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    Nanni Balestrini

    Roma, 16-12-1996
    Riflessioni sulla scrittura elettronica
  • L'intervistato descrive i suoi primi esperimenti di scrittura elettronica, quando ancora i computer erano scomode macchine, enormi, che lavoravano su schede perforate (1) .
  • Un testo di partenza per realizzare un ipertesto collaborativo per gli spettatori di "MediaMente" potrebbe essere una parte, la prima strofa, di una poesia dell'intervistato del 1961, il suo primo esperimento di "poesia combinatoria" (2) .
  • Le nuove tecnologie possono davvero realizzare una sorta di gioco combinatorio di diverse strutture narrative. Eppure prima di utilizzare queste macchine e questi procedimenti bisogna sempre avere un progetto di partenza che guidi l'intero processo (3) (4) (5) .
  • L'uso delle macchine per ottenere procedimenti di composizione e scomposizione del testo può rappresentare una nuova opportunità per i critici, oltre che per gli autori (6) .
  • Anche nel caso di testi collaborativi, deve esserci un progetto iniziale ben preciso (7) (8)
  • qualunque mezzo o macchina si usino (9) .
  • Lo strumento che si usa per scrivere, matita o penna, macchina da scrivere o computer, non ha il potere di influire sullo stile dell'autore (10) .
  • Le avanguardie storiche hanno, in un certo senso, anticipato l'avvento del computer (11) .
  • L'ipertesto è una sorta di testo tridimensionale molto pratico ma non facilmente leggibile. Infatti leggere da uno schermo è assai più faticoso che non da una pagina di libro. Inoltre anche un libro cartaceo è spesso letto come un ipertesto, con salti, ritorni e intersezioni (12) .
  • Parlando di poesia figurata si comprende il passaggio dalle avanguardie a tempi in cui si è creata una nuova sensibilità alla parola intesa come fatto iconico (13) .
  • Ancora la letteratura a tema tecnologico non produce testi innovativi (14) .
  • I nuovi media si basano tutti sulla parola più che sull'immagine (15) ;
  • si potrebbe parlare di nascita di una nuova letteratura, quella della parola veicolata dai new-media (16) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Ci può parlare dei primi esperimenti di scrittura elettronica?

    Risposta
    Nel 1961 ho compiuto un primo esperimento di composizione di un testo attraverso l'uso di un computer, che ho chiamato "Poesia elettronica". Si trattava di utilizzare un computer per sfruttare le sue possibilità combinatorie ed in questo modo produrre un grandissimo numero di testi poetici. A quel tempo i computer erano qualcosa di enormemente diverso da quello che sono oggi, erano delle enormi ed ingombranti macchine che si usavano con schede perforate. Comunque, quello che a me interessava era la possibilità di effettuare con grande velocità un grandissimo numero di combinazioni: il fatto combinatorio è tipico dei procedimenti della poesia. Successivamente ho fatto ancora diversi esperimenti in questa direzione, e soprattutto con i computer moderni e attuali penso che si possano ottenere dei risultati interessanti anche in settori un po' più complessi di quello del puro fatto combinatorio, toccando altri territori, come quello della narrativa attraverso l'ipertesto. Esistono, oggi, strade che vengono abbastanza percorse, e io penso che il problema non sia più quello, semplicemente, di sfruttare le capacità di questi mezzi, di queste macchine, visto che ormai le conosciamo abbastanza. A mio avviso, oggi, si tratta piuttosto di prevedere dei progetti, dei programmi, delle realizzazioni molto precise che utilizzino queste macchine a cui si applicare poi le possibilità di queste ultime. Il fatto principale non è semplicemente quello dell'uso di un mezzo tecnologico come poteva essere agli inizi, un uso a sorpresa che dà questi risultati ancora sconosciuti; il problema, oggi, è quello di sapere esattamente che cosa si vuole ottenere, che tipo di progetto si vuole realizzare, perché, in fin dei conti, è questo quello che conta.

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    Domanda 2
    Noi abbiamo pensato di realizzare questo ipertesto collaborativo a cui gli spettatori possono partecipare dalla rete e chiedevamo a Nanni Balestrini un'idea, un inizio, un testo di partenza, una matrice su cui, poi, cominciare per questo ipertesto.

