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    Anna Oliverio Ferraris

    Roma, 05/12/1995
    TV e bambini
  • Rispetto alle generazioni precedenti, i bambini di oggi nascono con il televisore dentro casa, e quindi si abituano molto precocemente, prima ancora che ai programmi televisivi, proprio all'oggetto televisore, da cui sono molto attratti. Da alcuni bambini, la televisione viene percepita quasi come una persona. Quando poi non si ha la possibilità di fare altre esperienze, la tv può diventare un amico con cui trascorrere il pomeriggio (1) .
  • Il bambino guarda la tv non solo per divertirsi, ma soprattutto per farsi un immagine del mondo degli adulti. E però, fino ai sei sette anni, non è ben attrezzato per comprendere appieno ciò che guarda (2) .
  • La pubblicità - per il suo ottimismo, per la sua concisione e per la sua ripetitività - è il programma che più influisce sul comportamento dei bambini (3) .
  • Guardare troppa tv può indurre ad una vera e propria "mutazione antropologica" nei bambini, abituandoli ad utilizzare prevalentemente il senso della vista a scapito degli altri e a rimanere in un atteggiamento sostanzialmente passivo rispetto ai messaggi emessi (4) .
  • Per ovviare a tutto questo, i genitori invece di lasciare da soli i bambini davanti allo schermo, dovrebbero operare delle selezioni sulla programmazione, e aiutare i propri figli nella comprensione di ciò che vedono. La stessa scuola può far molto per insegnare a non subire passivamente il mezzo televisivo. Ma soprattutto bisognerebbe non sacrificare i giochi all'aperto, per l'indispensabile esperienza di autonomia e di libertà che essi forniscono ai bambini (5) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Professoressa Oliverio, nel suo libro "TV per un figlio", lei inquadra il problema del rapporto fra televisione e infanzia, all'interno del contesto quotidiano: la televisione sembra acquisire il ruolo di amico, di compagno.

    Risposta
    C'è una grossa differenza tra le generazioni precedenti, che sono cresciute senza televisione, che l'hanno trovata solo dopo nella loro vita, rispetto ai bambini di oggi, che invece già nascono con il televisore dentro casa, e quindi si abituano molto precocemente, prima ancora che ai programmi televisivi, proprio all'oggetto televisore, da cui sono molto attratti. Anche i bambini di pochi mesi di vita sono attratti da queste immagini che si muovono sullo schermo, e possono quasi affezionarsi all'oggetto televisore, prima ancora di capire che cosa rappresentino le immagini. Da alcuni bambini viene percepita quasi come una persona, perché parla, perché si vedono delle persone all'interno. Quando poi non hanno la possibilità di fare altre esperienze, possono considerarla anche un amico che gli fa trascorrere il pomeriggio. Però, in genere, la considerano una soluzione minore, perché preferirebbero giocare all'aperto con gli altri bambini della loro età. A volte dicono: "Non ho niente da fare e quindi guardo la televisione". I bambini mi danno delle risposte molto belle, molto significative, quando chiedo loro: "Che cos'è la televisione per te?". Direi che la più divertente, forse proprio la più significativa, è stata quella di un bambino di sette anni, che mi ha detto: "E' una cosa che non ti fa sudare e le mamme sono più contente quando non si suda". Perché spesso viene usata come una baby-sitter, che tiene buono il bambino, lo tiene fermo, quando in realtà per tutta la prima e la seconda infanzia bisognerebbe muoversi, far chiasso, scatenarsi un po', fare delle esperienze di libertà, quelle normali esperienze di libertà che fanno i bambini giocando tra di loro.

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    Domanda 2
    Parliamo degli effetti della televisione sui bambini.

    Risposta
    Bisogna tenere presente che il modo con cui un bambino guarda la televisione è diverso dal modo con cui la guarda un adulto. Un adulto spesso si mette di fronte al televisore solo per divertirsi, per rilassarsi, mentre un bambino vuole anche farsi un'immagine del mondo. Ecco, i bambini guardano la televisione per farsi un'immagine del mondo degli adulti. Da sempre i bambini cercano di capire com'è il mondo degli adulti. Oggi c'è la televisione dentro casa, viene data molta importanza a questo mezzo di comunicazione, anche gli adulti la guardano e quindi il bambino la guarda per capire come deve comportarsi. Per lui quello che viene dalla televisione è positivo, anche perché è associato al clima positivo della casa, della famiglia, e spesso può prendere alla lettera quello che vede. L'età, in tal senso, è un fattore estremamente importante. Un bambino di quattro o cinque anni incomincia a capire qualcosa sulla differenza tra vero e falso, però continua a confondersi ancora fin verso i sei, sette anni, a seconda del tipo di programma. Ma la cosa più difficile da comprendere è, per esempio, la diversità tra vero e verosimile. Non tutto quello che è verosimile è vero. E poi i tempi di attenzione di un bambino piccolo sono brevi, quindi spesso non è in grado di seguire il filo conduttore, la trama di una vicenda, e quindi magari non collega il finale moralistico della storia con il resto: di una storia gli possono rimanere impresse soltanto le immagini più forti, quelle che l'hanno colpito, che hanno un valore emotivo particolare.

