Pierre Levy
Firenze - Mediartech, 27/03/1998
Due filosofi a confronto. Intelligenza collettiva e intelligenza connettiva: alcune riflessioni
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Levy: Internet non cambia il concetto dello spazio e del tempo, ma modifica lo spazio ed il tempo, poiché cambia sostanzialmente il nostro rapporto con l'ambiente esterno
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De Kerckhove: infatti il ritorno allo spazio 'sensibile' è caratteristico dell'interattività che si realizza con i media tutti; inoltre, lo sguardo verticale che si propone dal satellite, poiché permette all'individuo di percepire a 360°, ci da la sensazione di avere un occhio dietro la schiena
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Levy: gli agenti intelligenti sono funzionali ad un individuo che svolge delle ricerche così come lo è una bibliografia in fondo al libro o un cartello stradale: non mortificano affatto le capacità umane
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De Kerckhove: il concetto di intelligenza connettiva trae ispirazione da quello di 'intelligenza collettiva' di Levy, e solo in un secondo tempo si distingue concettualmente caratterizzandosi nella pratica diretta del concetto di 'intelligenza collettiva'
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Levy: l''intelligenza collettiva' è il prodotto della memoria collettiva, dell'immaginario collettivo, e diventa progetto quando l'uomo mette a disposizione della collettività gli strumenti che permettono una interazione tra gli individui
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De Kerckhove: essa è infatti la "pratica della moltiplicazione delle intelligenze le une in rapporto alle altre all'interno del tempo reale di un'esperienza"
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De Kerckhove: l'intervistato sostiene che la sua preoccupazione etica rispetto alla società dell'informazione consiste nella proiezione positiva delle tecnologie digitali verso il futuro, poiché questi strumenti offrono l'occasione di creare dimensioni nuove sicuramente più democratiche, sia politiche che economiche
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Levy: poiché sul piano tecnico l'individuo è completamente trasparente, a quest'ultimo deve essere assolutamente garantita protezione dal punto di vista legale
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De Kerckhove: poiché il diritto ad una coscienza privata è stato oggetto di guerre fra i popoli, esso va conservato e difeso in nome di una libertà acquisita nel corso dello sviluppo dell'umanità
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INTERVISTA:
Domanda 1
In che modo Internet ha cambiato il concetto di spazio e di tempo?
Risposta
(Levy) Come ogni buon filosofo comincerei con il criticare la vostra domanda, perché non penso che Internet cambi il concetto dello spazio e del tempo, ma cambi esattamente lo spazio e il tempo: questa è la questione importante. Un sistema di comunicazione modifica il nostro ambiente di "prossimità", le cose che prima apparivano lontane si avvicinano e rientrano all'interno del nostro spazio dell'esperienza. Potrei citare l'esempio di una linea ferroviaria. Dal momento in cui passa una linea ferroviaria tra due città, lo spazio si modifica, ed è come se le due città fossero più vicine; non viene modificato il concetto di spazio tra le due città, ma lo spazio come "veicolo". Per "veicolo" intendo l'ultima prossimità reale tra le due città. Per rispondere alla domanda su Internet credo che sia necessario mettere in prospettiva, quindi descrivere la rivoluzione delle comunicazioni apportata da Internet insieme agli altri mezzi di comunicazione. Direi che quello che fa la televisione, e in generale quello che fanno i media classici - che di solito rappresentiamo come delle emittenti con un gran numero di ricevitori, più o meno passivi e isolati gli uni dagli altri- è all'interno di questo spazio soggettivo, questo spazio dell'esperienza di cui vi parlo, e scava un immenso "attrattore" nel quale tutti i telespettatori cadono. I telespettatori sono attirati verso il viso e verso quello che un personaggio dice, tutti insieme nello stesso tempo, ed è come se si scavasse un canale "attrattore" nello spazio all'interno della topologia collettiva. Se si guarda come funziona il telefono, possiamo trovare un'altra tipologia d'esperienza: si crea una grande rete nella quale ci sono piccoli punti, piccoli nodi, e la particolarità di questa rete è che qualunque nodo può diventare immediatamente molto vicino a qualsiasi altro nodo. I nodi si riuniscono sempre due a due ed è uno spazio che funziona in questo modo, con una tipologia molto particolare degli spazi. Nello spazio telefonico ci sono luoghi assolutamente immobili, quelli che sono lontani dai nodi della rete e ci sono degli spazi che sono mobili, quelli che sono vicini al telefono. Partendo da lì ci si può avvicinare a qualsiasi altro. Per opposizione a questa specie d'enorme "attrattore" creato dai media classici, il telefono costruisce una rete con una struttura topologica completamente particolare. E' un'insieme di punti dispersi sul territorio che hanno una proprietà molto particolare. Questa particolarità sta nel fatto che in qualsiasi momento li si voglia, questi punti li si può riavvicinare ad un altro. Uno dei due punti può riavvicinarsi ad un altro e cosi via. Lo spazio è sempre rigido tra i due punti e solo i due punti possono agganciarsi tra loro. Internet crea un altro ulteriore spazio. La particolarità di questo mezzo è che integra tratti già appartenenti ad altri media. Possiamo affermare che le tecnologie Push funzionano come l'abbonamento con la stampa o un po' come la radio o la televisione. La posta elettronica funziona come la posta ordinaria. Il Web funziona in modo completamente originale. Direi che, in generale, Internet sia simile ad un paesaggio variegato, all'interno del quale si riproduce un gran numero di tipologie diverse ma la grande originalità in rapporto ai media classici è che gli individui possono quasi tutti contribuire alla costruzione di questo paesaggio. Lo si potrebbe rappresentare come un immenso mondo virtuale a partecipazione collettiva, con multiparticipanti. Vorrei aggiungere un piccolo punto sul Web: in esso lo spazio culturale e letterario si è trasformato. Se prendiamo una biblioteca e guardiamo i collegamenti tra i diversi testi e i diversi libri, possiamo vedere che esistono: sono costituiti dalle bibliografie alla fine di ogni libro che rinviano ad altri libri. Esiste anche uno schedario della biblioteca, ma tutti questi collegamenti all'interno di una biblioteca sono dei legami virtuali, mentali. Il World Wide Web li rende reali. Partendo dal WWW qualsiasi documento fa
Domanda 2
La dimensione dello spazio, in questo caso, è dunque una esperienza e non un concetto?
Risposta
(De Kerckhove) Questa questione è profonda e ci permette di capire quello che è veramente accaduto nel corso della storia. Mi interesso molto alla trasformazione dello spazio rappresentato, che a sua volta passa per un concetto. E' stato lo sforzo scientifico e plastico di fare dello spazio una cosa oggettiva, fissa ed esterna alla persona. Ho trovato interessante che la prospettiva sia nata dal tentativo di far perdere questa fluidità e questa personalizzazione allo spazio. Il ritorno allo spazio sensibile di cui parla Pierre Levy mi pare qualcosa di molto caratteristico delle interattività che realizziamo con tutti i nostri media. Con la convergenza dei media, se passiamo ad analizzare la dimensione del tempo, possiamo dire che esso sia veramente trasformato. Noi viviamo abbastanza bene nella dipendenza della rapidità d'operazione dei nostri computer. I romani inventarono i secondi, i minuti e l'ora. Ora viviamo a velocità completamente nuove, che sono diventate unità di vita reale che possiamo misurare. La nostra relazione con lo spazio ha subito delle trasformazioni abbastanza radicali. Noi proponiamo uno sguardo verticale che viene dal satellite. Potendo vedere il mondo dal satellite, possiamo sperimentare una realtà virtuale che ci attornia completamente e abbiamo questo sguardo verticale che si posa sulla terra dall'alto come fosse divino. Esiste anche il sentimento che si possa vedere con la schiena come con il Total Surround, che ci permette di percepire a trecentosessanta gradi ed è come avere un occhio nella schiena. Tutto questo è possibile ed è una nuova esperienza dello spazio.