    Risposta
    A me piacerebbe molto, e forse è un po' ambizioso da parte mia che si potesse usare la prima parte, la prima strofa di questo Tape Mark Uno, il testo che io ho realizzato nel 1961. Mi sembra ambizioso che questo testo possa servire da base per questo esperimento di ipertesto e sarei anche curioso di vedere, dopo tanto tempo, che tipo di risultati e che tipo di trasformazioni può raggiungere. Dunque, la prima strofa dice: "La testa premuta sulla spalla, trenta volte più luminoso del sole, io contemplo il loro ritorno finché non mosse le dita lentamente e mentre la moltitudine delle cose accade alla sommità della nuvola esse tornano tutte alla loro radice e assumono la ben nota forma di fungo cercando di afferrare".

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    Domanda 3
    Possiamo riprendere alcuni dei temi che avevamo toccato la scorsa volta. Io adesso non so se mi ricordo esattamente le domande, però uno dei punti che sicuramente avevamo toccato era quello dell'uso della combinatoria. L'impressione è che ci sia un passaggio da una pura combinazione di suoni, di vocaboli all'ipertesto, ad una specie di gioco combinatorio di vere e proprie strutture narrative. Intanto, questo passaggio, che mutamenti può comportare?

    Risposta
    La poesia è una struttura molto più libera, nel senso che i legami tra i versi presentano delle possibilità molto grandi a limiti infiniti, appunto perché non ci sono questi legami propri di un testo narrativo, che sono temporali, che sono di azione, che sono i personaggi. Tutto questo limita molto le possibilità strettamente combinatorie in un testo narrativo, perché, altrimenti, si creerebbero una serie di errori; un personaggio non può compiere un'azione dopo o prima rispetto ad un altro; un'azione non può andare su un personaggio maschile da uno femminile. Insomma, i vincoli sono molto più grandi e questo, da una parte, rende più complesso il lavoro preparatorio; ma d'altra parte, tende anche a banalizzarlo di più perché da molti esperimenti che si sono fatti in questo senso si è visto che le cose funzionano in modo più rapido e più semplice proprio quando ci sono dei testi base, delle piccole favole, delle storie con pochi personaggi, con poche situazioni. Tuttavia, a mio avviso, quello è un modo che richiede un lavoro enorme e può dare dei risultati molto scarsi: il fatto di volere procedere su delle strutture un po' tradizionali. Credo che sia molto più efficace ed è anche molto più interessante ricevere dei risultati inaspettati, conseguenza dell'operare su delle strutture narrative più libere che possono essere delle strutture liriche, delle strutture di monologo interiore, istanze che sono, tutte, risultato della narrativa di questo secolo dove questi legami e queste costrizioni non generano più errori. In una storia pensata ci si possono permettere dei salti, delle divagazioni molto più importanti di quanto possa avvenire in una storia raccontata, e non parliamo poi di quando abbiamo un racconto in terza persona! E così pure, appunto, un tipo di struttura onirica permette dei salti, degli spostamenti. In ogni caso io non penso che tutto questo debba generare uno stile, nel senso che si affida ad una macchina un semplice rimescolamento, perché l'affidare completamente al caso, in fin dei conti, sarebbe curioso. Il problema è quello di avere un progetto molto preciso, sapere esattamente dove si vuole arrivare, che tipo di risultato si vuole ottenere; altrimenti, si tratterebbe soltanto di un divertimento. Per questo il testo che si vuol creare deve avere in sé la giustificazione dell'uso di queste macchine, di questi procedimenti.

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    Domanda 4
    Quindi, in un certo senso, a Suo avviso, ci sono testi che si piegano di più ad una struttura ipertestuale e testi che, viceversa, sono più adatti ad una struttura di narrazione lineare.

    Risposta
    Io penso che una narrazione lineare richieda un enorme lavoro per evitare la banalizzazione; dunque, probabilmente, non ne vale la pena. Certamente, come dicevo prima, anche dei testi già esistenti che escono dalle tradizionali norme narrative si prestano di più. Però, l'aspetto interessante sarebbe quello di inventare delle cose che siano totalmente nuove; non si tratta di rifare una narrativa tradizionale, lineare, ma nemmeno voler rifare Joyce o Burroughs o altri; che bisogno c'è? Sì, questo può essere interessante; allora, diventa un lavoro di ricerca per saggiare delle possibilità, vedere come lavora la macchina; però, il risultato non è interessante per colui che, alla fine, punta su un risultato creativo.

