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    Giovanni Ferrero

    Milano, 19/10/1996
    Un esempio di città cablata
  • Ferrero spiega cosa si è già fatto e cosa si farà per la realizzazione di una Torino digitale (1) .
  • A Torino, oggi, ci sono già 40.000 unità immobiliari cablate (2) .
  • La rete interna del comune di Torino è finanziata dal comune stesso  (3) .
  • Molti cittadini-utenti sono contrari alla cablatura per i disagi che i lavori di realizzazione comportano. Ma non ci si può sottrarre al proprio obbligo di partecipazione alla costruzione della società dell'informazione (4) .
  • Bersagli del cablaggio non devono essere solo le grandi città ma anche le zone spopolate e le periferie. L'opera di realizzazione non deve, quindi, essere regolata da pure leggi di competizione libera sul mercato e deve essere molto attenta ai contenuti veicolati  (5) .
  • Un comune che offre anche servizi sulla storia e l'arte della città, oltre ai servizi amministrativi, lavora soprattutto per il turismo della stessa comunità (6) .
  • Un esempio europeo interessante di città cablata è Stoccolma: l'idea di bene collettivo e quella di tecnologia avanzata si sposano benissimo (7) .
  • I comuni non sono ancora proprietari della fibra al di fuori della amministrazione in senso stretto. Non possono, infatti, essere concessionari dell'esercizio (8) .
  • Si vorrebbe sostituire la concessione con la autorizzazione, affermando, così, la proprietà dei privati sulla fibra ottica. Ma questo comporterebbe l'esigenza di un controllo sui monopoli (9) .
  • Oltre alle reti a terra esistono altre tecnologie appetibili per i comuni: i satelliti a bassa quota. Tutto ciò servirà a lanciare anche l'Italia su un mercato in cui i grossi monopoli dovrebbero essere limitati nelle possibilità d'azione  (10) .
  • A Torino esiste anche un progetto di rete interattiva per la formazione che si è potuta estendere a tutti i gradi della istruzione pubblica (11) (12) .
  • A Torino si prevede un cablaggio anche all'interno delle scuole (13) .
  • Il consumatore è sempre più spesso produttore (14) (15) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Ingegner Ferrero, come avanza la Torino telematica?

    Risposta
    La Torino digitale consiste in un insieme di iniziative, che stanno tutte procedendo in modo veloce; l'obiettivo, d'altra parte, per noi, è di immaginare ed offrire un'idea di città che sia diversa dall'idea di Torino che molti possiedono: vuol dire valorizzare gli aspetti artistici, o immaginare delle infrastrutture ad alta tecnologia, non soltanto come un'aggiunta al sistema economico esistente, ma come un modo per organizzare, ripensare la vita di una comunità, ripensare anche i servizi e le applicazioni. Per ora si sta' completando l'operazione di trasformazione della struttura del comune: abbiamo cablato tutte le sedi principali del municipio, più di 20: si tratta di quasi 9000 terminazioni a larga banda collegate con dorsali a fibra ottica, ed è stata effettuata l'interconnessione tra i palazzi.

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    Domanda 2
    Qual è la situazione di Torino riguardo la cablatura?

    Risposta
    All'interno di questa operazione di città digitale, "Socrate", i cablaggi innovativi di Telecom assumono una enorme importanza. A Torino alcuni quartieri saranno completati entro questo anno, tenendo conto del fatto che noi, nel mese di dicembre, solitamente non diamo autorizzazione di scavi nelle zone commerciali frequentate dai cittadini, come Madonna di Campania, Santa Rita, la Crocetta, la zona del centro, Oltrepò, che sono le zone, per altro, ad alta densità abitativa. Io credo siano state cablate oltre 40.000 unità immobiliari. Un altro problema è quello di raggiungere gli utenti, poiché spetta agli amministratori degli immobili ed ai condomini dare a Telecom l'autorizzazione a passare all'interno della proprietà privata. Quindi, noi ci occupiamo direttamente della parte che riguarda le autorizzazioni comunali e dei lavori che devono essere eseguiti sul suolo pubblico.

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    Domanda 3
    La cablatura dei servizi comunali da quale ente è stata finanziata?

