La fantascienza dopo l'11 settembre



Bruce Sterling interviene sulla cultura digitale, le guerre, gli hacker e l'ecologia. Le previsioni sul futuro secondo il massimo esponente della science fiction

Ci siamo incontrati per la prima volta all'inizio di "Mediamente", più o meno sette anni e mezzo fa. Brevemente, quanto sono cambiati il mondo e la cultura digitale in questi sette anni e mezzo?

Vuole un esempio significativo? Sappia che America On-Line ha perso 54 miliardi di dollari in questo trimestre. Come sviluppo non c'è male davvero!

Cosa significa?

È la perdita più pesante nella storia del capitalismo in America. Questi signori di America On-Line erano i portabandiera dell'Internet commerciale. Volevano che Internet fosse semplice, facile da usare e molto diffusa. E ora hanno perso più di quanto abbia mai fatto una compagnia americana.

Lei come se lo spiega?

In tutta sincerità credo che sia la vendetta dell'informazione che vuole essere libera.


Lei è nel contempo uno scrittore, una persona impegnata nell'ecologia, un giornalista, una persona interessata al software gratuito... A quanto pare lei è tante persone in una.

Fa parte del mio lavoro di artista: sono un artista che si occupa dell'impatto della tecnologia sulla società. Quindi, che sia visione del futuro, archeologia industriale, attivismo in rete, progettazione, industrial design... sono tutti ambiti di estremo interesse per me.


Cominciamo con la sua importante attività di scrittore: uno scrittore che si è occupato in primo luogo del futuro. Quello che un tempo appariva così avanzato e proiettato nel futuro, sotto molti aspetti si è realizzato. È più difficile oggi essere un autore di fantascienza rispetto a 20, 50 o 100 anni fa?

No, non credo. Il materiale a disposizione è ottimo. La difficoltà sta nel fatto che l'atteggiamento della gente verso il cambiamento tecnologico finisce per cambiare le persone stesse. Se fai una previsione per il futuro e questa poi si avvera, nessuno ti renderà merito di questo. Una previsione azzeccata suona immancabilmente noiosa e banale; come se ad esempio quindici anni fa qualcuno avesse previsto che metà della popolazione americana avrebbe navigato in Internet - a suo tempo sarebbe sembrata una cosa stupefacente. Ma una volta che questa cosa si è verificata e tutti - tua madre, tua sorella, tua cugina, tuo zio... anche il tuo cane, il tuo gatto - navigano in rete, allora quella previsione suona scontata.

Parliamo del ruolo dello scrittore di fantascienza. Lei una volta ha detto che gli autori di fantascienza sono dei giullari, liberi di dire e "profetizzare" quello che vogliono. È questo il ruolo che ricopre oggi la fantascienza nel mondo? Ha ragione Baudrillard quando dice che la fantascienza è morta?

Fino a quando Baudrillard sarà vivo, non riesco a immaginare la fantascienza come morta. Anche se non si definisce un autore di fantascienza, resto personalmente un grande ammiratore di Baudrillard.

E allora secondo lei qual è il ruolo della fantascienza?

Il nostro ruolo naturale è di essere eccentrici e paradossali, di mettere in evidenza aspetti dello sviluppo ai quali pochi rivolgono la loro attenzione - in caso contrario si farebbe soltanto del giornalismo scientifico divulgativo. Invece lo scrittore vuole fare le cose in modo dilettevole e romanzato. È in qualche modo una specie di intrattenimento salottiero; ma c'è anche qualcosa di affine all'attività del giullare di corte: avere il permesso di dire cose sconvolgenti e allarmanti senza per questo venire perseguiti o gettati in prigione.

Cos'era la fantascienza - ed eventualmente, ha modificato il suo modo di scrivere? Ci racconti il suo modo di cogliere uno spunto su cui scrivere: ha colto qualcosa che era nell'aria? Immaginava cose che non esistevano affatto? Come lavora rispetto al futuro, nell'immaginare il futuro?

