'innovazione tecnologica in sé che pure si evolve in maniera veloce. Qual è la sua opinione? Si tratta veramente di un problema di creatività e di contenuti?

    Risposta
    Il problema che Lei ha sollevato è uno dei problemi essenziali ed esistenziali di Internet. Internet, ed in generale la micro-elettronica attuale, è uno strumento di grandissime valenze e di grande fascino, di grande seduzione, ma anche molto pericoloso. Io mi sono accorto che potevo usare per la prima volta uno strumento che avevo da tempo e che non avevo mai cercato di usare in quel modo, rubando ai miei stessi documenti i pezzi senza doverli scrivere. Di solito si scrive un articolo leggendo, collezionando idee, sviluppando un modo di pensare, poi, si va a rileggere le frasi e si riprendono collezionandole, in qualche modo. Ma se questi articoli sono già in formato elettronico e sono all'interno di un deposito digitale ed da lì si possono estrarre, inserirli in una memoria e catturarli, allora, col computer si può riprendere l'articolo aprendo una finestra con i sinonimi, e si può cambiare il testo. In realtà si riesce a sviluppare qualche cosa che sembra molto originale, ma in realtà è un collage di frasi, di pezzi, anche di propri articoli, di articoli altrui, che sembra incrementare enormemente la produttività. Per cui uno diventa un produttore di articoli, di memorie, anche di libri, se si vuole, che sono incollati elettronicamente ed anche, in un certo senso, gradevoli, ma che denunciano molto rapidamente all'occhio esperto una sostanziale mancanza di riflessione e di approfondimento. La creatività è un fatto molto diverso dall'"incollamento" di frasi; da una parte il computer sembra favorire un certo tipo di creatività perché mette insieme informazioni diverse e consente certi tipi di analogie, e la creatività è una forma di analogia: in un certo senso io vedo delle realtà parallele e le metto insieme. Lei probabilmente avrà seguito il problema di Unabomber, il pazzo americano che mandava le bombe a tanti studiosi. Ha mandato una bomba anche a David Gelernter, ferendolo gravemente. Gelernter è uno studioso dell'università di Yale che ha prodotto un libro sul cosiddetto "pensiero orizzontale", un libro molto bello. In questo studio, non di intelligenza artificiale, ma di creatività, lo studioso si pone il problema di che cosa sia la creatività e di che cosa sia il sonno. Perché sonno e creatività sono così vicini? Perché si fa fatica a dormire quando si è molto concentrati? E perché quando si è molto concentrati non si riesce ad essere veramente creativi? L'atto creativo non è un atto sequenziale secondo Gelernter, è un atto orizzontale, ed anche il sonno, che è una fase di distacco, non è un fatto sequenziale. Se io sono fortemente coinvolto in un'attività di routine sequenziale, difficilmente prendo sonno, se mi rilasso e non penso a niente e salto da un argomento ad un altro, se piove, per esempio, perché la pioggia ha questo rumore così ritmico, mi addormento più facilmente. Così divento più creativo se riesco a lavorare in orizzontale, piuttosto che in verticale. Allora, se il computer riesco ad utilizzarlo orizzontalmente perché riesco a prendere informazioni differenziate e a portarle insieme, forse questo aiuta la mia creatività; ma se io prendo il computer e quella che è la sua caratteristica più precipua - quella di essere velocissimo sequenzialmente- ciò lede la mia creatività; non divento creativo scrivendo un romanzo perché vado a vedere tutti i sinonimi. Qualche volta, scherzando, racconto il famoso paradosso Tolstoj-Flaubert: Flaubert aveva scritto Madame Bovary, Tolstoj aveva scritto Anna Karenina; Anna Karenina ha, in realtà, due storie d'amore e Madame Bovary ne ha una sola. L'eroina, in Madame Bovary è soltanto Emma Bovary, in Anna Karenina le eroine sono due: una muore e l'altra invece giunge ad un matrimonio felice. Ma quello che è interessante è che tutti e due gli autori su questi romanzi hanno lavorato a lungo; il romanzo di Tolstoj, che è tre volte più lungo di quello di Flaubert, è durato un anno in stesura; quello di Flaubert che sembra, tutto sommato, piccolo -300 pagine- ha richiesto una stesura di quasi 3 anni, e, se ricordo bene, la stesura di 20 pagine ha richi

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    Domanda 8
    Negli ultimi 20 anni la cultura umanistica ha perso completamente un ruolo sociale. Ora la tecnologia trasmette l'informazione attraverso dati, ed in quanto tali, esistono. Il problema semantico di queste informazioni potrebbe ridare un ruolo alla cultura umanistica?

