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    Gianni Degli Antoni

    Milano, 24/01/1998
    Comunicare ed informare con i bit
  • L'informazione è una elaborazione concettuale composta da un insieme di dati, ed è necessaria per risolvere o produrre un conflitto; va inoltre interpretata a seconda dei campi dove essa è richiesta e del contesto culturale in cui essa viene espressa, ed è lo strumento messo a servizio dell'uomo per risolvere conflitti senza ricorrere alla violenza (1) .
  • l'intelligenza di un individuo è una qualità costruita essenzialmente sull'informazione e la conoscenza, e contribuisce anch'essa alla soluzione dei problemi evitando il ricorso alla violenza (2) .
  • Il possesso della forza è importante per evitare la violenza, pertanto non va confuso con quest'ultima; in questo senso, gli eserciti svolgono una funzione fondamentale nella costruzione della pace quando utilizzano la ragione e l'informazione. La violenza, ancora, è un mezzo estremo poiché tende a distruggere un problema, non aiuta a comprenderlo (3) .
  • Oggi i mass media svolgono una funzione importante rispetto alla risoluzione dei conflitti proprio grazie alla loro capacità di diffusione dell'informazione; attraverso l'informazione, infatti, l'individuo può costruire la sua opinione rispetto ad un problema. Pertanto, poiché le emozioni rappresentano un'istanza fondamentale nella costruzione di una opinione, Internet è uno strumento molto importante perché possiede forza nella trasmissione delle emozioni che vengono catturate attraverso l'immagine, l'uso del colore e così via (4) .
  • Attraverso le tecnologie digitali sarà possibile trasformare i concetti teorici, i pensieri in veri atti quotidiani (5) .
  • Esiste una stretta dipendenza tra le scelte aziendali e quelle individuali in relazione al sistema operativo; allo stesso modo le interfacce devono essere funzionali alle operazioni che devono svolgere. Tutto questo va messo in relazione con l'esigenza primaria di ogni operazione di ricerca di porre al centro di essa l'uomo (6) .
  • L'interfaccia è l'elemento che permette la relazione tra l'uomo e la macchina e può rendere concreto ciò che appare virtuale in essa fornendo una vera e propria forma alle idee; pertanto, la naturale evoluzione dell'interfaccia è la digitalizzazione (7) .
  • La rete telematica è la naturale evoluzione di concetti umanistici resi concreti dalla tecnologia: essa è un modo per trasportare immagini, testi, informazioni di ogni tipo in digitale. Internet, inoltre, diventerà la realizzazione di una sorta di Iperurania del Duemila: il mondo delle realizzazioni digitali delle idee (8) .
  • La multimedialità rappresenta la possibilità di costruire mondi simulati nei quali l'individuo vive; questo mondo, che è la base di partenza della virtualità, è composto di oggetti digitali con cui il soggetto interagisce. A loro volta questi oggetti digitali entrano in connessione fra di loro attraverso la multimedialità. Inoltre, l'evoluzione della interattività porterà a degli interventi da parte del soggetto non più di carattere fisico ma emozionale in una forma di comunicazione simbiotica tra macchina e individuo (9) .




  • INTERVISTA:

    Domanda 1
    Possiamo dare una definizione del concetto di informazione?