Domanda 3
Tornando ad Internet: l'uso di nuovi motori di ricerca, o degli agenti intelligenti, modificheranno l'apporto dell'essere umano nelle ricerche e dunque il suo rapporto con la tecnologia?
Risposta
(Levy) Vorrei fare una piccola comparazione. Sono in una città che non conosco: come posso fare per raggiungere il luogo di un appuntamento? Ho diverse alternative: posso chiedere a qualcuno che incontro in strada, posso seguire i cartelli stradali, posso orientarmi con una mappa. Per usare delle metafore possiamo dire che i cartelli stradali sono un collegamento ipertestuale, la mappa crea un'interazione con il mio cervello: è un'agente intelligente, la persona alla quale chiedo informazioni è il mezzo della posta elettronica per contattare persone che possono, a loro volta, eventualmente rispondermi. Tuttavia, non diciamo che i pannelli stradali sono orribili e che disumanizzano la città, così come si può pensare degli agenti intelligenti o i diversi motori di ricerca! Essi sono solo simboli, sistemi di simboli un poco più elaborati per orientarsi. Perché dire che disumanizzano? Siamo contentissimi di avere uno schedario in una biblioteca, e ciò ci permette di non andare sempre a disturbare la bibliotecaria. In ogni caso, è assolutamente fuori luogo affermare che ci siano sempre meno relazioni tra la gente. Al contrario, ce ne sono sempre più. Il telefono è stato inventato contemporaneamente all'automobile, e non ha rimpiazzato il trasporto fisico. Quanto più si è sviluppato il telefono, tanto più si è sviluppata la macchina. Immaginate che si tagli il telefono in una città, cosa succederà? Ci saranno code a non finire che impediranno di circolare. Per fortuna c'è il telefono per incontrarsi! Le persone che utilizzano Internet non sono bloccate davanti al loro schermo come sostiene Paul Virilio. Sono, al contrario, persone che viaggiano molto, che incontrano altre persone. Internet rappresenta un modo di contatto e comunicazione fra le persone come qualsiasi altro mezzo. Il vero fenomeno al quale assistiamo è quello di un aumento generale dei contatti, delle connessioni, degli scambi di ogni genere: fisici, affettivi, economici, intellettuali, estetici, e così via. Effettivamente stiamo costruendo un'umanità sempre più vicina a se stessa.
Domanda 4
Lei ha creato il concetto di 'intelligenza connettiva' e Pierre Levy quello di 'intelligenza collettiva'. Qual è la differenza tra questi due princìpi?
Risposta
(De Kerckhove) Quello di intelligenza collettiva è stato non il primo concetto ma la prima percezione che abbiamo avuto io e Pierre durante uno dei colloqui di Amsterdam. Solo una settimana più tardi mi riferirono che Levy aveva pubblicato il libro sull'intelligenza collettiva. Abbiamo continuato a citare Levy per mesi perché "l'intelligenza collettiva" era un concetto troppo importante. L'anno seguente praticavo già il metodo dell'intelligenza connettiva ma la chiamavo ancora collettiva citando Levy. Un'artista australiano mi disse che io non esprimevo l'idea di una intelligenza collettiva, perché facevo riferimento, nelle mie riflessioni, ad un sistema di connessione aperta. Non si trattava di riferirsi ad un contenitore chiuso, ma ad una connessione da persona a persona all'interno di una rete molto specifica. Questa connessione con la sua specificità che non sta nel contenitore collettivo di un sapere, di una conoscenza, di uno scambio, mi suggerì di chiamarla "connettiva". L'ho ringraziato perché mi ha reso un grande servizio. Ora posso dire il suo nome: Ross Harly. Ha creato per me questo concetto d'intelligenza connettiva e non ho l'intenzione di monopolizzare né l'invenzione né nient'altro. Questo concetto è formidabile per capire questi processi che la tecnologia digitale ha apportato, e mi ha permesso di scoprire l'intelligenza, o, meglio, l'inconscio connettivo ricco di possibilità. Continuo a prendere ispirazione dal lavoro di Levy e cerco di coinvolgerlo alla pratica diretta tramite l'intelligenza connettiva. Devo aggiungere che il concetto di intelligenza collettiva è così importante e fondamentale che merita di essere diviso in ulteriori zone d'esplorazione. Questo non elimina la possibilità di una ricerca parallela o interna all'interno di essa. Considero l'intelligenza