Ho molti amici e colleghi che si occupano di futuro, quindi ricevo moltissime e-mail e diverse riviste, pubblicazioni professionali di organizzazioni come World Future Society, Edge Dot o Global Business Network, che mi sono state tutte molto utili. Ma se uno riesce a vivere abbastanza a lungo scopre che prima o poi il futuro lo raggiungerà. In questo periodo sto pensando molto seriamente di scrivere un romanzo ambientato nei nostri giorni che conterrà tutti gli elementi della fantascienza di cui parlavo negli anni Ottanta, ma osservati nelle loro incarnazioni attuali.


"Neuromante" è di una ventina di anni fa. In un certo senso ha segnato l'inizio del movimento cyberpunk. In retrospettiva, cosa pensa della sua opera, di quella di Gibson, e del movimento cyberpunk?

Penso che abbia fatto molto bene a noi stessi. Siamo riusciti molto bene a realizzare le ambizioni che avevamo. Tuttavia mi preoccupa un po' l'eredità che abbiamo lasciato ad altri autori di fantascienza. Solo ultimamente cominciamo a vedere una nuova generazione di autori giovani che hanno interiorizzato alcune delle nostre lezioni e le stanno trasferendo in un contesto da XXI secolo. Ma se uno attira su di sé troppa attenzione finisce per mettere ingiustamente in ombra altre persone.

Parlando con chi non conosce la sua opera, quali direbbe che sono le caratteristiche principali di questa scrittura e poetica?

Il tratto caratteristico del cyberpunk a mio avviso è sempre stata la combinazione di ambienti marginali, dei bassifondi e di hi-tech, ossia cose estremamente avanzate dal punto di vista tecnologico ma inserite in un contesto di vita di strada, cinico, difficile, problematico.

Pensa che qualcosa che lei ha scritto si sia realizzato o si realizzerà a breve?

Questa è una cosa che mi allarma. Poco fa ho scoperto di avere alcuni tra gli ammiratori più accaniti nell'Ufficio Nazionale Ricognizioni. Sono le persone che lavorano alla rete di satelliti spia americani. Frequentavano il college nel 1984, quando è uscito il mio libro "Isole nella rete". Il libro parla di terrorismo internazionale in un mondo globalizzato, e a quanto pare, queste persone avrebbero tratto una serie di spunti da quel testo e... questa è una cosa che continua a lasciarmi interdetto.

L'industria del cinema ha attinto da alcune vostre opere - sicuramente si è ispirata a moltissime vostre idee: "Johnny Mnemonic", "Matrix". Crede che ci sia stata una volgarizzazione? O giudica questi film che rappresentano bene le vostre idee?

Io non sono uno sceneggiatore e quindi lascio che Hollywood faccia Hollywood. Sinceramente non credo che Hollywood sia all'altezza dei buoni romanzi di fantascienza. A Hollywood interessa lo spettacolo, l'intrattenimento. E se il cyberpunk ha avuto qualche effetto reale su Hollywood, questo non deve essere cercato nei film cyberpunk ma nella crescita degli studios di effetti speciali digitali.

Nel suo ultimo articolo su Wired, "Peace is War", la pace è guerra, Lei afferma che dopo il Golfo e la Jugoslavia, si sta sviluppando la Terza Guerra Spaziale dove gli Stati Uniti sono una sorta di guardiano elettronico, digitale, del mondo, in grado di sorvegliare e colpire quando e dove vogliono. Pensa che questo stia già avvenendo in questo momento?

È positivo e negativo. Sotto certi aspetti ci sono delle implicazioni dure, dolorose. È singolare vedere come i grandi e cruenti conflitti mondiali stiano rapidamente uscendo di scena. C'è quel vecchio proverbio che dice: stai attento a quello che desideri - potresti ottenerlo. Cosa accadrebbe se ci fosse la pace globale?


Che succederebbe?


Tanti problemi e difficoltà che finora abbiamo risolto con le tecniche di guerra tradizionali non sono più gestibili. Ma dove troverebbe sfogo tutto l'odio? Saremmo veramente in pace? O avremmo solo situazioni di grave disordine civile e costosi investimenti in armi di distruzione di massa? Dove andranno i popoli? Nella storia umana ci sono sempre state guerre e popoli che si spostavano conquistando con la forza nuove terre. Quando questo non sarà più possibile, dove andrà a vivere un popolo quando il suo modello di società si sfalda? Non si è riflettuto a fondo sulle ripercussioni sul quotidiano.

Quindi, lei dice i nostri peggiori istinti non avrebbero più nessun mezzo per esprimersi?

