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    Derrick De Kerckhove

    Bologna, 20/09/98
    Eccoci nell'era delle psicotecnologie
  • L'intervistato spiega il concetto di psico-tecnologia (1) ,
  • e rileva l'importanza della scuola per la democratizzazione dell'accesso dei bambini alla nuova mentalità portata dalle tecnologie digitali (2) .
  • Il ruolo dell'arte nella nuova era delle comunicazioni è " L'arte dell'intelligenza " utile per capire come si svilupperà Internet (3) .
  • De Kerckhove illustra le sperimentazioni che sta conducendo sull'intelligenza connettiva (4) ,
  • e i campi concreti di applicazione di queste sperimentazioni (5) .
  • Spostandosi al campo della scuola De Kerckhove parla delle " Virtual classroom " (6) .
  • I videogiochi sono dei " neuro-sport " , servono per accelerare le reazioni nervose, anche se sono esteticamente brutti (7) .
  • Il libro sopravviverà all'espansione del computer (8) .
  • Il libro non sarà abbandonato a favore dell'ipertesto, perché la gente utilizzerà i due media come oggetti differenti (9) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Lei ha scritto che il computer è una psico-tecnologia e ha definito quello che stiamo vivendo come l'era delle psico-tecnologie. Che cosa intendeva dire?

    Risposta
    Si tratta delle tecnologie normalmente associate alla lingua e che sono proprio una forma di estensione del pensiero. E' importante capire che il pensiero di cui parlo è scaturito dalla possibilità di leggere. Adesso, invece, il mondo esterno passa dalle pagine allo schermo e sullo schermo prendono vita forme di coscienza, di espressione della coscienza, basate sul linguaggio, che sono una estensione della nostra mente. La televisione è una psico-tecnologia di tipo generale, globale, collettiva; il computer è una psico-tecnologia in cui noi abbiamo la possibilità di esercitare un potere sullo schermo del computer.

    Le psico-tecnologie sono le tecnologie che estendono la mente così come altre tecnologie ‘fisiche’, come la macchina o la bicicletta, estendono il corpo. La TV è una psico-tecnologia, il computer è una psico-tecnologia. Io penso che le psico-tecnologie siano le tecnologie che estendono la mente, come l'automobile è la tecnologia che estende il piede e la pelle è la tecnologia che estende la mano. Lo schermo, adesso, ci dà due forme di ‘mentalità’: una, quella della TV, che è pubblica e l'altra, quella del computer, che è privata. I contenuti per l'immagine sullo schermo sono trattati da me attraverso il computer, mentre nel caso dell'immagine televisiva tutto è creato dalla produzione esterna. In entrambi i casi, comunque, si tratta di estensioni della mente, estensioni della psicologia ovvero di psico-tecnologie. Non valeva la pena di coniare questo nuovo termine se non ci fosse stata l’enorme diffusione di ‘psicotecnologia’ rappresentata da Internet. Internet è proprio una forma di estensione dell’intelligenza e della memoria privata ma fatta collettiva. Cosa dire, poi, della realtà virtuale? Si tratta di un'altra forma di estensione psico-tecnologica che ci permette di penetrare nello schermo e di accedere ad un mondo che è come un immaginario oggettivo. Oggi stiamo vivendo la rivoluzione della tecnica, stiamo passando dal mondo della TV a quello di Internet; dal mondo del pensiero pubblico, della coscienza, della mente pubblica della TV, alla mente privata del computer. Il nome del vostro programma, MediaMente, vuol dire psico-tecnologia: mediamente è insieme ‘media e mente’: la connessione tra il linguaggio e l'organizzazione mentale.

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    Domanda 2
    E' possibile, dal punto di vista anche della scuola e di tutti quegli enti che si propongono di educare, facilitare la diffusione di questa nuova mentalità?

    Risposta
    E' assolutamente necessario. Importantissima è la democratizzazione dell'accesso dei bambini italiani a quel futuro potere di gestire la loro vita, di essere connessi con il resto del mondo, di fare un lavoro all’interno di un'economia totalmente nuova.

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    Domanda 3
    Lei ha scritto che la scienza e la tecnologia cambiano il mondo, ma solo l'arte lo rende umano. Quale ruolo può avere l'arte nei processi cognitivi in questa nuova era delle comunicazioni?