connettiva in quanto una delle forme dell'organizzazione all'interno dell'intelligenza collettiva. Come Freud aveva trovato molto più interessante l'inconscio privato mentre Hume si era indirizzato verso l'inconscio collettivo, io mi trovo più interessato, per il mio lavoro, nell'esplorare sul campo, con le persone, in tempo reale. Preferisco la pratica dell'intelligenza collettiva nella sua rete specifica che chiamo intelligenza connettiva, piuttosto che lasciare semplicemente il concetto svilupparsi da solo senza sperimentazione. Amo lavorare con le mani. C'è un altro aspetto che mi appassiona. Una vecchia battuta di Molière in "Les femmes savantes" recita in questo modo: "Un gentiluomo è qualcuno che sa tutto senza avere imparato niente". Penso che con Internet, con il Web e con l'accesso che abbiamo a questa intelligenza collettiva, a questa base cognitiva, siamo tutti dei gentiluomini. Possiamo avere accesso a tutto senza avere imparato mai niente. Ciò è divertente, fa parte del piacere di appartenere della nostra epoca, di essere legati a questa formidabile memoria collettiva.
Domanda 5
E per quanto riguarda il concetto di "intelligenza collettiva"?
Risposta
(Levy) Di certo non è un concetto di mia invenzione. In un certo modo è l'invenzione propria dell'umanità. Cos'è la cultura? E' la dimensione collettiva dell'intelligenza e poiché possediamo questa intelligenza collettiva siamo degli esseri umani; l'intelligenza collettiva è data dalla memoria collettiva, da un immaginario collettivo. Siamo quel che siamo grazie all'esistenza delle istituzioni, delle tecniche, dei linguaggi, dei sistemi di simboli, dei mezzi di comunicazione. Questo è il livello più generale dell'intelligenza collettiva e la nostra intelligenza individuale è totalmente infiltrata dall'intelligenza collettiva; non saremmo intelligenti se non usassimo il linguaggio, se non fossimo stati allevati in una certa cultura. Insisto molto sul fatto che per me l'intelligenza collettiva umana è molto diversa dall'intelligenza collettiva delle formiche o delle api. Un formicaio è intelligente ma non lo è una formica; essa non è più intelligente quando il formicaio diventa più intelligente mentre quanto più l'essere umano vive in una cultura ricca tanto più lo spirito individuale si arricchisce. Esiste, perciò, una dimensione olografica nell'intelligenza collettiva; in fin dei conti, quello che mi interessa è l'arricchimento di una persona. Se una persona partecipasse all'intelligenza collettiva, tale esperienza dovrebbe consistere in un esperienza di emancipazione, non significa affatto essere rinchiuso in qualcosa di unificatore. Esiste un'altra dimensione molto importante ed è l'intelligenza collettiva come progetto. Quando si legge ciò che hanno scritto le persone che hanno inventato Internet, che hanno messo a punto i primi forum elettronici - persone come Ted Nelson e Douglas Engelbart che hanno inventato il mouse, il multi phone o come Tim Berners-Lee che ha inventato il WWW -, pur non impiegando, nei loro scritti, la parola esatta di "intelligenza collettiva", è esattamente quello che vogliono dire. Queste persone si sono chieste quale fosse il migliore utilizzo di tutte le tecnologie interattive digitali, nella volontà di aumentare l'intelligenza dei gruppi, di mettere in sinergia le memorie, le immaginazioni, le competenze e di fare funzionare tutto questo in quel preciso modo. Era un progetto originale all'epoca. Non dobbiamo dimenticare che il grande progetto mitico dell'informatica per molto tempo è stato lo sviluppo dell'intelligenza artificiale, non era né il progetto di Ted Nelson né quello di Douglas Engelbart o di chi lavorò su i forum elettronici. Loro hanno detto no allo sviluppo dell'intelligenza artificiale, l'importante è l'intelligenza collettiva. Un ultimo nodo che vorrei affrontare è quello che riguarda la questione politica. Con Internet possiamo finalmente renderci conto che non possiamo avere accesso a tutto. Possiamo toccare questa realtà con il dito, significa che tutto è fuori portata, tutto è non manipolabile e l'intelligenza collettiva è intotalizzabile. Il progetto che ho cercato di formulare all'interno del libro "Intelligenza collettiva" è molto generale, e riguarda un progetto di civilizzazione. Se