    Risposta
    Ciò che Lei dice è certamente vero. Noi viviamo un momento veramente tragico: il ventesimo secolo è stato, forse, il secolo più tragico nella storia dell'umanità. Ciò perché è stato il secolo delle più grandi contraddizioni dal punto di vista filosofico ed etico. Questo è stato il secolo in cui la tecnologia è veramente esplosa, ma in cui la sofferenza umana è anche esplosa: non possiamo dimenticare che due guerre mondiali, soprattutto la seconda, hanno avuto momenti di crudeltà inimmaginabile. Abbiamo visto il crescere di una tecnologia straordinaria che si accompagnava, d'altro canto, a delle aberrazioni, una su tutte il nazismo, incredibili per le sofferenze inflitte all'umanità: uomini che non sono stati considerati uomini, ma "sottouomini". Cosa ci ha condotto a questo? Che cosa c'è di strano oggi nel discorso della tecnologia? Il discorso di Internet ed il discorso della microelettronica, di questa nuova forma di alfabetizzazione, come si situa in un discorso evolutivo del genere umano? Per essere anche sostanziali in questo discorso: nel corso degli ultimi 3 o 4 secoli noi abbiamo assistito ad un divaricarsi di due culture a cui Lei ha fatto riferimento: da una parte la cultura tecnico-scientifica e dall'altra parte la cultura umanistica. Io direi che a partire da poco prima dell'illuminismo, da Jean Jacques Rousseau, noi vediamo da una parte gli umanisti e dall'altra parte il positivismo, gli scienziati, la tecnica premia di se stessa. Oggi la tecnologia sta avvolgendo tutto: l'informazione sembra essere distribuibile da tutte le parti, noi siamo in grado di distribuire qualunque tipo di informazione, di fare qualunque tipo di viaggio, di pervenire, al di là di certe difficoltà, al dominio di certi tipi di energia, però non vediamo di pari passo crescere il tasso di felicità umana; sembra, per dire un paradosso, che la vita si allunghi, ma poi non valga la pena di essere vissuta così a lungo. Un'intervista recente data da Norberto Bobbio qualche giorno fa per il suo ottantaseiesimo anno di età diceva: "Sì, è vero, sono invecchiato, però mi domando se valeva la pena di vivere così quando un Montaigne diceva a 40, sono vecchio". Dov'è il problema e cosa la tecnologia potrebbe dare? Sembra che la tecnologia possa risolvere certi problemi, ma non risponde alle domande fondamentali dell'essere umano. Le domande che l'essere umano si pone sono di due tipi, e, a questo proposito, mi consenta di citare Freud: Freud diceva nel suo testamento spirituale che noi abbiamo tre nemici: il nostro corpo che invecchia e non c'è niente da fare, la natura che ci circonda che è piena di imprevisti, terremoti, esplosioni, temporali, pestilenze (e anche qui ci attrezziamo con la tecnologia per difenderci), ma soprattutto (e lo diceva già Socrate e tutti i filosofi greci), il rapporto con i nostri simili, cioè l'etica. Internet, con tutte le sue difficoltà tecniche, con tutte le sue contraddittorietà, paradossalmente, potrebbe favorire un altro tipo di etica più generale. Qualche mese fa ho letto l'intervista del cardinale Kung proprio su questo tema, in cui lui diceva, proprio da uomo di religione, che Internet potrebbe stabilire un diverso tipo di etica di tipo mondiale, di tipo più generale. Oggi non c'è cultura o civiltà che non riconosca come comandamento fondamentale quello del non uccidere, non c'è nessuna società umana che accetti l'atto dell'uccisione del prossimo come un atto permissibile, però è troppo basso come denominatore comune, occorrono denominatori comuni più generali perché l'umanità sia felice e si riconosca. Quindi dobbiamo, in un certo senso, individuare -e forse potremo farlo con questa distribuzione così pervasiva e capillare di informazione- un denominatore comune più alto in cui tutta l'umanità si riconosca, e che Internet potrebbe favorire. Però non dobbiamo dimenticare che l'uomo è anche un animale particolare, è anche legato al suo territorio di caccia, l'uomo è ancora un animale uscito dalle caverne. Tanto per dire una banalità: mediamente, in base ad uno studio che ho letto recentemen

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