    Risposta
    Il termine informazione è usato in molti modi, e un poco tutti i modi hanno un loro significato. L'uomo è sottoposto a situazioni di conflitto, sia a livello individuale sia nelle sette di un piccolo gruppo, di un gruppo aziendale o di un intero paese o, addirittura, dell'intera umanità. Questi conflitti, in qualche modo, si possono risolvere, o meglio: si usa quella che si chiama informazione per cercare di risolvere tali conflitti. L'informazione serve per decidere, non è un dato. Un insieme di informazioni nella memoria di un computer o scritte su un testo, se non danno contributi ad una scelta non è informazione. I dati costruiscono l'informazione, ma l'informazione è un'insieme di dati in relazione ai conflitti. L'informazione è la conoscenza necessaria per risolvere o anche per produrre un conflitto. L'espressione conoscenza necessaria per risolvere un conflitto o per generare un conflitto è una espressione che va interpretata nelle diverse culture, nei diversi linguaggi. La conoscenza di un articolo di legge per risolvere una situazione difficile di un conflitto fra due tesi contrapposte rispetto ad una competizione in tribunale, ha un significato in ambito giuridico legale; in altri settori sarà una conoscenza necessaria per risolvere una contesa scientifica; altre volte, semplicemente, per conoscere qualcosa su qualcuno rispetto ad una specifica situazione. Il modo con cui la conoscenza si esprime dipenderà dal linguaggio in cui essa viene espressa, dal contesto socio-culturale e socio-tecnico-scientifico in cui la conoscenza viene espressa. Fondamentalmente, tutte queste istanze hanno qualche cosa in comune: c'è una conoscenza ed un conflitto da risolvere, da appianare, oppure da costruire. Esiste una modalità "breve" per risolvere conflitti, e questa è la violenza; non si tratta proprio di informazione, ma anche la violenza viene usata per risolvere conflitti nelle guerre, nei rapporti interpersonali, ed è la forma più stupida della soluzione di conflitti. Forse, in casi estremi, essa è purtroppo inevitabile, perché in una questione di vita o di morte il conflitto, se non viene risolto in un modo razionale, sulla base della conoscenza, all'estremo della conoscenza stessa purtroppo c'è la violenza. L'uomo, però, è intelligente e l'intelligenza umana serve a risolvere i conflitti. Informazione, conoscenza, conflitti ed intelligenza sono un grumo di istanze che l'uomo non dovrebbe mai dimenticare di considerare: l'intelligenza è tanto più alta quanto più si è capaci di risolvere conflitti senza ricorrere alla violenza.

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    Domanda 2
    La violenza, dunque, è una delle strade rapide per la risoluzione di conflitti. Esistono strade più lunghe meno violente da percorrere?

    Risposta
    Si, certo, attraverso l'intelligenza. L'intelligenza noi non sappiamo bene cosa sia, sappiamo molto bene che compaiono conflitti perché li viviamo tutti i giorni a livello individuale e sociale e sappiamo che in qualche caso essi vengono risolti pacificamente e, in una certa misura, nella felicità di tutti. La felicità è pure un concetto soggettivo dei partecipanti ad un conflitto e dipende dalla conoscenza e dai modelli culturali che questo soggetto ha assimilato. Inevitabilmente, il concetto di felicità dipende anche dall'intelligenza di chi cura la soluzione dei conflitti, di fare conoscere i vantaggi all'altro, i pro e i contro di una determinata situazione. E' molto probabile che, in una certa misura, ci sia un pro ed un contro in una situazione di conflitto; la misura con cui si accetta il pro rispetto al contro è un fatto individuale che, ancora una volta, dipende dalla conoscenza, dall'informazione e dalla gestione dell'informazione da parte dell'individuo. Questo mette in evidenza che non c'è limite superiore all'intelligenza e che forse essa è una qualità che si costruisce, non che si possiede; una qualità che si costruisce sulla base della volontà di contribuire alla soluzione di problemi senza violenza.

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    Domanda 3
    Forza e violenza sono istanze che si incontrano in situazioni di conflitto?