dovessi riassumerlo in poche parole direi: "qual è la principale ricchezza dell'umanità? E' la sua intelligenza, la sua memoria, la sua immaginazione, le sue forze mentali e spirituali." Tutte le sue altre ricchezze derivano da queste prime. Mentre si gestiscono in modo straordinariamente preciso le ricchezze finanziare, le miniere, e sempre più anche le risorse ecologiche, si lasciano deperire incredibilmente le risorse in competenze, in intelligenza. Abbiamo delle forme organizzative che non sono purtroppo presenti per valorizzarle. Consideriamo l'intelligenza delle persone che sono nella folla: sono totalmente appiattite, negate, inesistenti. Una folla è più stupida di un animale nonostante sia composta di esseri umani individualmente molto intelligenti. In un sistema burocratico la folla è un poco meno intelligente che il capo superiore, perché gli esecutori fanno sempre degli errori. Eppure esiste una quantità di competenze, di tutte queste persone ch
Domanda 6
De Kerckhove, infatti, sostiene che l'intelligenza connettiva non è altro che la "pratica" di questo processo...
Risposta
(De Kerckhove) Ovviamente: la pratica. McLuhan diceva sempre che il suo lavoro non era altro che una nota a piè di pagina. Posso dire che l'intelligenza collettiva sia una nota a piè di pagina su ciò che si è appena scritto, su quello che si è appena detto: è, effettivamente, la pratica della moltiplicazione delle intelligenze le une in rapporto alle altre all'interno del tempo reale di un'esperienza, di un progetto. Non è molto più di questo ma nello stesso tempo da alla gente subito l'esperienza della loro intelligenza collettiva nel loro gruppo. Ed è gradevole da vivere perché è una nuova esperienza cognitiva, o meglio: una vecchia esperienza cognitiva della quale, però, si prende coscienza arricchendola e accelerandola.
Domanda 7
Non avete, dunque, preoccupazioni etiche riguardo alla società dell'informazione?
Risposta
(De Kerckhove) Veramente io ho una preoccupazione etica: non voglio perdere il tempo a temere quello che potrebbe arrivare, come fa tanta gente senza conoscere le ragioni profonde di quello di cui hanno paura. La mia preoccupazione mi fa fare una decisa avanzata proiettiva verso il futuro. Questa questione etica mi interessa molto perché invece di lagnarmi agli "uccelli di malasorte" che ci annunciano la fine dei tempi della libertà individuale, considero che le nuove tecnologie e la nuova presa di coscienza dell'intelligenza collettiva ci diano l'occasione di guardare avanti, di creare nuovi modi e nuove partecipazioni assolutamente chiare e democratiche del processo di decisione che sia nell'impresa o nelle politiche statali. Oggi è perfettamente possibile concepire idee e praticarle in una situazione con persone di livelli di competenze e di autorità completamente diversi; è possibile riuscire a lavorare insieme ad un progetto comune. I giapponesi ce l'hanno insegnato da tanto tempo: essi consultano tutto l'ambiente umano prima di istallare un progetto in un contesto sociale, culturale o locale. Ritengo che questo sapere antico che i giapponesi coltivano possa essere perfettamente ripreso. Infatti viene sempre più riutilizzato e vediamo anche che le grandi imprese si costituiscono in piccoli gruppi di lavoro, vanno a cercare all'esterno dei consulenti. Questo nuovo modo di agire democratico lo chiamerei "Democrazia just in time", "Politica just in time" o "Governo just in time". Avendo un problema lo si risolve subito e si passa al successivo. Penso che Internet porti l'impronta di tutto ciò, le persone che si connettono ad Internet lo fanno per risolvere un problema specifico del momento e passano ad altro quando esso è risolto. Questo è molto democratico. La democrazia fondamentale è il tempo di vita che abbiamo sulla terra: ecco il principio fondamentale democratico. Questo tempo ci è dato ad ognuno con dei livelli diversi di competenza, di uguaglianza, di cuore, di impegno, d'essere. Penso che sia necessario tenere conto di ognuno anche se il prodotto finale sembra essere diminuito in rapporto a quello che potrebbe essere stato con una élite di produzione. Non è un vero livellamento dal basso ma un tipo di integrazione delle posizioni di ognuno. In questo c'è una possibilità etica e politica.