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    Domanda 3
    Lei ha detto che i bambini guardano la televisione per farsi un'immagine del mondo. Talvolta da questo ne discende un comportamento. Ecco, quali sono i modelli comportamentali che i bambini assorbono più velocemente? E i genitori possono avere un ruolo nello stemperare o nell'indirizzare meglio questi modelli?

    Risposta
    I bambini guardano spesso anche i programmi rivolti agli adolescenti, cioè quei serial dove ci sono dei ragazzi un po' più grandi di loro, proprio per ispirarsi a loro. Naturalmente guardano anche i programmi a loro rivolti. I "Power rangers", ad esempio, hanno indotto tutto un diverso modo di fare la lotta, che già si vede nella Scuola Materna: bambini che appunto usano i calci, e così via. E poi molto apprendono dalla pubblicità. I bambini sono oggi bombardati dalla pubblicità, che si collega ai cartoni che vedono, agli spettacoli a loro dedicati. Ogni volta che esce un nuovo film - adesso c'è "Pocahontas" in circolazione - c'è un tale numero di oggetti, di gadget associati che vengono reclamizzati in televisione, che il bambino ne è come inseguito. Lo spot televisivo, del resto, è lo spettacolo preferito dai bambini fin verso i sei, sette anni, perché si adatta proprio alla loro mente. E' breve, c'è un'avventura che interessa, spesso ci sono dei bambini - quelli indirizzati - e allora sono indotti ad identificarsi. Inoltre le situazioni sono sempre positive, e i bambini sono degli ottimisti. E poi ci sono degli slogan, che sono ripetuti nell'arco della giornata, e ai bambini piace la ripetizione, perché piace ritrovare le cose che già conoscono. Insomma, la pubblicità influisce molto su di loro, non soltanto per indurli all'acquisto di oggetti a loro diretti, ma anche per tutti i prodotti per la casa, e i pubblicitari lo sanno benissimo. Sanno che poi i bambini chiederanno ai genitori di comprare certi prodotti. E bisogna tener presente che questo non influisce soltanto sull'acquisto, ma anche sulla relazione tra genitori e figli, perché poi il genitore che non comprerebbe un certo prodotto, oppure l'ennesimo giocattolo perché il bambino ne ha già tanti, può anche entrare in crisi e sentirsi in colpa perché può pensare di farne un diverso rispetto agli altri bambini. E qui c'è tutta un'opera di educazione da fare. Certo, se la televisione aiutasse un po' i genitori e gli insegnanti, se questi non dovessero sempre remare contro corrente, sarebbe più facile.

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    Domanda 4
    Nel suo libro, lei parla di una "mutazione antropologica". A che cosa fa riferimento?