Credo che siano espressi, solo che, invece di essere espressi attraverso la guerra convenzionale con eserciti in uniforme, vengono espressi mediante attività come l'Intifada e il contrabbando di materiale nucleare.

Lei ha affermato che il terrorismo di Bin Laden è molto primitivo rispetto alla macchina bellica americana. Nel contempo però è un terrorismo che, essendo così folle e anarchico nelle sue forme, alla fine può risultare più devastante e imprevedibile di quanto non potesse essere in passato. È così?

L'aspetto più importante di tutto questo a mio avviso è il problema del crollo degli stati. Un tempo, quando uno stato cedeva e diventava preda di criminali e corruzione, veniva invaso quasi subito da qualche rivale con maggiore vitalità sociale. Uno stato criminale veniva semplicemente spazzato via perché troppo debole rispetto ai vicini maggiormente organizzati. Oggi che abbiamo questa specie di pace mondiale, o questa Pax Americana in cui i confini nazionali non possono essere violati, assistiamo a fenomeni terribili che avvengono all'interno dei singoli stati: ci sono Stati criminali, Stati terroristi, Stati dominati dalla mafia ed una corruzione politica dilagante. Non dico che questo avvenga per mancanza di guerre, ma sono molto preoccupato dal livello della corruzione. Persino negli Stati Uniti abbiamo elezioni contestate, lo scandalo Enron, senatori e uomini del Congresso che si fanno comprare. Negli USA si sta scivolando verso una situazione tipo "Mani Pulite".

Torniamo all'11 settembre. Innanzitutto, qual è stata la sua sensazione da americano e da cittadino del mondo?

La mia prima impressione, quella più immediata è stata: "Che scenografia straordinaria!" Era come se stessero girando un film di quelli pieni di effetti speciali mozzafiato. Come se qualcuno non volesse poi uccidere un numero enorme di persone - ed effettivamente non si è visto quel numero catastrofico di morti. Era come se volessero riprendere soltanto dei giganteschi grattacieli in fiamme per tormentare i nostri sogni per un numero esagerato di anni. In questo senso, certo, si è trattato di una delle più grandi esibizioni di stunt dei tempi moderni.

Si può dire che sia come un romanzo cyberpunk che si concretizza?

Forse come un techno-thriller di Tom Clancy che diventa realtà. Mi pare che Tom Clancy abbia realmente scritto un libro in cui qualcuno fa schiantare un grande aereo su un palazzo.

A proposito di palazzi, in un articolo su Wired del '98, "The Spirit of Mega", lei analizzava la tendenza a realizzare strutture architettoniche sempre più grandi. Cosa può dirci di questo all'indomani dell'11 settembre?

Quello è stato un atto di mega-terrorismo ed è perfettamente in linea con lo Zeitgeist, con lo spirito dei tempi che descrivevo in quell'articolo.

Dobbiamo rivedere il modo e le città in cui viviamo?

Penso che dovremmo ripensare le nostre città da tanti punti di vista ambientali. Così come sono, città come Lagos e Città del Messico sono diventati luoghi invivibili. Le città devono cambiare - su questo non c'è dubbio. Io però non dico che dovremmo svuotarle in punta di baionetta.

Passando all'ecologia, Lei nel 1999 hai scritto "The Viridian - Manifesto del 3 gennaio 2000", in cui parlava di un'avanguardia artistica che avrebbe potuto trasformare il verbo ecologista in uno status symbol. Che ne è stato di tutto ciò? È successo qualcosa? Avete cambiato qualcosa?

Sa, è inevitabile che i piccoli manifesti artistici esercitino un influsso su un numero molto ristretto di persone. Mi è piaciuto come anche a chi mi ascoltava e continuo ancora a lavorarci. Quando feci quel primo discorso nel 1998, prevedevo che ci sarebbe stata una gara tra Viridian Green e Cocky Green. In altre parole, o avremmo trovato un modo per superare le difficoltà ambientali attraverso una migliore progettazione oppure sarebbe arrivata una crisi che sarebbe stata risolvibile solo militarmente. Credo che dopo l'11 settembre ci troviamo a tutti gli effetti in una fase cocky, nel dominio dell'arroganza. Temo che siamo entrati in un periodo che sarà dominato da interessi militari e di sicurezza.