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    Domanda 5
    Da questo punto di vista, tra le cose che ha visto, ci sono degli aspetti che possono sembrare avvicinarsi a delle realizzazioni creative, che utilizzano gli ipertesti in maniera creativa letterariamente ed esteticamente valida? O ancora non ne hai viste?

    Risposta
    Di quello che ho visto - e non ho visto tutto - devo dire di no. Proprio come risultato completo, penso che si sia ancora nella fase sperimentale per quanto riguarda questo accostamento tra un testo ed una macchina che manipola questo testo, proprio perché penso che ancora manchi il fatto di avere molto sperimentato la ricerca di regole e di programmi che si vogliono utilizzare.

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    Domanda 6
    Lei ha parlato della possibilità di usare, in certi casi di studio, testi classici, o anche testi della letteratura del '900, che, in qualche modo, hanno una costruzione che già utilizza dei procedimenti di composizione e scomposizione del testo, di combinatorie, e così via. In questi casi, o più in generale, anche in altri casi, l'uso delle macchine può diventare uno strumento non solo per l'autore, ma anche per il critico? Dal punto di vista della critica letteraria potrebbero essere utilizzate le macchine?

    Risposta
    Penso di sì. Noi abbiamo usato molto il computer per analizzare dei testi; si possono anche analizzare certi procedimenti di opere molto moderne, di avanguardia e, magari, si può anche riprodurre il meccanismo, fabbricare dei falsi rifacendosi a Joyce, o a Burroughs o ad altri. Però, tutto questo, a mio avviso, somiglia agli esperimenti che si fanno anche nella musica, nella manipolazione del suono e anche nelle arti visive dell'immagine, dove tutto è molto più semplice. Si possono benissimo produrre dei falsi quadri, si possono facilmente impostare dei programmi che creano dei quadri che sembrano degli stessi pittori; alla fine, tutto questo può essere interessante come esperimento per studiare i procedimenti, ma ad un artista, ciò che interessa è fare delle sue opere con una sua idea che giustifichi l'uso di queste macchine. Nella letteratura ciò è chiaramente più difficile perché i legami del senso delle parole sono molto più forti di quelli dei colori e dei suoni.

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    Domanda 7
    Questa necessità dell'autore che deve avere la sua idea originale per produrre l'opera porta a discutere quelle che potrebbero essere le possibilità di situazioni in cui non c'è, invece, un singolo autore, ma situazioni di testo collaborativo. Lei, da questo punto di vista, è scettico sulla possibilità di ottenere risultati letterariamente interessanti da procedimenti di scrittura collaborativa?

    Risposta
    Abbastanza! Perché sembra che tutto si riduca ad un gioco; in fondo ci sono anche molti giochi di società che semplicemente alludevano a questo. Però si potrebbe benissimo avere un'idea di un testo in collaborazione fra diverse persone su un certo argomento, in una certa direzione; ma, anche in questo caso, deve esistere una giustificazione da parte di questa idea. Non bisogna unicamente dire: "poiché la macchina può assemblare dei testi che provengono da diverse persone in modo rapido e istantaneo attraverso Internet, facciamolo, e questo è già un risultato!" Si tratta di un esperimento di comunicazione, resta lì. L'aspetto creativo, invece, deve essere più intenzionale.

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    Domanda 8
    Questo discorso ha valore anche per esperimenti come quelli di Luther Blisset, in cui c'è la perdita d'identità dell'autore anche non necessariamente in una situazione di collaborazione tra più persone, ma semplicemente in una situazione in cui più persone confluiscono ciascuna con la propria idea?

    Risposta
    Io non lo escludo. Tuttavia, penso che il progetto sia importante, non soltanto i modi della sua esecuzione. Credo che questo sia il naturale prezzo da pagare di fronte a dei nuovi strumenti di cui all'inizio si resta più affascinati, un po' come la musica elettronica; basti notare la differenza di come era usata trenta anni fa ed oggi. All'inizio tutti erano affascinati dal fatto che si potevano produrre suoni di tutti i tipi, che si potevano mescolare ed incrociare, e i musicisti si sono buttati a sperimentare queste possibilità. Quando, poi, hanno capito quello che si poteva ottenere hanno cambiato attitudine, e ad un'idea di un certo tipo di composizione hanno cominciato ad applicare determinati modi di trasformazione del suono piuttosto che altri, come fossero degli strumenti musicali che in passato non erano mai in primo piano rispetto a quello che era il loro impiego.