    Risposta
    La risposta del mondo dell'arte è ancora ‘lenta’ rispetto a quella del business e penso che lo sviluppo del software sia la nuova arte. E’ grazie all’arte che dovrebbe individuarsi l'intelligenza del software , non solo per far funzionare una macchina ma anche per la connessione tra la gente. C'è un'arte dell'intelligenza che si sta sviluppando in questi anni che mi interessa molto. E penso che proprio questo riuscirà a farci comprendere la sostanza di quello che sta accadendo e della direzione in cui ci stiamo muovendo. Infatti non è facile capire cosa può accadere con un computer e con Internet, con la comunicazione internazionale, con la commercializzazione della rete, con la privatizzazione. Ci sono tante cose che restano ancora misteriose.

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    Domanda 4
    Lei sta sperimentando delle nuove strategie cognitive basate sul concetto dell'intelligenza connettiva. Ci vuole parlare di queste sperimentazioni?

    Risposta
    Sì, ho sperimentato molte volte in Italia l'intelligenza connettiva, ad esempio a Mediartech, a Firenze, dove spero di farlo ancora. Lo spunto principale del mio lavoro è sempre stato questo: dal libro è nata l'intelligenza privata, dalla TV e dalla radio una forma di intelligenza collettiva, da Internet è, invece, nata una forma d’intelligenza compresa tra le due: collettiva perché vuol dire che la gente lavora insieme - ed è un modo classico, tipico, normale, in cui è abituato a lavorare un gruppo di lavoro; a questo si aggiunge il fatto che quando c'è un lavoro cosciente di questo tipo di connessione si determina un’accelerazione individuale della creazione, della produzione di idee e anche di oggetti. E lo stimolo per me è di creare non solo un'idea che si possa semplicemente illustrare scrivendola da qualche parte ma, piuttosto, di creare una presentazione dell'idea che possa anche descrivere la situazione in cui è stata concepita, o il desiderio da cui è scaturita, o la soluzione a cui si è arrivati, a coloro che non c'erano al momento della creazione.

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    Domanda 5
    Quali sono i campi concreti di applicazione di questo tipo di lavoro, diciamo così, di gruppo particolare basato appunto sull'intelligenza cognitiva?

    Risposta
    Se le imprese hanno bisogno di scambiarsi informazioni è molto più semplice usare l’intelligenza collettiva per fare in modo che due distinti gruppi di lavoro capiscano cosa stanno facendo gli altri. Si tratta di riorganizzare il modo di lavorare. Ed è molto efficace nel mondo degli affari, molto utile per organizzare secondo distinte configurazioni tutti gli individui che lavorano in quei contesti. Inoltre è utile nella scuola: invece di ricorrere al solito professore che parla di volta in volta con i singoli studenti, si può moltiplicare l’intelligenza degli studenti nel lavoro di gruppo facendoli lavorare secondo schemi fisici e mentali completamente nuovi. Si può accelerare molto il processo di apprendimento degli studenti. Anche per i governi l’uso dell’intelligenza collettiva può essere molto utile date le difficoltà di collaborazione che esistono tra i diversi dipartimenti. Per esempio, spesso il Ministro degli Esteri non comunica con quello dell’Educazione. Se si riesce a far lavorare insieme i diversi dipartimenti attraverso l’intelligenza collettiva per ottenere soluzioni comuni a problemi comuni si possono ottenere risultati ottimi.

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    Domanda 6
    Per tornare proprio al discorso della scuola, lei ha paragonato l'attuale era delle comunicazioni al sistema nervoso, diversamente dall'era industriale che invece era associata al sistema muscolare e ha affermato che il sistema nervoso ha bisogno di stimoli e non di spiegazioni. Si può dire anche per l'insegnamento, che un insegnamento nuovo non deve più essere fatto di spiegazioni ma di stimoli?