Vista da un'altra angolazione, il futuro dell'ecologia e dell'uomo è la manipolazione genetica. Fattori che hanno ricoperto un ruolo importante nei suoi romanzi e che sembrano essere anche uno dei grandi affari dell'immediato futuro. Cosa pensa in proposito? Cosa pensa della clonazione? Crede che alla fine riuscirà a imporsi? Il nostro diventerà un mondo di cloni parziali?

In questo campo c'è la corsa tra un'applicazione commerciale sicuramente utile e la Sindrome di Bhopal, o la Sindrome della Mucca Pazza. Ci sarà una reazione molto violenta contro la manipolazione genetica nel caso in cui questa fosse associata ad un grave scandalo sanitario. È una tecnologia estremamente pericolosa che non riesce a superare quello che chiamo il "test Saddam Hussein", ossia: una volta inventata questa tecnologia, ci sarebbero problemi se Saddam si impadronisse dell'impianto? La risposta è che sarebbe senz'altro da evitare.

Quindi lei crede che la componente innovativa, la sperimentazione che si sta portando avanti nel mondo potrebbe rivoltarsi contro di noi?

Sì, senza dubbio. È sicuramente pericolosa quanto l'energia nucleare - con la differenza che almeno il plutonio non evade dal reattore e non comincia a riprodursi da solo.

In alcuni film ispirati a racconti scritti da Lei o da Gibson come "Johnny Mnemonic" - al quale viene impiantata in testa una scheda- viene presa chiaramente in considerazione la possibilità di un connubio tra uomo e macchina. Cosa pensava allora e cosa pensa oggi a distanza di diversi anni?

Il punto fondamentale qui è se la cosa ci rende più attraenti. In esempi come "Robocop" o "Terminator" abbiamo un cyborg che sferraglia quando si muove e assomiglia ad un incrocio tra una macchina e un essere umano. Se l'effetto della tecnologia sarà proprio quello, gli individui modificati in sostanza somiglieranno a dei modelli o a degli atleti. In questo caso, è ovvio che chiunque vorrebbe somigliare ad un fotomodello o a un atleta e farà qualunque sacrificio pur di avere quella tecnologia. A mio parere la cosmesi sarà la punta di diamante di questa tecnologia.


Lei prevede che tra una quindicina d'anni il mondo sarà molto diverso rispetto ad oggi?

Per alcuni versi sarà molto diverso, ma ci saranno zone che rimarranno più o meno come oggi, zone che oggi sono indietro di almeno quindici anni, come ad esempio la Turchia. Lì nel 2017 sarà un po' come il 2002.

E come saranno l'America o l'Italia?


Ad essere sincero, credo che l'Italia sarà vittima del proprio andamento demografico. L'Italia mi interessa per il tasso di natalità molto basso e prevedo che questo comporterà grossi problemi. L'America in realtà è un insieme di nove nazioni diverse: alcune regioni sono in netto declino, come il Midwest, gli stati delle Montagne Rocciose, che stanno perdendo tutta la popolazione. La West Coast e la East Coast invece sono in buona salute. Il Sud sta compiendo grossi passi in avanti. Il Texas, dove vivo, sta attraversando una fase post-industriale molto rapida. In generale prevedo un futuro abbastanza promettente per gli Stati Uniti, anche se potranno esserci pesanti attacchi. Ad esempio, non mi stupirebbe vedere città come Washington o New York distrutte da attacchi terroristici nucleari. Ma questo non equivale a perdere una guerra - significa solo perdere due città.

Pensa che gli americani la pensino allo stesso modo?

Immagino che l'amministrazione Bush la pensi così. L'Asse del Male è proprio questo. Non si tratta di veri alleati - sono solo persone che hanno il potere e la capacità di piazzare ordigni nucleari in America del Nord.

A proposito di Bush: a quanto pare lei vive nel suo stesso stato - questo significa che in Texas abitano persone molto diverse tra loro. Ma come si vive ad Austin? È una città chiusa e sperduta oppure è un posto vivace e gradevole? Che vita conduce?