    Risposta
    Non va confusa la violenza con la forza, non va confusa la forza con l'uso della forza e neanche con il possesso della forza. Il possesso della forza è importante per evitare fondamentalmente la violenza; è chiaro che anche l'uso della forza è soggetto all'intelligenza, e quanto più l'uso della forza contro la violenza è intelligente, tanto più l'umanità progredisce. Una forza unidimensionale, unilaterale che spinga in una sola direzione gli altri che non la posseggono, crea dei problemi. Le forze contrapposte creano il rischio, ma l'uomo ha vissuto il rischio da sempre, nello stesso istante in cui viene al mondo rischia di non sopravvivere, di morire e nello stesso momento in cui fa un passo in avanti, cammina, deve lanciare il corpo in avanti e deve saperlo recuperare. Il rischio fa parte del problema dell'informazione e la conoscenza sulle forze in gioco non possono essere trascurate; è un problema molto difficile quello di usare correttamente le informazioni per evitare il ricorso alla violenza attraverso un uso simbolico della forza, come avviene, ad esempio, nel caso della pace quando esistono ugualmente gli eserciti. Gli eserciti hanno un grande senso nella costruzione della pace, non hanno solo un senso nella costruzione della guerra. Io penso che un buon esercito voglia evitare le guerre, usando la ragione e l'informazione. Violenza, forza, conoscenza, intelligenza, informazione, conflitti ed anche emozioni: questi sono l'insieme dei concetti che sono sempre coinvolti quando esiste un conflitto reale e risolvere un conflitto richiede conoscenza, richiede informazione. Tale conoscenza, al fine di risolvere il conflitto, è realmente necessaria. Può darsi che i partecipanti a questa contesa non siano disponibili al divenire di una soluzione razionale o non siano capaci di farlo per dei limiti di intelligenza. Tutti abbiamo dei limiti d'intelligenza. La soluzione dei conflitti qualche volta implica una capacità di prevedere, perché una soluzione in un senso oggi sembra positiva, però potrebbe diventare negativa domani. A seconda della capacità di prevedere, i gruppi o le persone in conflitto accettano o non accettano una soluzione e, questa, ancora una volta è una questione di informazione e di conoscenza, una questione di capacità di modellare il futuro. Nel caso estremo di incapacità a risolvere un conflitto razionalmente si ricorre alla forza o alla violenza. La violenza è un mezzo estremo perché tende a distruggere il problema, non a risolvere il conflitto; d'altra parte, per evitare la violenza c'è la distruzione del problema, la distruzione dei partecipanti alla contesa e inevitabilmente è necessaria forza. La forza morale di un esercito è quella di saper essere presente senza essere usato; naturalmente, se non esistesse un esercito, in questi casi, il rischio è che le piccole contese diventino piccole violenze, che poi si trasformano in grandi violenze. Da questo punto di vista gli eserciti nel momento della pace hanno un grande valore per evitare la guerra.

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    Domanda 4
    E l'emozione che ruolo assume in una situazione di conflitto?

    Risposta
    Se si guarda la storia di questi ultimi anni, è vero che ci sono stati grandi conflitti, però, in fondo, è comparso un nuovo modo per affrontarli: l'uso dell'opinione pubblica attraverso la comunicazione di massa. Oggi con la televisione si può cambiare l'opinione del mondo quasi in quindici giorni basandosi sulla cultura. Non è una questione così facile risolvere un conflitto, perché non si può dire al mondo che ha una cultura "da domani pensala esattamente in modo opposto". La gestione delle opinioni è determinato dai mezzi di comunicazione di massa, i giornali, le televisioni ed attualmente anche Internet è molto importante: ha fatto già la sua comparsa nella costruzione di opinioni e di conflitti di livello molto significativo. Seppure gli episodi su Internet sono pochi, certamente questo mezzo va considerato uno degli attori dei prossimi anni nella costruzione delle opinioni. L'opinione si basa sull'emozione; la multimedialità ha una forza formidabile per trasmettere un'emozione attraverso l'uso del colore, della voce persuasiva, nella capacità di mostrare immagini, nella sua capacità di convincere. La multimedialità non è solo uno strumento di razionalità, è uno strumento di argomentazione; e l'argomentazione utilizzata per convincere le persone non è sempre rigorosamente corretta o dimostrabile. Convincere di una tesi qualcuno significa portarlo emozionalmente ad avere la stessa opinione, magari facendo dei salti logici o semplicemente facendo delle previsioni che non sempre sono giustificate o giustificabili. Io penso che nei prossimi anni le tecnologie apriranno lo spazio alla ricerca su come fare democrazia prima nel piccolo gruppo poi nella scuola, successivamente nei gruppi un poco più grandi ed infine anche a livello nazionale ed internazionale. I tentativi in corso su Internet sono in questa direzione, ma oggi si può tranquillamente affermare che non funzionano ancora, sono utili esperimenti ma non funzionano. Per concludere, direi che è inevitabile che per evitare conflitti si debba fare ricorso alla comunicazione di massa. In Italia, abbiamo evitato molta violenza semplicemente attraverso delle discussioni su canali televisivi o attraverso i giornali.

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    Domanda 5
    Quali sono le conseguenze che la convergenza digitale provoca sulle nostre capacità espressive e comunicative?