    Risposta
    La rete interna del comune è finanziata dal comune. D'altra parte, il trasferimento dalle vecchie alle nuove tecnologie determina degli investimenti, ma anche dei risparmi. Per dare un ordine di grandezza, la nostra vecchia rete di collegamento dei terminali (erano circa 1200 posti di lavoro) costava e costa, di canoni e di trasmissione, la stessa cifra di quello che costa il noleggio di 8.000 punti capace di portare 155 megabit. E' evidente che il finanziamento comunale sia molto rilevante: noi investiamo dai 40 ai 50 miliardi all'anno in attività di questo genere.

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    Domanda 4
    Perché in molte città si sono verificate polemiche tra i comuni e la Telecom riguardo alle cablature?

    Risposta
    La cablatura implica un insieme di lavori edilizi, e la maggior parte dei costi riguarda gli scavi e i ripristini. Quindi, mi sembra del tutto ovvio che i cittadini non siano contenti perché insieme ai lavori dell'ENEL, dell'acquedotto, dei tram e ai ripristini delle fognature si aggiunge anche una enorme quantità di altri lavori. Come ordine di grandezza, in una città come Torino si tratta di affrontare una spesa di circa 700 miliardi, quasi tutti, come dicevo, in lavori edili da eseguire in tre anni. Un altro aspetto, però, sollevato dalle città è la necessità di discutere su quali debbano essere i ruoli delle comunità locali per essere garanti non soltanto verso i loro cittadini, ma verso l'intero paese per la realizzazione della società dell'informazione. La ristrutturazione delle telecomunicazioni determina la possibilità di garantire non solo i servizi pubblici, ma anche i servizi e le attività di impresa con un livello di qualità incommensurabilmente più alto. Noi non riteniamo che queste operazioni possano essere risolte attraverso decreti legge o colpi dello stato centrale, e nemmeno possano essere soltanto una logica di una singola impresa quale che sia un'impresa.

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    Domanda 5
    Quindi si auspicano diversi fornitori?

    Risposta
    Io credo che un principio da affermare sia sicuramente l'accesso universale, che consiste nel diritto di cittadinanza telematica, il fatto che dal cittadino al sistema di impresa si possa utilizzare il vantaggio delle innovazioni tecnologiche. Questo discorso dell'accesso universale è sovente sottovalutato nelle nostre discussioni perché non esistono solo le città, che sono aree appetibili per gli investimenti, ma esistono anche le zone spopolate e dal cui spopolamento nascono poi le alluvioni, i disastri ecologici. L'accesso universale si estende anche nelle zone di abbandono nella città di Torino; ad esempio, nelle tre zone in cui interveniamo in modo più intensivo con piani di recupero urbano, i sistemi di telecomunicazione (dunque, l'innovazione tecnologica) rappresentano uno dei fattori di lotta contro il degrado; questo discorso si potrebbe sostenere nell'organizzazione dei servizi del terzo settore, dello stesso volontariato: usando sistemi che vanno dalla telefonia mobile alla larga banda, si può immaginare uno scenario sociale completamente diverso. L'altro principio, quello del mercato, io lo vedo indispensabile per creare un regime di abbassamento dei prezzi. E' chiaro, però, che non ritengo che qualsiasi forma di competizione al di fuori di regole di buon senso sia automaticamente una cosa buona. Intanto, perché se la competizione avviene soltanto per il massimo profitto avverrà nelle zone più ricche e quindi determinerà un paese squilibrato ed ingiusto. In secondo luogo perché il meccanismo di mercato e di competizione richiede anche, a mio avviso, una capacità di valutare come può avvenire la competizione. Se la competizione non coinvolge le risorse di un paese, ma ha luogo semplicemente tra Telecom Italia, British Telecom e France Telecom, non credo ci possa essere un miglioramento a lungo termine delle condizioni di mercato. Credo che sia del tutto comprensibile che un sistema di impresa come la STET, disponendo di liquidità, sia interessata ad investire per migliorare la qualità dei propri apparati tecnologici; i rapporti tra le televisioni e le telecomunicazioni sono questioni che meriterebbero di essere affrontate. Esiste il problema, ad esempio, dei content provider, i quali dovranno confrontarsi con il fatto che la rete non sarà soltanto, come si dice oggi, in fibra, poiché esistono tecniche per usare il rame a larga banda, ci saranno satelliti ad alta quota. I contents sono coloro che producono programmi e contenuti, ma ci sono anche gli utenti che diventano content provider all'interno di un sistema interattivo di rete. Non c'è dubbio, ad esempio, che il comune di Torino non sarà mai un content provider nel senso tradizionale; tuttavia, avere la cartografia o l'anagrafe collegata direttamente con la rete telematica è uno dei servizi di una piazza telematica. Probabilmente il business plan non si realizzerà soltanto mettendo insieme gli spot televisivi e le telenovela o il traffico telefonico attuale, ma consisterà in un insieme di altri servizi che renderanno più appetibile l'accesso al sistema.