Vivo da anni sotto il regime dei Bush. Sa com'è, era il mio governatore, lo vedevo andare in giro col suo corteo di auto, e sua moglie faceva campagne per l'alfabetizzazione - tutti gli scrittori locali amavano Laura Bush. Bush non è un pazzo; è solo un ricco aristocratico con un atteggiamento un po' noblesse oblige. Viene da una potente famiglia di politici e ha colto l'occasione per arrivare al massimo livello di potere. Ma in fondo... perché no, dopotutto?

Come vive lei ad Austin?

C'è stato un boom del "Silicon Valley.com", quindi i prezzi del mercato immobiliare sono lievitati e in città sono arrivati un mucchio di soldi. Adesso quel fenomeno è in leggera discesa, ma non siamo in grande recessione. Quello che mi preoccupa di più di Austin è la situazione meteorologica. Poco prima che partissi abbiamo avuto un caldo da record. In Texas fa molto caldo, e il surriscaldamento del pianeta peggiora ancora di più la situazione.


Lei è preoccupato per la situazione del nostro pianeta?

Non c'è dubbio.

Crede che si dovrebbe fare di più?

Quello dell'effetto serra è un pericolo chiaro e concreto. Credo che andremo di male in peggio. Le barriere coralline stanno morendo con grande rapidità. Violenti uragani. New York sta attraversando un periodo di grave siccità. La East Coast è inaridita. In Texas si scoppia dal caldo. La scorsa settimana c'è stato un tornado gigantesco in un quartiere periferico di Washington. Un pezzo della calotta polare antartica grande come un piccolo stato europeo si è sciolto. Al Polo Nord il ghiaccio sta scomparendo. Mi ha inorgoglito molto che gli europei siano riusciti in qualche modo a imporre il Trattato di Kyoto nonostante le manovre della Exxon Mobil. Ma tutto sommato non è un trattato molto forte; è in gran parte un'operazione di maquillage politico.


Torniamo al suo lavoro di giornalista e al rapporto con Internet. Lei crede che Internet abbia cambiato l'opinione pubblica, la stampa e l'informazione rispetto a dieci anni fa, ai primi anni Novanta? E se sì, in che modo?

Non credo che abbia cambiato molto le cose per i professionisti della politica. L'unica cosa che è veramente cambiata per queste persone è che adesso è molto più facile farsi corrompere ed è molto più facile ricevere soldi. Ci sono molti corrotti e non fanno granché per nasconderlo. Se qualcosa è cambiato dal punto di vista politico questo riguarda i gruppi marginali. I vostri gruppi di Genova, quelli di Seattle del '99, i verdi, forse anche i neri, i fascisti - sono tutti molto attivi in Internet. Non è sfuggito all'attenzione dei servizi di sicurezza americani il fatto che Al Qaida vada matta per Hotmail, Yahoo! e via discorrendo. Si comincia ad assistere ad un massiccio aumento delle attività marginali; ne approfittano i piccoli gruppi, i gruppi radicali che una volta avevano delle difficoltà a far circolare il loro messaggio.

Quando lei ha scritto "Isole nella Rete" era uno dei primi a parlare di un mondo connesso globalmente, un mondo che lei profetizzava in mano agli hacker criminali. Crede che sia un'ipotesi che possa realizzarsi in futuro?

Non c'è motivo per cui questa tecnologia debba essere considerata assolutamente buona. Voglio dire: non si può dire che le automobili siano assolutamente buone, che l'elettricità, gli aerei o i viaggi spaziali siano perfetti. E Internet è una tecnologia che ha queste stesse dimensioni.

Lei e' ottimista o pessimista nel considerare lo stato attuale del mondo hi-tech?

Mi ritengo una persona di fantasia piuttosto che un ottimista o un pessimista. Ma è compito mio evidenziare aspetti che non vengono molto discussi. Non si parla granché del fatto che Al Qaida sia su Internet, del fatto che con Internet sia molto più facile attuare determinate forme di riciclaggio del denaro sporco. In tanti scrivono dei pirati informatici, ma sono pochi quelli che scrivono della polizia informatica. Io sono uno che conosce la polizia informatica e sa i problemi che deve affrontare - si tratta di problemi molto gravi. Quindici anni fa uno di questi poliziotti informatici mi diceva che se non si fosse attuato un controllo su Internet o se non si fosse imposta la legge al suo interno, sarebbe arrivata un'ondata di terroristi, di pedofili, di mafiosi e di trafficanti di droga. Adesso siamo nel 2002 e chi sono quelli di Al Qaida? Terroristi, mafiosi che coltivano papavero da oppio e vendono eroina.