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    Domanda 9
    Se Lei dovesse proporre delle idee di utilizzo, che tipo di progetti si potrebbero realizzare adesso, al di là del gioco combinatorio, cercando di utilizzare anche qualcuna di queste possibilità nuove: gli ipertesti, Internet.

    Risposta
    A mio avviso ci possono essere molte possibilità; probabilmente ci sono già molte persone che ci stanno lavorando sopra, che si stanno muovendo in questa direzione con la consapevolezza che il campo della ricerca sulla letteratura, sulle arti, sulla musica, oggi, si rivolge più alle nuove tecnologie che altrove. Ciò è quello che offre la realtà attuale. Si è in possesso di maggiore possibilità di realizzazione nel nuovo. Però, io credo che non si possano stabilire delle regole in generale, ma, viceversa, dei progetti molto precisi, molto mirati rispetto a quello che si vuole dire, a quello che si vuole esprimere, a quello che si vuole raggiungere.

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    Domanda 10
    La possibilità di lavorare con uno strumento diverso che possiede delle caratteristiche anche fisiche diverse da quello tradizionale, per le quali si vedono un certo numero di colonne sullo schermo anziché la pagina bianca su cui scrivere, cambia il modo di scrivere, secondo Lei? Lei usa il computer, normalmente, per scrivere?

    Risposta
    Sì, io lo uso quasi essenzialmente. Non credo che la scrittura sia cambiata molto rispetto a quella a penna, a quella della macchina da scrivere, anche se dicono che lo stile di Hemingway viene dalla macchina da scrivere. Può darsi...dicono anche che si abbia uno stile diverso con un testo scritto a computer. Io penso che si possono fare di queste osservazioni, però non mi sembra un aspetto così rilevante. Credo sempre che questi strumenti siano al servizio di uno scrittore o di un artista che si vuole esprimere, su cui egli traccia la sua impronta, fa il segno; li utilizza come strumenti e non il contrario; non si tratta di uno strumento che si imprime su un autore. Il computer è una macchina per scrivere utilissima che fa risparmiare molto tempo: non si deve ricorreggere continuamente i fogli, si possono fare degli spostamenti di testi...è un risparmio enorme di tempo, permette di lavorare più in fretta ed anche di trovare delle soluzioni, se si vuole, nuove. Per esempio, per la poesia, dove il fatto visivo di spostamento nella pagina è molto più rilevante che in un testo in prosa, può suggerire molte idee: si può avere sotto il proprio sguardo, contemporaneamente, una serie di varianti sulle quali intervenire. Tuttavia, ripeto, io rimango sempre un po' scettico sul fatto che queste nuove tecnologie possano, direttamente, determinare nuovi stili, nuovi universi espressivi.

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    Domanda 11
    Quindi, rispetto al tuo modo di scrivere non senti di avere modificato il tuo atteggiamento? Umberto Eco sostiene, per esempio, che si tende a scrivere in maniera più modulare.

    Risposta
    Riguardo ai miei antichi esperimenti di cui parlavamo prima, io avevo già in mente di usare questi fatti combinatori, e, del resto, non li avevo inventati io: risalgono a sedi di sperimentazioni fin dall'inizio di questo secolo, che son state compiute dalle avanguardie storiche. I futuristi, certamente, se avessero avuto il computer avrebbero creato i loro testi in maniera più rapida, più veloce, magari più vasta; però, sono i loro testi che aspettano, che invocano la presenza di una macchina che realizzi queste cose, non il contrario! Così anche per la musica: ad un certo punto si è cominciato ad usare gli strumenti musicali fuori delle loro sonorità abituali, si è cominciato a richiedere ai violini dei suoni strani, a manipolare i pianoforti, perché si richiedevano dei suoni che non venivano più dagli strumenti tradizionali. Poi si sono create alcune macchinette meccaniche e rudimentali che emettevano altri suoni, finché, questa necessità di innovazione ha aiutato la possibilità del mezzo elettronico, non viceversa.