    Risposta
    Sì, e aggiungerei anche di ‘co-creazioni’. Ho sviluppato un concetto di "classe" nuovo che è basato su un'idea che si sta sperimentando in Canada: si chiama virtual classroom . Anche se il nome è abbastanza banale, l'idea della virtual classroom è di creare una rete di dieci o quindici scuole, una rete di produzione dei contenuti del lavoro della classe, e ogni giorno una, due o tre scuole devono creare il contenuto digitale che si mostra a tutte le altre via cavo, o via satellite. Tutto questo funziona molto bene con il satellite, e non costa molto. Ogni scuola potrebbe avere un sistema di ricezione satellitare, una linea telefonica per il telefono e una linea telefonica per Internet. Su Internet convergono tutte le informazioni su tutte le scuole e tutti gli studenti, su tutte le classi: è facile da realizzare. Ogni scuola si serve di una linea telefonica per mandare i materiali al professore. Poi il professore distribuisce, con i suoi studenti, il corso a tutti gli altri. L'illustrazione del corso è fatta per gli studenti, è fatta su CD-ROM, su Web, quindi su supporti digitali, per permettere a tutti: primo, di imparare come realizzare prodotti multimediali - siti Internet, CD-ROM -; secondo, come imparare il contenuto del lavoro della classe e, terzo, come lavorare in équipe e moltiplicare le intelligenze individuali di ogni studente. L'ho fatto con bambini dai dieci ai tredici anni e sperimentare con loro queste cose è molto meglio che farlo con gli adulti.

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    Domanda 7
    Lei ha accennato a bambini di dieci, undici, dodici anni, allora volevo chiederle cosa pensa dei videogiochi. I videogiochi possono avere una funzione positiva nella loro educazione?

    Risposta
    La mia esperienza dei videogiochi - personale e, anche, dei miei bambini - è che in certi momenti il sistema nervoso vuole una stimolazione esterna come può essere uno sport - che io chiamo neuro-sport. Passato il momento dell’attività fisica, però, tutto termina lì. I miei bambini hanno provato i videogiochi per sei mesi, otto mesi: poi è finito il loro interesse. Io penso che un momento di stimolazione del sistema nervoso sia sempre importante: anche io ho scoperto un gioco che si chiama ‘Blade Runner’ e ci ho giocato molte volte perché era un modo di accelerare le mie reazioni, ed era qualcosa che mi serviva in quel momento proprio per riorganizzare la mia vita che stava subendo un’accelerazione. Il videogioco è solo questo, non è più importante di questo. Adesso non posso più vedere i videogiochi. Quindi non sono un pericolo. E' vero, assolutamente, che implicano una forma di accelerazione del sistema nervoso. Veramente, ritengo che l'unico problema dei videogiochi è che, esteticamente, sono assolutamente orribili, con dei brutti colori e delle forme disgustose.

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    Domanda 8
    Un mezzo tradizionale di istruzione come il libro che futuro avrà data l'espansione del computer?

    Risposta
    Ma ha un presente, non parliamo del futuro. Ci sono più libri adesso che mai, si scrivono più libri che mai, e, anzi, è diventato un problema reale l’obbligo di limitare il numero di cartelle che si scrivono prima di pubblicarle. Sono convinto del fatto che ogni medium non sia una forma di rimpiazzo: io non dico che la televisione sarà rimpiazzata dal computer o da Internet, e non si riverserà su Internet ma Internet andrà ad affiancarsi alla tivù con la Web-tv. E' questo che succederà. Ma stiamo pur tranquilli: il libro sopravviverà.

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    Domanda 9
    Però, da un certo punto di vista, cambierà il suo ruolo, quel ruolo, che come lei ha scritto, era circondato da un'aura quasi di sacralità? Adesso con Internet e comunque con il computer e con il fatto che chiunque può diventare editore, magari di se stesso, il libro è posto sicuramente su un piano diverso. Lei cosa ne pensa?

    Risposta
    Ho scoperto una parte della risposta ma non conosco tutto di questo argomento. specificatamente, però l'ipertesto dà una forma di libertà al testo, all'investigazione e al lettore che non nel libro non esiste. Questo è indubbiamente vero; tuttavia il libro a noi dà una forma di resistenza che non si trova altrettanto nell'ipertesto. La creazione del soggetto-individuo dipende da un oggetto fisso, e la libertà di quel soggetto - se l'oggetto mentale non è fisso come quello della tivù, o quello del videogioco o come quello dell'ipertesto - la relazione tra la formazione dell'identità e il potere, tra il sé e la macchina a quel punto non è più sicura. Quello è il problema del libro: è la garanzia dell'identità privata e della formazione dell'identità di una crescita personale. Io non sono sicuro che l'ipertesto abbia lo stesso effetto. Comunque io non penso che il libro sarà abbandonato per l'ipertesto, non solo perché non tutti avranno immediatamente l'accesso a Internet, prima cosa, ma anche perché io penso che la gente si orienterà, prenderà i due media come oggetti differenti, come la tivù e il cinema, che sono in competizione però ciascuna di esse ha il suo mercato e il suo tipo di organizzazione mentale.

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