Certo. A MediaMente abbiamo dedicato parecchie puntate a questo tema.

Immagino che sia un'operazione piuttosto difficile. In genere chi parla di tecnologia tende a rassicurarti che vale davvero la pena comprare quel determinato aggeggio e che bisogna a tutti i costi spendere dei soldi per certi prodotti. Non ti dicono mai: "Parliamo di pedofili, parliamo di Al Qaida".

Un po' di tempo fa lei mi disse che nel 2010 ogni cittadino del pianeta avrebbe avuto un computer. Oggi siamo ancora molto lontani da questa situazione e ci sono ancora vaste zone in cui non hanno nemmeno l'acqua o l'energia elettrica. Ritiene che questo divario digitale - o anche altre forme di divari digitali - sia destinato ad essere ridotto o le differenze attualmente esistenti rimarranno? È ottimista o pessimista a questo riguardo?

Non sono pessimista sul divario digitale. Non credo che sia un problema poi così grosso; il vero problema è il divario dell'alfabetizzazione. Se sai leggere, puoi subito accedere a Internet - non è poi così difficile. Se invece non c'è un sistema scolastico e sei un analfabeta, possono darti tutti i computer che vuoi ma non sarai mai capace di usarli.

Quale pensa che sia oggi la posizione degli hacker? Lei ha scritto "Giro di vite contro gli hacker" e all'epoca denunciava la situazione di repressione della polizia contro gli hacker. Come vede il momento attuale e quale crede che sia l'immediato futuro per il movimento mondiale degli hacker?

Ci sono hacker onesti e ci sono persone che commettono in qualche modo dei reati. E poi ci sono delle zone grigie in cui la polizia o gli interessi delle industrie cercano di trasformare in reato diverse attività legittime. Nel mondo del crimine informatico ci sono tendenze molto forti. Il vecchio piano di penetrare nei computer altrui per vedere cosa c'è dentro è in una fase di stasi. La creazione di virus invece prospera come mai mi era accaduto di vedere. È incredibile. Il numero di virus che ricevo con la posta elettronica - è allarmante. Gli hacker per hobby, quelli che si divertono a incasinare i computer altrui o che fanno azioni per attivismo tecnico o sociale credo che vivano un piccolo "Rinascimento", soprattutto per effetto del "dot com". Il fatto che gli uomini d'affari abbiano subito tracolli così clamorosi rende gli hobbysti molto forti.

Visto che ha citato quel termine, qualche anno fa si parlava dell'espansione di Internet definendola un "Rinascimento digitale". Crede che questa definizione abbia ancora importanza?

Ci sono grosse aspettative per quello che sta accadendo. Credo che, se adeguatamente gestita e governata, questa tecnologia consentirà di fare grandi cose. In sostanza consiste nel far muovere immagini e testi in tutto il mondo ad un costo bassissimo. Che male può esserci in questo? Raramente si parla di un "Rinascimento televisivo". Ma la televisione ha prodotto alcuni effetti positivi e profondi sulla società. Tutti si lamentano, piangono e strepitano, ma le nazioni che hanno una base tecnologica e una televisione di buon livello riescono a raggiungere risultati di grande raffinatezza - non ci sono quelle sacche stagnanti così frequenti nel Terzo Mondo.

Lei è in Italia per un congresso sul software gratuito. Qual è a suo parere il significato e l'importanza del software gratuito nella società digitale?

Correggo, sono qui per un congresso sul software gratuito in Italia. E proprio questa è la cosa più entusiasmante. Sono stato a una grande quantità di congressi sul software gratuito, e di solito sono di una noia mortale, con un gruppetto di addetti ai lavori che parlano per acronimi. Invece l'idea del software gratuito che mette radici, delle forti radici sociali fuori degli Stati Uniti e fuori del predominio politico Microsoft mi riempie di entusiasmo.

A proposito, in "Caos USA" lei prevedeva che la Cina avrebbe messo in ginocchio gli USA rendendo pubblici i codici sorgente del software - crollo di Microsoft, crollo dell'economia... Crede davvero che questo possa essere possibile?

