Per una competitività degli Internet service provider



Il ministro delle Telecomunicazioni, Maurizio Gasparri ci illustra i progetti governativi relativi allo sviluppo della Rete

Avete appena approvato la 59 8/4/02, una norma legislativa relativa agli Internet service provider. Qual era lo scopo di questa legge? Cosa pensate che si riesca invece ad ottenere in realtà?

Lo scopo di questa legge è quello di equiparare gli Internet service provider, una miriade di piccole e medie aziende, ad altri operatori telefonici sotto il profilo tariffario dell'accesso al mercato. Personalmente, come parlamentare allora di minoranza, avevo già fatto questa proposta nella scorsa legislatura, ma non si riuscì ad approvare quella legge che era stata chiamata "salva provider", perché i provider stavano attraversando un momento non facile. Abbiamo scelto di approvare un testo frutto di tutte le parti politiche, che il governo ha sostenuto ed incoraggiato. Oggi la legge c'è e ci sono anche dei regolamenti che devono essere messi a punto dall'autorità per le Comunicazioni: c'è un'interazione tra l'autorità e le regole che propone il governo e approva il Parlamento. Noi cerchiamo di far crescere sul mercato tanti soggetti, che sono quelli che hanno diffuso la cultura di Internet e che possono favorire un'espansione della connettività. Questo è il nostro scopo: più gente in Internet, più operatori che possano avere accesso al mercato.

Da un punto di vista storico stiamo andando verso un consolidamento del settore. Le grandi aziende sembrano destinate a farcela, mentre le piccole appaiono essere più a rischio. Dal suo punto di vista lei pensa che avverrà questo in Italia o che invece le piccole realtà sopravviveranno?

In alcuni settori delle telecomunicazioni, il consolidamento del settore è sotto gli occhi di tutti: si pensi alla telefonia mobile dove alcuni operatori stanno andando verso un accordo con altri. Nel campo degli Isp ci può essere una presenza plurale e articolata. Noi dobbiamo garantire condizioni di parità nel mercato. Ma in alcuni casi, ci vuole una dimensione; all'epoca della bolla speculativa, per esempio, tanti hanno intrapreso attività che non avevano un reale fondamento. Dobbiamo prendere atto che un consolidamento, un accorpamento in alcuni settori c'è, ma dobbiamo garantire la liberalizzazione. Abbiamo fatto una forte politica di privatizzazione. Il principale operatore telefonico, di Internet e di tutti gli altri settori è stato privatizzato. Ma dobbiamo liberalizzare di più il mercato, garantire che la rete di telefonia fissa, la possibilità di vendere servizi Internet si sviluppino in condizioni di effettiva parità.

I grandi provider e i piccoli provider sono in una fase in cui vanno d'accordo o, nonostante la competizione, c'è anche un disaccordo di fondo?

Ci sono sempre motivi di discussione. Penso che sia importante lo sforzo del grande operatore di offrire dei servizi ulteriori anche utilizzando la rete telefonica fissa di rame, grazie alla quale si può avere larga banda e un Internet più veloce. Io sono contro le monoculture. Non bisogna impedire l'accesso alla rete a tanti piccoli operatori. Sono importanti il satellite, l'Umts, la televisione. Con il digitale terrestre, la televisione diventerà uno strumento formidabile di alfabetizzazione telematica: si navigherà, si accederà a tanti servizi. La televisione sarà uno strumento di accesso e di uso di tecnologie.

Sul digitale terrestre si combatterà una battaglia tra gli operatori dominanti (Mediaset, Rai) e i piccoli?

Per la sperimentazione del digitale terrestre, stiamo dando attenzione anche alle emittenti locali, che devono avere spazi, frequenze, opportunità. Ma non c'è dubbio che i grandi gruppi daranno un contributo essenziale alla modernizzazione. Dobbiamo discutere sull'uso delle reti; investire sulle reti, infatti, può portare a non avere più soldi per sviluppare i servizi. Stiamo lavorando anche sulla larga banda. Nella legge obiettivo sono state inserite larga banda, televisione digitale terrestre e Umts, in modo che possano coinvolgere 30 miliardi di euro di investimenti, creare lavoro, modernizzare l'Italia, portare avanti questa sfida tecnologica
Gli scontri e i confronti tra piccoli e grandi ci saranno sempre. Non dobbiamo ostacolare il progresso, perchè ci saranno altre tecnologie e altri sviluppi. Bisogna garantire un mercato, in cui chi è più piccolo non sia penalizzato.

So che avete mandato avanti un'azione a livello europeo per favorire la larga banda. Qual è il punto di fondo relativo alla larga banda?

La larga banda servirà sempre di più. Gli investimenti delle imprese, per esempio, hanno bisogno essenziale di larga banda. Bisogna incentivare l'offerta di servizi, altrimenti è come costruire autostrade senza macchine. Anche la pubblica amministrazione, le banche, l'e-commerce devono offrire servizi. Si deve incentivare la gente a utilizzare la tecnologia a larga banda e, contemporaneamente, combattere il divario digitale interno, tra nord e sud del pianeta, ma anche tra aree sviluppate e non sviluppate. Per esempio, abbiamo fatto la gara per il wireless local loop, un collegamento via radio che consente di superare l'ultimo miglio. Ma c'è ancora molto di più da fare. Stiamo cercando di incoraggiare tutte le forme di accesso: credo che la larga banda possa svilupparsi con varie tecnologie, il vecchio rame, la fibra ottica, ma anche il satellite.

È un progetto europeo o italiano quello della larga banda?

Anche europeo. Noi abbiamo costituito, col ministro Stanca una task force, che poi è diventata un gruppo di lavoro permanente e abbiamo redatto un progetto molto apprezzato, che rientra nel piano eEurope. C'è bisogno di un intervento dell'Ue e dei governi per evitare le diseguaglianze. Dove si fanno gli investimenti e c'è meno convenienza l'operatore deve essere incoraggiato a farli. Io ho lanciato la formula "detassare il futuro". Far pagare meno o nulla a chi crea cose nuove. Lo Stato o l'Europa non ci perdono: se si sviluppano cose nuove, non si rinuncia alle entrate. Facciamole crescere, poi quando si saranno consolidate gli faremo pagare qualche tassa. Le politiche pubbliche devono favorire lo sviluppo di queste nuove tecnologie. Accanto al mercato, ci deve essere un'azione di stimolo da parte delle istituzioni nazionali e europee.

Che cosa intende con "detassare" il futuro?

Chi investe in larga banda dovrebbe sapere che se sviluppa queste nuove tecnologie può averne un vantaggio fiscale. Si possono studiare mille formule. Tutto il nostro governo ha grande voglia di modernizzare l'Italia. In alcune aree svantaggiate, chi va a fare investimenti deve essere incoraggiato a farlo. Non può essere considerato aiuto alle imprese andare a cablare una zona dove non c'è ritorno di e-business. Dobbiamo pensare a chi rischia di rimanere indietro: e non deve, in questa sfida delle autostrade del nuovo millennio.