    Risposta
    Al fatto che ci si abitua a un certo tipo di rappresentazione, che è quella delle immagini. Intanto viene molto valorizzata la vista, naturalmente. Il bambino si abitua fin da piccolo a fare attenzione agli stimoli visivi. Per intenderci, il non vedente, che è obbligato a fare affidamento su altri sensi, affina quegli altri sensi, non perché in partenza li avesse più sviluppati, ma proprio perché fa esercizio. Ecco, se il bambino guarda troppa televisione fin da piccolo, a scapito di altre esperienze, cioè dell'uso di altri sensi, c'è il rischio che poi la sua attenzione, anche il suo modo di memorizzare le informazioni, si basi troppo e soltanto sul dato visivo. Questo è un primo punto. Un secondo punto è dato dall'abitudine al linguaggio e ai tempi della televisione. Ora, i tempi sono diventati sempre più rapidi: per esempio, i vecchi cartoni animati di Walt Disney erano molto lenti, e quindi anche la mente dello spettatore poteva in qualche modo inserirsi, poi sono diventati velocissimi, non c'è più molto tempo per riflettere. Ci si abitua a captare una serie di messaggi prefabbricati, dove l'apporto dello spettatore è minimo. Il pericolo è che i bambini sviluppino un'attitudine passiva di fronte al video. Possono diventare degli ottimi spettatori, farsi anche delle opinioni, però non si abituano a prendere delle iniziative. Su tutto noi dobbiamo fare esercizio, quando siamo bambini. Anche se vogliamo diventare bravi socialmente, dobbiamo fare delle esperienze fin dall'infanzia, interagire con altre persone, vivere in una realtà più complessa di quella televisiva, che poi è ad una via. Io non dico che la televisione sia negativa. E' un mezzo bellissimo, con enorme potenzialità. Il discorso è che, siccome si diffonderanno sempre di più gli audiovisivi nel nostro mondo, dobbiamo tutti quanti imparare ad usarlo a nostro vantaggio e a vantaggio dei bambini, naturalmente. Anzi, bisogna che i bambini siano alfabetizzati in fatto di televisione: nelle elementari, nelle medie devono capire questo linguaggio, che è un linguaggio ricchissimo. Però devono portare avanti anche altri tipi di linguaggio. Per esempio, non perdere l'abitudine alla lettura. Nella lettura i tempi sono decisi dal lettore, si può tornare indietro, c'è più spazio per la fantasia, perché l'immagine definisce tutto, mentre nel libro non c'è questa immagine così incombente, quindi c'è più spazio per riflettere. Nel libro l'informazione avviene secondo una sequenza logica, mentre in televisione ci sono accostamenti analogici. Insomma, sono diversi modi di inviare messaggi e di comunicare.

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    Domanda 5
    Quali tecniche si potrebbero sviluppare per insegnare ai bambini, ai ragazzi, a controllare meglio lo strumento televisivo?

    Risposta
    Intanto bisognerebbe arrivare a scegliere i programmi in base alla loro qualità, e non mettersi con un'attitudine passiva di fronte al televisore e vedere tutto quello che c'è. Bisognerebbe scegliere, valutare. Coi bambini bisognerebbe stabilire un tetto di ore per giorno, e non superarlo, a seconda poi dell'età dei bambini. Forse non bisognerebbe lasciare un televisore nella stanza dei bambini. Ho visto che un 43% dei bambini del mio campione romano ha un televisore nella stanza, ha l'uso libero del telecomando, e quindi può vedere tutto, può fare una specie di indigestione, e così anche trovarsi di fronte a messaggi che non è in grado di decodificare. Dobbiamo metterci dal loro punto di vista, insomma. Per noi certe cose sono scontate, abbiamo una lunga esperienza alle spalle, per loro è la prima volta e quindi possono avere delle difficoltà a orientarsi. I genitori dovrebbero un po' vedere che cosa guardano i bambini, qualche volta stare accanto a loro per spiegare. E poi a scuola si potrebbe fare moltissimo. Per esempio, per quanto riguarda la pubblicità, si potrebbe fare tutto un lavoro di smontaggio, cioè mettersi dal punto di vista del pubblicitario. Ecco, è importante cambiare prospettiva: da spettatore diventare attore, diventare regista, diventare pubblicitario, quindi simulare la costruzione di uno spot, per capire anche come è complesso tutto il lavoro che c'è dietro ad un programma. Oppure si potrebbe insegnare ad andare a vedere qual è la vera qualità del prodotto, a leggere sulle etichette quello che è scritto molto piccolo, a ragionare. Si dovrebbe anche insegnare a dilazionare la gratificazione, perché se no i bambini sviluppano un'attitudine del "voglio tutto, subito", perché sono abituati a queste gratificazioni: i programmi televisivi rivolti ai bambini sono brevi - c'è un inizio, uno sviluppo, una fine - e ogni finale rappresenta una gratificazione dal punto di vista psicologico. I bambini sono abituati ad essere serviti, ad avere tutto senza sforzo, e allora poi possono pretendere, nella vita, le stesse cose. E poi si può anche arrivare a fare dei video. Ci sono delle scuole che hanno dei laboratori televisivi, e lì i bambini possono fare un'esperienza molto ricca e complessa, che è quella del lavorare in gruppo per fare una sceneggiatura, fare una ricerca, fare le riprese, il montaggio, e così via. Insomma, bisognerebbe insegnare a diventare padroni del mezzo, a non subirlo, a gestirlo, insomma, visto che questo mezzo si diffonderà sempre più. Però bisogna che ci sia anche spazio per altre attività. Non bisogna sacrificare i giochi all'aperto, perché a quell'età sono molto importanti per l'esperienza di autonomia e di libertà che i bambini devono fare.

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