    Risposta
    La tecnologia digitale ha fatto la sua comparsa con motivazioni fortemente digitali all'inizio, si volevano usare numeri anziché informazioni continue, più difficili da trattare. Questa tecnologia digitale ha reso possibile il computer, la televisione digitale e ha reso possibile molti altri fenomeni di cui abbiamo per adesso solo una minima percezione. La multimedialità stessa, il trattamento del colore e della voce in modo combinato insieme al software, i cosiddetti dischi ottici, il libro elettronico sono una conseguenza delle tecnologie digitali; ripropongono, però, quello che conosciamo già - la voce, il suono, la musica, il software - in un modo integrato, più gradevole complessivamente; tuttavia, non si è verificato ancora un salto di qualità. Il salto di qualità sperato era quello dell'intelligenza artificiale. L'idea di intelligenza artificiale e di agenti intelligenti completamente autonomi, man mano che conosciamo le tecniche, si allontana sempre di più. E si allontana una enorme capacità distribuita su molte persone di trattare le informazioni in modo digitale. Tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana tendono, in qualche modo, ad essere digitalizzati, ma dal punto di vista esteriore il mondo non è cambiato; è diventato, forse, un po' più magico: la lavagna è diventata digitale, la lavatrice può capire la voce, e le si può dire: "fermati!". Voglio dire che si possono trasformare concetti della vita comune in comandi che diventano digitali, ma di digitale non hanno nulla, perché fanno riferimento all'uomo con le sue competenze primitive: la voce, i gesti. Anche il pensare, gradualmente, sta entrando nei limiti dei comandi digitali. Esperimenti sull'uso del pensiero in comunicazione diretta col computer ci sono, ci saranno. La multimedialità è una tecnica che mette assieme tutto, però non ha ancora utilizzato la digitalizzazione dei concetti. La digitalizzazione dei concetti è un fenomeno complessivo e partecipativo, che coinvolgerà tutti i settori della nostra nostra vita: le scuole, la fabbrica, gli uffici, la casa, l'intrattenimento, la strada, i trasporti, la medicina. Si sta schiudendo un orizzonte che si potrebbe chiamare "vita digitale", che sarà una vita del tutto normale in cui, però, le tecnologie digitali compaiono e si nascondono. Il foglio di istruzioni dei farmaci può diventare il foglio di istruzioni digitale, che ci dà informazioni dirette sulla convenienza dell'assunzione di un farmaco, la sedia potrebbe dirci quanti chili pesiamo, in modo tale che la dieta venga controllata in modo digitale. Alcune persone già usano questi metodi digitali. Il personal computer è l'elemento principe per costruire la competenza sulla tecnologia digitale, perché le persone attualmente possono interagire con ciò che di digitale esiste attraverso il software. Questo fenomeno di massa che è la costruzione della vita digitale passa attraverso i personal computer. Come linea intermedia avremo la virtualità. La virtualità è la costruzione di mondi digitali un po' schematici, in cui si possono già riprodurre situazioni del mondo reale: il video-gioco per la guida di aerei e il combattimento con aerei è un esempio. Ma virtualità può significare anche entrare in un ospedale virtuale per farsi fare una diagnosi da un medico virtuale; può essere uno strumento per studiare la matematica in modo virtuale, per entrare nei mondi virtuali dei concetti matematici. La multimedialità, dunque, è la base di partenza; il passo immediatamente successivo è la virtualità. La televisione diventerà viaggio nei mondi virtuali; abbiamo visto alcuni spettacoli televisivi, meravigliosi, come quello di Piero Angela in cui egli stesso navigava nel sistema solare: queste navigazioni nel sistema solare sono navigazioni ricostruite virtualmente. Il mondo della televisione ci farà rivivere in modo virtuale la vita di altri. Tutti, in un modo o nell'altro potremo andare in fondo all'Oceano, all'interno dei crateri dei vulcani, e visitare gli organismi umani veri semplicemente attraverso un fenomeno virtuale.

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    Domanda 6
    Possiamo parlare dell'evoluzione dei sistemi operativi?