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    Domanda 6
    Un servizio da offrire potrebbe essere, per esempio, la storia e l'arte della città.

    Risposta
    Sicuramente. Quando parlavo di cartografia e di gestione del territorio, intendevo la cartografia tecnica che interessa gli specialisti; stiamo inoltre raccogliendo migliaia di foto scattate dai ragazzi delle scuole che hanno come tema il proprio quartiere. Poi ci sono esperimenti di realtà virtuale in cui diversi degli elementi che ho citato, integrati all'interno di un modello di presentazione, possono permettere, addirittura, una visita da New York alla città di Torino. Noi pensiamo che tutte le città italiane, ed anche la mia, siano delle belle città, e dal punto di vista turistico lo sfruttamento adeguato delle nuove tecnologie possono offrire molto in questo settore.

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    Domanda 7
    Per realizzare città digitali che cosa si sta facendo nel resto d'Europa?

    Risposta
    France Telecom e British Telecom stanno svolgendo delle operazioni analoghe a quelle che STET sta effettuando nel nostro paese. Esistono, probabilmente, realtà in parte diverse perché io credo che in Italia le realtà locali, le comunità locali, abbiano un peso molto più grande di quello che, ad esempio, nella storia dello stato tedesco o francese abbiano gli apparati centrali e la programmazione centrale. Negli altri paesi si progettano idee analoghe a quelle italiane, con un mix di ingredienti diversi. Io trovo molto interessante il progetto che ha realizzato la città di Stoccolma. Essa è sicuramente una città ricca e colta in un paese come la Svezia che è stato indicato per anni come luogo di benessere e di cultura. In questa città già molti anni fa hanno creato delle infrastrutture tecnologiche, e si sono scavate le vie e i condotti che permettono, senza più distruggere le strade, di avere l'acqua, la luce, il gas, ed oggi le fibre ottiche. Qual è l'aspetto che trovo interessante? Intanto la preveggenza! D'altro canto loro tendono a considerare il canale trasmissivo, il tubo attraverso cui passa l'informazione, come una sorta di risorsa pubblica della comunità. Questo atteggiamento è profondamente diverso rispetto allo scenario della realtà italiana: loro considerano la fibra, quella che viene in gergo chiamata la "fibra scura" - senza elettronica che la utilizza -, come l'aria, come le risorse idriche e come il verde di una città; affittano, poi, la fibra a chiunque lo richieda, siano essi i gestori di telefonia, o reti televisive, o imprese, o la stessa città come utente perché si innestino servizi di livello più alto sui quali far girare delle applicazioni. Quindi, l'idea di Stoccolma è abbastanza originale perché sposa un'idea di bene collettivo, di interesse comune con quello della tecnologia più avanzata.

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    Domanda 8
    Un comune italiano potrebbe essere proprietario della fibra?

    Risposta
    Per un comune italiano oggi è possibile essere proprietario, essendo proprietario del sottosuolo; ciò che oggi non è possibile è fornire un servizio utilizzando questa fibra al di fuori dell'amministrazione in senso stretto: non è possibile utilizzare questa fibra, oggi, non essendoci deregulation, e non essendo i comuni concessionari dell'esercizio; non è possibile utilizzare la fibra per venderla ad altri o per svolgere attività che non riguardano l'interno del comune. In realtà, un aspetto sul quale bisogna riflettere è il rischio di eliminare l'idea - che a me pare invece positiva nella legge attualmente in discussione - di concessione.