Domanda 8
La privacy è un problema etico che va affrontato in questa società dell'informazione.
Risposta
(Levy)Da questo punto di vista non c'è nulla da temere visto che abbiamo già il peggio! In ogni caso, già esistono dei software che percorrono la rete senza tregua e che registrano tutto quello che succede nel Web o nei newsgroup. Tutto viene analizzato sistematicamente e riportato in immense banche dati dei servizi segreti americani. Mi chiedo cosa facciano di tutte queste informazioni! Bisogna anche sapere che un individuo medio generalmente esiste in più di duecento schede nominative. Oggi esistono metodi per recuperare queste diverse schede, anche se, ovviamente, le legislazioni nazionali cercano di impedirlo. Tutto ciò già esiste e mi chiedo cosa cambierà per noi. Solo con le carte di credito possiamo sapere tutto ciò che si compra registrando gli spostamenti dell'utente sul WWW e leggendo la posta elettronica. C'è un modo di rendere l'individuo completamente trasparente, molto più di prima, e di questo bisogna esserne veramente coscienti. Ecco perché, innanzi tutto, bisogna tenere duro sull'aspetto legale. Sul piano tecnico siamo completamente trasparenti e l'individuo deve essere assolutamente protetto legalmente. D'altra parte, ci sono delle possibilità tecniche per proteggere la vita privata come con i sistemi di criptaggio; io sono d'accordo per lo sviluppo e la libertà di utilizzo di questi sistemi che fanno, in qualche modo, da contrappeso allo straordinario potere di coloro che potrebbero avere tutta l'informazione disponibile di un individuo.
Domanda 9
Invito alla stessa riflessione De Kerckhove: il diritto alla privacy è un problema etico importante nella nostra società dell'informazione...
Risposta
(De Kerckhove) Esiste il diritto di avere una vita privata. Il diritto ad una coscienza privata è stato oggetto di lotte, di guerre di religione monumentali, e la lotta per ottenerlo ha prodotto centinaia di milioni di morti. La tolleranza ed il principio della tolleranza era quello di lasciare la pace agli individui per un pensiero privato, e libero. Questo pensiero privato l'abbiamo acquisito con il nostro sangue, in un certo modo, nel corso della storia. Non vedo la ragione per abbandonarlo! Conosciamo bene la collettività e l'individualità ma ciò che conosciamo meno bene è la connettività: esiste un essere connettivo e una possibilità di essere se stessi e altre persone in un determinato tempo. Penso che la vita privata e la sua problematica appaiano come vecchie questioni che riguardano particolarmente una 'forma' dell'essere. La religione medievale ha dovuto fronteggiare e proteggersi contro l'apparizione dell'individuo privato creando monasteri - luoghi nei quali la vecchia immagine dell'uomo collettivo poteva ancora essere coltivata, in lotta molto dura contro l'individuo privato -; l'Inquisizione cos'è stata? Il Papa lascia entrare l'immagine collettiva di salvezza del destino dell'uomo e il pensiero totalmente individuale del povero diavolo si torturava facendo uscire dalla sua testa quello che gli apparteneva.