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    Domanda 12
    Potremmo dire che l'ipertesto, quindi gli strumenti ipertestuali, piuttosto che essere uno strumento per il lettore o per la creazione di un'opera definita, dovrebbe essere uno strumento per il narratore, per la costruzione di opere.

    Risposta
    Chiunque scriva un testo, anche non solo narrativo, bensì un testo di una certa ampiezza, quale potrebbe essere un documento o una relazione, sa benissimo che esistono varie fasi: ci può essere una fase di preparazione, di appunti, del riordinare gli appunti; poi c'è la fase di inserimento o di ampliamento. L'ipertesto permette di avere un testo che, in un certo senso, è tridimensionale, non è soltanto lineare, ma com'è ovvio nel procedimento dell'ipertesto, si possono scavare delle direzioni, delle ramificazioni. In questo modo si può lavorare rapidamente, invece di avere migliaia di fogliettini sparpagliati (che poi non si sa più dove trovare) che bisogna classificare, che bisogna appuntare. A volte ho visto degli scrittori tappezzare le pareti di biglietti e di fogli perché avevano bisogno di avere tutto sott'occhio per poi connettere e riconnettere; capisco benissimo questa esigenza. Ora, la macchina, permette di fare tutto questo in modo rapido, veloce, sintetico, senza sciupare né troppo tempo, né troppo spazio. E' un formidabile meccanismo la macchina di scrittura! Però, ripeto, è l'uso che se ne fa che può permettere di raggiungere nuovi risultati, perché si può benissimo usare la macchina per scrivere il più tradizionale dei romanzi. Ho più dubbi, ora come ora, sulle possibilità di lettura che può, invece, avere un ipertesto, perché, a mio avviso, leggere attraverso uno schermo è sempre qualcosa di più difficile, di più faticoso, di più forzoso in confronto alla pagina del libro. La pagina del libro riesce ancora ad essere la cosa più semplicemente utilizzabile per conservare della scrittura. Poi, c'è già anche un'abitudine, in base alla quale, la pagina di un libro da sempre si legge come un ipertesto, non si legge mai proprio nel modo assolutamente lineare: c'è già, da sempre, un'abitudine di saltare e di connettere perché la mente opera tutti questi passaggi e questi procedimenti. Direi che nella scrittura si tiene anche conto di questo; si dice una cosa prima sapendo che dopo si dovrà ritornare indietro per riallacciarsi a ciò che si è scritto. Tutte queste intersezioni, questo fatto di rendere tridimensionale la scrittura è qualcosa che è già implicito nei procedimenti letterari; anzi, è tra gli aspetti che più la rendono interessante e stimolante.

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    Domanda 13
    Per quanto riguarda l'integrazione con l'immagine, molti autori degli anni '60, ma anche da prima (la storia può risalire sino all'epoca alessandrina), hanno esplorato l'intersezione tra parola ed immagine in varie modalità: hanno svuotato di senso le parole rendendole immagini piuttosto di accostare parole e immagini. Oggi, gli strumenti tecnologici sembrano realizzare una forma estetica che, in qualche maniera, allude a queste sperimentazioni.

    Risposta
    Sì, ma questo è un fatto che, appunto, c'è sempre stato: alludo alla poesia figurata per la quale i versi assumono forma di oggetti. Essa ha avuto un grandissimo sviluppo a partire dall'avanguardia storica, dal futurismo; in seguito, addirittura negli anni '60, la poesia visiva è diventata un genere mondiale che ha creato un suo linguaggio. Questa è una delle strade che ha percorso la poesia per uscire dalla pagina, dal testo, dal libro. Prima di Gutenberg la poesia, sostanzialmente, era un fatto sonoro, orale, e la scrittura veniva utilizzata unicamente per conservare i testi; le poesie dei poeti provenzali, per esempio, venivano recitate con l'accompagnamento del liuto ed i codici scritti erano come i foglietti delle canzoni di Sanremo, servivano solo per ricordare. In seguito, con la stampa, dopo Gutenberg, il testo scritto ha preso il predominio e la poesia è diventata qualcosa che più che essere ascoltata, veniva letta. Ciò ha trasformato un poco la poesia perché è totalmente diverso ascoltare un testo dal leggerlo; con l'occhio ci si può muovere diversamente, mentre con questo linguaggio si ha un consumo mentale: l'interpretazione non passa unicamente attraverso l'orecchio. Dall'inizio di questo secolo c'è stata questa esplosione di fuoriuscita, sia nel sonoro che nel visivo; e nel visivo c'è stato anche questo fatto di utilizzare il linguaggio e le parole come oggetti, nella loro fisicità visiva. Questo aspetto è sempre esistito nella poesia cinese, dove il videogramma è contemporaneamente significato ed immagine: c'è compenetrazione; l'alfabeto, chiaramente, non la possiede perché è un fatto di accumulazione di parole e di lettere nelle parole; penso che abbia contribuito molto il paesaggio urbano (le scritte e le insegne al neon nelle città hanno fatto delle parole dei fatti iconici), e questo credo che sia qualcosa che abbia creato una nuova sensibilità, un nuovo genere che non era pittura e poesia, ma quello che, da loro, si chiama l'"intermedia", qualcosa che non è una somma dei due aspetti, ma è una nuova cosa che si inserisce in uno spazio intermedio, come anche per le performance della poesia sonora.