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    Domanda 9
    La Telecom quando stende i cavi nelle città, come sta facendo ora, rimane proprietaria dei suoi cavi. Lei sostiene, viceversa, che il comune, essendo proprietario del sottosuolo, sia anche proprietario della fibra.

    Risposta
    Dei suoi cavi! La Telecom ha una concessione ministeriale, statale, quindi agisce sui servizi che sono regolamentati, ad esempio, sulla voce, ma non soltanto: su tutti quelli che sono regolamentati dalla legge dalla gazzetta ufficiale in un regime di concessione; quindi, quello che realizza, è in nome e per conto della collettività per tramite della concessione. Per la verità, la discussione che oggi si sta sviluppando da parte di molti è quella di togliere l'idea di concessione e di introdurre l'idea di autorizzazione. L'idea di autorizzazione presuppone, viceversa, che non si abbia la funzione di agire per conto dell'interesse pubblico, ma si sia soltanto autorizzati in quanto ciò che si fa non lede l'interesse pubblico. Io ritengo che questa idea sia assolutamente sbagliata anche se so che Telecom, parte dell'antitrust e molti soggetti in Italia spingono per un regime autorizzatorio. Perché io le ritengo sbagliate? Perché nel momento in cui si passa al concetto che la fibra appartiene ai singoli privati, allora bisognerà fare, poi, come negli Stati Uniti, una normativa che eviti che una risorsa essenziale sia governata in un regime di monopolio; quindi, il far diventare soggetta al mercato, e quindi privata, una risorsa essenziale, richiede poi l'introduzione di una normativa correttiva che la ricollochi secondo dei criteri che non siano monopolistici. Io, da questo punto di vista, non trovo particolarmente vantaggiosa l'ipotesi di smontare l'idea di concessione per poi costruire una normativa che normi il mercato.

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    Domanda 10
    Non esiste ancora una possibilità, da parte dei comuni, sia di gestire, offrendo, come Lei ha detto prima, dei servizi, ma anche controllando che la rete sia equilibrata all'interno della città. Quali limiti vanno risolti?

    Risposta
    Chiaramente esistono degli interessi di rappresentanza che vengono affrontati attraverso negoziati nel discutere con Telecom, e con qualunque altro soggetto che opera in città. Il comune di Torino il potere di cui dispone non lo usa per impedire, ma per far sì che le cose avvengano in modo equo e ragionevole secondo i criteri che ho esposto prima. Senza la deregulation è evidente che se non si ha una concessione non si è gestori; il problema consiste nell'usare la fibra per svolgere dei servizi. Peraltro, lo scenario è molto più complicato di quanto a volte non appaia, perché la fibra e la compressione a larga banda su rame è una delle tecnologie basata su sistemi a terra. Il lancio da parte di Motorola e di altre grandi società americane di sistemi di satelliti radicalmente innovativi - i cosiddetti satelliti a bassa quota - costituirà sicuramente un altro scenario che si affianca a quello della rete a terra. Accade esattamente come l'evoluzione della telefonia cellulare verso frequenze sempre più alte; il caso del Dect che è in installazione in alcune città italiane da parte di Telecom, introduce a sua volta una concezione del servizio che non è quella della telefonia cellulare e neanche quella del telefono fisso. Dal punto di vista delle tecnologie noi ci troviamo in una situazione di rapida evoluzione e quindi è difficile pensare a dei discorsi politici applicati alla realtà di oggi che rapidamente cambierà. Ciò che bisogna avere chiaro dal punto di vista dei discorsi politici, è la sanzione dei diritti essenziali dei cittadini e delle comunità. Io ritengo che in un paese come l'Italia i criteri essenziali siano il diritto di accesso, l'apertura intelligente di un mercato, cercando di evitare che si verifichi soltanto la svendita agli stranieri di quello che è un sistema italiano, con le conseguenze anche occupazionali che abbiamo già visto per Italtel, per Telettra e che stiamo vedendo in questo periodo per Olivetti; quindi auspico per l'Italia l'apertura al mercato allo stesso modo degli altri paesi europei con un governo che governa attraverso delle regole, e, all'interno delle regole, io ritengo sia molto importante garantire un'autonomia degli enti locali, senza perciò sottrarre agli enti locali il meccanismo delle concessioni; immagino (proprio per il mercato e per il pluralismo) che sia importante, in sostanza, una realtà italiana che sia molteplice e diffusa; immagino che sia altrettanto importante e normale la non possibilità dello stesso soggetto di fare contemporaneamente qualunque cosa in un regime di monopolio. Quindi le distinzioni vanno introdotte tra chi produce il contenuto, chi è il gestore delle reti di telecomunicazione e il titolare, in termini di concessioni del mezzo fisico.