È un tracollo tipo quello di "dot com". Quella storia era stata scritta all'apice della new economy, e diceva che un giorno la new economy sarebbe franata rovinosamente perché poggiava su fondamenta inconsistenti. Ma non deve avvenire per forza in virtù di qualche decisione dei cinesi. All'epoca ricevetti molti giudizi negativi da parte dei commentatori, secondo i quali la mia idea sarebbe stata troppo inverosimile (ride); poi, due anni dopo, AOL Time Warner annuncia perdite per 54 miliardi di dollari. Scusatemi, ma mi viene da ridere.

Da un punto di vista macroeconomico, come vede l'ascesa dell'economia digitale, il suo fallimento o il crollo del Nasdaq? Cosa pensa del sistema che muove l'economia digitale?

C'è un dato interessante. Poco fa qualcuno faceva notare che l'unico settore della nuova economia ad aver subito una reale innovazione è quello del mercato azionario; il mercato azionario è stato veramente rivoluzionato dal personal computer, e i prezzi delle azioni è salito immediatamente. È comparsa quella che in America chiamiamo la "stockholder nation", una nazione di azionisti, in cui un numero enorme di persone che sapeva poco o nulla delle varie compagnie ha acquistato grandi quantità di azioni perché non facevano che salire, salire, salire. Da un punto di vista macroeconomico non c'è rivoluzione a meno che non avvenga qualche cambiamento nei mezzi di produzione. In altre parole, c'è un reale aumento dell'efficienza? Non puoi limitarti a vendere la ciliegina sulla torta a persone che mangiano solo ciliegine sulla torta: alla fine dovrai pur trovare qualche sistema per realizzare una torta migliore. Io penso che i computer offrano molte di queste opportunità. Invece un piano tipo quello messo su dalla Enron in cui ti concedi prestiti sul futuro rendimento delle tue azioni non è sostenibile.

Quindi lei è ottimista o pessimista sul futuro dell'economia digitale nel suo complesso e sulla possibilità di usare Internet e i nuovi media per cambiare l'economia, per cambiare il modo di operare delle aziende?

Mi diverto a osservare. Il fatto che lo definisca un bello spettacolo non significa per forza che sia ottimista. È stato un privilegio potervi assistere. Si è trattato di un evento storico incredibile... vedere come parlava la gente, l'euforia su quei volti. Come romanziere ho trovato tutto questo eccitante, entusiasmante. Sono stato più felice durante la famosa bolla di Internet di quanto non lo sia con la cosiddetta "correzione". Un crollo è tanto ragionevole quanto una bolla. Adesso la gente impreca contro quel crollo come se fosse una cosa terribile e si tempesta di pugni dicendo: "Come ho fatto a essere così scemo?!". Ebbene, siamo scemi anche adesso - siamo gli stessi scemi di allora: quello che stiamo facendo è altrettanto stupido.

Comunque nei suoi romanzi non aveva previsto né la bolla né il crollo.

Avevo previsto il crollo in "Caos USA" ma non così immediato. Però posso vantarmi di una cosa: non ho mai comprato un'azione "dot com" - mai!

Il suo Dead Media Project, una specie di museo di vecchie tecnologie, ci spieghi in cosa consiste?

L'intento è creare un contrappeso alla nostra smania naturale di imporre nuove tecnologie. Si parla sempre di incredibili novità e mai di ciò che non si usa più. Non si fa che decantare Windows, l'ultima versione del sistema operativo di Bill Gates - Windows NTE, Windows 2000... ma non senti mai nessuno che parla di DOS. DOS 1, DOS 2, DOS 3; o di Windows 1 o Windows 2. Se per strada lei vedesse una copia di Windows 2.0, si chinerebbe a raccoglierla? Un grosso lavoro finito nel dimenticatoio. Nessuno ci bada più, nessuno lo conserva. È proprio morto. Perciò il nostro intento con Dead Media Project è semplicemente collezionare reperti e informazioni su queste grandi forme tecnologiche ormai estinte. Siamo una specie di collezionisti di fossili tecnologici.


Lei ha fatto parte di una sorta di comunità digitale, una specie di élite digitale che alla metà degli anni Novanta. Ne fa ancora parte? Ed esiste ancora una comunità del genere negli Stati Uniti?