    Risposta
    La questione dei sistemi operativi è molto complicata, perché è il tipico esempio dove la decisione aziendale si confronta con la decisione del singolo individuo; il fatto che un mercato scelga un sistema operativo non può essere trascurato, poiché significa che quel sistema operativo, nel bene e nel male, soddisfa alcune esigenze. In particolare, la scelta dei sistemi operativi è operata dai lavoratori in funzione anche della loro prospettiva del lavoro e del ruolo che svolgono, del ruolo dei tecnici nell'interno delle fabbriche, delle imprese, delle strutture. Questo è un aspetto che non può essere trascurato, perché il sistema operativo non è uno strumento solamente per una macchina che deve usare un utente normale, o per una macchina che deve integrarsi con un'azienda, è uno strumento che deve integrarsi con delle reti aziendali; inevitabilmente il sistema operativo è soggetto a un confronto fra chi propone e chi accetta. La questione è identica per quanto concerne le interfacce. Le interfacce uomo/macchina vengono scelte da uomini, e la loro utilità è relativa alla funzione che devono svolgere. Ci sono dei luoghi di lavoro dove un interfaccia visuale è considerata assolutamente l'avanguardia dell'informatica; ci sono altri luoghi in cui queste interfacce sono considerate troppo lente. Se il lavoratore della conoscenza deve trattare con molte informazioni ed è molto efficiente sul piano produttivo del lavoro, le interfacce attuali sono uno strumento per riposare, rallentano, non sono efficienti. Si pensa, dunque, a interfacce più innovative, ma in ultima analisi l'interfaccia dei computer è destinata a sparire. Il futuro della tecnologia è orientato a restituire una forma di normalità, in fondo l'informatica è una medicina, le medicine qualche volta fanno male, sono dolorose, non hanno un buon sapore, non sempre si prendono volentieri. Ma la medicina cosa deve dare al paziente? La sua condizione di salute e la sua condizione ottimale di normalità. L'uomo usa la voce, gli occhi, i gesti, ha bisogno di comportamento fisico, di non star seduto davanti a una sedia solamente, ma di muoversi, di camminare. L'obiettivo, dunque, è l'uomo, è la società. E l'equilibrio tra l'uomo e la società, nel caso dell'informatica, lo stabilisce chi compra, inevitabilmente. La politica potrebbe stabilirlo, però la politica, almeno nel passato, non è intervenuta nelle scelte dell'utente. È l'utente che ha portato al successo l'informatica, è l'utente che ha dato un valore politico all'informatica, ma le scelte politiche vere le opera colui che progetta il computer e colui che lo compra. Gli altri ne danno un valore politico. Non è la scelta: la scelta la farà sempre l'utente. E l'uomo vuole ritornare normale. Quindi, le tecnologie avanzano per rendere l'uomo sempre più vicino a se stesso.

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    Domanda 7
    E l'interfaccia?