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    Domanda 11
    Lei si sta battendo per un possibile uso delle reti a larga banda nella formazione.

    Risposta
    Sulla base di un accordo con Telecom, abbiamo in corso un progetto che si chiama Torino 2000 che utilizza una rete a larga banda, analoga a quella "Socrate", per dei servizi immediatamente interattivi; la formazione è estesa anche al politecnico dell'università di Alessandria. In qualche modo si tratta di un'ipotesi di università virtuale; l'idea è di partire dal docente in videoconferenza e di rendere, poi, la videoconferenza interattiva. L'obiettivo, però, è molto più ambizioso e consiste nell'immaginare che alla persona che parla si affianchi la possibilità per lo studente di interagire con degli strumenti in linea, con la possibilità di interrompere il flusso della lezione, provare a sviluppare un esercizio e consultare degli appunti. Quindi si tratta di qualche cosa che oggi il mezzo televisivo già di per sé consentirebbe. La formazione e la didattica non sono soltanto legate agli interessi di punta come gli atenei, le università, il politecnico; viceversa rappresentano un problema che, a mio avviso, affondano le radici nelle scuole materne, negli asili nido, nelle scuole elementari e anche nelle scuole medie e in quelle superiori. E' nei confronti delle nuovissime generazioni che si può immaginare un utilizzo di questa strumentazione, che consista nella possibilità per le scuole di diventare esse stesse produttori di materiali, ad esempio, facendo collaborare bambini di scuole diverse scambiandosi disegni tra di loro, immaginando la collaborazione anche al di là dei confini di un paese, tra bambini di paesi diversi, di lingue diverse.

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    Domanda 12
    Due anni fa Lei ha promosso la sperimentazione di Internet nelle scuole medie superiori di Torino. Che cosa è avvenuto?

    Risposta
    Noi abbiamo avviato, un paio di anni or sono, la sperimentazione nelle scuole medie superiori e all'inizio le scuole che chiedevano di essere collegate ad Internet erano le scuole tecniche e gli istituti professionali perché, all'interno dei corsi, era previsto l'uso delle reti e di Internet. Un salto di qualità c'è stato il giorno in cui abbiamo deciso di fare il Web della città di Torino, quello che oggi è http://www.comune.torino.it, che è stato realizzato da ragazzi molto giovani dai 14 ai 16 anni di una scuola comunale di grafica, "Baldis". Solo allora abbiamo capito che il vero effetto dell'utilizzo di queste tecnologie non era tanto nei confronti degli esperti di tecnologia ma era nei confronti di chi aveva delle cose da dire, e che era capace di maneggiare un linguaggio comunicativo, e che quindi, con il nuovo strumento, era in grado di ripensare ad un sistema di comunicazione. Oggi, le scuole che usano le reti, a Torino, sono un centinaio: un discreto numero di elementari, parecchie scuole superiori, alcune scuole medie. Noi abbiamo anche cercato di fare dell'attività di formazione nei confronti di chi ce la chiedeva; in alcuni casi gli insegnanti stessi sono stati (essendo degli specialisti) dei volontari che hanno svolto attività di formazione per altri. L'obiettivo che adesso ci proponiamo in alcune scuole è di dare alle scuole stesse un proprio Web server; sulla base anche di una donazione della Sun Microsystem noi stiamo mettendo in cantiere, in questi giorni, un Web che funzioni da serbatoio per tutte le scuole che posseggono materiale di sperimentazione, il lavoro dei ragazzi, qualunque informazione ritengano essere interessante per diventare, non dei fruitori del lavoro altrui, ma una voce che concorre alla complessità di Internet.