Credo che vi sia una combriccola di esperti digitali. Ho molti amici in quell'ambiente - amici, contatti; il materiale è fantastico. Se vuoi scrivere un buon romanzo di fantascienza devi andare in qualche bar a cercare qualche cervellone ubriaco e rancoroso con qualche chiodo fisso, qualche vecchia ruggine. Davvero, non c'è niente di più rivelatore, più istruttivo, più intrinsecamente piacevole. In tutta sincerità, adoro queste persone. Non m'importa nemmeno se hanno ragione o meno - mi piacciono come classe di persone.

Come possibili soggetti per un romanzo.

Certo.

A proposito, a cosa sta lavorando adesso?

In questo momento sto scrivendo un racconto breve decisamente ridicolo. E poi ovviamente faccio un mucchio di cose in Internet. Ho un Web log che mi prende una quantità incredibile di tempo. Mi interessano moltissimo i Web log; sono una delle poche cose veramente nuove sulla scena di Internet. Quindi passo un sacco di tempo a guardare i Web log, a pensare ai Web log, a commentare libri che parlano di Web log, a studiare la teoria del Web log e a parlare con esperti di Web log. Il tutto per cercare di capire a fondo questo fenomeno, cosa significa e come sia possibile usarlo.

Come pensa che possa essere usato? Non è un po' la nuova frontiera di quel senso di comunità che ha dato vita a Internet?

Credo di sì. Ha un forte carattere comunitario ed è decisamente non-commerciale. Sto solo aspettando che qualcuno tenti - un po' alla Bill Gates - di appropriarsi dei Web log. È un po' il tragico destino di Internet. Qualche hobbysta inventa qualcosa di divertente, interessante e piacevole, ed ecco subito il magnate di turno che cerca di farci su qualche miliardo. Non appena sente che il potere gli sta sfuggendo di mano cerca di riscrivere le leggi in modo da non perdere i suoi immensi guadagni e alla fine si schianta al suolo - mentre gli hobbyisti restano.


Quando ci siamo incontrati nel '94 abbiamo terminato l'intervista chiedendole quale futuro auspicasse per sua figlia, che all'epoca era ancora molto piccola. Lei disse che la prima preoccupazione era una casa con un po' di verde e che quando avrebbe raggiunto l'adolescenza rischiava di dover vivere su un pianeta surriscaldato. E poi disse: "Anche se ogni persona del mondo possiederà un computer, a che servirebbe se non pioverà più?" È rimasto tutto così a otto anni di distanza?

Credo che oggi siamo molto più vicini ad una catastrofe ecologica di quanto non lo fossimo otto anni fa. Ma non credo nemmeno che ci sarà un cataclisma: immagino che avremo un declino graduale protratto per alcuni decenni. Quando sarò morto e i miei figli mi seppelliranno, avranno a che fare con problemi di enorme gravità. A mia figlia auguro di avere dei problemi nuovi, freschi. Vorrei che la mia generazione fosse capace di risolvere i problemi della mia generazione e di toglierli di mezzo. Facciamo in modo che le persone del XXI secolo debbano risolvere dei bei problemi nuovi di zecca e complicati, tipici del XXI secolo.

Ha qualche idea di quali potrebbero essere questi problemi?


Vorrei che avessero a che fare con problemi che riguardano il tempo libero. Potrebbe andare. Dover passare il tempo a decidere che tipo di forchetta acquistare; sarebbe sicuramente preferibile ad un'ascesa del neofascismo o a qualche terribile incubo ecologico. Se potessi scegliermi da solo i miei problemi, opterei per i problemi di design. Mi piace ciò che riguarda il design industriale. In sostanza si ridurrebbe ad un problema di shopping - dover decidere quali tecnologie usare nella propria vita, quali siano le tecnologie più eleganti, quelle che ti fanno sentire più a tuo agio. È questo il genere di problemi che mi piace dover affrontare. E vorrei che anche mia figlia avesse di questi problemi, ma trasferiti nel suo linguaggio, nella sua epoca.

Non so se questa visione del futuro sarà quella giusta anche se tutti speriamo il contrario..

C'è bisogno ogni tanto di un bell'arcobaleno e di qualche sprazzo di sole.