    Risposta
    Le interfacce sono lo strumento per adattare l'uomo alla tecnologia e alla comunicazione che questa tecnologia comporta. Quindi, in linea di principio, il modo migliore di concepire l'evoluzione delle interfacce è di farle sparire. D'altra parte, gli oggetti di cui l'interfaccia ci parla, sono le cose con cui dovremo interagire, anche se vengono dai computer. In qualche modo occorre trasformare quegli oggetti da informatici a oggetti reali, sia che si tratti di idee sia che si tratti di progetti. Il caso del progetto è il più semplice da far evolvere, e sta già evolvendo: è il caso tipico della progettazione di sistemi, di oggetti fisici, di cose che si possano vedere. È chiaro che essi possono essere guardati come disegni in un computer, ma si può fare in modo che questi disegni si traducano immediatamente in oggetti virtuali che si vedono come se ci fossero, ma non ci sono, magari direttamente sulla scrivania del proprio tavolo di lavoro; e ci sono delle interfacce di collaborazione virtuale in cui gli oggetti compaiono sul tavolo accanto agli oggetti reali. Si parla di realtà estesa: sul tavolo compaiono oggetti che si muovono, che hanno una forma; si guardano con gli occhiali, attualmente, ma spariranno anche quelli. Si possono toccare con le mani direttamente e avere una sensazione tattile degli oggetti; ci sono degli opportuni aghi immessi in un ditale: quando si tocca un oggetto virtuale il computer dà il comando di fare una piccola segnalazione. Questi oggetti ci sono e si vedono. Si può lavorare in équipe a migliaia di chilometri di distanza sullo stesso progetto, e vedere un pezzo di una macchina, di un motore; si può lavorare tutti assieme addirittura sull'oggetto che stiamo facendo funzionare. Se dovessimo far funzionare un pezzo di telecamera, si vedrebbe la parte della telecamera davanti agli occhi. Gli oggetti si vedono in tre dimensioni sul tavolo, accanto a un oggetto reale. Il computer è sparito, non c'è più. Però è dietro, a ricostruirci questa realtà con cui si interagisce: con le mani, con i suoni, con la parola (si danno comandi vocali). Il computer capisce i comandi vocali, sempre di più. In molti posti di lavoro esistono dattilografi elettronici: si comandano a voce. Questo è un esempio di cambiamento totale dell'interfaccia uomo/macchina. E' attraverso la concezione digitale di ciò che dobbiamo comunicare che si fa un passo avanti; e ciò perché l'umanità è di fronte a un grosso problema: si dovrebbe superare la barriera esistente tra la produzione letteraria, scientifica, tecnica, di documentazione e la capacità dell'uomo di usare questa immensa massa di informazioni. La barriera si può superare solamente avendo un chiaro riferimento di fiducia fra chi ci dice delle cose astratte e chi costruisce quelle conoscenze. Mi spiego attraverso il caso di una requisitoria in un tribunale. Il pubblico ministero, l'avvocato, la difesa, l'accusa, devono necessariamente sintetizzare i loro concetti, perché spiegarli nella loro completezza sarebbe impossibile al fine di una comunicazione comprensibile. È impossibile seguire gli infiniti dettagli, ma i dettagli devono esistere. Quindi, la requisitoria deve essere un riassunto, che deve anche cercare di convincere, possibilmente dando delle informazioni rigorose, che corrispondano a dei riscontri oggettivi. Il possesso dei riscontri oggettivi nella banca dei dati e il riassunto sono imparentati. A questo punto deve formarsi una nuova etica, quella secondo cui non si deve mentire; oltretutto, qualcuno può controllare se quello che si è detto corrisponde a realtà. E la verità va ricercata nei riscontri che sono stati certificati da altri all'interno di un archivio di informazioni. In conclusione, il rapporto fra la sintesi e il dettaglio è la cosa su cui l'umanità deve imparare a lavorare, perché altrimenti aumentiamo i dettagli, aumentiamo la confusione, aumentiamo l'arbitrarietà e non andiamo verso una civiltà costruita in equilibrio. Tale civiltà avrà bisogno anche di tolleranza accanto alla precisione rigorosa: non è detto che l'uomo sia capace di cogliere tu

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    Domanda 8
    Può definire il concetto di rete telematica?

    Risposta
    Il concetto è già così noto che non oso spiegarlo. Penso che non ci sia nessuno, oggi, in questo paese che non l'abbia capito. Quando mia madre si è vista arrivare la fotografia di una nipote attraverso una rete telematica, da un'altra città, ha capito immediatamente che cosa sia una rete telematica: è il modo per trasportare immagini digitali che si possono realizzare con la fotocamera digitale. È un modo per trasportare testi, lettere, immagini. Le fibre ottiche trasportano queste informazioni. La vera multimedialità, infatti, consiste nella capacità di usare queste informazioni in un modo integrato da parte dell'utente; l'utente deve costruirsi la sua visione multimediale e possibilmente digitale del mondo. Oggi di digitale si può fare solamente quello che le tecnologie digitali mettono a disposizione: suono, immagini, testo e poco altro. I concetti digitali che si possono trattare per ora sono pochi, ma nel giro di pochi anni arriveranno le reti dove i concetti digitali si prenderanno in prestito. Adesso guardiamo nel sito del Web, fra qualche anno guarderemo in siti digitali dove saranno disponibili strumenti per lavorare sui concetti. E allora l'utente avrà il mondo delle idee che corrisponderà ai suoi concetti, ma che è realizzato in modo digitale. In fondo Internet non è altro che la realizzazione di Iperurania, una realizzazione parziale, per oggi, ma che continua ad evolversi. Iperurania era il mondo delle idee di Platone. Ora, il mondo delle idee diventa il mondo delle realizzazioni digitali delle idee. Prima erano ipertesti, domani saranno le iperstrutture digitali, concettuali che verranno costruite. I ragazzi costruiranno un mondo digitale in questa specie di Iperurania delle idee trasformate in oggetti digitali riutilizzabili da altri. Quindi, è il riuso delle idee ridotte a forma digitale il lavoro dei ragazzi di oggi e di domani; e questo processo evidentemente non ha limite, perché man mano che la conoscenza si approfondisce e impariamo nuove cose, abbiamo nuove idee digitali da realizzare.