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    Domanda 13
    Farete parte quindi del Net Day che la Sun ha lanciato per le scuole di tutto il mondo?

    Risposta
    Io conosco molto bene personalmente John Gage, uno degli iniziatori di questa campagna e noi, se riuscissimo in qualche modo a superare alcuni problemi di norme di sicurezza sugli impianti (che in America sono un po' meno restrittive che in Italia), vorremmo avviare un cablaggio anche all'interno delle scuole. Oggi ci stiamo limitando a farlo laddove le strutture delle scuole intendono farlo e ci preoccupiamo della connessione; stiamo anche realizzando degli oggettini su un sistema operativo gratuito, nato da un ragazzino svedese Linus Torval che si chiama Linux che è uno unit free presente su Internet, in modo tale da mettere a disposizione, senza dovere spendere, del software di eccellente qualità. Per noi Internet rappresenta, in qualche modo, la scelta strategica: tutto il sistema informativo del comune e quello della provincia è basato da anni su Internet - adesso si direbbe "Intranet", ma il protocollo è lo stesso -, e, quindi, l'obiettivo è di rompere le barriere che separano l'interno dall'esterno dell'istituzione. L'idea di città digitale, al di là del cablaggio fisico della città che è un'infrastruttura necessaria, assume in sé un sistema di interconnessione tra le persone. Non si tratta quindi, di uno strumento per svolgere le stesse operazioni di prima, magari più in fretta, ma per concepire una dinamica sociale, un modo per erogare i servizi, un rapporto tra soggetti che non si conoscono. Di grande successo è stata l'iniziativa della città nei confronti delle associazioni torinesi; più di 250 associazioni hanno le loro pagine su Internet e sono associazioni che vanno da Amnesty International a quella dei radioamatori; ma c'è anche l'associazione che si occupa dei bonsai ed esistono moltissime associazioni o gruppi del volontariato sociale. L'idea di Internet, dunque, non è l'idea della navigazione soltanto nei Web americani, ha ambizioni più ampie ed estese.

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    Domanda 14
    E' anche l'idea di Toffler quella del prosumer, il produttore-consumatore?

    Risposta
    Io sono convinto che sia così. Nel produrre la nostra cartografia su rete abbiamo svolto un lavoro che non ha niente a che vedere col mettere in rete le vecchie carte, perché intanto il computer calcola in tempo reale le carte; in secondo luogo, gli ordini professionali, i professionisti sono da subito stati i nostri partner: non è pensabile costruire un'applicazione senza una presenza degli utenti. Le applicazioni pensate all'inizio con gli utenti non distinguono il fornitore dall'utente, sono in genere applicazioni in cui anche chi utilizza la carta del comune poi fornisce al comune, sulla stessa logica, delle informazioni di cui oggi il comune stesso non dispone.

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    Domanda 15
    Quindi si arricchisce l'informazione stessa della città?

    Risposta
    Certamente! Il modello concettuale di Internet, a mio avviso, è molto importante: non è né più né meno sicuro di altre reti di calcolatori e d'altra parte, come dice un esperto americano, l'unico modo per avere una rete sicura è seppellire insieme all'operatore il computer sotto terra di qualche miglio. In ogni caso Internet offre delle tecniche, come le schede a microprocessori di sicurezza elevatissima, la sicurezza cosiddetta end to end che copre l'intero mezzo trasmissivo. Internet ha un enorme vantaggio perché è una struttura che si autoriproduce, che è piatta, che porta con sé dei meccanismi comandati dagli utenti, i quali, in qualche modo, favoriscono la partecipazione di tante voci. Il modello concettuale di Internet non consiste nel modello tradizionale del canale in cui il messaggio va solo in una direzione, ma è, appunto, quello della rete, della qualità dell'applicazione che nasce dall'interazione di tante cose semplici. Per fare delle belle applicazioni in Internet bisogna mettere insieme tante persone intelligenti con strumenti relativamente semplici. Il caso della posta elettronica è il più classico. La scelta di Internet non è soltanto una scelta tecnologica è anche un tentativo di ripensamento, non solo nel comune, ma tra molti soggetti che operano in città, di un modo di concepire le città che siano qualche cosa di vitale e di nuovo.

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