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    Domanda 14
    Come consideri il momento in cui la tecnologia entra nella letteratura? Cosa pensi di questi esperimenti di narrativa e letteratura in generale in cui è la tecnologia che entra come tema della narrazione: il Cyber Punk e le sue ulteriori declinazioni attuali?

    Risposta
    A me non sembrano delle cose eccezionali, perché al di là degli interessi che possono avere le tematiche, gli argomenti di questi libri, ho l'impressione che quasi sempre vengono trattate con strumenti verbali e narrativi che non sono all'altezza di queste innovazioni tecnologiche; spesso sono testi abbastanza tradizionali. Credo che sia enormemente più avanzato Burroughs: c'è molta più omologia tra questi nuovi universi tecnologici e gli esperimenti, il modo che ha Borroughs di trattare il linguaggio, piuttosto che quelli che unicamente lo descrivono. Io penso che questo sia da vedere soprattutto nel modo di formare un testo anziché essere un contenuto solamente raccontato e descritto.

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    Domanda 15
    Pensa che la letteratura possa recuperare una funzione nella costruzione dell'immaginario collettivo, una funzione sociale e comunicativa?

    Risposta
    Io penso che la letteratura di genere sia sempre esistita; basti pensare all'infioritura enorme che ha avuto nell'Ottocento ed anche oggi. Credo che ci sia ancora una parte della letteratura interessante come lo era nell'Ottocento, quella letteratura di scrittori che si appropriano di questi generi facendoli diventare qualcos'altro. In questo senso abbiamo degli esempi soprattutto nella narrativa americana, dove tutto quello che è cinema, televisione, fumetto, viene ripreso e rimanipolato e dà dei risultati letterari molto interessanti. Io non penso che ci sia più questa separazione, perché quando si pensa alla letteratura, si pensa alla pagina del libro; però, se con letteratura intendiamo una creazione ottenuta attraverso la parola, oggi letteratura o poesia si trovano, in minima parte, sulle pagine di un libro; nella televisione c'è più parola che immagine, nel cinema c'è ugualmente parola e immagine. Tutti questi nuovi media sono, in fondo, basati sulla parola piuttosto che sull'immagine. Io penso che l'aspetto determinante in loro sia la parola a cui si accompagna l'immagine, a cui si accompagna il suono, a cui si accompagna la musica. La forza trainante proviene ancora dalla parola e, se vogliamo, non chiamiamola letteratura. La letteratura è solo quella che troviamo nelle pagine dei libri. Tuttavia, a me interessa più l'idea di un discorso sull'arte della parola, come abbiamo visto anche prima in questi esempi di poesia visiva e sonora uscita dal libro; allo stesso modo io penso che stia uscendo e si stia manifestando anche sugli scherni televisivi e sugli schermi del computer.

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    Domanda 16
    Insomma: piuttosto che la morte della letteratura si tratta di una sua esplosione universale!

    Risposta
    E' un tipo di letteratura che muore! Però ne esiste un'altra, perché se noi vogliamo esprimere, creare, uno degli strumenti necessari per farlo è la parola; possiamo creare con la parola, coi suoni, con le immagini o con strumenti che si situano in mezzo a queste, e a mio avviso, oggi, queste sono le ricerche più interessanti.

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