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    Domanda 9
    Una definizione di multimedialità?

    Risposta
    La multimedialità è la base della virtualità, la possibilità di costruire mondi simulati dove l'utente vive all'interno, o finge di viverci, oppure ha la sensazione parziale di vivere in quel mondo. Questo mondo è fatto di immagini, suoni, e oggetti. Si tratta, però, di oggetti digitali. In un mondo multimediale questi oggetti digitali hanno una forma, ed esiste la possibilità di fare un gesto: che poi si faccia col mouse, con la tastiera o si finga di toccarla col dito non fa una grande differenza. L'importante è che ci siano oggetti con cui si interagisce: penne stilografiche per scrivere, gomme per cancellare, tastiere simulate da usare, che non ci sono. Questi oggetti sono pezzi di informatica, pezzi di software, di programmi che hanno un'immagine. Noi li percepiamo attraverso la loro immagine. Essi hanno anche un'anima profonda che è il software che li fa funzionare, perché questi oggetti funzionano come tali. Quindi si possono realizzare delle macchine fotografiche virtuali che corrispondono a oggetti disegnati. La multimedialità, dunque, è il modo per mettere assieme tutto questo in senso tecnologico: l'immagine, i suoni, i gesti, e la ripetizione di gesti di altri. La televisione è sicuramente un oggetto multimediale con interattività modesta, ma non nulla: il telecomando è uno strumento per agire sul televisore, per cambiare quello che il televisore ci mostra. L'interattività può essere basata sulla tastiera o sul telecomando e, in futuro, sarà basata anche sul pensiero: io penso di voler cambiare programma e la televisione cambierà il programma. Avremo un'interattività perfino con le emozioni. Negli Stati Uniti questa tecnologia di bio-feedback ha minacciato di diffondersi a livello di massa: noi possiamo vedere sullo schermo una rappresentazione colorata, grafica, delle nostre emozioni; è sufficiente applicare una cinturina sul nostro corpo per far comparire sullo schermo del computer immagini colorate delle nostre emozioni. Davanti a un filmato che ci fa spaventare l'immagine sarà fatta in un modo, se ci fa gioire l'immagine sarà fatta in un altro. Poco alla volta proviamo dimestichezza con le emozioni e lentamente impariamo anche, addirittura, a giocarci, quasi a controllarle. Questa tecnologia cambia completamente la natura dell'interattività, non si tratta solo di guardare; ci sono computer in grado di accorgersi dove guardiamo, e a seconda di dove guardiamo reagiscono in un modo piuttosto che in un altro. L'interattività è totale quando l'uomo è in una forma di comunicazione simbiotica con il computer. Naturalmente questa simbiosi deve essere tale da non isolarlo dai suoi problemi, dalle sue esigenze e dal mondo reale, perché i problemi possono diventare anche solo interiori. Oggi è difficile definire il concetto di interattività, poiché essa si trasforma insieme all'evoluzione delle tecnologie. Inoltre, oggi l'interazione si ha con gli oggetti trattati dal computer, e non con il computer, si chiamino testi, si chiamino immagini, o posta elettronica. Il computer non esiste più, in una certa misura. La tecnologia, man mano che migliora fa sparire il computer e ci fa essere di fronte alle cose, ai problemi, ai concetti resi vivi e veri dal computer; in altre parole alla virtualità che è la produzione di realtà: non è finzione, è produzione di un nuovo reale. Nella virtualità potremo avere ciascuno milioni di metri quadri di superficie a nostra disposizione per fare delle cose. E non è affatto escluso che nella virtualità questi mondi avranno un valore economico su cui potremo confrontarci, giocare, fare guerre, vincere, perdere, confrontarci con gli altri e avere vite in comune. Queste comunità vivranno in una civiltà virtuale che avrà una contropartita nel mondo reale. Il mondo reale ha i suoi limiti, il mondo virtuale, questi limiti, fondamentalmente, non li ha.

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